Una poesia di Francesco Paolo Intini, Indovina chi intinge nel piatto del ragù, È il collasso dell’ordine simbolico ciò di cui tratta la poesia, il collasso dei significati; la poesia ha cessato di essere una «posizione di significati» per diventare una «indisposizione dei significati», la guerra di invasione di uno stato sovrano come l’Ucraina ha reso tutto ciò assolutamente evidente, Il conto è fatto in entalpia ma bisognerà convertirlo in entropia

Francesco Paolo Intini

INDOVINA CHI INTINGE NEL PIATTO DEL RAGÙ

Premessa:
“Parole che hanno un nucleo instabile, su cui è scritto “FRAGILE”
Viaggiano da un paese all’altro. Piccoli neutroni fermano alle frontiere
Si mostrano gentili, rovistano tra i quark. Nel portabagagli le provviste:
Pacchi di odio legati con lo sputo.
-Tutto in ordine però-, rassicura l’airbag.”

Il sole pascola i suoi pianeti al largo di Andromeda ma un protone si alleva come un pollo.
-Dice l’amministratore delegato dei Tiraemolla-
Poi è difficile distaccarsene, pensare alla fine tragica, alle costruzioni di penne iridescenti.
Il canto mattutino che diventa brace. Che ne sarà delle creste maestose?
L’orrenda bocca che si solleva dal fiero pasto.

La confraternita dei neutroni ha un bel daffare ultimamente viaggia da un continente all’altro
E che fatica con Americio. Tutti quei quark sempre in movimento, a buttar giù un nucleo e piantaci vento.

Senza alcuna referenza con una mossa scritta nel DNA dell’agnello procede il timido rosmarino. -Ci sono anch’io sussurra. Il tegame di patate non è completo se non ci metti l’Austria-Ungheria.

Princip ha portato il forno alla temperatura critica.
La massa è lì che attende, effervescente, lievitata al punto giusto.

Mendelevio da par suo prepara soffritti.
Cosa vuoi che siano due o tre nuclei in meno nell’olio bollente?
I ragazzi si scaldano ogni giorno. L’accademia pullula di pulcini pronti a sacrificare il tramonto dell’occidente, la pasta asciutta, l’ energia cinetica chiusa nelle matrioske.

Il tempo cola dalla pentola, come burro si sciolgono le lancette.
Per ogni clessidra che si perde ci sono dieci meridiane fresche di giornata.

Scappa di mano persino il sale. Da un buffet all’altro viaggia la fragranza dei cingoli. Un barattolo di marmellata venduto al prezzo di un carrarmato. Una pantofola vale più di un missile terra aria. Via di casa dunque l’energia potenziale. La mite acqua partorirà sbarchi di marines. Schiuma da barba e candeggina diventano generali a sei stelle.

Il conto è fatto in entalpia ma bisognerà convertirlo in entropia. Ce la mettono tutta i ragazzi prodigi per la relazione semestrale. Tecnezio e Piombo seguiti da Titanio e Ferro lavorano sodo per tutta la notte ma il risultato finale è sempre lì che sfugge. Un po’ di massa non si converte al nichilismo.

La tavola è imbandita. Ciascun elemento si raccoglie in preghiera.

Un antiuniverso interviene con pallottole antibomba.
Qui si svendono neutroni e grattacieli. Tatuaggi Sioux al comando dei continenti. Il codice civile degli Apaches. I neonati, squartati e bruciati nei teepee governano il mondo.
Si è fieri di essere libri tra bisonti.

Organesson si stringe al petto del Carbonio. Si raccontano grandi cose accadute ai confini dell’universo. Ossigeno fa la sua narrazione di un miliardo di anni. Di quando si esagerava nella produzione dei polmoni. Troppo grandi, ingombranti, feroci.
E gli errori di progettazione. Quei figli nati senza una ragione con la devastazione in corpo.
Ma ora ci sono e bisogna calmarli, amarli, educarli alla vita di caserma.

Lucio Mayoor Tosi
26 aprile 2022 alle 15:38

La poesia prende il volo dopo attimi di prosa incerta. Ma poi non si ferma, da vero canto di disperazione. Versi che sono idee, come “Tatuaggi Sioux al comando dei continenti”. Curioso modo pubblicistico di concepire poesia. Ma lo sdegno arriva eccome.

Giorgio Linguaglossa
27 aprile 2022 alle 7:53

alla fin fine la poesia di Intini non è altro che una tipica poesia che viene dopo una deflagrazione nucleare, ma il fatto è che la bomba è già esplosa da tempo e non ce ne siamo accorti, si è trattato di una Bomba H, quella al neutrone che lascia le cose intatte e uccide gli esseri viventi. Una bella trovata, non c’è che dire, dell’Inner circle di Putler e dei suoi accoliti.
Intini è tra i poeti NOe quello che più di tutti si è avventurato in quella zona grigia dei linguaggi significazionisti dove sono caduti tutti i significati, proprio tutti, così che non ne è rimasto più niente. Una poesia per il tempo di guerra, perché non ci sarà più alcun Dopo Guerra dopo questa della Bomba al Neutrone, e la poesia della NOe ne è rimasta fulminata. Già, siamo arrivati al dunque: la Russia ha disposto che dalle ore 8.00 di questa mattina verrà interrotta l’erogazione di gas russo alla Polonia e alla Bulgaria. E cos’altro è questa roba qui se non una dichiarazione di guerra alla Polonia e alla Bulgaria, è inutile fare come fa lo struzzo che all’avvicinarsi di un pericolo ficca la testa sotto la sabbia, qui siamo già da un pezzo dentro una guerra dichiarata da Putler e i suoi accoliti. La poesia di Intini e quella dei poeti post-significazionisti presenti in questo post è la dimostrazione che siamo già entrati nel Dopo Guerra.

.

Parole nel tweet di Mimmo Pugliese

Lucio Mayoor Tosi
27 aprile 2022 alle 8:56

Se il conflitto si estenderà, la rabbia crescerà tra la gente, il prezzo della guerra lo pagheranno gli interventisti di oriente e occidente.

Francesco Paolo Intini
28 aprile 2022 alle 12:02

Caro Giorgio,

È vero, non c’è significato che tenga. È come se dall’arco della porta sia saltata via la chiave di volta. Pericoloso starci sotto, altrettanto per l’intero palazzo. Chi dovrebbe provvedere è in vacanza e non ha nessuna intenzione di tornare.
Tu telefoni ma risponde una segreteria telefonica e dall’altro capo non sai se la voce diamantina che risponde solo alle proprie angosce è di Putin o Biden o Johnson o altri di pari durezza.
L’insulto, la falsità, la malafede il complotto, il tradimento sono zombi che attraversano le strade dell’Europa. Halloween imperversa da mesi nei salotti e nelle piazze.
Uomini trafitti da lance enormi, appartenenti a tutte le epoche schiacciano bottoni che innescano fiamme e bombe.
Ad aprile sono tornati gli sterpi e maggio si preannuncia il mese dei morti. Nascono tante varietà di crisantemi nei giardini, insistenti come cookies e i ragazzi imparano dalla pubblicità che forse a novembre farà primavera.
Il significato era proprietà privata dei poeti, la casa in cui si allevavano i versi che ammaliavano le pietre scagliate contro da baccanti invidiose, ma una specie di radiazione malefica, ha fatto nascere tritolo da un uovo.
E dunque addio alla vecchia alchimia dei suoni, delle allegorie, delle allitterazioni, della metrica , dei significati alti che accompagnavano i grandi della terra, allietando i loro pranzi e il loro passaggio sotto l’arco del trionfo. L’alessandrino si è mescolato ad una formula di detersivo e dal nuovo Dna è venuta fuori un sapone che interessa il corpo ed il suo bell’aspetto davanti allo specchio.
Chi altri si incontra se non questi monumenti dell’IO che camminano a testa alta potenziandosi di dolcezza ortofrutticola senza sporcarsi le mani di pile scariche e bucce di patate?
Già, tutto dipende dal Tempo che si attraversa e in questo il futuro sembra proprio che stia alle spalle del presente.
Imparare a parlare al contrario svela dunque il segreto del significato. Così diventa naturale sostituire l’identità con la contraddizione e la poesia con lo SCRASH di un auto che si libera delle lamiere.
Il vecchio Orfeo riposa suo malgrado nel greto del fiume sacro e a dettar legge sono furie scatenate con la tuta mimetica del neutrone capace di rompere tutto ma sempre in sintonia con i postumi del nucleo rotto e sepolto.
Non sono gli alberi della Tracia, incatenati al suolo dalla maledizione ma funghi malefici che spuntano qui e là. Una nuova generazione assaggia quest’aria di cesio 137 e lavatrici che si pensano libere dal giogo della centrifuga.
Vuole essere guerriglia senza pretesa di Potere e ogni tanto scrive un report, che è poi fare il punto della situazione senza senso alcuno, in versi più antartici che antalgici tanto meno nostalgici.

Giorgio Linguaglossa
29 aprile 2022 alle 9:34
caro Francesco,

scrive Marie Laure Colasson:

«i poeti kitchen si muovono in quella zona grigia di indiscernibilità e di indistinzione in cui tutte le vacche sono bigie, cioè, in cui tutte le parole sono bigie… dove non si possono più scegliere le parole se non per approssimazione o per scommessa o per esservici inciampati, per ritagli, per scuciture, perché il mestiere kitchen si muove tra le scuciture delle parole…»

Tu scrivi:

«Il significato era proprietà privata dei poeti, la casa in cui si allevavano i versi che ammaliavano le pietre scagliate contro da baccanti invidiose, ma una specie di radiazione malefica, ha fatto nascere tritolo da un uovo.
E dunque addio alla vecchia alchimia dei suoni, delle allegorie, delle allitterazioni, della metrica , dei significati alti che accompagnavano i grandi della terra, allietando i loro pranzi e il loro passaggio sotto l’arco del trionfo. L’alessandrino si è mescolato ad una formula di detersivo e dal nuovo Dna è venuta fuori un sapone…

L’insulto, la falsità, la malafede il complotto, il tradimento sono zombi che attraversano le strade dell’Europa. Halloween imperversa da mesi nei salotti e nelle piazze.
È vero, non c’è significato che tenga.
Versi più antartici che antalgici tanto meno nostalgici

Chi altri si incontra se non questi monumenti dell’IO che camminano a testa alta potenziandosi di dolcezza ortofrutticola senza sporcarsi le mani di pile scariche e bucce di patate?»

E torniamo a pescare in quella zona di indistinzione e di indiscernibilità in cui tutti i significati sono fasulli e posticci come nella notte di Hallowen, con figure che indossano maschere posticce e artefatte. È il collasso dell’ordine simbolico ciò di cui tratta la tua poesia, il collasso dei significati; la poesia ha cessato di essere una «posizione di significati» per diventare una «indisposizione dei significati»; la guerra di invasione di uno stato sovrano come l’Ucraina ha reso tutto ciò assolutamente evidente. La vecchia nomenclatura della poesia dell’io plenipotenziario e penitenziario è diventata improvvisamente assolutamente ridicola. Quale «Io» in questa situazione di collasso dell’ordine simbolico?. Il mondo di parallasse è diventato parallattico e serendipico.
Mi ha colpito la notizia dei due cosmonauti russi i quali hanno issato a bordo della navicella spaziale la bandiera con la Z impressa. Che altro dire?, ci troviamo in un reale parallattico, collassato… non c’è più un reale condiviso su cui si possa fare riferimento tutti insieme, ciascuno ha il proprio reale portabile, ciascuno parla e pensa nel proprio linguaggio parallattico e collassato, fatto di ideologemi come scatole vuote, ciascuno parla con il revolver fumante sul tavolo, non ci sono più significati condivisi su cui fare riferimento.
Detto ciò, considero la tua poesia uno degli esiti più alti della poesia che si possa scrivere oggi.

Francesco Paolo Intini (1954) vive a Bari. Coltiva sin da giovane l’interesse per la letteratura accanto alla sua attività scientifica di ricerca e di docenza universitaria nelle discipline chimiche. Negli anni recenti molte sue poesie sono apparse in rete su siti del settore con pseudonimi o con nome proprio in piccole sillogi quali ad esempio Inediti (Words Social Forum, 2016) e Natomale (LetteralmenteBook, 2017). Ha pubblicato due monografie su Silvia Plath (Sylvia e le Api. Words Social Forum 2016 e “Sylvia. Quei giorni di febbraio 1963. Piccolo viaggio nelle sue ultime dieci poesie”. Calliope free forum zone 2016) – ed una analisi testuale di “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè (Words Social Forum, 2017). Nel 2020 esce per Progetto Cultura Faust chiama Mefistofele per una metastasi. Una raccolta dei suoi scritti:  NATOMALEDUE” è in preparazione.

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  1. “Minaccia nucleare, il pericolo è reale”. Parla l’accademico russo Greg Yudin 
    “Il Cremlino cerca di ridefinire il conflitto come guerra mondiale e prepara una escalation”. Mentre “aumentano i segnali che il regime si sta trasformando da autoritario a totalitario”.
    A cura di Redazione

    Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l’approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia

    Stava citando letteralmente Vladimir Putin l’anchorman Vladimir Solovyov, quando nel suo talk show sulla tv russa, alla collega Margarita Simonyan secondo cui “finirà tutto con un attacco nucleare” ha ribattuto “ma noi andremo in paradiso mentre loro semplicemente schiatteranno”. In un dibattito durante il Valdai forum dell’ottobre 2018 a Sochi il presidente russo disse proprio che nel caso di una guerra atomica “i russi saliranno in cielo come martiri”. Motivo: non lanceranno mai per primi ma solo per ritorsione dopo un attacco nucleare nemico, aveva sottolineato. Aggiungendo il cinico commento sulla fine di “loro”, poi ripetuto da Solovyov. Putin aveva poco prima affermato che la Russia stava battendo gli avversari nella corsa agli armamenti. Dall’inizio della “operazione militare” in Ucraina, il capo del Cremlino ha moltiplicato i riferimenti più o meno diretti alla possibilità dell’utilizzo di armi nucleari. La stessa retorica pervade i media di stato: nei programmi giornalistici si parla ormai di continuo dell’imminente Terza guerra mondiale. 

    Greg Yudin

    “Non c’è scollatura tra la narrativa della propaganda e le posizioni che sta prendendo il regime”, sostiene il sociologo Greg Yudin, professore di filosofia politica alla Scuola di scienze economiche e sociali di Mosca (Msses, conosciuta in Russia come “Shaninka”). “Il Cremlino sta mobilizzando l’opinione pubblica in vista di una escalation”, dice Yudin a Fanpage. it

    Solovyov e Simonyan, direttrice della rete televisiva propagandistica Rt, sono noti per il loro conformismo aggressivo: sono più realisti del re, o meglio più zaristi dello zar. Non è che quelle sulla guerra nucleare son solo fanfaronate da talk show?

    Mica tanto. A quasi tutti è sfuggito che nella sua uscita sui “russi in paradiso” Solovyov stesse citando Putin. Ma è emblematico della sintonia tra la propaganda e quel che ultimamente hanno in testa al Cremlino.

    Il rischio di un’escalation così drammatica è reale?

    La narrativa va tutta in questa direzione, purtroppo. Dopo le difficoltà incontrate sul campo di battaglia, nelle alte sfere si sta parlando proprio di questo: “Forse dobbiamo trasformare l’operazione speciale in guerra mondiale”, si chiedono i responsabili della politica russa. Stanno valutando. Intanto preparano il terreno. Per questo non vedo scollature in questo momento tra azione di governo e propaganda.

    Quindi sta cambiando la natura dell”operazione speciale” in Ucraina?

    Si sta entrando in una fase differente in termini di approccio. La propaganda di stato sta cercando di ridefinire il conflitto come una “Grande guerra patriottica” (così i russi chiamano la Seconda guerra mondiale, che li vide vittoriosi sulla Germania nazista, ndr). Potrebbe essere il modo di preparare il Paese alla mobilitazione. Che sarebbe accettata solo se l’”operazione militare speciale” fuori dal territorio nazionale diventasse a una guerra a tutti gli effetti, col coinvolgimento totale della madrepatria. Questo porterebbe la popolazione a riconsiderare la situazione e a lasciarsi coinvolgere nello sforzo bellico. È in atto questo  tipo di spostamento.

    Ma una mobilitazione sarebbe digeribile, per la società. Non è un rischio politico troppo alto per il regime?

    Credo che attualmente si stia proprio decidendo in merito. È chiaro che una mobilitazione comporta un cambiamento di approccio da parte della popolazione. Si sta cercando di facilitarlo con questa nuova narrativa. E sembra funzionare. Ho sentito persone dire che sì, abbiamo cominciato noi la guerra e questo è  sbagliato, ma “ormai ci siamo dentro e dobbiamo andare fino in fondo”. Sono posizioni molto pericolose. Se il Cremlino ha successo nel propagare questa narrativa, allora potrebbe aver successo anche nel far digerire una mobilitazione al Paese.

    Una mobilitazione generale?

    Ritengo che sarebbe una mobilitazione parziale. Non coprirebbe tutta la Russia. In particolare, i giovani nelle grandi città sono parecchio scettici su questa guerra. Si rischierebbe di  trovare  forti resistenze. Ma attenzione a sottostimare la storica capacità della Russia di usare i suo cittadini come carne da cannone.

    Mobilitazione intorno alla bandiera, alla storia e ai miti nazionali come quello della “Grande guerra patriottica”. Per non parlare della possibile mobilitazione militare. Un Paese autoritario che mobilizza la sua popolazione somiglia parecchio a un sistema totalitario. Che tipo di regime è, adesso, quello di Putin?

    Il processo che lo porta verso il totalitarismo è iniziato ben prima della guerra. Ma ora ci sono davvero molti elementi nuovi. Precedentemente, vigeva la regola generale che uno poteva i pensare, credere e dire quello che gli pareva. Bastava rinunciare ad ogni tipo di azione politica. Ora è diverso. Ora si chiede alla popolazione un sostegno attivo al regime. E se non sei un sostenitore sei subito sospetto. La caratteristica autoritaria di una società depoliticizzata permane: nessuno vuole parlare di politica, in Russia. Ma ora ci si schiera col governo sulle  questioni strategiche. E questo è un segnale di passaggio dall’autoritarismo al totalitarismo. Inoltre è in atto una severa ideologizzazione, soprattutto nel campo dell’istruzione. Dall’università agli asili nido. In questi ultimi, in particolare, si scopre una nuova estetica fascista, con i bambini che devono performare coreografie pro-regime. C’è poi un alto livello di violenza repressiva. Insomma, ci sono evidenze che si sta andando in una direzione totalitaria. Credo che questo continuerà. Che si andrà ben oltre, su questa strada.

    su: https://www.fanpage.it/esteri/minaccia-nucleare-il-pericolo-e-reale-parla-laccademico-russo-greg-yudin/
    https://www.fanpage.it/

  2. Il passo inatteso di Biden
    di Giuseppe Sarcina

    28 aprile 2022

    Il presidente ha abbandonato prudenza e gradualismo per orientarsi sulla linea tracciata nel 1940 da Franklin Delano Roosevelt: «L’America sarà l’Arsenale della democrazia»

    Nelle ultime settimane Joe Biden ha abbandonato prudenza e gradualismo. È passato dalla formula adottata da Barack Obama, «leading from behind», cioè orientare le scelte dell’Occidente restando nelle retrovie, alla riedizione dello slogan coniato nel 1940 dal presidente Franklin Delano Roosevelt: «L’America sarà l’Arsenale della democrazia».

    Il paragone è suggerito in una brillante analisi dell’«Atlantic Council», centro studi di Washington. Ma che cosa significa in concreto? Martedì 26 aprile, nella base Usa di Ramstein in Germania, il segretario alla Difesa Lloyd Austin ha convocato i ministri di 43 Paesi per istituire «un gruppo di contatto permanente», una piattaforma «tecnica» per coordinare gli aiuti militari all’Ucraina. La novità è che sia Austin che ieri Biden hanno messo in chiaro quale sarà da qui in avanti l’obiettivo degli Stati Uniti: non solo respingere l’aggressione, ma «indebolire» l’armata putiniana al punto da impedire altri assalti a Paesi sovrani. Gli Usa, dunque, vogliono la sconfitta militare di Putin e, come ha detto ieri il presidente americano, sono pronti a fronteggiare «qualsiasi cosa» abbia in mente il Cremlino.

    La possibilità di un negoziato si è come dissolta. O meglio: gli Stati Uniti non prenderanno alcuna iniziativa. Tocca a Putin «terminare la guerra che ha cominciato». Ed eccoci allora al muro contro muro: Putin vuole la resa di Zelensky; Biden vuole la resa di Putin. Tutto lascia pensare che avremo di fronte come minimo quattro-cinque settimane (stima di Austin) di guerra furibonda. Dall’inizio del conflitto il governo americano ha stanziato 3,4 miliardi di dollari aiuti in armi. Il resto dell’Alleanza Nato, più o meno, altri due miliardi. Ma ora la scala dello sforzo statunitense cambia drasticamente. Biden ha chiesto al Congresso un pacchetto da 33 miliardi di aiuti; di questi, 20 miliardi serviranno per inviare artiglieria pesante, droni, munizioni, missili anti-carro e anti-aereo all’esercito di Zelensky. Alcuni analisti, come l’ex consigliere del Pentagono Bing West, hanno scritto che «per vincere» l’Ucraina avrebbe bisogno di finanziamenti in armi per 40 miliardi di dollari. E questa sembra la strada scelta da Biden: trasformare ancora una volta il Paese «nell’Arsenale della democrazia», mobilitando l’industria bellica e chiedendo ai cittadini americani «un sacrificio» per «sconfiggere la dittatura». Esattamente come fece il presidente Roosevelt all’inizio della Seconda guerra mondiale.

    Biden, contrariamente a quanto spesso si sente dire nel dibattito pubblico in Italia, non ha cercato, non ha voluto lo scontro con Putin. Prima del 24 febbraio ha offerto un negoziato a tutto campo su sicurezza e armi nucleari al leader del Cremlino. Poi, per settimane, la Casa Bianca ha frenato la spinta di Zelensky e dei suoi alleati europei più bellicosi, come Polonia, Paesi Baltici e Regno Unito. Quindi niente «no-fly zone», niente «armi offensive». Biden ha aspettato, anche sperato, che Putin prendesse atto del fallimento militare e accettasse finalmente una trattativa seria.

    La svolta è maturata all’inizio di aprile, quando «il dittatore» russo, sconfitto a Kiev ha rilanciato con la «fase due» nel Donbass. Nello stesso tempo sono venuti alla luce gli eccidi di Bucha. A quel punto Biden ha cambiato passo, sostenuto da un Congresso unanime e da almeno il 70% dell’opinione pubblica che, secondo i sondaggi, chiede al governo di «non voltarsi dall’altra parte». Rimane in piedi un solo vincolo: gli Usa non manderanno soldati a combattere in Ucraina.

    La nuova strategia americana complica, e parecchio, le scelte degli europei. Biden si aspetta che anche gli altri partner della Nato «facciano la loro parte», cioè aumentino sostanzialmente gli aiuti militari a Zelensky. Ma chi, a parte forse il Regno Unito, è in grado di aumentare di sei-sette volte gli investimenti per l’Ucraina? Realisticamente, nessuno. In queste condizioni sarà anche molto difficile spezzare la spirale e provare a riaprire le comunicazioni con Putin. Il presidente francese Emmanuel Macron ha fatto sapere che ci proverà comunque. Anche per Mario Draghi ora si prospetta una visita più difficile del previsto, il 10 maggio a Washington. Biden chiederà al premier italiano «solidarietà» e «impegno comune» per isolare e battere Putin, non per dialogarci.
    https://www.corriere.it/opinioni/22_aprile_28/10-cultura-editorialecorriere-web-sezioni-61a59f30-c723-11ec-9886-30033cb6ccfe.shtml

  3. Benvenuti in tempi interessanti
    (Slavoj Zizek)

    Forse senza averne piena consapevolezza, siamo entrati in una nuova epoca del mondo. Ogni anno, il genere umano produce più di un trilione di immagini. Un trilione significa un miliardo di miliardi, 1 000 000 000 000 000 000. È un numero che non può essere davvero pensato da una mente umana. Se consideriamo, infatti, che in epoca medievale un uomo entrava in contatto, nell’arco della sua intera esistenza, con circa quaranta immagini artificiali – mentre oggi si calcola che siano circa dodici miliardi – abbiamo la misura di un passaggio epocale senza precedenti, ci ricorda Federico Ferrari –

  4. antonio sagredo

    Sagredo risponde.
    ———————————————————————————–
    Quanto riguarda la riservatezza mi pare che non sia rispettata.
    L’accademico russo Greg Yudin ( è vero il suo nome?) intervistato dà alcune risposte: mi pare strano che si sia esposto così platealmente; se è vero non sarà più accademico e la Siberia o la morte lo aspetta sulla soglia della sua casa. Altrimenti è al soldo di Putin.

    a—
    Quanto riguarda la presentazione…

    Mi pare di rileggere passi del Maestro e la Margherita di Bulgakov, o dell ”Ispettore generale” di Gogol’ o di alcune lavori (non drammi) satirici di autori russi dell’800 russo, o come quelli più vicini a noi di Michail Zoščenko al tempo staliniano… in questi lavori venivano derise le minacce presunte o reali dei potenti.
    Nella presentazione le battute sui “martiri” sono ridicole o sulla “operazione militare” o che la corsa agli armamenti va a gonfie vele, denotano invece che va tutto storto: quando non si vince si diventa mistici e ci si appella a proclami divinatori, ecc…. di rivincite illusorie e altro pur di mascherare il reale stato delle cose. Già il russo ha questa naturale tendenza e diviene così abitudinaria che egli stesso non distingue più nulla.

    Passo alle risposte di questo socologo Greg Yudin o chi per lui.
    (da verificare se la traduzione è fedele oppure no: perché nel dubbio si possono celare alcune cose
    non gradite)

    b–

    “Il Cremlino sta mobilizzando l’opinione pubblica in vista di una escalation”: questo significa di trovarsi una opinione pubblica “critica”: ma non è critica questa opinione pubblica, se mai succube e tacitata.
    E poi c’è questo gerundio che è sospettoso, perché indica una azione in atto: ma non ci sono azioni affatto. L’opinione pubblica russa è già stata addomesticata e si tratta soltanto di usarla come meglio si crede: è nel suo DNA obbedire senza reagire!- (la Cekà, il KGB o FSB, ecc. SONIO SOLO SIGLE: la loro operatività non cambia – come pure al tempo degli zar sotto altre sigle).
    ————–
    c –

    “Russi in paradiso” è come il paradiso degli islamici o quasi: la tendenza a Oriente ho già spiegato in altri interventi (viene dalla Mosca “buddistica”, e non certo dall’occidentale Pietrobiurgo! ). Putin nasce a Pietroburgo per sbaglio, sarebbe stato più comprensibile se fosse nato a Mosca: ma proprio qui il paradosso: la serpe orientale nella capitale più occidentale della Russia: per questo l’odio vero\ di esser nato il\nel luogo sbagliato: quando si trasferisce a Mosca si porta dietro tuta la banda degli orientali oligarchi: progetto già nato quando stava a Berlino est.
    E non c’è nulla di emblematico, se mai troppo razionale invece!

    d—
    “Forse dobbiamo trasformare l’operazione speciale in guerra mondiale”, si chiedono i responsabili della politica russa.”
    … è tutto fumo negli occhi, semplicemente alzano il tiro per paura, per il terrore di restare vittime delle loro stesse azioni! Anche qui una caratteristica del costume (di pensiero) russo: progettare e progettare alla fine il progetto crolla da se stesso: quanti progetti falliti descritti dai più grandi scrittori russi!| — Invece di viaggiare realmente ci si limita a dire alla fine della commedia “Chissà che caldo fa in Africa! “ Cechov).
    “azione di governo e propaganda”… scollature? Ma sono la medesima cosa: il servo e il padrone si scambiano le parti, e alla fine non si distinguono più.
    ————————————
    e—
    Quando per i russi le cose si mettono davvero male si appellano al concetto di “Grande guerra patriottica”, così fece Stalin (e aveva ragione; ragione che non ha Putin) che tra l’altro chiese aiuto per la propaganda alla poetessa Achmatova, forse la voce radiofonica più ascoltata a quel tempo.
    Questa tipo di guerra è il collante fatale per ancora di più imbrigliare le menti del popolo e incularlo meglio: goduria attiva del Potere e goduria passiva di chi subisce
    ——————————–
    f–
    La popolazione si mobilita comunque: basta indicare il pericolo e poi ordinare, e la digestione è compiuta. Non ci vuole tanto per un popolo che da decine di secoli è prono!
    —————————-
    g—
    E’ vero, il problema sono i giovani, specie delle grandi città russe e poi coi mezzi di comunicazione di oggi si rischierebbe una guerra civile tra i giovani delle città e i giovani delle provincie derelitte che sono centinaia e centinaia!
    “Ma attenzione a sottostimare la storica capacità della Russia di usare i suo cittadini come carne da cannone”———
    Qui la traduzione non mi convince affatto!. Non è la Russia ad “usare… “, ma i vari poteri che si sono succeduti nei secoli. E non si tratta di sottostimare, che è roba di chi ignora la storia della Russia e dei Poteri. — “Carne da cannone” lo è stata sempre, sia verso l’interno (gli zar e lo stesso Stalin) che verso l’esterno (più stalin che gli zar); per il piccolo uomo Putin non fa differenza: egli come KGb è indifferente, l’importante per lui e la sua casta che protegge e che lo protegge allo steso tempo, è di sopravvivere in ogni caso, E GLI STERMINI SONO UN DETTAGLIO MINIMO, in questo ha già mostrato tanto zelo in passato ed ora!
    ——————————–
    h—
    Per Putin non esiste differenza fra sistema autoritario e sistema totale: non conosce la distinzione, non gliela hanno insegnata alla scuola del “Servizi segreti”: conosce soltanto che quando non è possibile affatto la soluzione, la soluzione è l’annientamento del nemico: non esistono avversari ma solo nemici da uccidere ed eliminare con tutti i mezzi: criminalità comune (e derivati) e professionistica (e derivati). Lui va oltre il “fine che giustifica i mezzi” questo è il principio “principe” di ogni suo agire (pensiero) e della Scuola da cui proviene, che nel suo caso è la medesima cosa:identificazione totale e assoluta senza sbavature!
    A differenza di Stalin che mai ha dato al “suo” popolo l’illusione del poter e voler “pensare, credere e dire quello che gli pareva” (Putin l’ha fatto: i tempi cambiano) e “Bastava rinunciare ad ogni tipo di azione politica” (questo è vero!).
    “Ora si chiede alla popolazione un sostegno attivo al regime”: No!, sarà ancora una volta passivo!
    E sarà costretta ad accettare! Non per autorità, ma per dittatura! – “Estetica fascista? Ma se è dai primi anni degli anni trenta del secolo trascorso che si dice di “fascismo rosso”! Dove è la novità?! Nelle “performance coreografie pro-regime”: cose vecchie, ma sempre valide!
    “violenza repressiva”… e forse anche questa una novità?!
    “Insomma, ci sono evidenze che si sta andando in una direzione totalitaria”: la scoperta dell’acqua calda!
    E l’assassinio della Ann Politkovskaja non fu forse una regalo che si fece nel giorno di compleanno… di entrambi!
    A lei, la morte…
    a lui, la vita.

  5. antonio sagredo

    DOVE SONO FINITI, OGGI, I POETI DI RUSSIA CHE DOVREBBERO AVERE ALMENO IL CORAGGIO CHE EBBE OSIP MANDEL’STAM ?
    Proprio quelli che subirono il poere, da A. Voznesenskij (1933-2010) il meno perseguitato oppure al condannato Solgenitsin si sono prostrati a Putin prima di morire nella illuisione che qualcosa era davvero cambiato in Russia, e invece noi sappiampo che npn è cambiato nula!!!

    ——————————————————————————
    (dal Corso su Osipi Mandel’stam di A. M. Ripellimìno del 1974-75)
    ——
    ” Il capo d’accusa principale era una poesia epigrammatica su Stalin che Mandel’štam aveva recitato a un gruppo di 12 amici. Uno di questi era andato a spiattellarla, ma non si sa a chi. Nadežda Mandel’štam, dice di avere dei sospetti, ma è difficile dirlo. Inoltre c’era nel suo dossier quello schiaffo, di cui abbiamo già parlato, che aveva dato ad Aleksej Tolstoj.
    Erano quelli i tempi della fine della collettivizzazione agraria e Stalin in quei versi veniva definito assassino e sbaraglia-mužiki; questi versi segnavano l’inizio della tragica fine di Mandel’štam. Lui che aveva sempre riflesso in allusioni, in motivi traversi, mai direttamente; e l’unica volta che scrisse una poesiola abbastanza futile e superficiale, con piene parole e pieni accenni, incappò subito nella repressione. Era una poesia in cui voleva esprimere chiaramente la sua avversione per il tiranno, mentre il resto della sua opera è sempre, anche quando accenna a fatti politici, lontano da una presa diretta, non è fanfara, né acre satira o bruciante presa come in Majakovskij, ma tutto è sempre riflesso diagonalmente. La poesia è questa:

    Noi viviamo senza avvertire sotto di noi il paese,
    a dieci passi non si sentono i nostri discorsi,
    e ovunque ci sia spazio per un mezzo discorso,
    ci si ricorda del montanaro del Cremlino.

    Le sue dita grasse sono pingui come vermi,
    le sue parole sicure come pesi.
    Ridono i baffacci di scarafaggio
    e brillano i suoi stivali.

    E intorno a lui una marmaglia di capi dagli esili colli,
    egli gioca con i servigi di mezzi uomini.
    Chi fischia, chi miagola, chi piagnucola
    e lui ciarla soltanto e punta il dito.

    Forgia ordini uno dopo l’altro come ferri di cavallo:
    a chi nell’inguine, a chi fra gli occhi, sulla fronte e sul muso.
    Ogni esecuzione è per lui una cuccagna,
    ha un largo petto di osseto.
    —–
    (Gli Osseti erano un popolo della Georgia, vicino al paese dove Stalin nacque, quindi petto di osseto, petto di georgiano)
    Questa è una poesia improvvisata per un cerchio di amici, una poesia da nulla, superficiale ; è quel verso delle dita che è impressionante e che, come vi ho detto, ricorda quanto avvenne a D. Bednyj (il poeta che Esenin chiamava “Demjan., figlio di lacchè”), famoso poeta di origine proletaria, dell’epoca della rivoluzione, il quale per un certo periodo è sembrato essere l’espressione suprema. Demjan Bednyj, molto amico di Stalin e in gran luce presso di lui, una volta scrisse nel suo taccuino che non voleva più prestare libri a Stalin, perché questo ci lasciava sopra le impronte delle sue grasse dita. Il segretario di Stalin andò subito a riferirgli la cosa, per cui Bednyj cadde in disgrazia.
    Secondo il racconto di Nadežda Mandel’štam, il poeta fu chiuso alla Lubjanka, dove gli fecero le cose abituali in quel tempo, cioè interrogazioni notturne, iniezioni di scopolamina (per confondere la sua memoria), lampada accecante negli occhi, liquido abrasivo negli occhi quando guardava nello spioncino, cibi salati, mancanza di acqua da bere, ecc.
    ————————————————————————————-
    (da MIA NOTA 138, P. 39) :
    Ripellino, mi pare che dia a questi versi soltanto un giudizio estetico, quando invece ha anche un altissimo valore etico: è un attacco, pare, senza precedenti, contro uno spietato tiranno, nella storia della poesia mondiale del secolo trascorso! Ma non è difficile trovare altri e alti esempi nel passato: Mandel’štam amava Andrea Chenier, su cui scrisse le sue Note. Ma pure esempi contrari contemporanei, come p.e. Montale e Ungaretti che chiesero, supplicando, un sussidio al potere! ///// Tra l’altro A. Wat, il futurista polacco, ci riferisce finalmente il nome di quell’intellettuale russo, Pëtr Pavlernko, che tradì Mandel’štam, che era “proprio un uomo della CEKA, tutti lo sapevano. Questo è un inédit, non ho ancora letto da nessuna parte che fu lui a tradirlo”.(pag. 596)- Lo slavista A. M. Ripellino di certo conosceva il futurista Wat, ma non lesse l’intervista “Il mio secolo”, altrimenti avrebbe menzionato di certo il nome del traditore di Mandel’štam, Pëtr Pavlernko che fu noto per aver collaborato alla sceneggiatura dell’Aleksander Nevskij di Èjzenštejn. (vedi Postfazione) |||||||| Il mio secolo. Memorie e discorsi con Czesław Miłosz, a cura di Luigi Marinelli, Palermo, Sellerio, 2013.

  6. caro Antonio,

    Scipione l’africano per sconfiggere Annibale non volle affrontarlo in uno scontro campale, sarebbe stato troppo rischioso per Roma, adottò la strategia più lunga, quella di tagliargli i rifornimenti che provenivano dai celtiberi in Iberia in modo da indebolirlo a tal punto da non poter più attaccare Roma. Così si fece incaricare dal senato di condurre una guerra di conquista della Iberia. L’obiettivo lo raggiunse distruggendo uno dopo l’altro ben tre eserciti di cartaginesi e celtiberi che contavano ciascuno il doppio delle sue forze. Ma non si fermò qui, non sarebbe stato sufficiente tagliare all’esercito di Annibale i rifornimenti dalla Spagna per costringerlo alla tregua. E così escogitò un piano ancora più ambizioso: portare la guerra direttamente in Africa, sotto le mura di Cartagine, infatti sbarcò con il suo esercito a pochi chilometri da Cartagine.
    A quel punto Annibale abbandonò in fretta e furia l’Italia del sud e raggiunse Cartagine con il meglio del suo esercito.
    A quel punto Scipione aveva davanti un dilemma: fare una tregua con Annibale e Cartagine oppure indebolirlo ancora di più sconfiggendolo sul campo. Scipione, come noto, optò per la seconda strategia e affrontò Annibale e i cartaginesi in campo aperto a Zama e li sconfisse. A quel punto Cartagine era talmetne indebolita da non poter più nuocere in alcun modo a Roma. Del resto l’obiettivo di Scipione non era quello di distruggere Cartagine ma solo di indebolirla e costringerla alla pace, una pace duratura che riconosceva a Cartagine il ruolo di potenza regionale. Scipione da grande generale aveva vinto ma si guardò dalla ambizione di voler stravincere.

    La strategia degli US come l’ha esposta qualche giorno fa Loyd Austin è analoga a quella adottata da Scipione: indebolire la Russia di Putin a tal punto da rendere per lei impossibile portare una seconda o una terza guerra contro uno dei paesi dell’Europa occidentale. È una strategia intelligente e lungimirante che lascerebbe alla Russia il ruolo di potenza regionale non più in grado di portare avanti un’altra guerra contro la Nato e l’Europa.

    Per quanto riguarda i poeti russi, vale lo stesso metro di giudizio per i poeti europei: non contano nulla i loro pensieri, tanto meno quelli poetici, e loro si guardano bene dal perdere l’impiego e venire incarcerati fino a 15 anni per aver scritto qualche parolina scomoda. Tutto qui.

  7. Quando sarà raggiunto l’obiettivo di Lloyd Austin : aver indebolito la Russia a tal punto da renderla inoffensiva, si porrà un secondo problema: che vorrà fare l’Europa? adotterà il minimum vivere e continuerà a vivacchiare senza una visione europea complessiva oppure si impegnerà a costruire una vera Europa politica e uno stato federale?

  8. Caro Giorgio
    In questo nostro caro tempo mi sarebbe piaciuta una poesia di grande respiro, per esempio qualcosa che celebrasse l’innocenza di un esserino nato da poco e proprio nel bel mezzo della guerra in corso. In altri tempi il suo linguaggio sarebbe apparso il più appropriato per esprimere il segreto dell’ universo, ma non è così. I cannoni della pandemia sono rimasti per qualche istanti vuoti. Gli argomenti forgiati nel fuoco della guerra a un nemico sconosciuto, capace di perforare qualunque scudo erano diventati lentamente gomma piuma. Le televisioni non sapevano più che fare così anche le testate giornalistiche stavano ritirando i loro missili nelle piattaforme locali perché la noia dello stallo alla fine è insopportabile e non si . Meglio considerare la cronaca nera, il piccolo delitto dietro l’angolo, il fondo misterioso nell’animo dell’uomo che spinge al femminicidio talvolta, il marcio che dall’immondizia spinge a filmare una nefandezza e riderci con gli amici.
    Quanti Stavrogin stanno in giro?
    Ma una guerra non ha a che fare con le tristi vicissitudini di una singola Matrëša piuttosto un salto di qualità è da attendersi. Altra cosa è infatti lo stupro di massa che si accompagna alla guerra di ogni tempo e genere. Al predatore che uccide il bufalo si sostituisce il branco di iene. Non avviene questo ogni volta che se ne presenta l’occasione?
    E dunque ecco il salnitro buono e fresco, appena colto nei campi minati e bombardati che viene a riattivare i cannoni. La gomma piuma ridiventa piombo e perché no? Uranio povero in una canna di carrarmato. Se non bastasse c’è il fosforo capace sempre di spegnere le menti oltre che bruciare la pelle in favore dei muscoli alla brace ed infine delle ossa. E dunque in termini di significato come è possibile mettere tra le mani di una bimba appena nata un Bamby di piombo fumante e incandescente?
    E non perché opponiamo la nostra volontà allo scempio della perdita di ogni possibile bellezza e dolcezza ma perché non esiste più. Il tempo ha messo le sue mani dietro la schiena, ha creato un vuoto per farci saltare dentro. Alla perdita di significato corrisponde una deflagrazione in mille schegge che artigliano qualunque malcapitato si trovi a percorrere i versi. Chi riuscirà a tirarsi fuori dal corso della storia tranciata ancora una volta da variabili indipendenti che nel corso della storia hanno preso un volto umano(o disumano), come una gamba affetta da gangrena vedrà un nuovo significato nelle cose che avrà da fare. Occorreranno poeti benedetti dall’amore, dal fanciullino, dal sacro, dal bisogno di aggregazione attorno ai valori universali. Ma il futuro è il nostro nulla e per il momento siamo a contatto con i colpi dell’artiglieria pesante da una parte e dall’altra. Una nuova genia d’animali viene fuori dai boschi di Chernobyl. Il ruggito delle immagini imperversa nella savana. Le città sono ruderi di una specie che ha preferito il buio alla luce e dunque sopravvive accecato dall’odio e dal potere assoluto. Il poeta non può che prendere appunti e segnarli sulla volta della caverna senza ordine, distinguendoli solo per la potenza di fuoco che impressiona la vista, per ricominciare il conto da zero e l’alfabeto dalla lallazione. Chissà quanta strada lo riporterà al dubbio, alla ricerca di un comune interesse. Se mai imboccherà la strada di cantare una ninna nanna invece di urlare il suo triste trovarsi gettato nel mondo.
    Un infinito grazie per tutto quello che scrivi su di me e che è frutto di questa scuola collettiva che si chiama Ombra .
    Ciao

  9. (In sostituzione del precedente)
    Caro Giorgio
    In questo nostro caro tempo mi sarebbe piaciuta una poesia di grande respiro, per esempio qualcosa che celebrasse l’innocenza di un esserino nato da poco e proprio nel bel mezzo della guerra in corso. In altri tempi il suo linguaggio sarebbe apparso il più appropriato per esprimere il segreto dell’ universo, ma non è così.
    I cannoni della pandemia sono rimasti per qualche istante vuoti. Gli argomenti forgiati nel fuoco della guerra a un nemico sconosciuto, capace di perforare qualunque scudo, erano diventati lentamente gomma piuma. Le televisioni non sapevano più che fare e così anche le testate giornalistiche stavano ritirando i loro missili nelle piattaforme locali perché la noia dello stallo alla fine è insopportabile. Meglio considerare la cronaca nera, il piccolo delitto dietro l’angolo, il fondo misterioso nell’animo dell’uomo che spinge al femminicidio talvolta, il marcio che dall’immondizia spinge a filmare una nefandezza e riderci con gli amici.
    Quanti Stavrogin stanno in giro?
    Ma una guerra non ha a che fare con le tristi vicissitudini di una singola Matrëša piuttosto un salto di qualità è da attendersi. Altra cosa è infatti lo stupro di massa che si accompagna alla guerra di ogni tempo e genere. Al predatore che uccide il bufalo si sostituisce il branco di iene.
    Non avviene questo ogni volta che se ne presenta l’occasione?
    E dunque ecco il salnitro buono e fresco, appena colto nei campi minati e bombardati che viene a riattivare i cannoni. La gomma piuma ridiventa piombo e perché no? Uranio povero in una canna di carrarmato. Se non bastasse c’è il fosforo capace sempre di “spegnere” le menti oltre che bruciare la pelle in favore dei muscoli alla brace ed infine delle ossa.
    E dunque in termini di significato come è possibile mettere tra le mani di una bimba appena nata un Bamby di piombo fumante e incandescente?
    E non perché opponiamo la nostra volontà allo scempio della perdita di ogni possibile bellezza e dolcezza ma perché non esiste più. Il tempo ha messo le sue mani dietro la schiena, ha creato un vuoto per farci saltare dentro. Alla perdita di significato corrisponde una deflagrazione in mille schegge che artigliano qualunque malcapitato si trovi a percorrere i versi.
    Chi riuscirà a tirarsi fuori dal corso della storia tranciata ancora una volta da variabili indipendenti che nel corso della storia hanno preso un volto umano(o disumano), come una gamba affetta da gangrena vedrà un nuovo significato nelle cose che avrà da fare?
    Occorreranno poeti benedetti dall’amore, dal fanciullino, dal sacro, dal bisogno di aggregazione attorno ai valori universali. Ma il futuro è il nostro nulla e per il momento siamo a contatto con i colpi dell’artiglieria pesante da una parte e dall’altra.
    Una nuova genia d’animali viene fuori dai boschi di Chernobyl. Il ruggito delle immagini imperversa nella savana. Le città sono ruderi di una specie che ha preferito il buio alla luce e dunque sopravvive accecato dall’odio e dal potere assoluto.
    Il poeta non può che prendere appunti e segnarli sulla volta della caverna senza ordine, distinguendoli solo per la potenza di fuoco che impressiona la vista, per ricominciare il conto da zero e l’alfabeto dalla lallazione.
    Chissà quanta strada lo riporterà al dubbio, alla ricerca di un comune interesse. Se mai imboccherà la strada di cantare una ninna nanna invece di urlare il suo triste trovarsi gettato nel mondo.

    Un infinito grazie per tutto quello che scrivi su di me e che è frutto di questa scuola collettiva che si chiama Ombra.
    Ciao

  10. Nel suo magnifico saggio sulla poesia di Dvorský Petr Král a un certo punto della sua ermeneutica parla di poetica come “costellazione di parole” :
    Nella com-posizione di Francesco Paolo Intini è il caso di adottare la poetica della costellazione di parole come cifra centrale di questo suo dispositivo poetico in stile kitchen in cui alla fine della distinzione fra arte di massa e arte diciamo “sperimentale” si afferma anche una concezione della poiesis kitchen come arte combinatoria ed esperienza di tutti i mondi possibili, nella scomparsa del soggetto e del significato, fra ironia e autoironia.
    A volte sembra al lettore di trovarsi di fronte a un film postmoderno in cui la realtà viene frammentata ma non ricomposta dall’autore, quasi che la ricomposizione spettasse proprio al lettore/spettatore chiamato a un ruolo attivo e non più di fruitore/spettatore/lettore passivo (in pieno spirito postmoderno).

    .

  11. La crescita dei prezzi dei beni alimentari di prima necessità dal 24 febbraio ad oggi in Russia è aumentato così:
    il costo delle cipolle è salito da 40 a 55 rubli al kg
    le carote da 63 a 60 a 73 rubli al kg
    le barbabietole da 47 a 69 rubli al kg
    i cavoli da 81 a 99 rubli al kg
    le patate da 50 a 53 rubli al kg.
    una scatola di mirtilli e lamponi da 280 rubli a 690 ad oggi.
    L’inflazione annua stimata si aggira tra il 18-23%
    Ciò a fronte dello stipendio medio di un lavoratore russo che è di 400 euro al mese.

  12. antonio sagredo

    NON CI SARA’ NEMMENO BISOGNO CHE SVEZIA E FINLANDIA ENTRINO NELLA NATO, E NON CI SARA’ NEMMENO BISOGNO DI UNA GUERRA “TOTALE” DA PARTE DI PUTIN, (COME SI VOCIFERA DA CIRCA UN MESE) PERCHE’ GLI ATTENTATORI AL SUO POTERE CADRANNO TALUNI PRIMA DI AGIRE (GIAì ALCUNI SONO CADUTI) E LUI STESSO CADRA’…
    ORAMAI LA NEMESI CHE IMMAGINAVO TRE MESI FA E ANCHE MOLTO TEMPO PRIMA E CIOE’ ALLE PRIME AVVISAGLIE E’ GIA’ IN ATTO E COME HO SEMPRE SOSTENUTO PERCHE’ E’ LA STORIA TUTTA DELLA RUSSIA CHE M’INFORMA CONFORTATO DALLE PAROLE DI ALCUNI POETI. E DI STORICI ERETICI: TUTTO SI GENERA NEL CREMLINO E TUTTO DEGENERA NEL CREMLINO .
    E LA TERZA ROMA CHE QUALCUNO SBANDIERA E’ COSA VECCHOA E TRITA E APPARTIENE A UN MITO DELLA VECCHIA RUS’.
    lL NUOVA RUSSIA NASCERA’ PERCHE’ L’UOMO RUSSO ANONIMO E SENZA VOLTO, L’UOMO COMUNE DI TUTTI I GIORNI HA RAGGIUNTO CON P. IL MASSIMO POTERE: C’ERA DA ASPETTARSELO E PER CHI SA BENE LA STORIA RUSSA NON E’ UNA NOVITA’ – SE MAI DOPO OIL PERICOLO VERRA’ DA CHI SBANDIERA LA STATUA DELLA LIBERTA’: I POETI ANCORA UNA VOLTA CONOSCONO LA MASCHERA!

  13. caro Gino Rago,

    Putin si muove nel mondo del passato remoto, usa le categorie del KGB e dei servizi segreti. Molti intellettuali di potere, russi e non russi, e anche moltissimi italiani, impiegano inconsapevolmente le categorie del modernismo e del vecchio KGB, il modo di pensare del novecento al centro del quale c’è il concetto di “potenza” e di politica imperiale. Non si pensi che questa nomenclatura categoriale non afferisca anche alla poesia e al romanzo, alle arti figurative e musicali e anche all’architettura, si tratta di un universo di categorie unite da una sostanza comune: la de-politicizzazione delle masse, individuale e collettiva. Siamo appena agli inizi di un nuovo mondo, del mondo de-politicizzato che si apre davanti ai nostri occhi. Ovviamente, il risvolto della de-politicizzazione è il mondo nuclearizzato, dove la minaccia atomica viene usata dai governi autoritari appunto come minaccia, cioè come possibilità effettuale, attuale. E questo cambia tutto. Durante la guerra fredda nessuno dei due contendenti impiegava apertamente la minaccia dell’arma nucleare, la si taceva, la si presupponeva, oggi invece la si impiega non solo come strumento di pressione e di propaganda ma anche come mezzo concreto per risolvere le controversie internazionali. E le parole sono diventate «fragili», non possono più nulla:

    “Parole che hanno un nucleo instabile, su cui è scritto “FRAGILE”
    Viaggiano da un paese all’altro. Piccoli neutroni fermano alle frontiere
    Si mostrano gentili, rovistano tra i quark. Nel portabagagli le provviste:
    Pacchi di odio legati con lo sputo.
    -Tutto in ordine però-, rassicura l’airbag.”
    (Francesco Paolo Intini)

    È in corso in questi due mesi di guerra una mobilitazione generale delle parole; una guerra totale delle parole come quella che dichiarerà Putin il 9 maggio è possibile soltanto in un mondo de-politicizzato (sia le democrazie che le autocrazie sono nella sostanza società depoliticizzate). In questa condizione le parole sono diventate «fragili», in specie le parole della ragione. In un mondo de-politicizzato parlare di guerra e di pace è parlare a vanvera: vince il più forte e il più arrogante, le costruzioni giuridiche internazionali vengono infrante e derise dal più forte e dal più arrogante. E le parole? Che ne facciamo delle parole? I poeti alla Mariangela Gualtieri e Franco Arminio (faccio solo due nomi ma la lista è infinita) usano parole mentitorie, de-politicizzate, adatte alla propaganda, parole da risultato sicuro, parole vincenti, parole belliciste perché ci parlano del cuore e della bontà pusillanime fasulle già da tempo immemorabile e impronunciabili, tanto più oggi.
    Non ci restano che le parole «fragili», è con quelle che dobbiamo fabbricare le nostre poesie, dobbiamo respingere al mittente le parole de-politicizzate, pusillanime e fasulloidi imparentate con il novecento bellicista.

    • milaure colasson

      caro Gino,

      ci restano le parole iperbariche, quelle stordite e istupidite da una immissione di ossigeno ad altissima densità. Oggi abbiamo le parole ossigenate, ibrididatizzate, ibridizzate. La poesia di Intini fa incetta in grande quantità di queste parole mitridatizzate e addomesticate e le fa cozzare le une contro le altre come avviene con i fotoni all’interno del Large Hadron Collider di Ginevra che generano una energia miliardi di volte superiore a quelle immessa nel circuito.

      In medicina: terapia iperbarica, tecnica terapeutica che prevede la somministrazione di miscele gassose costituite in prevalenza da ossigeno a pressione superiore a quella atmosferica, utilizzata per aumentare l’ossigenazione del sangue in pazienti colpiti da embolia gassosa.
      Camera iperbarica, speciale ambiente con pareti a chiusura ermetica, in cui si applica questo tipo di terapia.

      Leggo con apprensione che è stato ferito o ucciso il capo di stato maggiore delle forze armate russe il gen.le Gerasimov, l’inventore della guerra ibrida, ma il generale russo non poteva supporre che anche gli ucraini dispongono di un LHC di altissima qualità e precisione in grado di colpire i fotoni avversari con indubbia efficacia.

      • cara Marie Laure,

        in quanto alla guerra dei fotoni dell’HLC e alla guerra teorizzata da Gerasimov, la guerra ibrida, mi permetto di notare che anche la NOe ha teorizzato e praticato la iperbarizzazione delle parole ottenuta in una camera stagna mediante la ipermitridatizzazione e la iperibridazione delle parole, che è quella cosa lì che sta facendo in maniera encomiabile Francesco Paolo Intini.

        Sulla entalpia, cito Francesco Intini:

        «Il conto è fatto in entalpia ma bisognerà convertirlo in entropia. Ce la mettono tutta i ragazzi prodigi per la relazione semestrale. Tecnezio e Piombo seguiti da Titanio e Ferro lavorano sodo per tutta la notte ma il risultato finale è sempre lì che sfugge. Un po’ di massa non si converte al nichilismo.»

        Sulla entalpia, cito la Treccani:

        «[ἐνϑάλπω «riscaldare»]. – In termodinamica, funzione (detta anche impropriam. contenuto termico o calore totale) definita come somma tra l’energia interna e il prodotto della pressione per il volume di un fluido termodinamico; ha le dimensioni di un’energia e sua unità di misura SI è quindi il joule (J).»

        Siamo entrati in quella dimensione fotosferica e fotogrammatica dove le cose (e le parole) che accadono sembrano accadere in vitro, in virtuale, all’interno della superficie di un monitor. Il reale è scomparso, ma non per far luogo all’Iperreale come asseriva Baudrillard ma per far luogo al minus quantum, al meno di reale. Siamo nella dimensione teorizzata da Zizek del «soggetto scabroso» di cui la poesia di Intini è il risultato ribaltato, un soggetto de-realizzato.

  14. Una riflessione su alcuni tratti del Modernismo letterario europeo, e le sue irradiazioni su quello italiano, può aiutare forse a leggere lo spaesamento del
    del nostro tempo per una più chiara consapevolezza della crisi dei nostri giorni, sgombrando dalla nostra critica letteraria categorie vecchie, obsolete, superate, come “decadentismo” o “avanguardie” della prima parte del ‘900.
    Ne propongo una sintesi.
    Gino Rago
    *
    Dobbiamo abbandonare le vecchie etichette di decadentismo, o di età delle avanguardie, utilizzate fino ad ora per indicare la produzione letteraria italiana compresa tra il 1904 e il 1930.

    Questo periodo della nostra letteratura e questi 25 anni circa della nostra poesia se proprio si vogliono chiamare in un modo bisogna chiamarli «modernisti». Gli anni dal 1904 a tutto il 1930, sono « l’età del modernismo. Questa categoria ormai ha vinto la lotta per la sua egemonia nel campo della critica letteraria per una migliore comprensione dei vari aspetti delle arti primo novecentesche. Il Modernismo è quindi la categoria più adeguata a definire la letteratura di Svevo, Pirandello, Tozzi, Montale, e, in parte, Ungaretti.

    Il Modernismo non ha una poetica peculiare, e non è nemmeno un movimento unitario. Varie poetiche si possono definire moderniste, pur essendo diverse fra di loro. Ciò che le accomuna è la proposta di un radicale rinnovamento nella scrittura.

    L’elemento caratterizzante e unificante è la cultura. Il movimento modernista ha una cultura che nasce da una filosofia e da una società profondamente diverse rispetto a quelle di venti anni prima.

    Nasce dalla rivoluzione epistemologica che in filosofia prende i nomi esemplari di Nietzsche, Freud e Bergson e in fisica di Einstein.

    Anche la fisica contribuisce alla nascita di una visione del mondo completamente nuova. In proposito Romano Luperini scrive:
    «[…]pensate alla teoria della relatività, tutto è relativo, tutto diventa problematico, non ci sono più leggi oggettive, le leggi dipendono dallo sguardo dell’osservatore. Lo sguardo dell’osservatore decide sulla norma che è il risultato di un processo mentale del ricercatore».

    Dopo Einstein o Freud è difficile per lo scrittore dire quale sia la verità.
    E Luperini su ciò medita e scrive:
    «La visione del mondo e l’idea di verità cambiano in modo radicale, tutto diventa soggettivo e relativo, mentre nel Positivismo tutto doveva essere oggettivo. Si tratta di una svolta sostanziale, cambiano le leggi della psicologia, la psicoanalisi scopre che l’uomo non è padrone in casa sua, cioè che l’uomo dipende da forze inconsce che non conosce e non padroneggia».

    Modernismo e XX secolo si compenetrano fino a coincidere. Il ‘900 è il secolo che rivendica la modernità come propria categoria fondante e l’arte che permette al ‘900 di definirsi è il modernismo, da interpretare, partendo da James Joyce e Virginia Woolf, per il romanzo, da Ezra Pound e T. S. Eliot, per la poesia, all’interno di alcuni tratti caratteristici fondamentali, fra i quali occorre ricordarne almeno tre, che ricorrono tanto nelle opere dei pittori, quanto in quelle di poeti e scrittori:

    – il primo è l’ingresso della dimensione inconscia nell’arte;

    – il secondo tratto del modernismo è l’idea che l’arte debba confrontarsi con i grandi temi dell’uomo e il modernismo si può considerare «arte della crisi» perché trova la sua profonda ragion d’essere proprio nella condizione critica in cui l’intellettuale occidentale viene a trovarsi sul nascere del ventesimo secolo;

    – il terzo tratto, che ricorre attraverso alcuni protagonisti dell’arte modernista, è quello del «montaggio»**, il quale, nel modernismo artistico e letterario, assume una duplice valenza: da un lato è l’ unico mezzo per la rappresentazione della realtà, dall’altro, è il momento nel quale questa realtà si rappresenta, confermando che il modernismo non nasce né in ossequio, né in opposizione ai classici, ma grazie al metodo del «montaggio», come succede esattamente nel cinema, riesce a mettere insieme passato e presente e restituisce vita ai classici, rendendoli moderni e parte integrante della rappresentazione dell’oggi.

    Ma il concetto di «montaggio» del modernismo non ha la stessa valenza del montaggio della poetry kitchen, tratto questo del montaggio in poesia in stile kitchen su cui Giorgio Linguaglossa ha scritto articolate riflessioni.

    (Gino Rago)

    **Nel cinema il montaggio è il momento nel quale l’insieme delle scene girate da angolazioni diverse viene ricostruito a formare un momento unico costituito da diverse inquadrature.

  15. Esempio di ready language:

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    postscriptum

    I don’t know what is the content of the message

    (Giorgio Linguaglossa)

  16. ricevo e pubblico

    Testi di Giuseppina Palo

    Simili a

    Tracciate pure le mappe, satelliti.
    Conquistadores mutati al mercato
    dei minerali brillanti e delle pietre,
    dei galeoni e metalli preziosi in rete.
    Dirotteremo sulla linea da Merak e Dubhe fino alla Stella Polare. Erigeremo le nuove società libere.

    Verso Venezia
    . . . . .Per Anna Manna*

    Fu da Adria, la Mesopotamia d’Europa,
    che, tra canneti e uccelli migratori
    giungemmo finalmente
    all’Adriatico, da cui il nome.
    Inebriati dalla brezza del mare,
    mischiata di sabbia finissima,
    dalla spiaggia Rosolina a Chioggia
    in un arco la Serenissima,
    colliere vitreo del Litorale Veneto.

    E mi sovvien l’eterno*

    E intravvedemmo pacifisti e uomini giusti tra i campi di fiori, su strade di ghiaia bianche come panni lavati al vento. E ci sovvennero i geroglifici incisi,
    e le parole non identificate,
    e le sapienze greco-ebraiche,
    e il fine di loro.

    * Giacomo Leopardi

    Sinossi
    Così tra le “cose” e le “idée
    eternamente vere”, fummo simili a “un flauto di canna
    che il Signore riempie di musica”.
    Riferimenti a Kant, Schlegel e Tagore.

  17. antonio sagredo

    “Dopo Einstein o Freud è difficile per lo scrittore dire quale sia la verità.” (Rago).
    Beh, veramente anche prima… già il cavernicolo non sapeva cosa era la verità e il suo contrario… anzi lo sapeva bene: se restava vivo dopo un combattimento con un suo simile o con una belva… sapeva cosa era la verità, e cioè la realtà di senrtirsi vivo; e se gli andava male non sapeva nulla di tutto questo.
    Poi sono giunti dei presunti sacerdoti o qualcosa del genere a confondere i più le acque.
    —————————————-
    La unica verità dell’insegnamento del KGB è una sola e assoluta: la morte del nemico ottenuta in tutte le maniere, il resto non conta. Con Putin finisce la storia russa come l’abbiamo conosciuta. Ci saranno ripercussioni profonde anche per gli slavisti: la slavistica non sarà più la stessa e anche gli slavisti cambieranno obiettivi. Adesso tacciono poerchè cisaacuno di essi ha solidi legami con studiosi, ecc. e non voglio tagliarsi le gambe: sono degli attendisti!
    —————————
    Sono curioso cosa canteranno i poeti russi, ma anche per loronon sarà più come prima.
    ———————————–
    Tutto quanto accade è già accaduto e accadrà.
    amern

  18. L’ha ripubblicato su RIDONDANZEe ha commentato:
    I ragazzi si scaldano ogni giorno. L’accademia pullula di pulcini pronti a sacrificare il tramonto dell’occidente, la pasta asciutta, l’ energia cinetica chiusa nelle matrioske.
    Francesco Paolo Intini

  19. caro Gino,

    Il modernismo europeo in poesia come nel romanzo finisce negli anni Novanta. Zbigniew Herbert, uno dei massimi rappresentanti del modernismo europeo ha scritto negli anni Novanta:
    «La poesia è figlia della memoria». Herbert scrive questi versi significativi: «stammi vicino fragile memoria/ concedimi la tua infinità».
    Brodskij scrive in una poesia del 1988: «il trionfo della memoria sulla realtà».

    La memoria, strettamente connessa alla tradizione, è vissuta dai poeti modernisti come la più grande alleata per situarsi entro l’orizzonte della tradizione, e quindi della storia. I poeti e i narratori dell’età del modernismo percepiscono la storia come tradizione e la tradizione come storia, in un nesso indissolubile; e nell’ambito della tradizione introducono il «nuovo», di qui le avanguardie del primo Novecento e le post-avanguardie del secondo Novecento. Con la fine del Novecento, con la caduta del muro di Berlino e del comunismo e la rivoluzione mediatica, le cose sono cambiate: la storia è diventata storialità e la tradizione è diventata museo, museo di ombre e di
    fantasmi, da difendere e da coltivare perché produce profitti.

    La nuova ontologia estetica invece con la sua ultima produzione: la poetry kitchen assume: «La poesia non è figlia della memoria» perché la storia si è mutata in storialità. L’oblio della memoria (da cui i celebri versi di Brodskij: «La guerra di Troia è finita / chi l’ha vinta non ricordo»), segna l’inizio di una nuova poesia, di una nuova narrativa e di una nuova arte: una poiesis
    incentrata sulla dimenticanza della memoria e sull’oblio della tradizione.
    Qui, in nuce, c’è il punto nevralgico della nuova poesia europea.
    Un poeta del Dopo il Novecento non potrà più fruire dell’ausilio della memoria, dovrà imparare a farne a meno. La condizione dell’uomo nell’epoca del neoliberalismo è contrassegnata da questa duplice petitio principii: l’oblio della memoria (e della tradizione) e l’oblio della libertà (convertita in scelta tra più prodotti). Il primo motto di Microsoft recitava: «Where do you want to go today?», lasciando presagire la prossima ventura libertà assoluta della navigazione senza limiti nel web. Ma era locazione dell’opera di poiesis, che ha dis-messo la memoria, l’ha derubricata in storialità, in storia minore. La parola della poesia nel tempo della storialità non fonda né stabilisce nulla tranne la propria interrogazione; un tempo forse la sua finalità era quella di dare un senso più puro alle parole della tribù, oggi
    questa è una domanda derubricata ad atto di fede. L’interrogazione poetica abita il traslato, il discorso spostato, indiretto, il discorso implicito, il meta discorso. La poesia abita la meta poesia. Dopo la Stecher la sfiducia si è impossessata delle capacità discorsive della forma-poesia: i segni si proiettano su un fondale bianco da cui si diramano una molteplicità di significati possibili, altri segni sembrano indicare altri e diversi significati possibili. Il significato di questi segni non può essere conosciuto a
    priori, i segni sono enigmi che viaggiano nel tempo, o meglio, si diramano in più temporalità, e l’interpretazione di ciò che il tempo dice diventa sempre più problematico. Il tempo dice: nulla. Dunque, nichilismo.

    La «secolarizzazione» ha investito il discorso poetico, lo ha privato, da un lato, del radicamento ad uno sfondo metafisico-simbolico, dall’altro, lo ha reso, nelle sue versioni epigoniche, sempre più riconoscibile, lo ha sproblematizzato. La topologia ci dice che tutti i luoghi sono simili, si assomigliano, gli aeroporti, i cavalcavia, le stazioni ferroviarie, i cinema, gli interni ammobiliati delle nostre abitazioni, le carlinghe degli aerei, i
    portabagagli delle nostre automobili, le nostre valigette ventiquattro ore… tutti i luoghi della nostra vita quotidiana si assomigliano, viviamo in non-luoghi, siamo noi stessi il precipitato dei non-luoghi, di non-eventi, viviamo noi tutti in temporalità terribilmente somiglianti. Il nostro modo di esistenza ha prodotto la moltiplicazione degli istanti, la moltiplicazione delle
    temporalità, la moltiplicazione delle immagini. Che cos’è l’immagine? L’immagine è l’istante. Che cos’è l’istante? Per Parmenide l’istante, o meglio l’istantaneo è: «L’istante. Pare che l’istante significhi(…) ciò da cui qualche cosa muove verso l’una o l’altra delle due condizioni opposte [del Passato e del Futuro]. Non vi è mutamento infatti che si inizi dalla quiete ancora immobile né dal movimento ancora in moto, ma questa natura dell’istante è qualche cosa di assurdo [atopos] che giace fra la quiete e il moto, al di fuori di ogni tempo…». (Parm., 156d-e).

    Questa natura è una finzione, una petizione, una involontaria allegoria della nostra prigionia. Questa finzione narra la nostra condizione ontologica: siamo davanti al video e ci reputiamo presuntivamente liberi. Tutto il resto, ovvero, il reale, ci appare come degli epifenomeni laterali, periferici, consideriamo libertà la non-libertà.
    Nell’oblio della libertà c’è tutta l’impossibilità per un poeta di oggi di scrivere come i poeti del modernismo europeo che erano guidati dalla stella polare del valore assiologico della parola «libertà». Tuttavia, come scrive Agamben, il naufragio «apre il luogo della parola, come quello in cui si può soltanto parlare e non sapere».

    La dizione «poesia da frigobar», usata da Marie Laure Colasson, contrassegna la poesia del Dopo il Moderno, la crisi ormai ha assunto
    dimensioni planetarie…

  20. Scappa di mano persino il sale. Da un buffet all’altro viaggia la fragranza dei cingoli. (Intini)

    Ma poi non si ferma, da vero canto di disperazione. ((Tosy,)

    una Bomba H, quella al neutrone che lascia le cose intatte e uccide gli esseri viventi(Linguaglossa)

    Chi dovrebbe provvedere è in vacanza e non ha nessuna intenzione di tornare. (Intini)

    lavatrici che si pensano libere dal giogo della centrifuga. (Intini)

    la guerra di invasione di uno stato sovrano come l’Ucraina ha reso tutto ciò assolutamente evidente. (Colasson)

    due cosmonauti russi i quali hanno issato a bordo della navicella spaziale la bandiera con la Z impressa. (Colasson)

    aumentano i segnali che il regime si sta trasformando da autoritario a totalitario.( Greg Yudin )

    leading from behind (Barack Obama)

    L’America sarà l’Arsenale della democrazia».(Franklin Delano Roosevelt)

    Ogni anno, il genere umano produce più di un trilione di immagini.(Linguaglossa)

    E poi c’è questo gerundio che è sospettoso, perché indica una azione in atto (Sagredo)

    Chissà che caldo fa in Africa! “ Cechov).
    E l’assassinio della Anna Politkovskaja non fu forse una regalo che si fece nel giorno di compleanno(Sagredo)

    Le sue dita grasse sono pingui come vermi,
    le sue parole sicure come pesi.(O. Mandel’stam)

    Scipione da grande generale aveva vinto ma si guardò dalla ambizione di voler stravincere.(Linguaglossa)

    I cannoni della pandemia sono rimasti per qualche istanti vuoti.(Intini)

    Una nuova genia d’animali viene fuori dai boschi di Chernobyl. (Intini)

    Dvorský Petr Král a un certo punto della sua ermeneutica parla di poetica come “costellazione di parole” :(Rago)

    i cavoli da 81 a 99 rubli al kg
    le patate da 50 a 53 rubli al kg. (Linguaglossa)

    TUTTO SI GENERA NEL CREMLINO E TUTTO DEGENERA NEL CREMLINO .(Sagredo)

    Pacchi di odio legati con lo sputo.
    -Tutto in ordine però-, rassicura l’airbag.”
    (Francesco Paolo Intini)

    le parole iperbariche, quelle stordite e istupidite da una immissione di ossigeno ad altissima densità(Colasson)

    Sulla entalpia, cito la Treccani (Linguaglossa)

    partendo da James Joyce e Virginia Woolf, per il romanzo, da Ezra Pound e T. S. Eliot, per la poesia, (Rago)

    . E ci sovvennero i geroglifici incisi,
    e le parole non identificate,
    (Giuseppina De Palo)

    Poi sono giunti dei presunti sacerdoti o qualcosa del genere a confondere i più le acque.(Sagredo)

    Con la fine del Novecento, con la caduta del muro di Berlino e del comunismo(Linguaglossa)

    o canto di disperazione. (Tosy)

    Tra un po’ tolgo gli orpelli…

  21. Scappa di mano persino il sale. Da un buffet all’altro viaggia la fragranza dei cingoli.

    Ma poi non si ferma, da vero canto di disperazione.

    una Bomba H, quella al neutrone che lascia le cose intatte e uccide gli esseri viventi.

    Chi dovrebbe provvedere è in vacanza e non ha nessuna intenzione di tornare.

    lavatrici che si pensano libere dal giogo della centrifuga.

    la guerra di invasione di uno stato sovrano come l’Ucraina ha reso tutto ciò assolutamente evidente.

    due cosmonauti russi i quali hanno issato a bordo della navicella spaziale la bandiera con la Z impressa.

    aumentano i segnali che il regime si sta trasformando da autoritario a totalitario.

    Leading from behind
    L’America sarà l’Arsenale della democrazia

    Ogni anno, il genere umano produce più di un trilione di immagini.

    E poi c’è questo gerundio che è sospettoso, perché indica una azione in atto

    Chissà che caldo fa in Africa!
    E l’assassinio della Anna Politkovskaja non fu forse una regalo che si fece nel giorno di compleanno?

    Le sue dita grasse sono pingui come vermi,
    le sue parole sicure come pesi.

    Scipione da grande generale aveva vinto ma si guardò dalla ambizione di voler stravincere.

    I cannoni della pandemia sono rimasti per qualche istanti vuoti.

    Una nuova genia d’animali viene fuori dai boschi di Chernobyl.

    Dvorský Petr Král a un certo punto della sua ermeneutica parla di poetica come “costellazione di parole”

    i cavoli da 81 a 99 rubli al kg
    le patate da 50 a 53 rubli al kg. (Linguaglossa)

    TUTTO SI GENERA NEL CREMLINO E TUTTO DEGENERA NEL CREMLINO .

    Pacchi di odio legati con lo sputo.
    -Tutto in ordine però-, rassicura l’airbag.

    le parole iperbariche, quelle stordite e istupidite da una immissione di ossigeno ad altissima densità.

    Sulla entalpia, cito la Treccani

    partendo da James Joyce e Virginia Woolf, per il romanzo, da Ezra Pound e T. S. Eliot, per la poesia

    E ci sovvennero i geroglifici incisi,
    e le parole non identificate,

    Poi sono giunti dei presunti sacerdoti o qualcosa del genere a confondere i più le acque.

    Con la fine del Novecento, con la caduta del muro di Berlino e del comunismo

    o canto di disperazione.

    Grazie OMBRA.

  22. Instant

    Zelensky. Labrodov. Faccia di merda.

    Il giovane garibaldino. Il giovane garibaldino disse.

    Non trovato. Non si trova mai niente.

    LMT

  23. antonio sagredo

    SPERO SEMPRE CHE I MIEI VERSI VENGONO LETTI…
    HO QUALCHE DUBBIO

    ———————————————————————————————
    Torbidi i tempi, e io?

    Mi portava via il Ponte dei Tormenti un non so che di me dal mio canto,
    e ogni pietra della mia voce era il viatico per una discreta eternità – d’argilla
    era la letania della notte che beffava con le note i miei capricci e il riso,
    e conteggiava sul selciato i furori e i singulti – Viole d’amore dei miei occhi!
    Tutti i passi erano meno di un’epoca e più di un mosaico greco!

    E la caduta dei volti e delle maschere come petali dai balconi, i saluti recitati,
    gli addii dai treni di confino, le gonfie glandole dell’infanzia di Pietroburgo.
    I poeti sono martiri del futuro, e la loro parola è già oltre torture imprevedibili.

    Applausi, e sul palco il can-can di despoti –
    spettri ossuti del Moulin Rouge!
    Torbidi tempi io vi sento… sipario!… ciak! –
    siete pronti al trionfo delle apocalissi?

    E io…

    Antonio Sagredo

    27-28 novembre 2011

  24. Vincenzo Petronelli

    Buonasera amici dell’Ombra, intervengo dopo diverso tempo su quest’articolo, recuperando alcune letture rimastemi arretrate. Devo dire che la lettura retrospettiva degli articoli dell'”Ombra” è particolarmente suggestiva, poiché permette a volte di cogliere più in profondità determinate angolazioni visuali peculiari dell’articolazione e del progetto Noe. La caratteristica della Nuova Ontologia Estetica, sintetizzata nella definizione della Poetry Kitchen, è di poter offrire alla poesia la possibilità, destrutturando la realtà apparente e leggendo al di sotto dei movimenti di superficie, di riuscire paradossalmente a farsi interprete (cosa totalmente assente dalla poesia degli ultimi decenni, per lo meno in Italia ed in altre realtà occidentali) di una contemporaneità complessa come quella del nostro tempo. Così, rileggere gli interventi stratificatisi nel tempo, diventa a sua volta una piccola operazione di Poetry Kitchen per scovare i sedimenti che gli eventi della nostra quotidianità sbandata offrono alla penna ed alla riflessione dei nostri poeti: una sorta di istantanea che testimonia la capacità della poesia Noe di farsi testimone della storia ed un’intrinseca affermazione del suo metodo di ricerca intellettuale.
    Devo dire che quest’articolo si rivela emblematico in tal senso: da una parte abbiamo un componimento del nostro Franco Intini, certamente una delle voci della Poetry Kitchen più incisive in questo senso, in grado di decomporre la realtà in termini apparentemente distopici, ma una distopia che si fa strumento euristico per la ricerca del poeta, per meglio poter cogliere la deformazione del mondo di significati tradizionale che caratterizza la realtà odierna; ed è così che Intini giunge a fotografare con rara efficacia rappresentativa la tremenda cornice di questo conflitto che che ci accompagna ormai da tre mesi, con il climax di quell’immagine finale, che scorre affilata sul nostro apparato sensitivo come una rasoiata: “E gli errori di progettazione. Quei figli nati senza una ragione con la devastazione in corpo.
    Ma ora ci sono e bisogna calmarli, amarli, educarli alla vita di caserma”
    Dall’altro lato gli interventi di Antonio Sagredo cesellano la costruzione poetica con la sua maestria nel saper tratteggiare il panorama storico e culturale di questa vicenda: a mia volta, da conoscitore di quella parte del mondo, pensavo di imprimere una mia traccia, ma sarebbe totalmente pleonastico, poiché mi troverei di fatto a ripetere la parole del mio conterraneo Sagredo, del quale mi piace molto anche la sequenza incalzante (molto suggestiva) di immagini contenuta nel suo componimento che chiude l’articolo: “E la caduta dei volti e delle maschere come petali dai balconi, i saluti recitati,gli addii dai treni di confino, le gonfie glandole dell’infanzia di Pietroburgo”. Mi chiedo se esista un altro contesto oggi, nel quale poter esprimere una tale visione olistica della poesia, in grado di fornire degli strumenti altrettanto validi per intepretare la nostra fase storica.
    Parafrasando il nostro buon Mauro Pierno, mi sento di concludere con un: “Grazie Ombra”!

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