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Con tag Alfonso Cataldi, Dopo il Moderno, Francesco Paolo Intini, gianni vattimo, giorgio linguaglossa, Linguaggio poetico, Lukacs, ologramma, Tiziana Antonilli, verità
Il Mangiaparole n°2
in cover Anna Ventura
la tecnica pone fine alla metafisica dell’occidente assegnandole un compito diverso in concomitanza con la dissoluzione della struttura denotativa che ha caratterizzato le lingue umane
in cover Maria Rosaria Madonna
Jacopo Ricciardi
Guido Galdini
sobre poesía y otras alimañas - sulla poesia e altri parassiti - sobre a poesia e outros parasitas
La poesia non ha rimandi . La consapevolezza d'essere poeta è la stessa spontanea parola che Erode. Stermino io stesso il verso.
L'uomo abita l'ombra delle parole, la giostra dell'ombra delle parole. Un "animale metafisico" lo ha definito Albert Caraco: un ente che dà luce al mondo attraverso le parole. Tra la parola e la luce cade l'ombra che le permette di splendere. Il Logos, infatti, è la struttura fondamentale, la lente di ingrandimento con la quale l'uomo legge l'universo.
L'uomo abita l'ombra delle parole, la giostra dell'ombra delle parole. Un "animale metafisico" lo ha definito Albert Caraco: un ente che dà luce al mondo attraverso le parole. Tra la parola e la luce cade l'ombra che le permette di splendere. Il Logos, infatti, è la struttura fondamentale, la lente di ingrandimento con la quale l'uomo legge l'universo.
La presenza di Èrato vuole essere la palestra della poesia e della critica della poesia operata sul campo, un libero e democratico agone delle idee, il luogo del confronto dei gusti e delle posizioni senza alcuna preclusione verso nessuna petizione di poetica e di poesia.
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[Recentemente Nicola Zingaretti, segretario del PD, è stato definito un ‘ologramma’, sottointendendo la sua direzione politica friabile, inconsistente e diafana come un ologramma; il termine è così entrato nel lessico del dibattito politico ed è diventato una parola importante del contemporaneo, che ci definisce: l’essere noi stessi candidati a divenire ‘ologrammi’, dotati di diafanità e invisibilità. Ma è la stessa collocazione del politico nel contemporaneo ad essere ologrammatica, infatti la sua vera costituzione ontologica, ed anche la collocazione della poiesis trova luogo nell’ologramma. Perché sono i rapporti di forza tra le forze produttive e le retoriche a stabilire l’ordine di invisibilità degli ologrammi.]
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Giorgio Linguaglossa
Sulla collocazione poetica della verità
Scrive Gianni Vattimo:
«Si può dire probabilmente che l’esperienza post-moderna (e cioè, heideggerianamente, post-metafisica) della verità è un’esperienza estetica e retorica (…) riconoscere nell’esperienza estetica il modello dell’esperienza della verità significa anche accettare che questa ha a che fare con qualcosa di più che il puro e semplice senso comune, con dei “grumi” di senso più intensi dai quali soltanto può partire un discorso che non si limiti a duplicare l’esistente ma ritenga anche di poterlo criticare». 1]
Il poetico è un luogo abitabile?
La collocazione estetica della «verità» («la messa in opera della verità» di Heidegger) è una ubicazione privilegiata, un luogo abitabile? Se intendiamo in senso post-moderno, e quindi post-metafisico, la definizione heideggeriana di nichilismo come «riduzione dell’essere al valore di scambio», comprendiamo appieno il tragitto intellettuale percorso da una parte considerevole della cultura critica: dalla «compiuta peccaminosità» del mondo delle merci del primo Lukacs alla odierna de-realizzazione delle merci che scorrono, come una fantasmagoria, dentro un gigantesco emporium, al «valore di scambio» come luogo della piena realizzazione dell’essere sociale.
Il percorso della «via inautentica» per accedere al discorso poetico nei termini di cultura critica è qui una strada obbligata, lastricata dal corso della Storia. L’ubicazione poetica della verità è un luogo inabitabile. Della «totalità infranta» restano una miriade di frammenti che migrano ed emigrano verso l’esterno, la periferia ed approdano sulla pagina bianca. Il discorso poetico, come esperienza estetica significativa dell’iper-moderno, è diventato un luogo inabitabile. Occorre prenderne atto. La poesia moderna parte da qui, dalla presa di coscienza della rottamazione delle grandi narrazioni e dalla consapevolezza che il suo luogo-non-luogo è diventato poeticamente inabitabile.
Dalla storia alla storialità
Nell’odierno orizzonte culturale non c’è più una «filosofia della storia», mutata in «storialità», così come non c’è più una «filosofia dell’arte». Con il tramonto del marxismo sono venute meno quelle esigenze del pensiero che pensa qualcosa d’altro fuori di se stesso. Quello che resta è un discorso sulla dissoluzione dell’Origine, del Fondamento, dissoluzione della Storia (ridotta a nient’altro che a storialità, una narrazione tra altre narrazioni), dissoluzione della narrazione, dissoluzione della Ragione narrante, dissoluzione della poiesis narrazionale. È perfino ovvio che in questo quadro problematico anche il discorso poetico venga attinto dalla dissoluzione della propria sua legislazione interna. Il concetto di «contemporaneità» (come il concetto di «nuovo»), è qualcosa che sfugge da tutte le parti, non riesci ad acciuffarlo che già è passato; legato all’attimo è già sfumato non appena lo nominiamo. Questa situazione della condizione del Dopo il moderno è la situazione che ci è stata consegnata e dalla quale ripartire. Ricominciare a pensare in termini di discorso poetico significa porre stabilmente il discorso poetico entro le coordinate della sua collocazione nel Dopo il moderno.
Cosa significa avere un linguaggio?
Una nuova politica e una nuova poiesis sono concetti connessi (preso atto della crisi della poiesis e della politica del passato), e sono possibili solo attraverso una nuova ontologia. Nello stesso ambito dobbiamo anche inserire le analisi della produzione artistica, della letteratura, dell’etica e del linguaggio. La questione resta sempre quella che Aristotele chiamava prote philosophia, «filosofia prima». Un’importanza centrale assume in questo senso l’analisi del linguaggio, giacché l’uomo è, come vuole la celebre definizione aristotelica, «l’animale che ha il linguaggio», però questa definizione non può essere presa e accettata acriticamente, ma dev’essere problematizzata nei suoi risvolti metafisici. Dalla risposta che la civiltà occidentale ogni volta darà alla domanda Cosa significa avere un linguaggio? non dipende solo lo status della linguistica e delle scienze ingenerale, o dell’arte e della letteratura, ma quello della definizione stessa di “umano”, e quindi della vita, dell’etica e della politica. Inscindibile da queste questioni è quella del tempo e della storia. Ed è la questione centrale per una nuova poiesis. Vivere e agire, e cioè l’etica e la politica, avvengono solo nel tempo e a partire dal tempo. Critica dell’ontologia significa innanzi tutto una critica dell’idea di tempo e di storia che da questa ontologia deriva e che a essa dà forma. La proposta di una nuova ontologia nella quale la rivista è impegnata fin dai suoi esordi significa allora la proposta di una nuova idea di tempo e di storia, di una nuova esperienza del vivere e dell’agire nel tempo della storia.
Das Ding e il linguaggio
Lo statuto ambiguo della Cosa non è ascrivibile al piano della rappresentazione, nonostante il funzionamento più proprio del principio di piacere implichi l’investimento delle rappresentazioni ad essa inerenti. Questa non può quindi essere rappresentata, ma esibisce un carattere di extimité, cioè si costituisce come ciò che è, per un verso, intimo al soggetto, nel senso che lo determina nel suo modo peculiare di orientarsi, ne indica le linee direttive per la sua vita che sarà,insomma, gli è prossimo; per un altro, invece, risulta come estraneo (Entfremdet),escluso, oltre che potenzialmente ostile.
Lacan, definendo das Ding come una Realtà muta e fuori significato (ivi, p.64), sembra porla in connessione, sebbene indiretta, con il linguaggio. Ed è questo il punto: costruire una poiesis che abiti stabilmente il fuori-significato.
Il giudizio estetico
Il giudizio estetico disinteressato è una chimera. Il giudizio estetico teorizzato da Kant e che sta alla base della nostra nozione di estetica è una sorta di «teologia negativa», che determina la bellezza mediante il segno del negativo: piacere senza interesse, universalità senza concetto, finalità senza fine, e normalità senza norma. Ciò che determina l’arte a partire da quello che essa non è, il giudizio estetico fa, paradossalmente, della non-arte il contenuto dell’arte.
La casa dell’arte è in fiamme
«Secondo il principio per cui è solo nella casa in fiamme che diventa visibile per la prima volta il problema architettonico fondamentale, così l’arte, giunta al punto estremo del suo destino, fa diventare visibile il proprio progetto originale» (Giorgio Agamben, L’uomo senza contenuto, 17, 172)
Alfonso Cataldi
Il verdetto, la lingua sciolta, l’identità raccolta in granuli
è in mano a un processo che non conosce ondate.
Si, questo è un uomo con un gatto che arde nelle tasche
e la felicità inconsueta di un canaro infingitore.
“The Lazzaro is outside the tomb”
dice il gatto che ha memoria dell’agguato.
Le fiamme avviluppano promesse e giuramenti.
Una carbonara non pagata
si fredda al cenacolo di Cracco.
La colpa adesso è dei moscerini annuvolati
sull’eternità della finzione.
I piedi gonfi attraccano ai bassifondi della percezione del sé.
Bianco è più del colore del danno, è il colore della nebbia che costringe alla prossimità.
Il gatto in fiamme traccia mille archi di polistirolo che sollevano nasi.
Il nocciolo della questione è sempre il solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
(07/02/2021)
Tiziana Antonilli
Sembra che qualcuno
abbia spolpato qualcun altro
dopo averlo ammanettato
si vedono i polsi azzurri
forse non voleva convertirsi
alla nuova religione
che stanno trasmettendo in streaming.
Chi l’ha persa può andare su Raiplay
chi non la volesse trovare
può mettersi ai fornelli
e postare un video
su come utilizzare gli avanzi.
Francesco paolo Intini
UN BITE E MEZZO
Raggruppare lana sulla lampada.
Raggruppata.
(In fondo si trattava di sostituire una u difettosa)
Morso di pecora al posto del cavallo.
Sostituito.
(Unità di misura non ammessa dal SI)
Alla scomparsa di Guernica cambiò rotta la corrente del golfo.
Anche i Sette Sigilli furono ritoccati da Filini.
Dalla sedia del regista originò un ratto e altri risalirono la rena.
Innestare uno speculum sulla Punto rottamata.
Chi ha parlato male della r?
Forse un pungiglione calmerà la sete di peste?
C’è un ragazzo sul predellino che riempie un secchiello di nostalgia.
Faremo un castello con qualche trucco di cartone
ma alla fine morderemo un pezzo di pane.
Il collo di mollica che nessun demone riesce a baciare.
-Che furfanti riempiono le valigie?
Svuotare anche la stiva della scrivania.
Litanie da bombarolo in un lapsus.
Un tirannosauro incastrato in prossimità del cuore.
Ma nessuno vuol parlarne.
Forse un infarto chiarirà la misura del suo bite
o un’indagine televisiva sulle pillole di dentina.
Alle dieci del mattino interviene una marmitta catalitica.
E in fondo potevamo coltivarli come lumache
Sarebbero cresciute al profumo di mimosa.
Avremmo discusso con un angelo biondo.
Bignè sulle guance e tulipani dopo i canini.
Anteprima e via coi programmi sul cappellino.
Fa così buio sul Tempo
e i lampioni suonano black to black per raggelarsi.
Ha un lampo d’amuchina mentre sposta una parete
Un tocco di meraviglia sistema le piastrelle.
Si tratta di uno scarico da inabissare nella fossa delle Marianne.
I critici non capiscono i tubisti che murano le strofe tra pesci rotti.
L’emporio della metafisica pubblica i suoi depliants.
Sfogliarli all’alba, sul Collins ogni parola che buca una tomba.
Per il momento gli eventi girano attorno ad uno scarico
Finire in strada senza ausili né parcheggio riservato.
Un’ape morta sul lavandino.
Un cardellino con la bocca di un bambino.
Non c’è tregua nel creme caramel.
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