Marie Laure Colasson, acrilic, 60×60, 2022
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Una zona di indistinzione, di indiscernibilità, di indecidibilità, di disfunzionalità tra le parole
di Marie Laure Colasson
La vita è troppo psicopatica per la psicologia, troppo romanzesca per il romanzo, troppo impoetica per la poesia… la vita fermenta e si decompone troppo rapidamente per poterla conservare a lungo in frigorifero… la vita è impresentabile, intrattabile e irrappresentabile.
Asserire la tesi secondo cui la poesia debba affidarsi ai significati e ai significanti perché solo in essi si può cantare e perché sono l’ossatura del linguaggio, come ha pensato il modernismo nel corso del novecento e in questi ultimi anni di normologia della ragione, non può che incartarsi nelle aporie della propria ambiguità. Chi pone così la questione considera le pratiche discorsive dipendenti dalla parte del significato e del significante, le pensa in modo erroneo e non sa altrimenti pensarle se non dalla parte del significato, non è uscito da quell’incantesimo dal quale proprio il pensiero delle pratiche discorsive intendeva liberarlo. Uscire fuori dal significato e dal significante come fa la poesia kitchen, significa fare poesia finalmente liberata da una allucinazione consolatoria e totalitaria che ha impoverito il linguaggio poetico.
Una zona di indistinzione, di indiscernibilità, di indecidibilità, di disfunzionalità si stabilisce tra le parole e le frasi come se ogni singola unità frastica attendesse di trovare la propria giustificazione dalla unità frastica che immediatamente la precede o la segue.
Una «azione retrograda», una azione ritardata, ritardante e anticipatoria, una zona altamente compromissoria e auto contraddittoria
Se il battito delle ali di una farfalla a Vladivostok ha effetti sulle maree nel Mediterraneo, figuriamoci gli effetti che una guerra in Ucraina come quella in corso può avere persino nel nostro frigorifero e nel serbatoio di benzina della nostra auto.
La Rückfrage (il domandare all’indietro di Heidegger), è il domandare di cui si deve appropriare il nuovo discorso poetico. Ma anche il domandare in avanti è indispensabile al discorso poetico il quale non può non prendere in considerazione la zona di compromissione che si situa tra l’azione dell’atto linguistico con ciò che non è linguistico, con ciò che deve de-finire senza mai finire veramente e che può però finire in un discorso poetico; questa zona del discorso poetico, deve e può fare riferimento a tutto ciò che si trova in quella zona di compromissione che definiamo Es, Inconscio, Preconscio, in quella zona accidentale e accidentata nella quale la pratica delle parole mette in moto una «azione retrograda», una azione ritardata, ritardante e anticipatoria, una zona altamente compromissoria e auto contraddittoria inficiata di anacronismi inconsci e preconsci e coscienzialismi ideologici del tutto slegati e non dipendenti dagli anacronismi inconsci. Proprio in quella zona di compromissione si situa la massima vulnerabilità e, quindi, la massima attualità del discorso poetico kitchen. È pur sempre il linguaggio che descrive il passaggio dal non-linguistico al linguistico, ed è il linguaggio poetico quella zona di compromissione e di indistinzione recettizia di questa zona compromissoria. La manifesta paradossalità del linguaggio poetico kitchen che si presenta agli occhi di un lettore ingenuo della communis opinio come incomprensibile, irragionevole, gratuito, arbitrario deriva dal fatto eclatante che esso si situa, appunto, in questa «zona di indistinzione e di indiscernibilità tra le parole» dove il linguaggio del business è preponderante.
Non ha veramente senso parlare di un «soggetto» creatore se non come il prodotto di pratiche discorsive che riguardano i correlativi soggettivi del soggetto e i correlativi oggettivi dell’oggetto, insieme con i correlativi inconsci e preconsci, non certo un presunto soggetto plenipotenziario attore centrale del discorso poetico. È di un «soggetto scabroso» (ticklish subject – dizione di Slavoj Zizek) ciò di cui stiamo parlando.
(Giorgio Linguaglossa)
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Come si fanno a ottenere risultati quando si fa business? Conviene partire piano, senza farsi troppo notare, mentre il business ingrana? Oppure conviene cercare di farsi spazio? Ne parlo in questo video.
Silvana Baroni
da Per amor di dubbio, puntoacapo, 2022 –
Gli aforismi di Silvana Baroni ci dicono che oggi abbiamo bisogno di intelligenza perché la verità ha le diottrie di chi la guarda, in un mondo di manipolazione programmata della verità dei fatti come è evidentissimo nella guerra in Ucraina dove i fatti vengono capovolti dalla propaganda del Cremlino, in cui si cambia il nome ai fatti, anzi, si capovolge la verità dei fatti è indispensabile mettere in ordine le parole, ottimizzare le parole, renderle precise, inequivocabili, responsabili. Una volta, dieci anni fa, un letterato ha scritto che la poesia deve essere «irresponsabile». Ricordo che sono rimasto sbigottito. Oggi non c’è più tempo, non abbiamo più tempo per giocare con le parole «irresponsabili» e con i significati, anch’essi irresponsabili» le parole rischiano di dimenticare altre parole, di tradirle… quando si sovvertono le parole anche i fatti se ne vanno a ramengo e non si sa più che cosa sia la verità delle parole. Quindi, questi aforismi di Silvana Baroni sono un esercizio salutare per l’intelligenza delle parole. Un saluto cordiale quindi a Silvana Baroni per questa sua testimonianza in aforismi, l’arte dell’inteligenza concentrata in poche parole. E vorrei iniziare le citazioni di alcuni aforismi da quello, direi, più ovvio:
La lotta di classe inizia già all’asilo.
Il linguaggio specialistico è il vallo di cinta d’ogni potere arroccato.
Anche a nascer calice, si finisce nella campana di vetro.
La verità ha le stesse diottrie di chi le guarda.
La vita è una strana staffetta: giorni che corrono senza passarsi il testimone.
Chi s’affida alla logica, chi ai fondi di caffè.
Il consumismo ci trasforma da beati in beoti.
Ogni religione tende a scagionare Dio.
Molti scrivono per espellere tossine.
S’è ferro lo vedi dalla ruggine.
Le idee più originali sono furti senza saperlo.
Viveva a giorni alterni per farla breve.
Non c’era nessun futuro anteriore in quel suo infinito passato remoto.
Ci sono anime gemelle e anime doppioni
C’è chi vive la vita e chi la frequenta.
Nei libri, o trovi pagine di scrittori, o scrittori di pagine.
Mauro Pierno
Abbiamo nominato il pane invano le porte
i fabbricati le finestre gli antidoti le minestre
gli infissi i divani le scatolette le conche le mollette
le mutande i reggiseni gli stivali gli scolapasta
le ortiche l’orzo il grano il farro le lenticchie
gli asciugamani le bandiere i cannoni
i missili l’acciaio i cassetti i portafogli le camicie
le fabbriche gli isolotti le acciughe la luna i falò
le lavatrici i rossetti le portaerei i fiammiferi
i sugheri gli accendini le sigarette i tombini
i cavatappi le bottiglie gli stendini i binocoli gli aratri
i carrarmati gli aerei gli elicotteri i fenicotteri
gli archi gli architravi le saune le fragole i biscotti
le grucce i pantaloni le valigie i libri le edicole
gli occhiali gli ombretti gli ombrelli le auto le stufe
i camini la legna il carbone il magnesio il radio
il cromo il selenio la borragine le penne le gomme
i tromboni i violini le zattere le margherite.
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(Da anni l’unica scrittura che pratico è sul foglio elettronico di codesta rivista. È un continuo work in progress, uno stimolo costante alla ricerca di un’idea condivisa di poesia e di risoluzioni poetiche)
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Francesco Paolo Intini
Qualcuno bussa al XXX
C’era da aspettarselo? Capocchio si girò incuriosito.
Gianni lo azzannò al nodo del collo.
Il punto critico delle ossa fece un crac.
Ci rimise una banca, tre banconote e un cent.
La clavicola cedette un ponte.
Se il Don si avvitava il Reno avrebbe brindato
o viceversa?
Un torrente di linfa scende lungo le spalle
L’osso sacro si spezza e una gamba corre più rabbiosa dell’altra.
Il tavolo cresce in lontananza ma non in lungimiranza
Per due punti qualità si perde un pollo arrosto.
L’intimo era già perduto quando il botulino
Imperversò nell’olio del girasole.
Mirra si affacciò dal palazzo in fiamme.
Era la sua voce o un verso di corvo?
La sentivamo triste e aggressiva ma non riuscivamo a sbarazzarci di lei.
Accusava i dolori reumatici della perdita di obiettivo
Avrebbe portato all’Aia il capo degli streptococchi
E alla flora intestinale disse che poteva mettersi in pensione.
Un carro armato presidiava l’aorta ma non osava entrare nel ventricolo.
A un tratto il microfono afferrò un mezzobusto alla gola
intimandogli di smetterla col Brazil
Gridò: c’è Dante, lo faccio entrare?
Jashin con i baffi fiammanti apparve tra i pali.
Una bolgia contro l’altra armata.
Come s’impedisce a un missile di entrare nell’epoca sbagliata?
Burgnich e Facchetti, Molotov a mediano.
Il grande portiere ha una pausa di terrore.
Il rasoio solleva un palazzo, Cislenko fa cilecca.
Il fornello ad est fa una mossa geniale.
Ricorda Cesare quando scese tra i suoi e la battaglia fu vinta.
Ora si trattava di dare al reporter fiorentino
la chiave di chiusura del gas.
La bile si mostrò in calze nere e giarrettiera … ma la notte… ma la notte…
Il pianeta risucchiava la lava nei polmoni
senza un residuo di gravità avrebbe superato l’asticella a 2 e 50 Ampere
Dove sono i coccodrilli? Il Nung è infestato dagli gnu ripeteva
Il direttore delle poste
Tirò fuori dalle retrovie il ritratto del Caudillo.
La rivolta dei timbri contro i posacenere
Chi da una parte chi dall’altra le canzonette sconce, la roulette russa
le catene di sant’Antonio osè, gli appening tra mouse.
Bisognava fare squadra, sorprendere, insultare
Fucilare Lorca all’Oscar.
Si trattò di richiamare alle armi roncole e bastoni
Carte napoletane, puttanieri, sifilitici del terzo tipo.
Che imparassero il ramino finalmente.
Sapete? Signor Kurtz, sarà un gioco da ragazzi. Qui nel sacco della tombola
ci sono medaglie per il 1812, carrozze e surgelati del 1799, altre che vedranno la luce del 1975.
Cipolle e carciofi in bustine da tre fucilati per muro a secco.
L’ultimo elicottero da Mergellina.
Penzola da un ramo libero la donna di bastone.
E’ un’iguana, ma avrei giurato sugli artigli di un ramarro
Che Federico avrebbe avuto salva la coscienza.
Oh il più liquido tra i surreali non meritava funghi al suo debutto in terra
Davvero brutale recitare versi con la bocca piena di rane.
Allo stato larvale un thè al nickel è più che gradito.
Come faranno le spighe a sopportare quest’orrore?
Il toro ringrazia.
Persino il cobra scendendo da Wall Street non trova la foresta,
Sia dunque benedetto l’errore del verso profeta.
Il valore di Ruffo è nel non tenere fede
Penzoli l’amministratore tra i conti del bilancio preventivo
nessuna pietà per chi usava il pitale alla regina.
Ora il Re è a caccia. Passerà da Portici il treno di lumache.
Se il Borbone si tuffa dal suo naso, Nelson prepara la frittata di limoni.
E dunque niente green pass al gran buffet soltanto restrizioni in stile impero.
I cannoni intonano la nona di Beethoven.
L’albero della libertà fuma il sigaro cubano.
All’onore della mensa nessun fantasma vale una brasciola barese.
Qui e là tornano i giullari a soffiare sulla minestra di Ferdinando
Mantenere i nervi saporiti, il soffritto in versi endecasillabi
Mentre il Vesuvio mangia la pizza a metro e la gotta avanza.
Rafaele Ciccarone
Set 84
…
ai sabotatori della semantica il master in “Einkleidung” non basta
Mr. Bean mostra labbra a canotto,
la prima diva viene premiata con una statuetta dorata.
Un cane randagio ha le pulci,
gli alberi d’ulivo si infastidiscono, hanno la febbre a 40,
gli impacchi di acqua fredda servono a poco.
Il truciolato finisce nella stanza da letto dei Promessi Sposi che sa di collagene.
Renzo e Lucia risparmiano sul profumo,
con i soldi ricavati fanno un relax Tour sul lago di Como
Don Abbondio si prende l’abbronzatura sotto il sole,
il bianco l’ombrellone sale al cielo come una mongolfiera
e di lì cade uno scroscio di pioggia,
Il bagnino sulla spiaggia legge le poesie Kitchen D.O.C.
le poesie kitchen vanno in vacanza
mentre Manzoni si prende un raffreddore a piazza Meda.
Set 93
…
Minecraft è assediata dai followers,
pur se fake news.
I poeti Kitchen pranzano al McDonald’s con quello
che è rimasto in cucina. Picasso, De Chirico e Savinio
mangiano al Jamaica Bar di Brera.
Maigret passeggia a Montmartre, Lupin gli ruba la pipa
la rivende la domenica successiva
al Mercatino di Via Speronari a Milano.
Il mezzo busto televisivo mostra sul dorso delle mani
i peli irsuti del dr Jackie.
I bimbi si sono rifugiati sotto il letto quando sono arrivate
le ombre dei mostri.
Alice non trova l’uscita dal Paese delle meraviglie,
Arianna gli offre la soluzione in cambio del cappello a fiori
Mimmo Pugliese
La strada del ritorno
La strada del ritorno comincia due curve dopo la domenica
ha i nervi della quercia e denti stanchi
Torni al prato beffardo
il leccio soffre carcasse di arcolai
Passano aerei, passano nuvole
ma dove vanno?
I cancelli hanno scavato il fango
le chiavi ridono nella boccia del pesce rosso
Fotografie di antenati opprimono i corridoi
al televisore al plasma sono spuntati i rubinetti
Un odore di marzo dimenticato
accumula buste cuscini spazzolini
Corre veloce un’auto, poi un’altra ed un’altra ancora
ma chi le manda?
Nascosti dietro ad un foruncolo
si abbracciano giovani volpi
Nel letto azzurro di una galleria
puoi trovare gli occhiali persi dalle segretarie
Un tempo c’erano i compleanni
una volta ti hanno regalato scarpe con tomaia radioattiva
Nell’area picnic del Ministero della Ragione
coppie di tortore bevono il the
Sul lato opposto della strada un cartellone
promette che arruolandoti girerai il mondo
Stai perdendo tutti i capelli
sardonici gerani leggono le linee della mano
La poesia di Francesco Intini a me arriva sostenuta da carica distruttiva, presente in ogni distico: affermo-distruggo-affermo. Ma gli va riconosciuta una forte componente creativa, nel dire di volta in volta quel che in nessun modo ti puoi aspettare. Resta da capire perché mai… o a favore di quale pensiero alternativo allo stato di cose; che la poesia kitchen descrive come mondo assurdo, vera e propria discarica (valori non più in uso, metafisica e pensiero complesso in revisione o in stato di abbandono). Sulla discarica si posiziona anche Mauro Pierno, in evidente opposizione con bello e brutto, quindi perfettamente trash. “E dunque”, come suol dire Intini, voi tutti che non avete buon rapporto con la morte (il pensiero va ai filosofi heideggeriani), avete da risolvere questa oscurità… non c’è fretta.
(Lucio Mayoor Tosi)
Nei testi kitchen si ha di frequente un mash up dei tre elementi fondamentali del discorso: il soggetto empirico, il locutore e l’enunciatore.
a) Il locutore è il soggetto della enunciazione: l’io del discorso, il chi parla, la voce dialogica.
b) L’enunciatore è l’istanza implicita, punto di vista dell’enunciazione che orienta la prospettiva narrativa.
c) Il soggetto empirico è l’organizzatore del testo che spesso può essere fuori-testo o l’implicito del testo.
Nella poesia kitchen polifonia e dialogismo vengono impiegati come equivalenti: il dialogo viene impiegato allo scopo di potenziare la polifonia, e viceversa; il pensiero logico-sequenziale di tipo alfabetico sintattico viene sostituito da un tipo di pensiero multi-tasking e de-costruzionista.
(Giorgio Linguaglossa)
Francesco Paolo Intini (1954) vive a Bari. Coltiva sin da giovane l’interesse per la letteratura accanto alla sua attività scientifica di ricerca e di docenza universitaria nelle discipline chimiche. Negli anni recenti molte sue poesie sono apparse in rete su siti del settore con pseudonimi o con nome proprio in piccole sillogi quali ad esempio Inediti (Words Social Forum, 2016) e Natomale (LetteralmenteBook, 2017). Ha pubblicato due monografie su Silvia Plath (Sylvia e le Api. Words Social Forum 2016 e “Sylvia. Quei giorni di febbraio 1963. Piccolo viaggio nelle sue ultime dieci poesie”. Calliope free forum zone 2016) – ed una analisi testuale di “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè (Words Social Forum, 2017). Nel 2020 esce per Progetto Cultura Faust chiama Mefistofele per una metastasi. Una raccolta dei suoi scritti: Natomaledue è in preparazione.
Marie Laure Colasson nasce a Parigi nel 1955 e vive a Roma. Pittrice, ha esposto in molte gallerie italiane e francesi, sue opere si trovano nei musei di Giappone, Parigi e Argentina, insegna danza classica e pratica la coreografia di spettacoli di danza contemporanea. È in corso di stampa per Progetto Cultura di Roma la sua prima raccolta poetica, in edizione bilingue, Les choses de la vie.
Raffaele Ciccarone, sono del 1950, ex bancario in pensione, risiedo a Milano, dipingo e scrivo. Le mie poesie sono inedite per lo più. Per un periodo ho pubblicato su una piattaforma online con uno pseudonimo, circa un centinaio di poesie, e qualche prosa. Ho partecipato a gruppi di poesia a Milano.
Mimmo Pugliese è nato nel 1960 a San Basile (Cs), paese italo-albanese, dove risiede. Licenza classica seguita da laurea in Giurisprudenza presso l’Università “La Sapienza” di Roma, esercita la professione di avvocato presso il Foro di Castrovillari. Ha pubblicato, nel maggio 2020, Fosfeni, edito da Calabria Letteraria- Rubbettino, una raccolta di n. 36 poesie.
Mauro Pierno è nato a Bari nel 1962 e vive a Ruvo di Puglia. Scrive poesia da diversi anni, autore anche di testi teatrali, tra i quali, Tutti allo stesso tempo (1990), Eppur si muovono (1991), Pollice calvo (2014); di alcuni ne ha curato anche la regia. In poesia è vincitore nel (1992) del premio di Poesia Citta di Catino (Bari) “G. Falcone”; è presente nell’antologia Il sole nella città, La Vallisa (Besa editrice, 2006). Ha pubblicato: Intermezzo verde (1984), Siffatte & soddisfatte (1986), Cronografie (1996), Eduardiane (2012), Gravi di percezione (2014), Compostaggi (2020). È presente in rete su “Poetarum Silva”, “Critica Impura”, “Pi Greco Aperiodico di conversazioni Poetiche”. Le sue ultime pubblicazioni sono Ramon (Terra d’ulivi edizioni, Lecce, 2017). Ha fondato e dirige il blog “ridondanze”.
Grazie sempre, di cuore, per questi preziosi invii!
Mille auguri e un carissimo saluto a te, Giorgio e a voi tutte/tutti da
Mariella B.
… i poeti kitchen si muovono in quella zona grigia di indiscernibilità e di indistinzione in cui tutte le vacche sono bigie, cioè, in cui tutte le parole sono bigie… dove non si possono più scegliere le parole se non per approssimazione o per scommessa o per esservici inciampati, per ritagli, per scuciture, perché il mestiere kitchen si muove tra le scuciture delle parole, e questo è evidentissimo nelle poesie dei quattro autori pubblicate in questo post, dove ciascun autore imprime la propria soggettività sul linguaggio come il proprio sigillo di inautenticità. Chi cerca l’inautenticità del linguaggio prima o poi trova invece l’autenticità, è un momento dialettico e un momento contraddittorio insieme, è come nel gioco del gatto e con il topo, le parole sfuggono fin quando il gatto tenta di afferrarle, ma non possono più sfuggire al gatto che non tenta più di acciuffarle.
E’ questo il segreto della poesia kitchen.
l’ultima poesia ispirata alle ipotiposi del Covid19 [Struttura dissipativa E, acrilico su legno, 2020 15x35cm]
29.
Un cocon de bave dorée prend le train l’avion
traverse les frontières laisse des traces
Une encre noire se ballade en gondole
les fanfares tristement résonnent
La blanche geisha boit son thé dans un dé à coudre
se parfume au bois de santal
Les danseurs de Kathakali roulent
dans les cercueils les sarcophages se momifiant
Marie Laure et la blanche geisha
jouent à la balle avec le cocon de bave dorée
Les ampoules éclatent le metal se transforme
le cocon s’abreuve l’humanité se liquéfie
Un bouclier baigne l’obscurité
restent seulement quelques traces
*
Un bozzolo di bava dorata prende il treno l’aereo
attraversa le frontiere lascia delle tracce
Un inchiostro nero deambula in gondola
le fanfare tristemente risuonano
La bianca geisha beve il suo tè in un ditale d’avorio
si profuma al legno di sandalo
I danzatori di Kathakali rotolano
nelle bare i sarcofagi mummificano
Marie Laure e la bianca geisha
giocano a palla con il bozzolo di bava dorata
Le ampolle scoppiano il metallo si trasforma
il bozzolo si abbevera l’umanità si liquefa
Uno scudo bagna l’oscurità
restano soltanto alcune tracce
Scritta con parole stanche di avere significato. La bianca geisha si consola, beve il suo tè, e io penso che sia l’apparire. Complimenti.
hai ragione caro Lucio,
siamo stanchi di leggere parole con un bagaglio di significati preconfezionati… abbiamo bisogno di altro,,,
Cara Marie Laure,
le tue parole riescono a sintetizzare l’universo della poesia kitchen con rara efficacia: affermazioni come, “i poeti kitchen si muovono in quella zona grigia di indiscernibilità”; “il mestiere kitchen si muove tra le scuciture delle parole” riassumono con un colore ed una resa straordinaria la visione della poetica kitchen.
E’ ormai chiaro che uno dei concetti chiave della poetica kitchen sia quello di “inautenticità”, inteso come meccanismo di distanziamento da ciò che i canoni ufficiali della politica culturale considerano essere “autentico”.
L’autenticità è in realtà garantita dai sigilli dei notai del salottifici culturali, il che implica che per ricostruire i “tasselli mancanti della storia”, quelli che permettono di ricostruire integralmente il percorso, ad un tempo storico ed interiore dell’uomoù, bisogna inoltrarsi e “Insozzare la penna” in quello spazio, che tu definisci “bigio” in cui si intrecciano superficie e profondità, facies e sedimentazioni, storia e spiritualità.
E’ questo il senso vero della poesia: è ormai finita l’era della poesia di un edulcorato senso del bello, sterile e fine a se stesso, in sostanza anestetizzata dal cloroformio dei poteri e riempita dei suoi significati.
Serve lo svuotamento dei significati imposti per tornare a rendere la poesia vero strumento di rappresentazione mimetica del mondo e sua coscienza critica ed è ciò che ci insegna la Noe e la sua emanazione della “Poetry kitchen”, come evidenziano anche le poesie che abbiamo letto in quest’articolo; del resto nel panorama odierno, basta un il volo di un bozzolo di bava dorata in aereo, per colmare la distanza fra i danzatori di kathakali e la biana geisha che beve il suo tè in un ditale d’avorio.
Un caro saluto.
Interno n. 49
apro la prima porta a dx
«osserva bene la sedia vuota»
– mi dice una voce –
è rimasta la sedia vuota che fisso sempre di nuovo
La Signora in grigio entra attraverso una porta girevole nell’“Interno n. 49”,
mi dice:
«ti stavo osservando dal punto di vista dello specchietto retrovisore
il moto regolare del tergicristalli
spartisce democraticamente la pioggia in parti eguali»
Un Signore sbuca dalla pioggia: elegante, trafelato,
ha in mano una 24 ore in similpelle
mi accorgo che mi sta osservando attraverso lo specchietto retrovisore
della mia auto parcheggiata a lato di via Pietro Giordani
il semaforo lampeggia il giallo
si rivolge alla mia persona:
«la materia oscura è il pensiero di un altro universo che si è spento»
Entro nell’“Interno n. 49”
c’è un sipario, dei manichini, nuvole disegnate sulle pareti e sul soffitto,
un cartello, c’è scritto:
“Interno n. 49”
Una folla che attende alla fermata della Metro “B”
un signore scende dall’autobus
si siede al tavolino di un bar di via Pietro Giordani
ecco, adesso prende le sembianze del signor Linguaglossa,
sale sul tram n. 23…
tutto ciò dal punto di vista del retrovisore:
il moto regolare del tergicristalli
spartisce democraticamente la pioggia in parti eguali
un Signore sbuca dalla pioggia: elegante, trafelato,
ha in mano una 24 ore
mi accorgo che mi osserva attraverso lo specchietto retrovisore
della mia auto parcheggiata a lato di via Pietro Giordani
il semaforo lampeggia il giallo
*
La poesia, Giorgio, pare un selfy verbale. La profilassi della parola attraverso lo sguardo. Un resoconto post Dada. La contemporaneità ad una precisa analisi che contempla la miniaturizzazione, così condensato da questo verso della Colasson:
“Marie Laure e la bianca geisha
giocano a palla con il bozzolo di bava dorata”
Tra l’altro che ritrovo dell’enunciato acrilico, astratto concreto della stessa Milaure!:
la concretezza minuscola di una prua
che frange una inconcludente onda! Bellissimo.
Merci OMBRA!
ir\riflessione (NON COMPARATA CON ALTRE CULTURE) sulla singolarità russa odierna (o passata – i “tempi torbidi”, insomma non è cambiato nulla tra le mura del Cremlino)… se ne era accorto per primo ìl poeta Alexander Blok scrivendo nei suoi taccuini che non gli sembrava affato una rivoluzione , ma l’ascesa di un gruppo (o casta se volete) per conquistare il potere che divenne più assoluto del potere degli zar. Il poeta Majakovskij alla vigilia della sua morte (anno 1930) si dichiara convinto e dà ragione al Blok. So che è stato ucciso dagli uomini di Stalin anche se non ho le prove, ma prima o dopo usciranno, stessa cosa per il poeta Esenini.-
Chiamto l’odierno “padrone P.” erroneametne zar, non ha di questo il prestigio di una dinastia… la crudeltà sovrana resta la menzogna,… la bellezza anche se servirà a salvare la Russia\Mondo… l’alleanza con la Chiesa ortodossa è funzionale e opportunistica (il popolo si sente doppiamente più protetto e più se la prende in quel posto…. come da secoli !!!)- ecc. ecc.
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…dunque speriamo che sia chiaro e semplice:
(aggiungo che quanto è scritto l’ho sempre pensato al di fuori della situazione odierna)
i Servizi Segreti russi, fin dai primi tempi (all’origine) dello zarismo, erano soggetti al potere assoluto dello zar di turno, e a questo potere erano soggetti ANCHE (praticamente asserviti) sia la casta sacerdotale (= potere religioso) che l’esercito (= potere militare )e ancora oggi sotto Putin che non è affatto uno zar, ma viene chiamato erroneamente così, si rinnova questo assoggettamento.
Sia i servizi segreti , sia il potere militare e il potere religioso hanno cercato nel corso dei secoli di rovesciare o limitare ognuno a suo modo il potere assoluto dello zar. Insomma ci hanno provato senza riuscire… ma lo zar si faceva credere di essere l’anima della Russia, da qui Santa Russia, Santa Madre russa, ecc., e il clero approvava, altrimenti spariva.
Caduto lo zarismo nel secolo trascorso per merito di Lenin, i servizi segreti, da questo fondato come parte integrante del nuovo potere bolscevico, – ma non al di sopra di questo nuovo potere .
Questo nuovo potere si sostituisce al potere assoluto dello zar, divenendo più spietato (senza pietà di fronte ai nemici veri o presunti: innocenti o colpevoli non fa differenza) e più scientificamente determinato a sterminare tutto ciò che all’interno della Russia era contro di esso (soltanto i poeti e scrittori si opponevano e la maggior parte di questi fu uccisa o condannata a vita, ecc.); e pure all’esterno della Russia venivano perseguitati, uccisi ecc.. La maggior parte dei russi, cioè di coloro che erano stati all’estero (inviati per qualsiasi motivo o funzione) venivano eliminati. (essere contaminati dallo straniero anche senza aver fatto nulla era una colpa assoluta).
Stalin aveva (possedeva) questo nuovo potere assoluto – fine a se stesso e la ideologia comunistica era soltanto un pretesto per esercitare e realizzare al massimo grado questo potere. Combatteva uccidendo chiunque si opponeva – ripeto: vero o presunto nemico –. Casta sacerdotale e casta militare venivano falcidiati: il pericolo era ovunque è l’unica condanna era quella a morte.
Al suo comando – di Stalin – i Servizi Segreti obbedivano e compivano delitti, cioè erano soggetti e asserviti al 100 per cento, allo scopo di conservare un loro proprio potere d’azione, e non solo, ma sempre pronti a sostituirsi al tiranno di turno.
Dopo la morte di Stalin, i Servizi Segreti cercano di prendere questo potere assoluto con Beria, ma Beria viene ucciso da una casta più potente al momento, quella del partito unico: padrone assoluto del potere assoluto
Da qui: tutto si genera nel Cremlino e tutto si risolve in esso… tutto nasce e muore nel Cremlino. (e così sarà adesso con Putin).
E’ il partito che deve avere il potere assoluto, e cioè una casta politica deve regnare e imperare su tutte le altre caste (il partito come zar!!!), compreso ovviamente tutto l’apparato del Servizi Segreti che è la casta più potente dopo il partito; e questa casta ancora una volta viene in secondo piano.
Con Andropov, capo della casta dei Servizi Segreti, si raggiunge il potere assoluto
ma questo personaggio muore dopo un anno e non ha il tempo di esercitare e realizzare
e cioè i Servizi Segreti erano stati – ma per poco tempo – per la prima volta nella loro storia al di sopra di ogni potere e potevano fare quello che volevano (e allora Putin lo sta facendo da febbraio 1922 apertamente *- perché di solito questa casta operava di nascosto – e quindi si è scoperto… ha mostrato la vera natura della casta dei Servizi Segreti, apertamente senza finzioni, e la MENZOGNA CHE SEMPRE HA DOMINATO IN OMBRA ADESSO CON PUTIN E’ USCITA FUORI, ALLO SCOPERTO MOSTRANDOSI SENZA RETICENZE QUANTO SIA LA UNICA VERITA’ ESISTENTE!
LA MENZOGNA SOPRA OGNI COSA E OGNI POTERE UCCIDE INCESSANTE E NON E’ MAI SMENTITA, POICHE’ LA MENZOGNA E ‘ LA VERITA’ STESSA!
E NON ESISTE ALCUNA MANIERA DI DISTINZIONE.
* ma per 20 anni ha coltivato questo suo pensiero di nascosto facendo credere di essere in qualche maniera democratico, dando al popolo russo la credenza illusoria di essere libero: astuzia e menzogna insieme ancora una volta il popolo russo è stato fregato!
Sono convinto che P. si sia ben esercitato quando era in Germania democratica
in tutte le maniere a sua disposizione combattendo nemici interni ed esterni fino a giungere al delitto, che dal suo punto di vista (del KGB) era la soluzione non normale, ma naturale!
DUNQUE CON PUTIN I SERVIZI SEGRETI NON SONO PIU’ SEGRETI, MA POSSONO AGIRE APERTAMENTE POICHE’ MENZOGNA E VERITA’ HANNO LO STESSO VALORE.
IL POTERE ASSOLUTO PRIMA DELLO ZAR E POI DI STALIN, FINALMENTE ORA APPARTIENE AI SERVZI SEGRETI, E TUTTA LA LORO TRADIZIONE criminosa è estesa a tutti i livelli – E’ OPERATIVA E’ AL MASSIMO GRADO fino al completo compimento o alla propria sparizione
O adesso o mai piu’!!!
Per questo Putin qualche mese fa ha detto che se la Russia non vince non è più la Russia, è la fine!!!
FINE DI CHE?
Lui pensa la fine della Russia, ma invece è la fine della sua casta!!! –
La fine della Russia… così fa credere al popolo russo
(questo popolo si sveglierà dopo secoli di soggezione e sudditanza forzata?!)_
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P. NATO IN OCCIDENTE (A LENINGRADO) è UN PARADOSSO ESSENDO UNA MENTALITà ORIENTALE, E QUINDI UN SULTANO\SATRAPO ECC.
….NATO IN QUESTA CITTà PER SBAGLIO, CHE HA CULTURA OCCIDENTALE DAI TEMPI DI PIETRO IL GRANDE, E CHE PER QUESTO P. ODIA QUESTO ZAR.
ALLORA SE MOSCA è ORIENTALE, DI CERTO PIETROBURGO è OCCIDENTALE: LO SLAVISTA CONOSCE QUESTO MOLTO BENE.
E A PROPOSITO AVETE NOTATO IL SILENZIO\MUTISMO ASSORDANTE DEGLI SLAVISTI NOSTRANI, ACCADEMICI E NON?!
E CHE DIRE DI QUEI POETI E SCRITTORI RUSSI UNIVERSALMNETE NOTI CHE ANDARONO AD OSSEQUIARE P., LORO CHE SONO STATI SEMPRE GLI ACERRIMI NEMICI DEL POTERE ASSOLUTO
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I SERVIZI SEGRETI RUSSI– NELLA FORMA CHE HANNO SEMPRE NELLA LORO STORIA MOSTRATIO, SCOMPARIRANNO. vI SARANNO ALTRE MASCHERE.
Forse le giovanissime generazioni daranno un colpo finale ai Servizi Segreti russi, ovviamente?!
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a.s.———————————-
Sei forte Antonio!
Un abbraccio.
caro Antonio,
penso che la guerra di invasione dell’Ucraina è stata preparata da Putin fin dal 1999, quando ascese al potere che via via ha maneggiato per costruire un potere assoluto facendo finta con l’Occidente di presentarsi come pseudo democratico. Nel frattempo avvelenava e faceva ammazzare centinaia di oppositori in Russia.
Dalla guerra in ucraina Putin e la sua cerchia di criminali ne usciranno sconfitti, infatti la Cina lo ha capito subito, infatti ha inviato il n. 2 in Europa dell’Est per fare pressione su quei paesi per non appoggiare gli US; le ultime dichiarazioni di Xi Jnping sono state di aperto e totale appoggio alla Russia di Putin. Il Dragone sa, presagisce che l’avventura putiniana andrà a sbattere contro il muro della difesa ucraina e vuole intascare il pedaggio di una Russia dimidiata e indebolita. La guerra di Putin, quella lampo si sta trasformando in una lunga guerra di posizione che durerà mesi, nel frattempo la situazione economica della Russia precipiterà verso il default, a quel punto Xi Jnping andrà all’incasso e si metterà la Russia in tasca e la Russia si disintegrerà in tanti stati. L’Ucraina entrerà in Europa, nella Nato entreranno anche Svezia e Finlandia, e forse anche la Svizzera e l’Austria. E il mondo si dividerà in due blocchi contrapposti.
Così vivremo felici e contenti.
In casa nostra la destra estrema si ricongiungerà con la sinistra estrema. Il mondo sarà più chiaro.
La mia resta una “ir\riflessione (NON COMPARATA CON ALTRE CULTURE) “.
Resto e cerco di vedere dall’interno questa Russia di oggi, che nella sostanza non è cambiata per nulla dal tempo che scrittori e critici radicali russi della metà dell’800, come Belinskij, Dobroljubov, Pisarev e Cernisevskij cercavano di far luce nelle tenebre (elaborando le opere dei grandi scrittori loro contemporanei), che di questi tempi sono tornati con Putin.
In effetti la Russia non teme tanto l’Occidente quanto invece da secoli è spaventata dall’ ORDA MONGOLA (per questo da secoli si sentono ciorcondati e per questo che cerca di allearsi con la Cina.)
Sono tornati i torbidi dunque nella maniera più eclatante e sorprendente: il KGB che si allea con la casta sacerdotale che ha sempre combattuto e che nonostante la Rivoluzione di un secolo fa è rigogliosa più di prima. E’ una alleanza opportunistica di Putin, perché sa che il profondo dell’anima russa risiede nella religiosità mai spenta, e quindi si appropria del popolo russo più pienamente e completamente e doppiamente. E la casta sacerdotale ci sta, non che ci sta al gioco di Putin (perché gli sopravviverà!) ma perché ha compreso che con Putin sarà più forte e forse mira al potere assoluto, nel senso che il potere religioso sarà il più forte di tutti i poteri. (ma lo è da sempre nel profondo delle sua tenebre animistiche-mistiche)
Il poeta ceco-moravo Otokar Brezina sciveva nel 1892 che “sia Tolstoj che Dosotevskij si son persi indagando nelle oscurità, e hanno smarrito la luce!|”-
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Putin non ha futuro, nessuno stringerà le mani di un tiranno distruttore, ma si troverà sempre una scappatoia e anche per questo mi immagino la figura di costui reclusa o finita in uno degli innumerevoli luoghi di culto sparsi nella Siberia. La tendenza di Putin è Oriente.
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SE PIETROBURGO PIANGE, MOSCA NON RIDE
SE KIEV PIANGE, PIETROBURGO GLI FA ECO.
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Pietroburgo l’occidentale e Mosca l’orientale.
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Chissà cosa avrebbero scritto questi illustri slavisti come Lo Gatto a Cavaion (La città di Pietro e l’intelligenzija ) e Ripellino (e altri) si sono soffermati sulla sedentaria Mosca dei divani in contrasto con la vitalità di Pietroburgo.
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Da una mia nota (275, p. 132), del 1990 commentando una poesia di Mandel’stam che inizia col verso.” Col mondo dei potenti io fui solo infantilmente legato “ dico di parvenze di un nuovo mondo che sostituiscono quelle vecchie, ma “Queste parvenze sono unite a Pietroburgo già di per sé città-parvenza ed estranea per certi versi al popolo russo; si conosce il perché: perché ritenuta troppo occidentale, e per certi versi traditrice, negatrice di quegli aspetti orientali (la Mosca buddistica!) che sono appannaggio della capitale!”
—
Ecco dunque che il tiranno (Putin non è uno zar!) odia Pietro il Grande e Pietroburgo, sua città natale. Se fosse nato a Mosca sarebbe più comprensibile, invece la serpe si è annidata proprio nella città più occidentale e vicina all’occidente!
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E ancora: ” – questa città s’impone… secondo il vecchio diritto : è ancora la romanità che è presente con “il diritto romano assimilato dallo zarismo e poi modificato secondo necessità imperiali!”, così fortemente voluta da Pietro in tutte le sue connotazioni eterne anche nella sua città: “centro di un impero, un impero tanto grande da eguagliare quello romano”, e non è solo grandezza architettonica, ma capitale statale che unifica un popolo, città sacrale, che Pietro chiamerà “città santa” e “paradiso”, (ma migliaia furono le vittime per costruirla); questi due termini tra l’altro furono ripresi da alcuni poeti russi, dopo la sua morte; ma “Pietroburgo non riuscirà mai ad assumere quei caratteri di sacralità, conosciuta da Mosca e da altre grandi capitali”.
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La città-metropoli, dunque, estranea alla mentalità storico-letteraria-artistica tradizionalmente russa s’impone al poeta, è città che pecca di presunzione, e proprio perché sentita straniera ha osato imporsi “secondo il vecchio diritto”!- E dunque quale è il vero destino di Pietroburgo?
Essa per gli incendi e per i geli è ancor più sfrontata,
altezzosa, maledetta, vuota, giovanile!
E Ripellino così scrive commentando la poesia di Mandel’stam – Mezzanotte a Mosca- Il primp verso recita
“Mezzanotte a Mosca. È splendida l’estate buddistica.
-”Accanto a Pietroburgo, anche Mosca figura in molte liriche di Mandel’štam.
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Secondo Nadežda, Mandel’štam viveva volentieri nella:
“….inutile capitale, come egli diceva, perché nel suo animo la vera capitale russa era rimasta Pietroburgo, la Pietroburgo pre-rivoluzionaria. Viveva volentieri nella Mosca buddistica e aveva persino imparato a scoprirne il fascino, nel suo disordine, nella sua dispersione, nella sua immobilità, nella sua millenaria astoricità e persino nel fatto che non smetteva mai di minacciarlo ad ogni passo”. (era perseguitato)
(nota 255, p. 118)
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Perciò Putin rinnova antichi rancori e aspirazioni…. una castrazione copntinua, secolare….
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Per ora basta così.
a.s.
caro Antonio,
La posizione di Marx sulla Russia del 1889
La Russia (l’impero zarista) viene percepita come il bastione della controrivoluzione per il ruolo di contenimento svolto nei confronti della rivoluzione dell’89 e delle armate napoleoniche, nella Santa Alleanza, nella repressione di ogni movimento rivoluzionario e progressista che si manifestasse al suo interno e fuori dai suoi confini. Per Marx l’autocrazia russa era una metamorfosi della Moscovia, formatasi «alla scuola terribile e abbietta della schiavitù mongolica»; la sua espansione era sorretta da una volontà di potenza illimitata, sino alla conquista del mondo. La modernizzazione dispotica realizzata da Pietro i non ne aveva cambiato la natura, anzi era servita a fornirle la forza materiale per svolgere il suo ruolo di guardiana della reazione, realizzando a tal fine una sorprendente alleanza con il paese capitalistico per eccellenza, l’Inghilterra. Marx e Engels analizzano lo scenario storico e geopolitico dell’epoca alla luce della convergenza tra dispotismo zarista e imperialismo inglese. Le frizioni ai confini dei rispettivi imperi non dovevano nascondere la natura intimamente antirivoluzionaria e anti progressista della loro azione, volta a bloccare lo sviluppo economico e sociale dell’Europa. Contemporaneamente la posizione di Engels e di Marx, in polemica con Bakunin e gran parte della sinistra dell’epoca, è di chiusura nettissima verso i movimenti di indipendenza dei popoli slavi, specie del sud, e ciò per due motivi principali: perché pensano che siano strumentalizzati dall’impero zarista con le sue mire di dominio sull’Europa e per la pretesa antistorica e assurda – scrive Engels – «di soggiogare l’occidente civilizzato all’oriente barbaro, la città alla campagna, il commercio, l’industria, l’intelligenza all’agricoltura primitiva dei servi slavi
Poetry kitchen
sulla disinformazia
Covid, l’Oms “raccomanda fortemente” l’antivirale di Pfizer: ha meno rischi e riduce i ricoveri Il Paxlovid dovrebbe essere preferito al Molnupiravir o al Remdesivir della Merck.
La combinazione di Nirmatrelvir e Ritonavir «è il farmaco d’elezione» per i pazienti non vaccinati, anziani o immuno compromessi, secondo un articolo del British Journal of Medicine. Per lo stesso tipo di pazienti e sintomi, l’Oms ha anche emesso una «debole raccomandazione» per il Remdesivir del laboratorio americano Gilead, che aveva precedentemente sconsigliato.
Il Paxlovid dovrebbe essere preferito al Molnupiravir o al Remdesivir della Merck, così come agli anticorpi monoclonali.
La dottoressa Janet Diaz, capo del team di risposta clinica per il Covid-19, in un briefing con la stampa a Ginevra ha detto che il Paxlovid «riduce l’ospedalizzazione più delle alternative, ha meno rischi potenziali rispetto all’antivirale molnupiravir ed è più facile da amministrare rispetto alle opzioni endovenose come il Remdesivir e le terapie anticorpali.
Questa raccomandazione non si applica alle donne incinte e che allattano. Inoltre, la verità ha le stesse diottrie di chi le guarda e la lotta di classe inizia già all’asilo, come affermato dalla scrittrice Silvana Baroni.
Il missile intercontinentale Sarman di Putler corre ad una velocità 10 volte superiore di quella del suono fino a a 18.000 km con o senza testata nucleare e sfugge alle difese missilistiche della Nato.
La Moskva è diventata una moscà.
Una overdose di Remdesivir la si può prendere ad Abukir.
È stato testato dal Signor Putler un budino all’isotopo di polonio in grado di abbattere in un sol colpo una intera brigata aviotrasportata della Nato.
Il Signor Putler e il Signor Salvini una volta erano dei bambini.
«Se in un romanzo compare una pistola, bisogna che spari»
(Anton Pavlovic Cechov)
Etc. etc. etc…
da Marina C. a Anna Politkovskaja
È successo,
lo presentivo
lo sapevo che m’avrebbero ucciso due volte:
corda o pallottola non fa differenza!
Ti consideravo mia figlia, o mia nipote,
sorella ineducata nel carattere e, nella parola – decisa!
affilata e precisa come il mio estremo pensiero! .
Ti sei abbandonata, fiduciosa: il traguardo
era più chiaro d’una pagina oscura – la verità!
Per te non c’era che l’esilio, il carcere o la bara,
la mia, come la tua fine, è scritta fuori del tempo:
lo stesso destino dei miei e tuoi nemici!
La mia tomba ignota sarà la tua, insieme a te,
sempre piena di fiori,
la tua con la mia!
Dal futuro ti bacia e abbraccia ancora una dura madre,
felice che tra i poeti il posto più glorioso
ti spetta accanto a me, nella stessa terra tradita
dai russi, dai rossi e dai bianchi, dai mercanti di morte
perché la delazione non ci appartiene…
ecc… ecc…
noi donne leali, poeti e scrittrici, di Russia
siamo sempre la prima speranza contro ogni piccolo
piccolo, ma proprio piccolo,
piccolo uomo! *
Antonio Sagredo
Vermicino, 10 ottobre 2006
*(gogoglianamente V.Putin è un piccolo pezzo di un uomo qualsiasi)
Complimenti caro Antonio,
innanzitutto mi fa molto piacere ritrovare le tue poesie.
Devo poi farti i miei complimenti perché la trovo davvero una poesia significativa: pregnante di un significato evidentemente molto attuale, un grido lancinante di una terra violentata da un sistema di potere ottuso, che non solo sta devastando le aree geografiche contigue, ma prima di tutto il suo paese stesso; trovo inoltre emblematico il fatto di affidare a delle immagini di grandi donne russe, l’espressione del lamento per la notte prolungata che questa terra vive e la testimonianza di una speranza per la sua redenzione.
Come sai, sono anch’io culturalmente ed intellettualmente molto legato al mondo slavo tutto, così come a quello danubiano-carpatico e nei tuoi interventi, come nelle tue poesie, ritrovo sempre echi e suggestioni in grado di illuminare tanti angoli di questo mondo così complesso, ma affascinante, al tempo stesso senza indugiare ad alcun manierismo o romanticismo, ma in modo ontologico, come si conviene del resto alla poetica Noe.
Un caro saluto.
Scala di Kardašëv, secondo nuovo studio umanità potrebbe diventare civiltà di tipo I nel 2371
https://notiziescientifiche.it/scala-di-kardasev-secondo-nuovo-studio-umanita-potrebbe-diventare-civilta-di-tipo-i-nel-2371/
https://www.fanpage.it/esteri/mosca-ha-quasi-finito-le-armi-putin-cerchera-la-tregua-il-punto-dellanalista-militare-russo-luzin/
“Mosca ha quasi finito le armi, Putin cercherà la tregua”: il punto dell’analista militare russo Luzin
Putin ha esaurito “oltre l’80%” delle munizioni missilistiche, e gli obiettivi di guerra restano lontani. Possibile una escalation, che colpirebbe “obiettivi militari” in Paesi Nato. Ma la Russia non è pronta a una mobilitazione.
Intervista a Pavel Luzin, Politologo e analista delle forze armate di Putin
A cura di Redazione
Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l’approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia
Vladimir Putin, al di là dei suoi proclami, non sta raggiungendo gli obiettivi di guerra che si era prefissato. Né ha nuove armi con cui spaventare l’Occidente: il missile intercontinentale Sarmat, appena esibito al mondo, è “un prodotto degli anni ’80 appena rimodernato”. Mentre l’ esaurimento degli ordigni più sofisticati incombe sulle forze russe: già utilizzati “tra l’80 e il 90% dei missili a medio e lungo raggio disponibili”. Nell’immediato,“l’alternativa è tra un cessate il fuoco temporaneo o una escalation”, che potrebbe coinvolgere “depositi bellici in paesi Nato come la Polonia e l’Estonia”. Una mobilitazione militare della Russia, però, “è irrealizzabile”. Pavel Luzin, tra i più ascoltati analisti delle forze armate di Putin, parla a Fanpage.it da Perm, ai piedi degli Urali.
Come va la guerra? Putin proclama la vittoria a Mariupol. Ma sta davvero vincendo?
No, perché comunque Mariupol non è più una città. È solo un ammasso di rovine. Con tanti morti e tantissimi rifugiati che probabilmente non torneranno mai. Ci saranno ben pochi abitanti, nella Mariupol conquistata. Possono anche chiamarla vittoria ma è solo un disastro.
L’obbiettivo del controllo del Donbass e dell’Ucraina meridionale potrebbe però essere alla portata.
E anche se fosse raggiunto questo obbiettivo militare, il Cremlino non avrebbe raggiunto alcun obbiettivo politico concreto. Sta solo estendendo la devastazione. E il suo controllo sui territori devastati. Dove non c’è più una popolazione né un’ economia. Solo deserto. Questo non è vincere una guerra. E viene ottenuto a costo di distruggere la reputazione internazionale della Russia, e a costo della sua crescita economica.
L’offensiva continuerà fino al raggiungimento di quali obbiettivi politici?
Gli stessi del 2014 e del febbraio scorso: distruggere lo stato e la cultura dell’Ucraina. Il Cremlino non fermerà questa guerra. Possono accordarsi per un cessate il fuoco, ma dopo sei mesi, o dopo due anni, le ostilità riprenderanno. Fino a quando esisterà l’attuale sistema politico in Russia. Il problema non è solo Putin, ma l’intera élite politica.
Accennava alla possibilità di un cessate il fuoco. Ci si avvicina al terzo mese di conflitto, si comincia a sentire la fatica della guerra, da parte russa?
C’è molta stanchezza e poco ottimismo, nelle forze armate russe. Ogni eventuale entusiasmo iniziale se ne è andato.
Come stiamo ad armamenti? Sono state utilizzate parecchie munizioni…
Ritengo che tra l’80 e il 90% degli stoccaggi di missili siano già esauriti. Restano disponibili, e vengono infatti sempre più usati, soprattutto gli aria-terra a corto raggio dei cacciabombardieri. Ma anche in questo caso lo stoccaggio non è enorme. E per la stessa ragione si sta usando massicciamente l’artiglieria, come nel caso dei bombardamenti su Mykolaiv. Ma non si riesce più a colpire con forza la parte occidentale dell’Ucraina.
Per questo potrebbe esserci una tregua?
Putin cercherà di fare qualche tipo di accordo in questo senso. Ma non vuol certo far finire la guerra. La Russia non cercherà un trattato di pace. Nemmeno nei prossimi decenni, se non cambierà il suo sistema politico.
Nel breve termine, l’alternativa al cessate il fuoco è l’escalation?
È possibile, e probabilmente si sostanzierebbe nell’attacco sul territorio di un Paese Nato: un deposito di munizioni in Polonia, per esempio. O un’installazione analoga in Estonia.
Intanto Putin ha sbandierato il lancio di un nuovo missile balistico intercontinentale, il Sarmat: un avvertimento a chi, in Occidente, “cerca di minacciare il nostro Paese”, ha detto il presidente russo. Cambia qualcosa nei rapporti strategici tra Mosca e l’Occidente, dopo il test del Sarmat?
Il test non ha alcun significato specifico. Perché il Sarmat non è un nuovo missile. È un arma dell’era sovietica, con qualche modernizzazione nelle sue componenti elettroniche. Certamente i vecchi computer analogici son stati sostituiti con qualcosa di più sofisticato. Ma per il resto il missile è pressoché uguale al Voevoda R-36M2 a propellente liquido prodotto negli anni ’80 in Ucraina. Quello del Sarmat non è che un progetto di rilocalizzazione. Anni dopo la dissoluzione dell’Urss e lo smantellamento dei Voevoda, a Mosca ci si rese conto di non poterli rimpiazzare con gli Yars a propellente solido (i missili balistici noti in Occidente come SS-29): la capacità produttiva era insufficiente. Quindi si decise di tornare a fabbricare i Voevoda. Ma, naturalmente, in Russia.
Quindi in quel che ha detto Putin, ovvero che il Sarmat è praticamente invincibile perché può penetrare tutti i sistemi di difesa, non c’è niente di nuovo?
Anche il missile Voevoda aveva la capacità di superare le difese balistiche, con dieci testate e una quarantina di falsi bersagli a bordo. Bisogna tenere presente che, per il mantenimento delle capacità missilistiche sovietiche, sulle ragioni strettamente strategico-militari prevalgono quelle industriali di politica interna. Prima di tutto, si tratta di preservare l’industria della difesa. Senza il progetto Sarmat, la Russia avrebbe dovuto chiudere gli stabilimenti dell’azienda aerospaziale Makeyev nella regione di Chelyabinsk e a Krasnoyarsk. Dove prima si producevano i missili balistici Sineva utilizzati dai sottomarini della classe Delfin, che sono stati recentemente decommissionati.
E poi ci sono ragioni di politica interna, diceva?
Mosca non vuole che aziende come la Makeyev rimangano senza contratti e chiudano i loro stabilimenti provocando disoccupazione e problemi sociali. Più in generale, non vuole danneggiare la sua reputazione politica. Il Cremlino ha creato un mito secondo il quale negli anni ’90 il liberalismo economico ha distrutto la capacità militare della Russia, con la chiusura di molte fabbriche del settore difesa. I responsabili di allora sono da considerare traditori e criminali, secondo questo mito. Chiudere un’azienda missilistica renderebbe gli uomini del Cremlino vittime della loro stessa mitologia. Politica, insomma. Così nasce il proposito di mantenere intatto il numero di missili nell’arsenale strategico russo.
Nel caso di una escalation del conflitto, la Russia potrebbe ricorrere a una mobilitazione, alla chiamata di tutti gli “abili” alle armi. Come la prenderebbe la popolazione?
Non credo che ci sarà una mobilitazione. Una delle prime regole della politica è di non iniziare qualcosa che poi non puoi realizzare. La mobilitazione in Russia potrebbe forse essere proclamata o anche iniziata, ma non è realizzabile.
Perché?
Perché dal punto di vista istituzionale le forze armate russe non hanno la capacità di implementare una mobilitazione. Non ci sono abbastanza ufficiali, né abbastanza munizioni, né abbastanza fiducia tra i militari. Per non parlare della fiducia fra le forze armate e il Cremlino. Una mobilitazione darebbe più potere ai generali. Putin non darà mai più potere ai generali. E poi nelle forze armate mancano i quadri in grado di esercitare un leadership su chi sarebbe costretto a prendere le armi: rivolte e diserzioni sarebbero inevitabili. Inoltre, una decisione del genere colpirebbe ancor di più la già provata economia russa. Mi sembra proprio un’ipotesi non praticabile.
Sarà, ma intanto Zelensky manda suoi messaggi dal bunker in metropolitana…
L’uomo è sempre implicato nei problemi che pone, e non c’è verità se, per valutare ogni enunciato, non si tiene conto della presenza dell’uomo che enuncia un enunciato.
La nuova ontologia estetica ci dice che occorre reimparare a vedere il mondo destituendolo dal senso istituito: andare oltre i significati attribuiti alle parole ma non per giungere al contatto diretto con le cose, cosa impossibile da attingere, che sa di misticismo a buon mercato, ma per ampliare e moltiplicare i punti di vista dai quali guardiamo le cose e consideriamo le parole.
Una posizione che produce apertura nel mondo delle parole e delle cose.
Una posizione che può portare a una vera rivoluzione nel percepire perché non è condannata “a mettere nelle cose a posto.
Merleau Ponty porta il seguente esempio: “l’albero è verde”, ma lui, l’albero, non lo sa di essere verde, non è interessato alla questione. Noi invece, che abbiamo applicato il verde sull’albero, ci stupiamo poi di trovarcelo.
Dobbiamo vivere il mondo dal di dentro anziché catalogarlo e studiarlo dal di fuori. La nuova ontologia estetica ci indica la via di vedere il mondo per le vie interne delle cose, non da l di fuori.
Per Merleau-Ponty il filosofo è l’uomo che si risveglia e che parla misurando ogni volta l’inadeguatezza della sua parola e la necessità di non rinunciarvi. La filosofia di Merleau-Ponty è stata fin dall’inizio interrogazione aperta, ricerca del senso dell’essere delle cose e si è andata sempre più indirizzando verso un’ontologia radicalmente ripensata in cui il senso è sempre più qualcosa di non concluso, di non compatto, più uno scarto che una pienezza, più una deviazione che una linea retta, più un angolo che un ponte.
…non dimenticare mai che Putin è KGB, e che il loro giuramento ha come obiettivio unico e primario quello del delitto: la tua morte e non la mia, la distruzione fisica del nemico., E ALTRO DA DISTRUGGERE.
Ripeto ancora una volta: Putin è un fascista rosso, e di fascismo rosso già si parlava all’inizio degli anni ’30. Questo spiega come le destre europee, oggi come ieri, siano alleate coi proprositi della casta di Putin stesso.
Ieri (COME OGGI) le destre guardavano con invidia i metodi del KGB. Gli scontri storici tra il KGB e i servizi segreti occidentali era solo una finzione. Era una sorta di gara a chi era più bravo nell’eliminare i nemici, e i nemici erano quelli che non apparetenevano nè al KGB e nè ai servizi segreti stranieri.
L’ideologia comunistica era solo un pretesto superficiale valido per gli sciocchi, la sostanza restava la menzogna che si realizzava, quando non bastava, con la violenza.
La dittatura è solo e unicamente “menzognera violenza” , IL RESTO E’ MORTE.
Quello che dice Luzin ,che come ” Politologo e analista delle forze armate di Putin”, è solo specchio per le allodole, e difatti dice cose che chiunque puo’ dire che abbia cioè alcune informazioni che poi tutti avrebbero!
Che vuol dire “analista delle forze armate di Putin? ”
Che conosce segreti militari delle forze armate di Putin? O altro?
Che altro?
Insomma le domanDe si sovrappongono alle risposte e viceversa e poi non si capisce più nulla!
Si dice anche di un sosia (o più sosia) di Putin. E non è la prima volta in tutte le dittaure: dove è la sorpresa?! e CHE PUTIN SIA GIà MORTO, O VIVO ANCORA, NON SIGNIFICA NULLA.
Se mAi il punto è altrove: al centro o nelle Estreme periferie del potere?
Dal punto di vista storico – della storia della Russia – è la prima volta (non sappiamo ancora se unica volta – che i Servizi Segreti RUSSI hanno nelle mani il POTERE ASSOLUTO, QUELLO CHE UNA VOLTA ERA STATO PER SECOLI DELLO ZAR (QUESTO PUTIN NON è UNO ZAR AFFATTO!), POI DI STALIN, – MA SIA LO ZAR CHE STALIN ERANO PADRONI DEI SERVIZI SEGRETI, ORA INVECE QUESTI NON HANNO PIU’ PADRONI: SONO ESSI STESSI IL POTERE ASSOLUTO, E NON SE LO LASCERANNO SCAPPARE, A MENO CHE… NON IMPLODONO NEL SENSO CHE SE IN PASSATO ERANO COMPLICI DEL POTERE ASSOLUTO, OGGI CHE LO SONO ESSI STESSI – PROPRIO PER QUESTO! – NON SONO CAPACI DI SAPERLO AMMINISTARE, E QUINDI: GUERRE INTESTINE, IMPLOSIONI, TRADIMENTI CONTINUI… PANE PER I LORO DENTI SANGUINOLENTI, DI SANGUE SI NUTRONO PERCHE’ DI SANGUE FURONO NUTRITI!!!
AMEN
https://www.huffingtonpost.it/esteri/2022/04/23/news/slavoj_z_iz_ek_con_putin_il_pacifismo_non_e_un_opzione_-9246126/?
fbclid=IwAR0oW0s1_aFoFfgN491Tc6woo1T170cfIqXePlB7ate3DHHE_Xf77H_HjyY
Slavoj Žižek: “Con Putin il pacifismo non è un’opzione”
di HuffPost
Slavoj Žižek: Con Putin il pacifismo non è un’opzione
Il filosofo sloveno: “L’unico modo per resistere a è con la forza. Gli invasori dicono sempre di volere la pace, perché è il modo per sovrastare le vittime”
23 Aprile 2022 alle 12:26
“Il pacifismo non è un’opzione in questo conflitto. L’unico modo per resistere a Putin è con la forza. Gli invasori dicono sempre di volere la pace, perché è il modo per sovrastare le vittime. Anche Hitler diceva di volere la pace nella Francia occupata dai nazisti”. Così in un’intervista a Repubblica il filosofo sloveno Slavoj Žižek. Quella di Putin – afferma – è una “visione rabbiosa e frustrata dell’Occidente”.
Il giudizio sul presidente ucraino Zelensky è positivo, “ma al suo posto avrei usato un altro slogan. ‘Noi siamo i difensori dell’Europa’, dice Zelensky. Io avrei detto: ‘Noi ucraini lottiamo per la libertà della Russia’. Perché se l’Ucraina vince, forse potremo liberarci di Putin, altrimenti la sua dittatura ne uscirà rafforzata”.
Žižek – docente di marxismo con cattedre a Londra, New York e Seul – ragiona anche sui limiti delle democrazie liberali. “Lo scontento che si avverte in gran parte del mondo industrializzato è reale, indica che nelle democrazie liberali bisogna cambiare qualcosa”. Cambiare cosa? “Esagerando direi che bisogna fare come nel comunismo di guerra, i provvedimenti economici e sociali presi da Lenin dopo la rivoluzione bolscevica. Non per realizzare il comunismo, beninteso, ma per ristrutturare la democrazia, che ha bisogno di più socializzazione, più pianificazione, più cooperazione internazionale, più sforzi globali per affrontare problemi come sanità, cambiamento climatico e immigrazione”.
OSSESSIONE FIBONACCI
Il cinguettio è potente, supera in altezza il verde del mandorlo
Da una sponda all’altra della tastiera un rincorrersi di rondini
C’è chi si trova fuori del nido e non rientrerà
E chi rientrando trova una M al posto della Q.
-Sono andato oltre i confini di qualunque schermo
Ho visitato afriche di suoni bianchi. Arpe al miele
Allietavano un cheap di leone.
Ah i motocarri su cui s’ammassano cipolle
Facevano il gesto d’ombrello alle iene!
-Sono in visita ufficiale come alto comando del reparto pesci in scatola
Chiedo la testa di chi mischia le etichette
Di chi infischiandosi dei regolamenti muta il merluzzo
In bombe al fosforo.
-Tutto l’Est risponde ai miei comandi e l’Ovest è in sub affitto da mio genero
persino il cerchio cede il 3,14 all’ 1.62
Le mani che battono i tasti sono le stesse che minarono il campo
Per dormire, ovvio, riempiendo il sonno di botulino e non farsi sorprendere
Ci sono vitamine che rinascono cianotiche
Antibiotici che si vendono alla sifilide
Tutti odiano la gangrena ma nessuno può fare a meno
Di ficcarsela nel naso
Nella brama di avvitare un poveraccio ci rimette le gambe
e per la pubblicità di una trincea una talpa sbuca dal tasto d’invio.
INTERNO ZUCCHERO E CANNELLA, VISTA CHERNOBYL
Cosa chiedere ad una lavastoviglie in cravatta?
Che salga in cattedra, dica tutto sulle farfalle alla Moneda?
A volte da una crisalide nasce brace
E le falene tutt’intorno danzano la morte
La luna è positiva e non verrà a chiudere il coperchio.
Perché mai prendersi una croce addosso?
Il Sole organizza viaggi al centro del pianeta.
Nel tunnel graffiti d’uomini al pascolo nei prati
E di sotto una felce dal polso fermo:
-L’incrociatore Potemkin è una boiata pazzesca!
Poi la parola passa ai nipoti
E la festa si prolunga per i fuochi in piscina
In effetti è visibile l’entusiasmo giovanile
la voglia di esplodere di una bottiglia di benzina
Al ritorno in albergo il Cesio si ricompose
I contatori Geiger intonarono Lullaby
Mancava un pizzico di cannella
ma fu portato su un missile dall’Atlantico del Nord
La verità gorgogliava così forte nei canali
che non c’era bisogno di accendere la tv
Stillava dalle antenne e come linfa nutriva lo schermo.
Dalle mammelle del Sud alle corna del Nord
Fu un susseguirsi di zucchero e farina plaudenti per le strade.
Nella massa crebbe la rivolta, un unico di braccia
E bolle di sapore, trafitte da pepe nero.
La luce del forno ebbe il sopravvento
E mentre i muri resistevano al Tempo
sbocciò un fiore di Plutonio.
F.P. Intini
«L’universo è a tutta prima un perenne carnevale», recita Ortega y Gasset .
Di qui l’impossibilità di attingere la «verità». Le poesie di Intini sono espressione di palindromi, feste in maschera con i coreuti che leggono l’anagramma del nome «verità», dispositivi giuridici della falsità delle cose e della storia. Le poesie di Intini sono scritte in un metro coartato, non hanno alcuna una unità timbrico-metrica, Il ritmo sintattico oscilla tra il decasillabo, il dodecasillabo ipermetro, il tridecassilabo etc., polinomi frastici composti da unità mobili di fanteria d’assalto. Le parole sono unità mobili di fanteria organizzate in brigate motorizzate armate di cannoni anti-tank e javelin, che intercettano e annihiliscono qualsiasi tank sonoro della tradizione poetica del novecento a secondo delle esigenze del bombardamento metrico e versale che si ha di vista. Le unità metrico-timbriche sono ragguagliate alle unità di fanteria d’assalto. Criptici ipogrammi e parossitoni nuotano sulla superficie liquidiforme della scrittura ora accelerando il ritmo ora frenandolo mediante tangenze vocaliche, tachicardie e omofonie di consonanti; vocalizzi assertori si alternano a incisi dubitativi, interrogativi, ottativi contribuendo a dare alla scrittura quel tipico movimento di esondazione e di ritrazione, di acuti e di anacoluti, moltiplicando le pulsioni delle forze cinetiche, sghembe e in diagonale, che la attraversano. In ciò i numerosissimi parallelismi sono forze contrarie a quelle cinetiche che tendono ad intercettare e ottundere il moto inflattivo dei polinomi frastici.
La composizione polinomiale di Intini è né più né meno un atto di belligeranza, una operazione speciale armata che approfitta del momentaneo disequilibrio delle forze in lotta e in lizza per stabilire un disequilibrio permanente e peristaltico di polinomi frastici allo sbando…
Nelle macerie può cambiare la presenza di un contraccettivo sbattuto nella dispensa
lo sguardo come il pane
nel forno della propaganda.
Questo dolore sono lumini di superficie su chiazze d’olio.
Nebulose che galleggiano, lampeggiano funambole. Un segnale di interruzione continuo.
Un avviso perentorio. Scriverne è vergognoso.
“Il balzo di tigre della storia ci ha inghiottiti”
(L’ultimo verso è di Maria Rosaria Madonna, Stige, Edizioni Progetto Cultura)
Grazie OMBRA
Ecco cosa dice Franco Fortini su una poesia di Bertolt Brecht:
“Qui giace/ Karl Liebknecht/ che combatté contro la guerra. Quando fu assassinato/ la nostra città c’era ancora”.
Si noti che di fronte a un testo come questo viene a mancare quasi del tutto l’idea corrente che la poesia sia intraducibile perché il baricentro, il peso di questi versi non è interno ai versi stessi, è esterno: consiste nel sapere dei destinatari, dei lettori. Per esempio se i lettori non sanno che questo Liebknecht è un rivoluzionario socialista tedesco che è stato ucciso da militari della destra nazionalista tedesca alla fine del 1918, insieme a Rosa Luxemburg; e se non sanno che “la nostra città” di cui si parla è Berlino e che la distruzione di questa città nella seconda guerra mondiale è avvenuta ventisette anni dopo la morte di Liebknecht, questa poesia ci diventa incomprensibile. Tutte le nozioni storiche, morali e politiche che premono intorno a quelle quindici parole – “Qui giace Karl Liebknecht che combatté contro la Guerra, quando fu assassinato la nostra città c’era ancora” – premono intorno a queste parole non diversamente da quanto faccia per esempio la teologia intorno alla poesia cristiana o la mitologia classica per poter capire il canto di Ulisse di Dante. La “guerra” che ha distrutto la “nostra città” di cui si parla nella poesia non è quella contro cui si batté Liebknecht però il suo assassinio è stato un passo verso quella distruzione; ma questa non sarebbe ancora una poesia, la si avverte, anzi essa diventa una poesia, se si capisce che il rapporto di causa e di effetto per la morte del dirigente rivoluzionario e pacifista e la distruzione di un’intera capitale crea un personaggio, non quello dell’assassinato, il personaggio di colui che parla. Quest’ultimo passa da un pensiero all’altro, “qui giace Liebkneicht che combatté contro la guerra – pausa – quando fu assassinato la nostra città c’era ancora”: c’è lo stupore e la tristezza di questa scoperta e di questa connessione tra epoche diverse. Chi parla non è l’autore Brecht, è un suo personaggio, il visitatore della tomba, il berlinese che fra sé e sé ripercorre sinteticamente un cinquantennio di storia. È questa la forza poetica dell’epigrafe. Naturalmente poi non conta molto che la città sia stata ricostruita, anche Troia fu ricostruita: dalla distruzione di Troia a quella di Berlino l’umanità ormai in proposito ha una lunga esperienza.
Tratto dall’intervista “Che cos’è la poesia?” – Milano, abitazione Fortini, sabato 8 maggio 1993 – RAI
E’ assolutamente evidente che viviamo un’epoca di rivolgimenti vertiginosi che costituiscono per certi versi una sorta di redde rationem (uso la locuzione latina senza volerle attribuire alcun valore predicazional-moralistico, ma solo come implicazione ontologica) rispetto a tante questioni storico-sociali-antropologiche rimaste in sospeso nel corso di questi ultimi decenni.
Le problematiche ambientali; le nuove povertà con l’ascesa della centralità del mondo della finanza rispetto al mondo dell’economia reale che a sua volta fa pendant con le nuove disuguaglianze territoriali (fattori questi primi due che si intrecciano tra loro), alimentati anche degli eccessi finanziaristici del fenomeno della globalizzazione economica e della conseguente precarizzazione del lavoro; un individualismo sregolato frutto di una mercificazione capitalistica ormai illimitata, con tutte le conseguenze in termini di frustrazioni e malesseri sociali che comporta; la pandemia; i risvegli (che sembrano purtroppo divenuti endemici nell’ultimo decennio) di particolarismi territoriali ed etnici che ci condurranno ancora una volta alla scomparsa di realtà storiche multietniche (che costituiscono la vera ricchezza del mondo) per far spazio a nuovi truci nazionalismi, come stiamo verificando negli eventi bellici di questi giorni (e non solo di questi giorni) e che come corollario inevitabile si porta dietro il condimento di nuovi contrasti etnico – razziali; tutte problematiche sulle quali troppo a lungo si è sorvolato, guardandole quasi con un’ottica di immanentismo incomprensibile e che il mondo (che con i suoi equilibri fisiologici, procede per la sua strada incurante delle meschine beghe umane) ci sta inesorabilmente ponendo davanti agli occhi, obbligandoci a trovare delle risposte.
Se il XX Sec. è stato ribattezzato (secondo la celebre formula di Hobsbawm) “il secolo breve” il XXI, sembra cominciato addirittura come un secolo brevissimo, se dobbiamo giudicarlo da questo suo primo scorcio, per cui appare evidente che tutti gli schemi di intepretazione culturale stratificati, siano definitivamente saltati.
In tale contesto, la poesia, la letteratura e direi l’arte in genere, sono inappellabilmente chiamate a fornire il loro sostegno.
Non è più tempo evidentemente, di chiusure su Aventini idillici, contemplando un’estetica puramente esteriore, frutto di rappresentazioni del mondo preconfenzionate: ed il discorso, evidentemente, vale in misura particolare per la poesia, più esposta alle derive della consolatorietà egotica, rischio insito nella sua natura lirica.
Al contrario, il momento storico impone all’intero panorama della produzione culturale seria, un’irrimandabilie presa di coscienza e di tornare ad esercitare anche la sua funzione sociologica ed antropologica di critica consapevole della società; peraltro, le derive manipolative dell’informazione e della comunicazione, cui stiamo assistendo in questi mesi, dimostra come non esista, rispetto a tale opzione, una via di mezzo, specie in questa che è l’epoca dell’informazione profluviante, ma un profluvio che scade nell’incontrollabilità, attivando pericolosissime derive populistiche.
Un’informazione che punta sulla dicotomizzazione delle parti in causa, in cui la propria opinione è il marchio di fabbrica dell’autenticità assoluta contro la presunta falsificazione operata da chi non si allinei a tale messianismo, rovesciando parossisticamente l’ordine delle cose, fino al punto che la ragione “logica” (frutto cioè del ragionamento dialettico) non è più validata, ma andrebbe sempre ricercata in una presunta chiave di lettura in controluce, che però non è controinformazione nel senso “nobile” del termine, bensì distorsione perniciosa dei fatti, finalizzata al reclutamento delle schiere di volenterosi squadristi di oggi.
L’esempio di ciò che accade nel dibattito sull’attuale conflitto in Ucraina è illuminante, influenzato peraltro da quella fabbrica della disinformazione che è proprio l’apparato putiniano.
Come già evidenziato da Marie Laure Colasson nel suo precedente intervento, il concetto chiave è proprio quello di autenticità/inautenticità, laddove la prima è quella sancita dalla macchina del potere.
Gli schemi sono saltati, dicevamo e pertanto solo una poesia o un’arte in grado di ritagliare “i pezzi del racconto” possono essere in grado di cercare un ordine logico, per quanto di una logica rinnovante, palingenetica, a questo naufragio in corso, da cui edificare una nuova impalcatura, come mi sembra suggeriscano le stesse poesie dei nostri Francesco Intini, Mimmo Pugliese, Mauro Pierno, Raffaele Ciccarone, ma anche quelle di Marie Laure Colasson ed Antonio Sagredo, che ritrovo come poeta con piacere.
Trovo che quest’articolo sia particolarmente importante nella misura in cui interviene a far chiarezza su questo punto etico fondamentale per lo sviluppo di una nuova poesia ctiiticamente consapevole.
Mi complimento infine con Giorgio ed Antonio, per i loro finissimi interventi di ricostruzione della vicende storico-politiche europee e dell’area dell’aex U.R.S.S.; da conoscitore di quel mondo (sicuramente non più di Antonio Sagredo) ritengo di non aver molto da aggiungere.
Buona domenica a tutti.