Poetry kitchen – Kitsch poetry e Instant poetry, varianti della Poetry kitchen, Il ri-uso, il re-make, il rifacimento delle fraseologie del linguaggio di relazione, Un linguaggio finalmente libero dalla costrizione del denotatum, Poesie di Guido Galdini, Mario M. Gabriele, Marie Laure Colasson, oli su carta di Alexej Jawlensky,

Alexej Jawlensky 1926 52,8 ×46,4

Alexej Jawlensky, 1926, 52×39 olio su carta

.

Giorgio Linguaglossa

Poetry kitchen – Kitsch poetry e Instant poetry, varianti della Poetry kitchen

Nella Kitsch poetry, al pari della Instant poetry, varianti della Poetry kitchen (e a quest’ultima legati nel rapporto di genere a specie), è in opera la categoria dell’uso, ovvero, del ri-uso, ovvero, del re-make, del rifacimento di disparate fraseologie del linguaggio che, in quanto rescisse dai contesti originari, possono essere ri-usate, anzi, sono predisposte al ri-uso, al re-impiego in un diverso registro qual è quello del linguaggio poetico. L’impiego intensificato nell’ambito del linguaggio poetico di questa categoria consente l’attingimento di risultati di estraneazione e di spaesamento al massimo grado, in quanto il linguaggio viene semplicemente «esposto» in virtù della mera potenzialità della significazione, finalmente liberata dalla costrizione al denotatum.

Ne Il tempo che resta del 2000, Agamben, analizzando in particolare l’uso paolino dei verbi chráo (usare) e katarghéo (disattivare, rendere inoperativo), costruisce una teoria dell’uso considerato come il risultato di una disattivazione e neutralizzazione dei «dispositivi» tradizionali del linguaggio.
L’experimentum linguae trova qui una collocazione nell’uso come ricerca di un diverso e più originario statuto della parola, di un’esperienza della «pura parola» che apra lo spazio della «gratuità dell’uso».1 Quest’esperienza è di fondamentale importanza perché il linguaggio

« – senza legarsi denotativamente alle cose né valere essa stessa come una cosa, senza restare indefinitamente sospesa nella sua apertura né chiudersi nel dogma – si presenta come una pura e comune potenza di dire, capace di un uso libero e gratuito del tempo e del mondo».2

Scrive Carlo Salzani

Ma cosa potrebbe mai essere una tale parola, al di là di queste indicazioni un po vaghe ed evocative? Agamben risponde con un esempio, che rimane invariato per tutta la sua lunga carriera: la poesia. Uno dei marcatori della continuità sostanziale del suo pensiero è proprio il suo interesse per la poesia, non tanto come fenomeno linguistico-letterario, ma come un modello dell’experimentum linguae, che trasforma e «rivela» il linguaggio. Come già abbiamo notato, fin dagli anni Settanta e Ottanta, da Stanze a Il linguaggio e la morte a Idea della prosa, e in modo preponderante nei saggi di Categorie italiane, la poesia è presa a modello di una parola che disattiva le funzioni comunicative e informative del linguaggio ed espone così la sua immediata “medialità”, il suo essere “mezzo puro”. Nel progetto politico di Homo sacer questa connotazione messianica viene enfatizzata e la poesia è proposta, ad esempio in Il Regno e la Gloria, come paradigma della disattivazione: essa marca il punto in cui la lingua “riposa in se stessa, contempla la sua potenza di dire e si apre, in questo modo, a un nuovo, possibile uso”, dove il soggetto poetico diventa “quel soggetto che si produce nel punto in cui la lingua è stata resa inoperosa, è, cioè, divenuta, in lui e per lui, puramente dicibile”».3 (G. Agamben, Il Regno e la Gloria, 2007, pp. 274-75)
[…]
«Riassumendo un’analisi assai complessa e articolata: la deissi (indicazione o dimostrazione) nel pronome marca un “segno vuoto”, che diventa “pieno” non appena il locutore lo assume in un’istanza di discorso, e cioè non appena lo articola in un “messaggio”. Questo vuol dire, per Agamben, che ciò che la deissi indica o dimostra nei pronomi non è un oggetto o una realtà, ma un “luogo di linguaggio”: “l’indicazione è la categoria attraverso cui il linguaggio fa riferimento al proprio aver-luogo” (Agamben, Il linguaggio e la morte. Un seminario sul luogo della negatività, terza edizione accresciuta, Torino, Einaudi 2008, p. 35). Questo “evento di linguaggio” a cui la deissi si riferisce ha luogo in una “voce”, che non è più mero suono (come negli animali), ma non è ancora un significato: essa è l’intenzione di significare che coincide con la pura indicazione che il linguaggio ha luogo. Come tale, essa è ciò che deve essere tolto affinché il discorso significante abbia luogo, ed è quindi una dimensione negativa; è il fondamento che “apre” il luogo del linguaggio, ma lo fa in modo negativo, scomparendo, ed è quindi il fondamento negativo su cui poggia tutta la struttura della metafisica occidentale, un fondamento “muto” che resta rigorosamente informulabile ed è perciò “mistico” (G. Agamben, Il linguaggio e la morte. Un seminario sul luogo della negatività, terza edizione accresciuta, Torino, Einaudi, 1982, p. 114). Questa radicale negatività del fondamento ha decisive e drammatiche conseguenze per l’etica e la politica, per cui il superamento della metafisica e del suo nichilismo è necessario. Questo superamento consisterebbe nel “trovare un’esperienza di parola che non supponga più alcun fondamento negativo” (Ibidem p. 67), e Agamben la cerca, come già in Stanze (e in tutto il progetto trentennale di Categorie italiane [1996 e 2010], ma anche nella successiva elaborazione più propriamente politica) nella poesia. Questo superamento comporta la “fine” del linguaggio come lo conosciamo, e questo tema “messianico” (anche se il termine non è qui usato) informa l’epilogo del libro, “La fine del pensiero”, che riproduce un volumetto apparso lo stesso anno de Il linguaggio e la morte in cui Agamben propone, in modo aforistico ed evocativo, il tema del “compimento” del linguaggio come una voce che non ha più nulla di dire, più nulla da “significare”. Una tale parola, senza origine e senza destino, liquiderebbe il mistico, e cioè il fondamento indicibile, e con esso avrebbe fine anche il legame tra linguaggio e negatività, tra linguaggio e morte.4

1 G. Agamben Il tempo che resta. Un commento alla Lettera ai romani,Torino, Bollati Boringhieri, 2000, p. 126.
2 Ibidem p. 125.
3 Cit. in C. Salzani, https://www.academia.edu/14325340/Il_linguaggio_%C3%A8_il_sovrano_Agamben_e_la_politica_del_linguaggio?email_work_card=interaction-paper
4 Ibidem.

Alexej Jawlensky olio su carta 1928

Alexej Jawlensky, 1928, 52×39 olio su carta

.

Guido Galdini
Nomi e cognomi quindici

ci sono storie d’amore dove l’amore
è una fermata facoltativa dell’autobus
altre che iniziano con una vocale sbagliata
per terminare inseguite dall’alfabeto

Iosif Brodskij ne ha vissute a decine
tutte con la stessa persona
questo è il segreto di ogni storia d’amore
che voglia sopravvivere a se stessa
riuscire con la costanza del blu di prussia
a non sprecare la trasparenza dell’inchiostro.

Marie Laure Colasson
Ecco la mia ultima poesia della raccolta in corso di stampa, con Progetto Cultura, Les choses de la vie.

46.

Une huile de morue à tête carré
s’installe sur una chaise Louis Philippe
à 50 kms de Kyoto près du musée Em Pei
pou chanter avec Boris Vian “Le loup garou”

Tout s’est bien passé? demande François Ozon
à Boris Vian vêtu d’un tailleur Chanel
à propos de la métaphysique de la mort

La roue d’un paon
met le frein à main à l’angle du carrefour Angelique
pour une rencontre avec le génome
du Marquis de Sade

Eredia se promène avec l’ombre de Marquis de Sade
pour retrouver sa vertu
et les chansons de Boris Vian

La blanche geisha propose à François Ozon
un quart d’heure et trente secondes pour une mort douce
pendant qu’elle danse sur le bout du nez
sur une feuille de nénuphar

*

Un olio di merluzzo a testa quadrata
s’installa su una sedia Luigi Filippo
a 50 km. da Kyoto accanto al museo Em Pei
per cantare con Boris Vian “Le loup garou”

Tutto bene? chiede François Ozon
a Boris Vian vestito con un completo Chanel
a proposito della metafisica della morte

La ruota d’un pavone
innesta il freno a mano all’incrocio di viale Angelico
per un incontro con il genoma
del Marchese de Sade

Eredia passeggia con l’ombra del Marchese de Sade
per ritrovare la sua virtù
e le canzoni di Boris Vian

La bianca geisha propone a François Ozon
un quarto d’ora e trenta secondi per una dolce morte
mentre balla sulla punta del naso
su una foglia di ninfea.

di Mario M. Gabriele
inedito da Horcrux

Entrammo nel Website
digitando climate change.

Le Baby Bull
portavano leggings di pizzo
e orecchini-fiori
nella prima di Starzplay.

Al Cora Hotel,
Whitney decise di lasciare il fast food
per fare un film psicothriller
dal titolo The Black Moon.

Un gusto grafico portò Marie Watt
a creare magliette tessili
per i Natives di Toronto,
attivando posts
con Write Like Sherman,
Dream Like Billy,
Challenge Like John.

Le voci di wonder women
arrivavano oltre la pandemia
come anime allo sbaraglio.

Edgar Heap manda greetings
con twitter:
“Vivi per questo,
ama quanto hai fatto,
vedi il mondo in grande,
viaggia in un viaggio
e ciò che è”.

Alla fine dell’anno
tornano Kandinsky,
con la Geometria a colori,
e il Bacio di Klimt

Gutierrez ha messo la firma alla Fiber Art
per attivare Decolonize Feminism
con musica e film making
tra i ragazzi di TOMBOYS DONT CRY
nella folla di minoranze etniche
sempre alla ricerca di I Like You Now
e What you Say.

La showrunner Tatiana Polanski
ha formato un collettivo
per una Class-Action
contro la Fine o Death.

C’è chi fa scritture di frontiera.
Tarkovskij pensa a una nuova kitchen:
“La terra da sola ingoia sé stessa,
e caccia la testa nel cielo”.

Si direbbe lo stesso pensiero
del crossover Herman,
prima di passare a Taiwan
e dire a Kioto:
“Come sei bella questa sera”
mentre brucia la città”-.

da Entrammo nel Website
digitando climate change.

Le Baby Bull
portavano leggings di pizzo
e orecchini-fiori
nella prima di Starzplay.

Al Cora Hotel,
Whitney decise di lasciare il fast food
per fare un film psicothriller
dal titolo The Black Moon.

Un gusto grafico portò Marie Watt
a creare magliette tessili
per i Natives di Toronto,
attivando posts
con Write Like Sherman,
Dream Like Billy,
Challenge Like John.

Le voci di wonder women
arrivavano oltre la pandemia
come anime allo sbaraglio.

Edgar Heap manda greetings
con twitter:
“Vivi per questo,
ama quanto hai fatto,
vedi il mondo in grande,
viaggia in un viaggio
e ciò che è”.

Alla fine dell’anno
tornano Kandinsky,
con la Geometria a colori,
e il Bacio di Klimt

Gutierrez ha messo la firma alla Fiber Art
per attivare Decolonize Feminism
con musica e film making
tra i ragazzi di TOMBOYS DONT CRY
nella folla di minoranze etniche
sempre alla ricerca di I Like You Now
e What you Say.

La showrunner Tatiana Polanski
ha formato un collettivo
per una Class-Action
contro la Fine o Death.

C’è chi fa scritture di frontiera.
Tarkovskij pensa a una nuova kitchen:
“La terra da sola ingoia sé stessa,
e caccia la testa nel cielo”.

Si direbbe lo stesso pensiero
del crossover Herman,
prima di passare a Taiwan
e dire a Kioto:
“Come sei bella questa sera”
mentre brucia la città”-.

Giorgio Linguaglossa

Siamo passati nel giro di pochi anni dal telefono fisso, quello di casa allo smartphone digitale che tutti abbiamo. È stata una rivoluzione come nessun’altra nella storia dell’homo sapiens, e non ce ne siamo neanche accorti, così si continua a fare quadri figurativi e pubblicare poesia delle ambasce dell’io, si continua a fare romanzi thriller di una banalità da banausici e story telling in quantità.
Leggere queste composizioni di Mario Gabriele, Marie Laure Colasson e Guido Galdini ci fa capire la distanza che abbiamo percorso senza che neanche ci muovessimo, ormai l’italiano è diventata una lingua secondaria e sussidiaria, l’inglese è passato da una penetrazione osmotica e lessicale ad una vera e propria colonizzazione dell’italiano, ad una lingua intessuta con la stoffa e l’ago degli anglicismi di Sua Maestà britannica; ma, nel cataclisma non c’è nulla di cataclismatico, come nella catastrofe non c’è nulla di catastrofico, è tutto normal, è tutto classic. Anche il linguaggio di Mario Gabriele può essere considerato un classico, questo è il linguaggio che parlerebbe oggi il Principe di Salina de Il Gattopardo, un linguaggio fitto di twitter e di frasari sms e di facebook. È che oggi anche il papa s’è dovuto inchinare ai tempi e parlare un linguaggio terrestre abbandonando qualsiasi posa ieratica e chiericumale.
I linguaggi corrispondono all’antropogenesi linguistica dell’uomo, la quale non presuppone alcun fondamento ulteriore, è mera esistenza dell’ente umano gettato nella mancanza di fondamento è quindi una esistenza anarchica quella dell’uomo. Nella poesia di Guido Galdini e di Marie Laure Colasson, non c’è nessun stracciamento di vesti, nessuna esulcerazione del cuore, la poesia non segue la via del cuore né quella del denotatum, la poesia diventa re-make e mash up di frasari attinti e dimenticati, traccia all’indietro, archeologia di tracce disperse e riesumate dall’oblio. Se manca il fondamento del linguaggio, viene meno anche la validità e la veridicità della corrispondenza tra suono e senso, tra soggettività e mondo, e la poesia prende in affitto la propria dimora invernale dove non operano più le correspondances baudeleriane e la coscrizione dell’appello al significato. La poesia si sente libera, libera di andare dove vuole e di essere ciò che non si vuole, e diventa il luogo dove si può fare esperienza della mancanza di fondamento della parola.

Il luogo in cui l’esperienza della parola priva di fondamento può essere accolta è per Giorgio Agamben, l’enjambement. Nel 1985 esce per Feltrinelli la raccolta di saggi di Agamben: Idea di prosa; nel secondo saggio si afferma che l’enjambement «esibisce una non-coincidenza e una sconnessione fra elemento metrico e elemento sintattico, fra ritmo sonoro e senso». Il 10 novembre 1995 Giorgio Agamben tiene presso l’Università di Ginevra una lectio dal titolo, La fine del poema, in cui si afferma che la poesia vive nella tensione e nello scarto «fra il suono e il senso, fra la serie semiotica e quella semantica». Questa caratteristica essenziale della poesia si manifesterebbe nell’enjambement. La disgiunzione essenziale di suono e senso, nel poema, ha come conseguenza che debba assumere una «importanza decisiva» la fine del verso che Agamben chiama «versura». Scrive il filosofo romano: «versura, dal termine latino che indica il punto in cui l’aratro si volge al termine del solco, questo tratto essenziale del verso, che, forse proprio perché troppo evidente, è rimasto innominato tra i moderni».

La distanza fra suono e senso emerge nella poesia kitchen dall’accostamento di parole ultonee e abnormi, di parole di lingua diverse;  ciò crea un interregno conflittuale tra suoni e senso, un interregno all’interno del campo semantico, un campo linguistico intermedio all’interno del più vasto campo semantico del linguaggio, con effetti di spaesamento e di sorpresa.

13 commenti

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13 risposte a “Poetry kitchen – Kitsch poetry e Instant poetry, varianti della Poetry kitchen, Il ri-uso, il re-make, il rifacimento delle fraseologie del linguaggio di relazione, Un linguaggio finalmente libero dalla costrizione del denotatum, Poesie di Guido Galdini, Mario M. Gabriele, Marie Laure Colasson, oli su carta di Alexej Jawlensky,

  1. Mimmo Pugliese

    PELLE

    La pelle di tutti i pensieri possibili
    è schiuma di crepacci indicibili
    nelle strette curve degli alveari.

    Sulla prua della tua mano
    rivoli di muschio naturalizzato
    spacciano ventagli e sonagli.

    Nella bisca al quarto piano della casbah
    i sogni delle emoglobine
    si affacciano su atolli inviolati.

    Ha i capelli gialli la bambola,
    ultimo numero della tombola
    che rema sulla piega dei pantaloni.

    Il termidoro delle verbene
    è felicità antioraria
    supina sul capitello corinzio.

    Un locomotore disattento guarda a nord,
    all’anemoscopio di selenio
    che gli posticipa il matrimonio..

  2. … devo ammettere che durante il periodo di transizione della mia poesia che va diciamo dal 2014 al 2019, cioè da una poesia del «senso» e del «significato» e della visione tragica alla poesia Kitchen o Kitsch del «fuori-senso» e del «fuori-significato», la mia poesia ha subito una accelerazione forsennata ed imprevedibile, che non avrei mai immaginato cinque anni fa quando ho pensato a questa trasformazione. Devo ringraziare per questo tutti i partecipanti ai lavori dell’Ombra se ciò è avvenuto.

    Ho sempre tenuto presente questa massima:
    Il poeta che si ferma, che si arresta una volta conquistato il suo piccolo linguaggio poetico, è un poeta finito.

    BangBangBang

    Una crossdresser nuda con la gabbia per il pene oscilla sull’altalena
    manda dei kiss kiss e dei cuoricini al gentile pubblico

    il commissario con la mascherina interroga Andy Warhol
    il pappagallo gialloverde sventola il tricolore alla finestra

    il Signor Google ripete ossessivamente:
    «Preferiti, Commenti, Scarica, Condividi, Chi siamo!»

    il trans Aurelio augura a tutti: «Merry Christmas!»
    la femboy Barbie si dichiara credente, fa sesso con Zozzilla
    davanti alla webcam

    lady Malipierno porta al guinzaglio la tgirl Andrea con manette dorate fetish
    poi chiede al cagnolino di abbaiare

    la Karin Sultan RS Classic arriva in GTA Online
    dal Gran turismo escono le gambe della tgirl Korra delle Amazzoni

    l’ex cabarettista Pippo Franco si candida con Fratelli d’Italia a sindaco di Roma:
    «Potrei fare l’assessore alla Cultura» (notizia de “Il Messaggero”)

    fanno ingresso in scena il Signor K. e il filosofo Cogito
    si accomodano in poltrona e guardano un film porno

    «I comunisti sono scomparsi», dice il commissario
    la tgirl Korra Del Rio prende il caffè before bondage banging

    BangBangBang – Tex Willer spara ad un gruppo di talebani
    le gemelle Kessler agitano le gambe sul palcoscenico

    «La notte è piccola per noi», fischietta Cogito il noto ritornello
    da avanspettacolo degli anni sessanta

    • mariomgabriele

      Hai scritto, Giorgio, un vero mix linguistico che disturba gli algoritmi di vecchi sostenitori della Tradizione, per i quali il sistema virtuale è improponibile con i modelli poetici approvati dalla Crusca, contro il virus di un morbus anglicus, ormai contagioso e alternativo alla monotonicità linguistica ancora in campo.

  3. milaure colasson

    E’ tutto normal. E’ tutto assurdo, la poetry kitchen utilizza il normal e l’assurdo in quanto non c’è alcuna differenza nel mondo di oggi.
    Complimenti a Mimmo Pugliese, Guido Galdini e Mario Gabriele.

  4. francesca cannavò

    E finalmente silenzioso
    il trascorrere dei giorni mi apri la mente,
    e allora ammirai
    il dono dell’inesistenza
    che mi fu offerto nascendo
    cambiare le parole
    cambia l’ordine
    Eppur ci spetta un pezzo di mondo
    Per espiare il talento

  5. caro Mario,

    un tempo si pensava che porre la questione del linguaggio fosse una cosa che riguardasse l’attivismo dell’autore, il linguaggio era un corpo, erano dei «materiali» dove si poteva entrare a piacimento con gli strumenti chirurgici offerti gratis dalla nuova scolastica che era data dallo sperimentalismo, intendo qui con questo termine anche tantissima parte di ciò che veniva volgarizzato dalla estrema destra letteraria: l’orfismo con le sue adiacenze, riflesso speculare della scolastica del pensiero positivizzato. Quando invece il linguaggio è una pre-condizione che non postula nulla di in-condizionato. Un paradosso nel paradosso. Il linguaggio è una pre-condizione che postula il nulla prima di esso.

    La nostra Poetry kitchen o Kitsch poetry accetta questa impostazione esistenziale e categoriale, direi ontologica. Pensare di fare scrittura poetica sulla pre-condizione di un linguaggio assunto e adottato a scatola chiusa, pecca di pensiero positivizzato e acritico, in tale pratica è sottesa l’idea della poesia come atto di «verità» che il linguaggio ha solo il compito di scoprire, dis-velare. La disaccortezza epistemologica della poesia del senso e del sensorio cade nel suadente e nel suasorio dell’io ipotenusa, cade in un nulla di fatto, mi spiace dirlo a chi continua a pensare con un pensiero positivizzato che si risolve in un risultato; così si fa poesia da risultato pronto e sicuro, così si finisce in una filosofia da elettrodomestico, così si cede alla prospettiva salvifica di un approdo, che altro non è che il corridoio pavimentato e contro soffittato dall’io e dalle sue adiacenze e del divino con le sue adiacenze.

    La poesia kitchen o kitsch è precipuamente un prendere cognizione della perdita di senso dell’uomo nel mondo attuale, tensione verso un fuori-significato che si dà in modo intermittente, instabile e che solo il linguaggio poetico è in grado di registrare, come in un sismogramma di un terremoto del nono grado della scala Mercalli. Occorre al più presto prendere cognizione che la significazione è sempre in procinto di periclitare nel fuori-significato e nel fuori-senso. Per esempio, la tua poesia non mette in atto alcun tentativo di afferrare il mondo, realtà recalcitrante che sempre sfugge, il mondo è già lì, nel tuo lessico ibridato inventariato in lessicogrammi che si gettano come fumogeni nella piazza dei manifestanti che manifesta per l’ordine del senso e del sensorio e per l’ordine del discorso suasorio che ne deriva. È questa la ragione del profondo sommovimento alla nitroglicerina che la tua poesia kitchen sommuove negli animi nobili che credono nella purificazione della lingua della tribù. La poesia kitchen è invece accompagnata dalla consapevolezza della profonda accidentalità dell’homo sapiens tanto più deiettato nell’epoca cibernetica, del cyborg e dei no-vax.
    La pseudo poesia di chi adotta il richiamo al quotidiano è il frutto di un eco-equivoco: il quotidiano è sempre lo stesso di cento milioni di anni fa, nonostante la corruzione consumistica della attuale fase di civiltà.

  6. mariomgabriele

    Dalla faretra critica di Linguaglossa, è uscita una lancia che ha centralizzato la persistente continuità di formule poetiche desuete e da vecchio magazzino, al contrario dell’Ipertesto che produce elementi dissociativi, di progressiva virtualizzazione. Non a caso P. Lévy su questo tema, ne allarga il senso con l’ipermediale e il multimediale interattivo. Se leggere significa selezionare, schematizzare, costruire una rete di rimandi interni al testo, associare ad altre informazioni, integrare le parole e le immagini in perenne ricostruzione, allora si può affermare che i dispositivi ipertestuali costituiscono una sorta di oggettivazione, di esteriorizzazione, di virtualizzazione dei processi di lettura”. Su codeste coordinate il procedimento linguistico, che attualmente stiamo operando, è uno status operativo che va nella potenzializzazione del linguaggio e della forma. .

  7. Con questa poesia, e alcune precedenti, a me sembra giunto a destinazione il linguaggio di Linguaglossa al suo proprio; tenuto conto che Giorgio conosce il mestiere di scrivere, quindi gli steccati che separano (ahimè) il tecnico dal poetico.
    Variazioni del fuori senso, e del fuori senso comune, in questa pagina davvero interessanti, ed emozionanti.

  8. Il principio di indeterminazione di Heisenberg afferma che determinate proprietà di una particella, come la sua posizione e il suo momento, non possono essere conosciute contemporaneamente con alta precisione. Ma questa limitazione è stata superata dalla scienza moderna utilizzando l’entanglement mediante il quale possiamo afferrare concettualmente cose che altrimenti non sarebbe possibile.

    L’entanglement tra i movimenti degli ioni e i loro spin diffonde il rumore quantistico. Questo è stato possibile, leggo su una rivista scientifica, utilizzando il “cristallo di berillio”, un cristallo quantico che si ottiene “intrappolando” 150 particele o ioni di berillio carichi in grado di rilevare campi magnetici incredibilmente deboli.

    Quanto sopra lo riporto perché è il modo di procedere della scienza, mediante delle teorie e concetti innovativi come l’entanglement. Nella mia poesia (ma, noto anche nella poesia di altri poeti kitchen) agisce il metodo dell’entanglement che consente di ravvicinare cose lontanissime che rimangono legate tra di loro, in qualche modo, tramite la testualità e la lettura, due attività strettamente connesse, perché non c’è testualità dove non c’è una possibile lettura.

    Del resto, io non sarei in grado di scrivere gli pseudo limerick di Guido Galdini, lui è un autentico talento in questa procedura, ed è giusto che prosegua la sua ricerca per quella strada; analogo discorso è valido per la poesia di Mimmo Pugliese, il suo linguaggio sembra calibrato proprio per le sue quartine e le sue terzine stralunate e desultorie che, da un lato ricordano la tradizione, dall’altro aprono nuove prospettive ancora sconosciute.

    La poetry kitchen è un servizio di cucina aperta dove vige la regola della inventiva e del talento individuali, chi si ostina a caonsiderare la poesia kitchen come un «gioco» è fuori strada, guarda al nuovo con gli occhiali dell’antico. La poesia kitchen si situa sullo snodo dei nuovi tempi, tra l’Occidente del prima pandemia e l’Occidente del dopo pandemia.

    • “BangBangBang – Tex Willer spara ad un gruppo di talebani
      le gemelle Kessler agitano le gambe sul palcoscenico.”
      (Mi fanno pensare ad un pensiero privo di se stesso. Appunto il verso in atmosfera Kitchen è il presente allo stato puro. Perché dividere, sottendere, denotare, affliggere il pensiero, perché continuare a declamare, dividere, scrutare, se tutto, appunto, sottolineo tutto, è sempre sotto i nostri occhi!
      È proprio vero Giorgio, non abbiamo più nulla da estrapolare, ma da inglobare. La forza del pensiero kitchen è una sorta di modulazione. Ognuno di noi ha una propria lunghezza d’onda che incorpora a suo modo il presente. Toccare il cielo con un dito non è mai stato così semplice.
      Grazie OMBRA.

  9. antonio sagredo

    di Linguaglossa:

    “Ho sempre tenuto presente questa massima:
    Il poeta che si ferma, che si arresta una volta conquistato il suo piccolo linguaggio poetico, è un poeta finito”.
    ——————————————————————————————-
    “Il linguaggio è una pre-condizione che postula il nulla prima di esso.”
    ——————————————————————————————
    La prima asserzione di Linguaglossa è vera e giusta se è giusta e vera l’asserzione contraria. Da augurare che il contrario sia sempre presente con la prorpria necessità e che il bisogno del futuro sia il poeta stesso di modo che possa annullare il tempo e andare avanti.
    ————————————————————————–
    La seconda asserzione è ancora più incisiva e tocca credo il principio stesso della creazione poetica, difatti senza quel nulla non si procede e non esiste il linguaggio, specie quello poetico senza il quale non si può discutere di pre-condizione. Dunque il Linguaglossa come spesso accade oramai da anni centra i fondamenta base, senza le quali essere fuori dal centro non ha alcun valore.- insomma condizione unica per centrare gli obiettivi e di eseere dapprima scentrati.
    grazie
    as

  10. vincenzo petronelli

    Buongiorno e ben ritrovati amici: spero abbiate trascorso delle serene vacanze estive. Siamo indubbiamente giunti ad un crocevia, ad uno snodo fondamentale nell’ambito della nostra ricerca, che mediante la definizione di “Poetry kitchen” e le sue gemmazioni, sta precisando sempre più la sua fisionomia nel percorso della de-oggettivizzazione, dell’innovazione linguistica. Gli scritti che compaiono in quest’articolo, di Mimmo Pugliese, di Mario Gabriele, di Giorgio Linguaglossa, sono un’inoppugnabile dimostrazione della maturità, ma anche dell’autonomia, della peculiarità stilistica ormai raggiunta dalla poesia Noe. La strada è ancora lunga probabilmente, per un’ampia condivisione della nostra visione poetica – per quanto sia certo del fatto che ci sia una discreta platea di scrittori potenzialmente aperti ed interessati ad un rinnovamento della scrittura: il problema è superare il peso della tradizione, dell’abitudine e celle caste – ma si tratta di una strada ormai tracciata e con la quale la poesia italiana dovrà fare inesorabilmente i conti. Sono certo che questi prossimi mesi saranno prodighi di grandi soddisfazioni per la Noe, poiché vedo i segni di una grande vitalità. Buona domenica a tutti.

  11. Pingback: Stefanie Golisch – Alessandria today @ Web Media. Pier Carlo Lava

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