Kitsch Poetry di Francesco Paolo Intini, Il linguaggio è violenza concettuale esercitata sul mondo, Antologia della Poetry kitchen, I nostri discorsi testi devono fare continuamente i conti col non-senso come nella frase: Colorless green ideas sleep furiously, frase perfettamente grammaticale ma semanticamente insensata (Jakobson), Ed è grazie al non-senso che la frase acquista un alto grado di informazione, composizione grafica di Lucio Mayoor Tosi, la gallina Nanin uccisa probabilmente da una volpe

Lucio Mayoor Tosi Gallina Nanin uccisa

Lucio Mayoor Tosi, la gallina Nanin uccisa probabilmente da una volpe, 2022

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Francesco Paolo Intini

…Un merlo canta al centro del silenzio
Un merlo canta falso nel silenzio accecante
(Marie Laure Colasson)

SFUMANDO ORIGANO ADATTARONO GLI ALLUCI A CELLULE PIRAMIDALI

Ci fu una sommossa al largo del pomodoro.
Uno di quei merli lasciò il brodo vegetale
E venne a dirci il lato oscuro dello Chef.

Noi credemmo fermamente di rivoltare l’asse della terra
ma non ci riuscì di girare quello da stiro
e i pantaloni se ne andarono sgualciti per le ciabatte.

Scomparve l’io come lo zar di Russia
Su lui scivolò il Logos e lo stagno germinò zanzare

Al Ragù il comando del microonde
e finalmente il sapore della storia servita al dente.

E’ così grasso il Donbass che si scioglie sotto i colpi del vapore.
A picconate credo, di sale e pepe.

Senza lo SPID l’alveare divenne inaccessibile.
La regina morì con un colpo di rivoltella
a cui preferì l’impiccagione sull’uscio di casa.

Tramortite dall’ aglio le principesse cedettero al pesto.
Bastò un pestello che l’universo girasse in un mortaio.

Non toccò le sacre vie dell’incenso
Ma segni inequivocabili di piacere.

Eugualemmecidue è scritto nei Mcdonald
Ma si sfuma a vodka e recidiva yersinia.

Uno scorrere di spaghetti nel Grand Canyon
Accompagnò lamenti di pizza al crematorio.

LITHIUM AND OTHER

Centodiciotto sono le rose e forse serviranno altre per gioire.
Crescono a misura del muro, non come il fico che fa figli in trincea
E non gl’importa di chi sta in fila al posto suo.

Ma la guerra è il più artificioso dei sonetti
Con a capo un endecasillabo che grida Augh!

Un raggio gamma dà il fischio d’inizio ed è strage alla curva Sud.

L’incidente si chiude con una nota di spesa per ogni grado sopra lo zero kelvin
Alle rovine del perché arriva la bolletta di pinoli e intestini secchi.
-Signore c’è da firmare una raccomandata!
Cento dei suoi figli sono stati macerati sputando 2022 denti.

Lorca cedette i suoi elettroni al torero anarchico
Senza lasciare tracce del milione di donne grasse.
Un proiettile racconta i suoi segreti
come si allearono negli orbitali tori e crotali.

Peccato che la squadra dei protoni non si sia disunita.

In uno scatolo gli consegnammo pustole di vaiolo
Perché vedesse l’ultima volta la classe operaia
E noi a ridere di lui.

I neutroni ce la mettono tutta ma esce un creme caramel e un grattino omaggio
Ogni volta che si preme un pulsante per un seme di tritolo.

Nessuno sogna più di un neutrone.
Se diverrà anguilla si aprirà un varco nell’occidente e potremo festeggiare
sul pianeta Dio.

Sul Manifesto cresce erba cipollina della signora Jenni.
Soltanto un ponte aereo ci salverà dai versi baresi e una crema
Per le ragadi di Marx.

Chi tra voi ha un elettrone da prestarmi?
Gli dò in cambio un refrigerante di vetro per cuscino.

Montale non è qui. Perché bussi?

GAS GAS

Mentre il tempo gioca con l’immortalità
-Un suo difetto come il boro nel diamante azzurro-
Siamo qui ad osservare il giro del ventilatore

Torna tra noi dopo lunga assenza Ulisse e ciò che ha da dire
Lo dirà in conferenza stampa.

All’ingresso, sull’altare della rimembranza il Master Chef
Con firma dell’autore.
Compratelo prima che finisca la guerra di Troia.

Nel frattempo Nerone, re del riso patate e cozze,
è venuto a dirci:

Vendo epoche di focaccia barese appena sfornate
Crebbero intorno a nuclei di titanio
E la catena respiratoria ne fu orgogliosa,
come la Madre alla spesa di Einstein

E dunque erbe cipolline, mettetevi il baffetto bianco,
arruffate i capelli, sguainate la linguaccia all’ aglio.

La memoria è una piaga insopportabile
Si berrà anche questo bisque di cingoli chelati

Che altro farne di una parola usata?
Plof!

Scorre nelle vene dell’Occidente il cloroformio
Meglio il vino novello, ma tantè!

Faremo un cicchetto su in terrazza
Quasi un brindisi alla taglia quarantadue delle bare

Oppure a uno scarafaggio che batte il match point
Tra scopa e polvere di caffè.
Micidiale il suo Nadal in fronte al Sindaco.

VERSI ALLA COQUE CONTRO BILE SOLIDA NEL COLEDOCO

A frammenti disse, a sassate corresse e c’è una musica che invade.
Verbo pericoloso per il futuro delle tovaglie.

Dove il basilico si fa largo risponde l’aglio con minacce d’aborto.

Ci sono spie infiltrate nel tritolo e carbonati che precipitano a Milano.
Un modo forse per risciacquare senza lavatrice e cancellare Dicembre dal settentrione?

Niente enzimi nei fucili, niente spargimento di rosso sulle capricciose
solo lancette di gambero ai campanili.

Il messaggio giunse chiaro ma gli occhi si astennero dal guardare
Il contratto va rispettato fino in fondo.

-La penale ha orecchie dure!
Raglia forte il tradimento.

Come cavalcare un significato e farlo correre di schiena?

Si va avanti e i sogni emanano cloro. Per omnia saecula saeculorum
Perché protesta l’ossigeno tra i denti?

-D’ora in poi ci sarà fuoco nelle ossa. Non val la pena- disse-
si è troppo infetti per rischiare i polmoni di uno yankee.

I contratti cercano firme e soldati nei call center.
Crescono fichi d’india nei fili del discorso.

Galileo perse l’innocenza nel suo esperimento
Impotente a radere il Sole come l’ultimo dei Mohicani.

Il metodo resuscitò piuttosto calmo e luce che spalmava nel cervello
Poi, senza indugi si consegnò all’acido solforico
Più sicuro del sapone nei TFR.

Il programma automatico-antibiotico di un Anti linguaggio
 

La frase di Lacan: «Io mi identifico nel linguaggio, ma solo perdendomici come un oggetto»,1 Francesco Paolo Intini la volge nel modo seguente: «io mi dentrifico nel linguaggio, ma solo perdendomici». L’Io di Intini è veramente perduto nel linguaggio, l’io c’è ma dentrificato in un tubo di dentifricio, in un inestricabile labirinto di parole incomunicabili dove tutte le parole e tutte le connessioni tra le parole sono possibili in quanto perfettamente dentrificate e non identificate in un tubo di dentifricio. Ne risulta il caos delle parole finalmente liberate dall’io plenipotenziario. Ma nel caos c’è un ordine ci dice Lacan ed è l’ordine del linguaggio. E ricadiamo sempre nel medesimo punto: il linguaggio è inconscio nel momento in cui il processo di dentrificazione si è completato. L’inconscio parla nel tubo di dentifricio, parlerà ma obbedendo alla sua struttura che è inconscia. A differenza del surrealismo che intendeva pescare nell’inconscio con un atto di volontà delle parole in libertà, qui è l’inconscio che, una volta dentrificato, produce le parole e le connessioni tra le parole in modo simultaneo e permanente; qui non c’è nessun atto di libertà, ovviamente si tratta di una permanenza impermanente, aleatoria, una permanenza sottratta alle parole ma che le parole inseguono seguendo le misteriose leggi della struttura linguistica inconscia: una lalangue che procede sempre per la sua dritta e zigzagante via.
Dentrificare le parole significa questo: che qui c’è un vuoto, e lo devo riempire a tutti i costi; allora prendo le parole di qua e di là, le acciuffo e le ficco in quel buco che contiene il vuoto per turarlo, e ne metto sempre di nuove; ma il buco rimane, rispunta sempre di nuovo con il vuoto al centro del buco che reclama di essere riempito; e allora Intini ne mette altre di parole, tante altre, le ficca dentro a forza, così costipate da non lasciare nessun varco, nessuna fessura tra di esse; le stipa e le costipa in modo da turare il buco con le parole a mo’ di vinavil, da riempire il vuoto che balugina, che invece cresce e riesce sempre di fuori. Una fatica di Sisifo. E qui scatta la pulsione compulsiva: Intini ficca sempre di nuovo nuove parole nel buco nel tentativo disperato di riempirlo…

INCONTRO CON PARMENIDE AD UNA SAGRA DI FUNGHI MENTRE GLI PENDE UN FUSILLO DALLE LABBRA

– Il lungo tratto d’intestino porta ad Elea.
Ed è subito crasso.

La strada restringe il suo ragionamento in un parcheggio per belle di notte.
Una piantina che si alza gli slip, ansia pubica nei pistoni fucsia.

-Sono tutti qui a parlare di Essere ma investono in pollo arrosto.
I residui raccolti il lunedì e riciclati in un barattolo di carciofi sottolio.

Gli incisivi di Putin che sbattono su quelli di Biden.
Mandibole libere dal masticare. Il trionfo del Trigemino sul Sole.

Agli opliti -gli stuzzicadenti spartani delle Termopili-
il compito di liberare i canini dalle vettovaglie.

Avresti giurato sull’olfatto di Zenone ma seguì una freccia tricolore
In cui la digestione sfiniva in ruminare
E gli ossi delle olive si contavano all’infinito.

Le pistolettate di Clint Eastwood bucarono la Via Lattea
e finirono sui gigli di San Pancrazio: i senza culo.

*

Cosa dire di questo patchwork? Implantologia di materiali inorganici in tessuti organici, innesti paleoindustriali in tessuti della ipermodernità, modelli unisex de-vitalizzati ed evirati adattati a muliebrità de-femminilizzate, metamorfosi anamorfiche del Moderno, parole come HIMARS, rocket systems, sessualità youporn, virilità della Garbatella riciclata in artiglieria sessuofobica alla Rocco Siffredi…
Ma non era Leonora Carrington che nel volume Il latte dei sogni asseriva con convinzione di esser nata dalla congiuzione di sua madre con una macchina da cucire?: metamorfosi, ibridazione, conjunctio, mixage di arti umani e artificiali, carne e metallo-macchina, macelleria di glutei e seni trasmessa in diretta e in podcast. Tutto ciò è l’ipermoderno.
Già l’Internazionale situazionista era l’erede di un surrealismo ormai tramontato e disarmato, perché l’irrazionale sortisce fuori ogni volta dalla rivoluzione mancata soppiantata dal lessico sgualdrinesco della Meloni che concupisce il bullo di Milano, la volgarità youporn con la complicità del Marchese del Grillo e del Principe di Salina… ecco trovata la scaturigine della poiesis di ceralacca e di polistirolo di Francesco Paolo Intini, che non sai mai se prendere sul serio oppure sul faceto per le sue furfanterie e le sue passamanerie o se derubricarla in «sartorie teatrali» di serie B come quelle che ci ammanniva il Montale secondo in vena di passamanerie e di stuzzicadenti.

(Giorgio Linguaglossa)

1 J. Lacan, Seminario I 

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Francesco Paolo Intini (1954) vive a Bari. Coltiva sin da giovane l’interesse per la letteratura accanto alla sua attività scientifica di ricerca e di docenza universitaria nelle discipline chimiche. Negli anni recenti molte sue poesie sono apparse in rete su siti del settore con pseudonimi o con nome proprio in piccole sillogi quali ad esempio Inediti (Words Social Forum, 2016) e Natomale (LetteralmenteBook, 2017). Ha pubblicato due monografie su Silvia Plath (Sylvia e le Api. Words Social Forum 2016 e “Sylvia. Quei giorni di febbraio 1963. Piccolo viaggio nelle sue ultime dieci poesie”. Calliope free forum zone 2016) – ed una analisi testuale di “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè (Words Social Forum, 2017). Nel 2020 esce per Progetto Cultura Faust chiama Mefistofele per una metastasi. Una raccolta dei suoi scritti:  NATOMALEDUE” è in preparazione. È uno degli autori presenti nella Antologia Poetry kitchen e nel volume di contemporaneistica e ermeneutica di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022.

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30 risposte a “Kitsch Poetry di Francesco Paolo Intini, Il linguaggio è violenza concettuale esercitata sul mondo, Antologia della Poetry kitchen, I nostri discorsi testi devono fare continuamente i conti col non-senso come nella frase: Colorless green ideas sleep furiously, frase perfettamente grammaticale ma semanticamente insensata (Jakobson), Ed è grazie al non-senso che la frase acquista un alto grado di informazione, composizione grafica di Lucio Mayoor Tosi, la gallina Nanin uccisa probabilmente da una volpe

  1. 17 settembre 2022 alle 16:52
    https://lombradelleparole.wordpress.com/…/comment…/…
    Mi è stato chiesto: «ma come si fa a pensare al nulla?».

    Penso che sia errato partire da lì, dal pensiero che pensa il nulla, per il semplice fatto che il nulla non è pensabile. Non possiamo dire nulla intorno al nulla perché esso sfugge al pensiero, è questo la impasse della metafisica che vuole pensare il nulla.
    Possiamo però pensare al nulla a partire da una cosa, non abbiamo altro scampo che aggirare la questione del nulla e partire dal pensiero di una cosa. Perché il nulla è dentro la cosa, non fuori.
    Mi è stato anche obiettato: «ma come fai a pensare all’impensato partendo dal pensato?».
    Ecco, anche qui penso che sia errato voler pensare all’impensato partendo dal pensato. Se parto dal pensato ricadrò sempre nel pensato, in un altro pensato. Un altro errore è quello di voler fare una equivalenza: nulla = impensato. Altro errore. Per indicare il nulla devo per forza di cose nominare una cosa, non ho (non abbiamo) altra possibilità che nominare le cose. Non possiamo sfuggire alle cose.
    Così, quando scrivo nella mia poesia:

    Il silenzio si accostò al tavolo
    sopra il quale oscillava un lampadario di cristalli.

    Avenarius tirò una cordicella, un misterioso campanellino squillò
    e il tendaggio si aprì lentamente…

    Una musichetta dolciastra come di carillon.
    Degli specchi con le cornici dorate brillavano nella penombra.
    (2017)

    È ovvio che io qui stia tentando la rappresentazione del nulla per la via indiretta, nominando cose e azioni e personaggi che fanno qualcosa. Non avrei altra possibilità che comportarmi in questo modo, cercare di nominare le cose, ma è che le cose vanno nominate in un certo modo, è il modus linguistico che determina l’essere delle cose, le chiama alla visibilità linguistica. Chiamare alla visibilità linguistica le cose, questo è fondamentale, chiamarle in modo che esse facciano intendere che galleggiano sul nulla. E questo lo si può fare cancellando la significazione ordinaria dagli enunciati. Ogni proposizione istituisce un teatro, una situazione, una questità di cose che non ha alcun referente con il mondo reale del realismo rappresentativo. È visibilmente assurdo e ultroneo che il signor Avenarius tiri una cordicella proprio nel momento in cui il silenzio si accosta al tavolo. Che relazione ci può essere tra il modus del silenzio e il modus del tavolo? Ecco, questo è il punto, c’è una relazione tra cose diverse e disparate, anzi, ci sono molteplici relazioni ma non più del tipo realistico mimetico della poesia del novecento ma di tipo nuovo, ultroneo, non referenziale. Possiamo dire che le cose nominate equivalgono al pensato e tutto ciò che non viene nominato equivale al nulla che aleggia e insiste intorno alle cose. Il nulla è tutto ciò che sfugge alla significazione. È il nulla, la consapevolezza del nulla che costituisce il motore della composizione. E tutta la composizione sembra come galleggiare sulla membrana del nulla.

    Cliccare ‘verde’. Tecno Magia. A cavallo del tempo.
    Nel mondo inesistente.

    Così parlò Gorilla.
    (Lucio Mayoor Tosi)

    In questi versi di Lucio Tosi si può notare che le singole tessere, i singoli sintagmi sono posti uno accanto all’altro separati dalla interpunzione. Ecco, il nulla sta proprio nella interpunzione, i singoli sintagmi restano «cose», e non potrebbe essere altrimenti, le «cose» linguistiche sono per così dire appese alla cordicella dello stendipanni come panni linguistici tenuti assieme dalle mollette della interpunzione. Non saprei dire se questa procedura abbia veramente saltato il baratro della scrittura unilineare, ma sicuramente è stato compiuto un tentativo di rendere visibile il nulla mediante l’interpunzione. In fin dei conti, tutto il problema è rendere visibile il nulla, e ciascuno ha una propria strategia di accerchiamento di quella «cosa» lì.

    Se l’impensato è ciò che il pensiero non riesce a pensare, ne deriva che esso è quel quid che sta fuori del pensato e del nominato, e quindi se partiamo dall’impensato tutta la composizione ruoterà attorno all’asse dell’impensato piuttosto che all’asse del pensato. La novità del punto di vista non è di poco conto, è una novità rivoluzionaria perché cambia le carte in tavola e il modo di impiegarle, cambia le regole della significazione. Il che non è poco.
    Perché noi siamo irriflessivamente sempre dominati dal pensiero rappresentativo e referenziale in ogni momento della nostra vita quotidiana, anche quando scriviamo una poesia siamo succubi di questa impostazione irriflessa. La difficoltà è qui, nel ribaltare questa posizione irriflessa, questa prigione. È questo il tentativo che sta facendo la nuova ontologia estetica, partire dalla cosa pensata per andare verso l’impensato del nulla senza cadere nel non-senso, che, in sé corrisponde al modo di impostare il discorso poetico alla maniera convenzionale rappresentativa, referenziale e mimetica. Partire dall’impensato significa partire dal non ancora pensato (non dal non-pensiero), sarà l’impensato che dirige il nostro sguardo, sarà l’impensato che ci costringerà a costruire il discorso poetico in modo che non corrisponda più al pensato, cioè al referenziato. Il risultato sarà una poesia finalmente liberata dal referente frutto di convenzione.
    Non si tratterà di pensare in anticipo ciò che verrà pensato poi in un secondo momento. Si tratterà di un nominare-pensare non più mimetico e rappresentativo ma a-mimetico e a-rappresentativo, non più dipendente dalla scala referenziale.
    Plotino ricorre ad una analogia: come per l’occhio la materia di ogni cosa visibile è l’oscurità, così l’anima, una volta cancellate le qualità delle cose (che sono della stessa sostanza della luce), diventa capace di determinare ciò che rimane. L’anima si fa simile all’occhio quando ci si trova nel buio. L’anima vede veramente soltanto quando c’è l’oscurità.
    In un certo senso pensare all’impensato è analogo al vedere le cose nell’oscurità. Soltanto nell’oscurità si possono vedere le cose in un modo diverso.

    Antonio Sagredo
    17 settembre 2022 alle 20:20

    “Mi è stato chiesto: «ma come si fa a pensare al nulla?».”…
    io sono pieno del Nulla, per questo conosco la condizione opposta, e cioè sono pieno del Tutto!
    Tutta la mia poesia si fonda su questo…

    …e allora, io, ignaro, edificante come un agnello
    della creazione, del Nulla e del Tutto, ammirai
    la maestria dei Morti rifiutare il ritorno…
    raccogliere le ossa nel pozzo di San Patrizio
    (per rischiare la vita? per rinascere?)
    perché la gelosia non potesse ammiccare
    e regnare sul chiaro Potere della Sacra Prostituta.

    E da qui il nulla e il tutto osservo… indistinta fascinazione vede la mente, e poi… e qui, su questo inesistente punticino ci si appiglia ancora a calcolare assoluti sistemi!
    E dove io sono nemmeno il pensiero di un numero che è ovunque, o non è.
    Impossibile nascere, rinascere, generare qualcosa dove già ogni cosa è, o non è.

    Lucio Mayoor Tosi
    18 settembre 2022 alle 0:40

    “Per indicare il nulla devo per forza di cose nominare una cosa”.
    A me sembra che la scrittura NOE sia adatta per indicare il nulla tra DUE cose. Il nulla tra le cose. Le continue interruzioni, la chiusura repentina dei versi, le molte parole o le immagini, sono tempo trascorso.

    Lucio Mayoor Tosi
    18 settembre 2022 alle 3:59

    … tempo trascorso tra le DUE cose. È qui, a mio avviso, che si interrompe il pensiero lineare. In questo modo i versi somiglieranno a pensieri scoordinati, che è quel che accade durante il giorno nella mente di tutti. E per me questo è elemento di novità. Ma se andiamo a riempire tutto con versi affastellati, ritenuti piacevoli solo perché vuoti di significato, ecco, a me sembra più un gesto di rivolta, penso rivolto più all’istituzione letteraria che al candito (il proprio) lettore.

    2 Ip.

    *
    Aperto il baule, la tua sorpresa nel rivedere
    vecchi libri, l’immediato ricordo (oh cazzo!),
    l’attimo di fantascienza.

    *
    Cliccare ‘verde’. Tecno Magia. A cavallo del tempo.
    Nel mondo inesistente.

    Così parlò Gorilla.

  2. Una volta chiarito che il vuoto sta tra le “cose”, e non dentro di esse, e che lo stesso andrebbe reso visibile (magari grazie a semplice interpunzione), ci si troverà dinanzi alla continua sorgente delle parole. Il percorso è obbligato, pena il rientro di vecchie metodologie, quali il Surrealismo, oppure il flusso inarrestabile dei modernisti, per non dire di vecchie architetture in verso libero, e sofisticato, che al mondo d’oggi non trovano alcun riscontro.
    Le parole sorgive, attese più che cercate, hanno certo a che fare con l’inconscio, anche se io preferisco, o mi limito a dire, che è “l’incontrollato”. Ma siamo stati bravi, in modi diversi ciascun autore ha saputo dotarsi di tecniche personalissime al fine di condurre “la scimmia” all’interno della questione estetica. Non è estraneo a questo proposito, l’uso della tastiera.

  3. da huffingtonpost

    Appunti a margine della ritirata russa in Ucraina
    di
    Michele Mezza
    Appunti a margine della ritirata russa in Ucraina
    Il vero elemento eccentrico, che probabilmente spiegherà anche la geografia del voto del 25 settembre, è la diserzione della borghesia metropolitana, che avremmo definito liberal, dalle fila degli oppositori al regime dittatoriale russo
    16 Settembre 2022 alle 15:07

    L’offensiva ucraina che ha messo in fuga un settore consistente dell’armata russa, sembra produrre molto disorientamento, se non proprio panico.

    Da una parte c’è da scaricare il nervosismo di chi aveva già archiviato la guerra come l’inevitabile vittoria della super potenza russa sull’uscio di casa che andava agevolata per evitare ripercussioni troppo invadendi in Europa. Dall’altra c’è da fronteggiare le contorsioni di quei settori di vero fiancheggiamento alla strategia di destabilizzazione del Cremlino che agitano ora lo spettro nucleare per contenere ogni spinta centrifuga che possa sfrangiare il nutrito fronte neutralista.

    Infine il rancore dei frustrati dell’89 che avevano appaltato a Putin la vendetta contro il trionfo dell’Occidente, che cercano nelle malefatte americane la compensazione per gli orrori consumati in Ucraina. Una posizione non dissimile a chi dinanzi ai campi di sterminio alla fine della guerra accusavano l’Inghilterra di aver perseguitato Gandhi.

    Ma il vero elemento eccentrico, che probabilmente spiegherà anche la geografia del voto del 25 settembre, è la diserzione della borghesia metropolitana, che avremmo definito liberal, dalle fila degli oppositori al regime dittatoriale russo. È singolare vedere intellettuali, docenti, professionisti, minacciati nei propri standard di vita e insidiati da precarietà a cui non erano mai stati esposti, cercare la scorciatoia della pace anche a prezzo di una rapida capitolazione ucraina.

    È un’area che sta a cavallo di una astensione asettica -tanto sono eguali- e un distratto voto al centro sinistra, che oggi cercano di mettersi in proprio, per trattare con i nuovi padroni della destra.

    La guerra è pegno da offrire per simboleggiare la negazione del proprio passato. Gli Usa sono il nuovo satana, per negare ogni tentazione elitaria, Putin un buon selvaggio con cui bonificare l’Europa.

    Il leader di questa progenie è l’ingegner De Benedetti, che nelle sue permanenti oscillazioni, oggi lancia sassate contro il governo Draghi e soprattutto il sostegno alla resistenza di Kiev.

    Sembra che pensasse a loro un giovane e brillatissimo economista inglese, che dopo la prima guerra mondiale, dalle brume inglesi andò a visitare il pianeta sovietico per capire chi fossero quei tartari di cui parlava la City britannica. Eravamo nel 1925, Lenin era appena morto, e Stalin si avviava a prendersi tutto il Cremlino. Un incuriosito John Maynard Keynes visita l’Urss, da Leningrado a Mosca a Baku. Torna dai vari gironi danteschi che gli fanno vedere con la chiara idea che quell’esperimento andrà a sbattere contro la storia e sarà seppellito, parole sue, da “crudeltà e stupidità”.

    Ma, proprio pensando ai suoi simili, che in redingote prendevano il tea a Londra, discutendo delle materie prime del mondo, li avverte: “tutto considerato se fossi un russo quanto preferirei contribuire alla Russia sovietica anziché alla Russia degli Zar. Non potrei certo aderire alla nuova fede più che alla vecchia. Detesterei le azioni dei nuovi tiranni non meno di quelle dei precedenti.ma sentirei al meno di avere lo sguardo al futuro, sentirei di non distorglielo più dalle potenzialità delle cose; perché dalla crudeltà e dalla stupidità della vecchia Russia non sarebbe mai potuto emergere niente, mentre sotto alla crudeltà e alla stupidità della Nuova Russia potrebbe nascondersi qualche briciola di un nuovo ideale” (J.M.Keynes, Qualche impressione sulla Russia, Luiss edizioni, Roma, 2022).

    Ma oggi quel sogno non c’è più, anche perché come sapeva bene Gorbaciov, l’Occidente quando poteva aiutarlo non lo fece.

    Ed è disonesto intellettualmente continuare a spacciare il regime cleptocratico di Putin per il vendicatore dell’imperialismo americano. E solo una borghesia corrotta e corruttrice che si avventura ora nell’ennesima operazione di trasformismo, cercando a destra quanto non ha avuto a sinistra, può sperare che venga da Oriente l’amnistia delle sue responsabilità.

  4. da formiche.it

    L’agghiacciante guerra di Putin vista dai soldati russi. Scrive D’Anna
    Di Gianfranco D’Anna | 17/09/2022 – Esteri

    Una fuga convulsa, massacri e demoralizzazione: è un quadro agghiacciante quello che emerge dalla ritirata dell’armata russa. Uno spaccato che evidenzia l’avversione popolare alla guerra di Putin. Da Washington arriva intanto l’ammonimento al presidente russo a non usare atomiche tattiche. La risposta sarebbe consequenziale, ha affermato Biden.

    Totale disorganizzazione e demoralizzazione delle truppe: queste le cause principali della ritirata a valanga dell’armata russa sul fronte di Kharkiv e Izyum.

    Che i soldati di Mosca non sentano affatto l’invasione dell’Ucraina come la loro guerra, una guerra di popolo, lo provano le numerose lettere scritte a mano dai militari russi, pronte per essere spedite ai familiari, ma anche quelle ricevute da casa e dagli amici. Lettere che abbandonate nel caos provocato dalla controffensiva ucraina sono state trovate assieme a vari documenti e all’intero archivio militare di un reparto di stanza a Izyum.

    ”È un inferno”. “Sto sperimentando l’esaurimento fisico e morale”. “Ho chiesto di essere congedato per il peggioramento della mia salute e la mancata assistenza medica”. Lo scrivono i soldati ai genitori. E fra le missive ricevute una inizia così: “Ciao, non so chi riceverà questa lettera, ma so che stai attraversando un periodo davvero difficile in questo momento”. La firma è di una ragazza di nome Nastya. In un’altra lettera ricevuta al fronte un ragazzo di nome Leonid scrive: “Penso che la guerra sia qualcosa di molto brutto e spaventoso”.

    Lettere accorate, pubblicate dal Washington Post, che evidenziano il netto rigetto dei combattimenti tanto fra i soldati in prima linea quando fra i familiari. Ritraggono il diffuso sentimento di frustrazione di truppe abbattute, alla disperata ricerca di rifugi sicuri e con il morale a pezzi dopo mesi di combattimenti. “Mi rifiuto di fare il mio dovere nell’operazione speciale sul territorio dell’Ucraina a causa della mancanza di giorni di vacanza e dell’esaurimento morale”, ha significativamente scritto un ufficiale che si è identificato come il comandante di un reparto di missili antiaerei della regione di Mosca, rischierato in prima linea in Ucraina. Complessivamente il contenuto delle missive consente di ricostruire i retroscena degli eventi che hanno determinato il convulso ritiro da Kharkiv e Izyum, dove in molti casi le truppe sono fuggite dopo aver a malapena combattuto.

    Un’onda d’urto, quella della demoralizzazione dell’armata russa, difficile da contrastare visti gli iniziali proclami di facile conquista dell’Ucraina diffusi dal Cremlino all’inizio dell’invasione. La guerra di Vladimir Putin, come anche a Mosca viene sommessamente definita, sta provocando contraccolpi durissimi alla Russia, non soltanto in termini di perdite di vite umane (circa 50.000 vittime e il triplo di feriti, il bilancio provvisorio dei primi sei mesi di conflitto) e di dissesto economico, ma anche d’immagine nazionale per gli orrori dei massacri che vengono scoperti via via che i russi si ritirano. “Non distogliere lo sguardo dalle immagini che emergono dalle città ucraine liberate come Izyum: questo è il volto dell’occupazione russa. Paesi e città trasformate in fosse comuni”, ha affermato commosso il primo ministro estone Kaja Kallas.

    Sul piano militare gli analisti sono cauti. L’Ucraina non ha affatto vinto la guerra, l’ha soltanto incanalata verso la riconquista delle regioni invase. Come conferma Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, “il contrattacco dell’Ucraina contro le truppe russe è stato molto efficace, ma dobbiamo capire che questo non è l’inizio della fine della guerra, dobbiamo essere preparati per il lungo periodo”.

    La prospettiva alla quale tutte le proiezioni strategiche si riferiscono, quella del cosiddetto “generale inverno” gioca tuttavia questa volta a svantaggio dei russi che se ne sono storicamente avvalsi contro Napoleone e conto i nazisti. Ghiaccio e temperature polari renderanno difficile soprattutto l’afflusso dei rinforzi di Mosca, molto più lontani dalle basi di rifornimento che non le truppe di Kiev che combattono “in casa” per la liberazione del loro Paese.

    Di ritorno dal vertice dell’Organizzazione della cooperazione di Shanghai senza alcun risultato militarmente utile e anzi con un evidente ridimensionamento di immagine e di ruolo nel rapporto con la Cina, Putin secondo l’intelligence statunitense sarebbe tentato dall’uso di bombe atomiche tattiche, a basso impatto, per evitare che la controffensiva ucraina tracimi ben oltre la liberazione del Donbass e della Crimea fino ai confini con la Russia. Un’opzione irresponsabile e scellerata, ha avvertito il presidente statunitense Joe Biden che ha ammonito Putin sull’eventuale “inevitabile risposta consequenziale”. Ipotesi e avvertimenti che mettono i brividi perché in ogni caso, anche se di ridotto potenziale, una bomba atomica tattica provocherebbe un fallout radioattivo che investirebbe le truppe di Mosca e le regioni al confine con l’Ucraina e potrebbe contaminare l’Europa da una parte e la stessa Russia dall’altra.

    Intanto come le lettere da Berlino, che durante lo spietato regime nazista denunciavano la tragedia incombente sulla Germania, le parole scritte dagli obychnyye soldaty, i soldati semplici, dalle trincee ucraine sono un colpo al cuore del regime di Putin giacché rappresentano la fotografia di un sentimento popolare inespresso ma diffuso che nessuna atomica tattica potrà modificare, ma semmai far lievitare e trasformare in rivolta. Una rivoluzione antiregime nella capitale storica della rivoluzione bolscevica.

  5. 1322PD

    Interessante come i versi specchiano  sul vetronero del nulla assoluto. Luigina

  6. Il collasso del sistema simbolico nella poesia di Francesco Paolo Intini

    L’attrazione gravitazionale sulla superficie di una stella di neutroni sarebbe circa 1 miliardo di volte più forte dell’attrazione gravitazionale sulla superficie della Terra. L’unico oggetto con una densità maggiore di una stella di neutroni è un buco nero, che si forma anche quando una stella morente collassa.
    I sistemi fisici, così come i sistemi politici, i sistemi estetici, etici e religiosi collassano, sono tutti destinati a collassare. Dal collasso dei sistemi sortirà una nuova ignota dimensione.

    Della poesia di Francesco Paolo Intini, e della poesia kitchen in generale direi che si tratta di una poesia di ciò che resta della poesia esistenzialistica del novecento, dopo la fine annunciata da Adorno, dell’esistenza, dopo l’invasione delle emittenti linguistiche delle società metal mediatiche del mondo globale e glocale. La poesia kitchen si mostra restia alla ermeneutica, ostile a qualsiasi vorace indagine interpretatoria. E sarebbe incongruo per un critico dover spiegare come sia divenuto problematico oggi scrivere poesia nel nostro tempo pandemico; anche il critico, al pari del poeta, è rimasto senza le parole ed è costretto a piegare il discorso ermeneutico sulle criticità in cui versa il mondo del «poetico». Anche il critico è costretto ad utilizzare pochissime parole per tentare di afferrare l’oggetto-poesia; direi che Intini dialoga con l’improprio e con l’ultroneo, l’intraneo e l’estraneo, con ciò che non può più essere ri-appropriato, ri-utilizzato né pubblicizzato; ciò che non può essere assimilato alla significazione e alla giustificazione dei discorsi da risultato del «politico» e del «poetico», giacché se oggi tutto il mondo globale e glocale è divenuto «politico», non v’è più «politica», il mondo si è de-politicizzato, così come si è esteticizzato e privatizzato, ed è ovvio che nel mondo de-politicizzato, esteticizzato e privatizzato corrisponda oggi una poesia de-politicizzata e privatizzata. È lampante che il linguaggio kitchen si rifiuti di «mondeggiare» in modo laudatorio e predatorio dei linguaggi da risultato sicuro, gioca a baseball con il «mondo», vuole fuorificare l’interno e si rifiuta di dentrificare l’esterno. La poesia kitchen in fin dei conti rispecchia la condizione predatoria e laudatoria in cui versa la poiesis nel nostro mondo amministrato e de-politicizzato: il non esser né di qua né di là, il trovarsi in un luogo ultroneo ed erraneo dove si parla un linguaggio ultroneo ed estraneo. È questa la condizione della poiesis nel nostro mondo globale e glocale.

    • Caro Giorgio, come sempre le tue analisi mi risultano profonde e ampiamente condivise. Penso che si tratti di dar ascolto al linguaggio che se ne va per conto suo, come una specie di aritmetica a disposizione di qualunque disciplina scientifica. Una volta declinato il significato rimane una struttura simile a una rete per catturare questo e quello nel mare aperto del caos dei discorsi, della dispersione di pianeti e stelle, della frammentazione della politica in pubblicità e questa in grida di gabbiani e in definitiva dell’orgia d’entropia a cui assistiamo. Ciò che se ne è andato per sempre è la lenza con l’esca della cattura che penzola come il significato. Se il pescatore pesca col solo amo il cefalo prospera nel porto al sicuro dalle minacce, diversamente dalla rete che ricostituisce la minaccia sul mondo e non necessita di esca e nelle cui maglie rimarrà di tutto, vivo o morto. Ma se questo è il salto compiuto dal fare poetico quale ne è il senso? Quale l’origine? Penso che questa domanda aleggi nella testa di chiunque non abbia seguito l’evoluzione della poesia Noe. E in effetti non è poesia che conduca facilmente sotto l’arco di trionfo con Vercingetorige in catene. Penso, come ho già scritto in altre occasioni, che la matrice sia da ricondursi a una specie di croupier (Inconscio? Incontrollato?) del tutto indifferente al risultato, che distribuisce le carte per una mano di gioco. Ciascuno che si riconosca nel gioco partecipa come sa fare con reti a maglie larghe o strette, in associazione con altri come nei compostaggi, o sfruttando la forza delle interferenze o delle associazioni mentali o altro ancora. Il risultato è un patchwork ad estensione potenzialmente infinita in grado di trattenere e dunque rivelare le particelle collassate (di natura politica, personale, metafisica, scientifica, filosofica, fantastica, commerciale, pubblicitaria, fumettistica, etc) che si muovono con moto browniano intorno a noi, privilegiandone l’imprevedibilità e dunque l’ originalità. Credo, parafrasando una frase di Letizia Leone (Viola norimberga, pag 14) che così facendo la poesia sia ancora in grado di restare viva e in piedi di fronte alla Storia.
      Un caro saluto e grazie.

      UN PO’ MENO DENSO DEL NULLA PRATICAMENTE BARI

      Lo sguardo ha perso le parole.
      Una specie di eterocromia ben nota a Auschwitz
      E tra focacce dove si scherza sul ciliegino

      Nel nudo naviga il geranio
      Rossi, grigi si ammucchiano come fiocchi di neve.
      Il passaggio a tema fu fecondo ma ci sbrigammo in pochi secondi.
      Non necessari all’orologio, densi di orgasmo però.

      Cosa raccontò il telegiornale?

      Libro d’orecchiette su cui il bambino batte le dita
      qual è il ritmo del caos?

      Il cervello ostruisce la tangenziale. Le dita al naso servono poco.
      Bizzarrie di cavallo nelle narici
      Eccitazione di giumenta fino allo starnuto.
      Tampone: negativo.

      Lunghi nervi si allacciano a un tronco sull’ A14
      Le radici affondano nel relitto dell’Africa
      Nascere cavallino o muffa?
      Un’iride rossa, l’altra diesis.

      I lavori continuano
      Ci sarà un congresso a cui parteciperà una parte dell’oosfera
      senza Ossigeno mi pare di aver capito, che non ha fondi di ricerca.

      La ragione intanto si raccoglie nell’ orecchio
      C’è un timpano di troppo ma fa niente
      Un occhio lo sostituirà degnamente.

      Pupilla inglese e piede di porco per elevare il Titanic
      Poi, tra gli argani, patate riso e cozze.

      (F.P.Intini)

  7. L’incontrollato come alternativa al termine inconscio proposta da Lucio Mayoor Tosi mi sembra oltre che pertinente altamente suggestiva.
    Per quanto riguarda il nulla, concordo con Giorgio, è tra le cose e dentro, anzi, proprio lo stare dentro è forza aggiunta. Una bottiglia è una bottiglia proprio per il vuoto che ‘ contiene’, altrimenti è un oggetto totemico, con altre implicazioni.

  8. È palese che la caratteristica principale del kitchen sia il comico.

    Che cos’è il comico? Cosa produce il senso di ridicolo secondo la psicoanalisi? Nel modello freudiano il Witz è uno di quei fenomeni che seguono un percorso ben preciso all’interno dell’economia psichica soggettiva. Si tratta di una formazione dell’inconscio la cui funzione sarebbe quella della scarica energetica per mezzo del disvelamento del materiale inconscio rimosso ed è in questo senso, per Lacan, un processo direttamente collegato alla verità. Un momento di disvelamento della verità inconscia che in quanto tale implica un conflitto con le istanze repressive e i valori governati dal principio di realtà che dominano la vita psichica cosciente.

    Max Brod ci informa che quando Kafka lesse ai suoi amici il primo capitolo del Il Processo (1925), tutti gli ascoltatori furono contagiati da un riso irresistibile, lo scrittore stesso rideva talmente che a volte non poteva continuare la lettura.
    All’origine del romanzo moderno troviamo, il capolavoro di Calderon, Don Chisciotte, un’opera eminentemente comica, così come opere comiche sono L’Incendiario di Palazeschi (1910) e La coscienza di Zeno di Italo Svevo (1923), opera programmaticamente comica è Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Gadda (1927).

    Nel saggio sul Witz Freud (1905) spiega che l’effetto del ridicolo prodotto dal motto di spirito è il risultato di un «guadagno» energetico per mezzo del quale la rappresentazione che giunge alla coscienza attinge direttamente la sua forza dalla dimensione creativa inconscia. Nel non-senso della battuta di spirito rappresentazioni diverse vengono a coagularsi in un’unica espressione che ha come effetto il rilascio di quella energia psichica che altrimenti sarebbe rimasta “in perdita”, cioè impiegata nella repressione e nella censura del materiale inconscio. Si può dunque dire che il comico del Witz , del sogno, dell’interpretazione, e dell’opera estetica,
    scavalca le resistenze del pensiero rappresentativo della coscienza rivelando il rimosso e può assumere perciò stesso un valore politico.
    Già Schopenhauer nel 1818 aveva definito il riso una «sconvenienza» tra l’espressione e il referente al quale l’espressione viene ricondotta.

    L’effetto comico offre uno spazio di liberazione, permette di seguire per il breve momento dell’éclat del riso la via del processo primario, cortocircuitando le istanze repressive sociali che richiedono quel dispendio energetico fondamentale per vivere nel consorzio civile. Si può intendere il lazzo quindi come un atto irriguardoso, un momento di infrazione delle norme sociali che si conclude con il riso e che si pone in un certo rapporto con i valori dominanti imposti dal potere istituito.

  9. attanasio cavalli

    ma anche quando lesse Kafka la “Metamorfosi” si rideva e a ragione poiché l’insetto si muoveva come un pupazzo dinoccolato…

  10. antonio sagredo

    il mio parlare che io non conosco
    non conosce nemmeno il mio cantare,
    straniero sono alla mia origine che mi contesta
    quel nulla non sono il mio linguaggio e la mia memoria
    sono io il vuoto che li disconosce e li detesta
    e ho schiacciato il tempo sull’oblio
    e ho schiacciato il tempo sulla memoria
    la moneta è vuota e i due volti sono evanescenti
    nemmeno un simulacro che li detiene è una maschera
    avanti e indietro né un linguaggio e né un corpo
    e né un suono mi consola, ma un suono altro viene
    dove io sono e non sono
    la mia gola è fuori dai miei comandi
    canta e non importa con quale musica,
    un mito certo è nato fuori del mio corpo
    e non comprendo il canto e il mio sentire

    2006

  11. antonio sagredo

    l’autobiografgia di un biografo è più che un non senso: è di certo una mancanza di dati negati, poichè quelli affermativi hanno smarrito il senso del non essere… e quindi quelli che “sono” sono i mancanti… in ciò non vi è compulsione, ma il dato quasi certo di esistere comunque…
    p.e. il pensiero di un sogno che non sia il pensiero della mente è il più concreto dato della nostra esistenza mancata…
    da qui il vuoto illusorio quando invece è pienezza…
    da qui il nulla illusorio quando invece è il tutto…

  12. MARCO VISCONTI

    La poesia di Antonio Sagredo ha rotto gli argini circa 40 anni fa e non è più riconoscibile la POESIA ITALIANA : SI è IN ALTRA DIMENSIONE, QUELLA DEL VERSO E DELLE VARIE FIGURE
    CHE SI SONO TRASMUTATE IN UNA VISIONE EXTRAMENTALE COME UN ECTOPLASMA NON PIù EVANESCENTE MA COME UNA LEGIONE ROMANA NON DISTRUTTUBILE.
    PROVATE A LEGGERE LE SUE POESIE MOSTRUOSE E SARETE ATTERRATI, O MEGLIO SOTTERRATI.
    COSì LA MIA SENSAZIONE DOPO AVER FINITO (?) DI
    LEGGERE.
    AMEN

    • Ma dove è finito Antonio Sagredo? Tutte le sue composizioni sono ante 2017…

    • Antonio Sagredo è un extraparlamentare (come si diceva una volta), vuole stare fuori del «Parlamento» della poesia, ci stava 40 anni fa come ci sta anche adesso.
      Un poeta che nel secondo novecento ha voluto essere un «extraparlamentare» è stato Emilio Villa, ma, appunto, si tratta di personaggi che sono restati «fuori» dell’arco costituzionale della poesia italiana.

  13. M’illumino d’amore.

    Ultima cena con gli apostoli.

    Piana del Po.

    Tavolo con bruciature di sigaretta.
    Aspettando che salga in versi l’effetto del THC;
    e noi scolarette, andargli dietro.

    C’è vita nel corpo umano.

    Mondo.

    Selvaggina.

    LMT

  14. caro Lucio,

    noto nelle tue composizioni di questi ultimi tempi che hai portato alle estreme conseguenze il frammento, sei giunto ai frammenti assoluti, adesso non ti resta altro che procedere ancora più in profondità… fino alla frammentazione di ogni singolo frammento (singola parola) in sub-frammenti, fino alla individuazione di singoli monemi e fonemi… più in là non potrai andare… perché dopo i monemi e i fonemi non c’è più linguaggio, c’è il vuoto, c’è la prelingua …

    Copio e incollo da twitter:

  15. antonio sagredo

    Cato Maluto.
    (Maluto sta per Ma-yoor… Lu… To… )

    in effetti ho rallentato per dare alla Poesia un segnale; mi sono scocciato di fare versi…
    comunque l’ultimo componimento è del 2021 ed è una ELEGIA VIOLA dedicata a mia madre.

    Te la invio in file
    ciao
    antonio

  16. PIETRO EREMITA

    MI ILLUMINO DEL NULLA
    ———————————————————————–
    LA MOBILITAZIONE PARZIALE DI PUTIN, PREVEDE, SECONDO LUI, 300 MILA RISERVISTI CHE GLI SI RIVOLTERANNO CONTRO…
    DI TATTICA E STRATEGIA MILITARE putin NON CAPISCE NULLA, CHI SA QUALE IDIOTA DI GENERALE GLI HA SUGGERITO QUESTA MOSSA!

    PROPRIO QUESTA MOBILITAZIONE LO FARA’ CADERE:
    I RISERVISTI SONO STANCHI DI COMBATTERE E NON
    HANNO INTENZIONE ALCUNA DI FARLO: NON VOGLIONO MORIRE… SE FOSSE UNA GUERRA PATRIOTTICA SAREBBERO PRONTI A MORIRE, MA NON LO E’ AFFATTO.

    E’ SOLTANTO UNO DEI SERVIZI SEGRETI CHE NON SA PIU’ GIOCARE A SCACCHI.

    LA ZAPPA SUI PIEDI DA SOLO CON TUTTI QUELLI CHE SONO DALLA SUA PARTE… UNA PARTE CHE NON COMPRENDE IL POPOLO… I RISERVISTI SONO PARTE DEL POPOLO E DESIDERANO VIVERE E NON MORIRE.

    QUANDO PUTIN AFFERMA CHE NON BLEFFA E’ IL MOMENTO INVECE CHE STA BLEFFANDO… IL FATTO E’ CHE PARLA TROPPO E NON E’ DA UN KGB

    • Sarà un po’ suonato, come da noi il suo amico Berlusconi. Vuole solo dare ad intendere che il prezzo della trattativa ha da essere elevato. Vuole trattare. Gli americani, per bocca di Von der Leyen, per adesso non ci stanno. Vincerà la diplomazia?

  17. PIETRO EREMITA

    IL TERRORE PUTINIANO COMINCIA A SOMIGLIARE A QUELLO DI STALIN CON LA DIFFERENZA CHE QUESTI ERA RIVOLTO ALL’INTERNO. MA PUTIN HA APERTO IL FRONTE ESTERNO… E ALLORA COMBATTERA’ I DUE FRONTI : QUALE DEI DUE LO FARA’ CADERE?
    SONO PROPENSO PER IL FRONTE INTERNO CHE SARA’ SUPPORTATO DA QUELLO ESTERNO. IL PUNTO E’ CHE I DUE FRONTI DEVONO AGIRE D’INTESA.

    LA SPERANZA CHE NON SARA’ COSì (cioè come quello staliniano) DIPENDE DALLA GIOVANI GENERAZIONI: SONO E SARANNO FORTI QUESTE GENERAZIONI? O SARANNO COME QUELLE PRECEDENTI ?

    NON MOLLERA’ MAI L’OSSO A MENO CHE L’OSSO NON GLI SFUGGA DALLA BOCCA, A MENO CHE LA SUA DENTATURA NON CEDERA’ STRUTTURALMENTE, A MENO CHE…

    P. CONOSCE TUTTE LE MOSSE PER RESTARE AL POTERE, ESSENDO EGLI STESSO AL SERVIZIO DI SE STESSO, CIOE’ IL POTERE
    E’ INDIFFERENTE ALLA MORTE ALTRUI E SA BENE COME FINIRA’ LA SUA VITA: NON HA ALTRA SCELTA CHE CONTINUARE….
    L’OCCIDENTE GLI HA CREDUTO FINO A QUENDO NON E’ STATO TROPPO TARDI PER RICREDERSI… AVREBBE DOVUTO SAPERLO SUBITO DA QUANDO L’UBRIACONE ELTSIN LO SCELSE…

    LO STUDIOSO DI COSE SLAVE AVVERTI’ SUBITO IL PERICOLO, MA CHE POTEVA FARE PER AVVISARE L’OCCIDENTE SEMPRE LENTO E CIECO.
    —–
    STA TRASFORMANDO LA SUA GUERRA IN UNA GUERRA PATRIOTTICA, ECC.

  18. Abbandonata la clava,
    iniziò per tutti un periodo di pace.

    Si scoprì che Zelenki trasmetteva
    i suoi comunicati direttamente da Broadway.

    Nella foto, Mario Draghi in camicia a fiori.
    In seconda fila, Luigi Di Maio allora poco più
    che trentenne.

    Enrico Letta, segretario del Partito Democratico
    dal 2021 al 2022, lo ricordate?

    Su Gas cap e sanzioni alla Russia
    si trovarono tutti d’accordo. Per questo
    furono indette le elezioni del ’22.

    Mio nonno in Giamaica coi pacifisti
    in posa da Che Guevara. Ma era buddista.

    Il poeta Giorgio Linguaglossa
    mentre fa la spesa al super.

    Marie Laure Colasson alle prese
    coi fichi d’india.

    Gino Rago e le acciughe sotto sale.
    «Senza pubblico si vive meglio” disse.

    Altri poeti.

    Due per la strada.

    Bambini al pronto soccorso.

    Una bella foto di Mahsa Amini.

    John Lennon.

    Sandro Pertini.

    Luna e sigaretta.

    Senza mani.

    Dal parrucchiere.

    Specchio specchio

    delle mie ossa.

    LMT

  19. Il lessico sgualdrinesco e la poiesis di ceralacca e di polistirolo di Francesco Paolo Intini rappresentano uno degli esiti migliori della poetry kitchen di questi ultimi anni. Fa bene Intini: il linguaggio va fatto ribollire e poi lo si getta via… nella pseudo poetry di Intini non c’è alcuna ri-utilizzazione del linguaggio né alcun re-impiego, tutto viene buttato via nella discarica pubblica, il linguaggio viene abbandonato a se stesso in uno stato di continua bollitura. In questa accezione è un linguaggio pubblicistico, mira al pubblico imbecillizzato delle democrazie parlamentari dell’Occidente.

    Quanto alla poesia sopra postata di Lucio Tosi, io mi fermerei al verso:

    «Senza pubblico si vive meglio” disse»

    Noto però la mancanza dell’avvocato di Volturara Appula, mi piacerebbe stare un po’ in sua compagnia. Grazie.

  20. [Marie Laure Colasson, La macchia, Struttura dissipativa, acrilico, 50×50, 2020]

    Scrivevo tempo fa sul quadro sopra indicato:

    Sostiene Lacan che nel campo scopico lo sguardo è all’esterno, io sono guardato, cioè sono quadro, il soggetto non coincide più come voleva Cartesio, con il punto geometrale a partire da cui si prende la prospettiva sulle cose, ma vive l’esperienza spaesante di essere in qualche modo oggettivato da uno sguardo altro, ridotto ad oggetto che “fa macchia” nel quadro: siamo presi dentro il quadro, e la vanitas, che credevamo riguardasse solo ciò che è rappresentato nel quadro, si rivela invece essere già da sempre anche la nostra, “che ci ri-guarda proprio dal punto impossibile, il fuori quadro nel quadro, che è lo sguardo come oggetto a.”

  21. milaure colasson

    Zorro in sidecar va in Guadalquivir
    Il pesce Lavrov trasmigra in Madagascar
    Il pappagallo Fasullo e la giraffa Faar
    in coppia vanno ad al-Qasr al-Kabir

    L’arte sopraffina e peculiarissima di Francesco Intini è l’analogo delle contorsioni di una contorsionista maghrebina che una volta vidi al Circo Togni, la signorina si chiudeva dentro una valigetta 24 ore (o quasi) e poi ne usciva indossando dei tacchi a spillo e fumando una sigaretta.
    L’arte kitchen fa sembrare del tutto normal ciò che normal non è. E’ questo il segreto della poesia kitchen.
    Consiglierei di rileggere e meditare le poesie di Palazzeschi.

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