Gino Rago
La gallina Nanin con Edoardo Sanguineti
Qui Radio Londra.
A causa della variante inglese del Covid Uk
il premier Boris Johnson ha decretato un nuovo lockdown.
Dice: «Mi vaccinerò molto presto con AstraZeneca».
Domani si chiude.
Trasmettiamo gli ultimi messaggi.
L’Ufficio Affari Riservati di via Pietro Giordani è in subbuglio.
Alcune poesie dell’antologia Poetry kitchen
sono state trafugate.
Felice a Milano non è felice.
I gabbiani sono tutti nella discarica,
i corvi saltellano tra i cassonetti della immondizia.
La gallina Nanin è Arlecchino,
sulla maschera ha disegnato due baffi neri con un pennarello,
parla con Edoardo Sanguineti:
«La bibita preferita?»
«Calvados»
«E il piatto?»
«Le aringhe crude»
«E il motto?»
«Ideologia e linguaggio, ognuno ha la faccia
e il naso che si merita».
Nanin è di nuovo ubriaca:
“Sul cavallo a dondolo che mi regalò il mio papà
voglio entrare nel Notturno 30×25, 2012,
di Marie Laure Colasson e piazzarmi io al centro del collage.
Così impara,
Madame Colasson ha cambiato profumo
e non lo ha detto a nessuno”.
Guido Galdini
Due pseudo limerick
Alcune domande di Gino Rago a Giorgio Linguaglossa
Domanda: Che cosa intendi per «riterritorializzazione delle tecniche [poetiche] precedenti»?
Risposta: «riterritorializzare» le tecniche precedenti (la rima, il ritmo, il piede, il metro, l’assonanza, la consonanza, il parlato, il dialogato, le voci interne, le voci esterne, il distico, la strofe, il salto, il frammento, la peritropè, la metafora, l’allegoria, la metonimia, la metalepsi etc.) vuol dire averle incorporate in un nuovo modello, in una «nuova poiesis» (che può avere al centro il polittico), qualcosa di radicalmente distinto e diverso dal modello della poesia lirica, post-lirica ed elegiaca della tradizione, tanto per utilizzare le categorie continiane.
Domanda: Tu hai scritto in modo un po’ sibillino che «L’evoluzione della poiesis va in parallelo con l’evoluzione tecnologica». Esattamente:
«Ogni tecnica è il prodotto di una riterritorializzazione delle tecniche precedenti. Con il che intendo dire che fare e leggere una poesia kitchen significa aver operato una riterritorializzazione delle tecniche precedenti, aver cioè imparato a far interagire in modo inatteso e inconsueto le tecniche precedenti in funzione di un nuovo modello di poiesis. L’evoluzione della poiesis va in parallelo con l’evoluzione tecnologica. Significa aver imparato il punto in cui una tecnica non può essere ulteriormente sviluppata senza l’ausilio di una riterritorializzazione della medesima tecnica.
Fu Marx il primo a suggerire che ogni macchina è sempre la riterritorializzazione di precedenti relazioni di potere. Tanto quanto la divisione del lavoro è plasmata dai conflitti sociali e dalla resistenza dei lavoratori, allo stesso modo procede l’evoluzione tecnologica. Le parti del “meccanismo” sociale “aggiustano” se stesse alla composizione tecnica loro contemporanea a seconda del grado di resistenza e conflitto. Le macchine sono forgiate dalle forze sociali ed evolvono in accordo con esse. Pure le macchine informatiche sono la cristallizzazione di tensioni sociali. Se accettiamo questa intuizione politica, che significa guardare alle relazioni sociali e ai conflitti sostituiti dalle macchine informati-che, abbiamo finalmente una metodologia per chiarire le generiche definizioni di “società dell’informazione”, “società della conoscenza”,“società della rete”, etc. Le macchine industriali non erano la sostituzione pura e semplice dei cavalli vapore degli operai, ma corrispondevano ad un intero insieme di relazioni sviluppate nel periodo manifatturiero; così le macchine informatiche vengono a rimpiazzare un insieme di relazioni cognitive già al lavoro ad esempio all’interno della fabbrica industriale del post-fordismo.»
Risposta: il dispositivo che abbiamo messo a punto in questi anni insieme a tutti gli amici dell’Ombra ha dato luogo ad un genere di poiesis completamente nuovo: la poetry kitchen, quale ultimo stadio della ricerca verso una nuova ontologia estetica.
Domanda: Vuoi dire che senza la ricerca di una nuova ontologia estetica o fenomenologia del poetico non si dà una «nuova poesia»?
Risposta: Si può scegliere di restare all’interno del perimetro della poesia della tradizione recente incentrata sulla Maestà dell’Io, ma si farà una poesia tradizionale, che non risponde e corrisponde alle esigenze dei tempi. I tempi chiedono altro.
Domanda: Un poeta deve guardare al passato o al futuro?
Risposta: Penso che un poeta debba non soltanto guardare al futuro ma debba inventarsi il futuro. Penso che debba «reinventare il reale», come diceva Baudrillard, ma per far ciò deve reinventare un linguaggio e un nuovo modo di abitare il linguaggio.
Domanda: Ennio Flaiano diceva: «Faccio progetti soltanto per il passato».
Risposta: Io faccio progetti soltanto per il futuro.
Domanda: il salto e la peritropè, il polittico, il capovolgimento sono caratteristiche essenziali della poetry kitchen?
Risposta: Sì, e ci aggiungerei la «palallasse», cioè il cambiamento del punto di vista e della linea di visione di un soggetto che si sposta lungo lo spazio e il tempo, che permette la raffigurazione di un oggetto mutante, che muta in rapporto con lo spazio e con il tempo, oltreché in rapporto con il soggetto. Ritengo l’impiego della «palallasse» fondamentale per la «nuova poesia», unitamente all’impiego del «polittico».
Domanda: Insomma, tu dici che si deve inventare un linguaggio che non c’è?
Risposta: Esatto.
Domanda: Un compito non del tutto semplice.
Risposta: Per prima cosa bisogna liberarsi della parola «poesia», troppo inquinata da parolismi e parolieri che l’hanno adulterata, per pensare e per parlare in termini di «polittico». È dal «polittico» che nasce la nuova impostazione della poesia. Finché non si pensa in «polittico» si ritornerà a fare poesia post-elegiaca nel migliore dei casi.
Domanda: La tua poesia, Stanza n. 57 è stata pensata in termini di «polittico» e di «composizione»?
Risposta: A mio avviso, finché non si pensa in termini di «polittico» e di «composizione», e quindi di «peritropè», cioè di capovolgimento e di metalepsi non si può parlare di «nuova poesia».
Domanda: È possibile, quindi, a tuo avviso, abitare un linguaggio inventato?
Risposta: A mio avviso, non solo è possibile ma è il solo modo per fare poesia.
Domanda: La tua raccolta poetica ancora inedita su carta, Stanza n. 23, è scritta con un linguaggio inventato?
Risposta: Di sana pianta. Infatti, ho pubblicato sull’Ombra la Stanza n. 57, uno dei «polittici» che adotta un linguaggio volgare. Satura (1971) di Montale fa da spartiacque, dopo quella raccolta si entra nella stagione del maggioritario, nasce la poesia del consenso maggioritario. La poesia che seguirà risponderà alla esigenza di apparire ed essere maggioritaria, una poesia governativa buona per tutte le stagioni partitiche. Con una dizione che è stata in voga negli anni novanta, appare una poesia adatta al «modello del mini canone». Nasce allora il partito poetico a vocazione maggioritaria.
(Roma, 22 gennaio 2021)
c’era un poeta il primo giorno di primavera
che non sapeva come fare a tirare sera
né che verdure mettere a cena nella minestra
così ha deciso di inventare una bella festa
per festeggiare tutto il mondo delle poesie
quelle dei critici, dei passacarte e delle zie
dei palombari e dei venditori di mercanzie
ma nessuno ha capito se ci faceva o se c’era
quel poeta intraprendente di primavera.
seconda versione lievemente più cattiva
c’era un poeta il primo giorno di primavera
che non sapeva come fare a tirare sera
né cosa mettere a cena nella minestra
se un cavolfiore o qualche verso della Ginestra
così ha deciso di inventare una bella festa
per festeggiare tutto il mondo delle poesie
quelle dei critici, dei passacarte, delle zie
dei palombari e dei venditori di mercanzie
cosa c’è di più bello di un’occasione
per aumentare di qualche battito il proprio cuore
ma nessuno ha capito se ci faceva o se c’era
quel poeta intraprendente di primavera.