Archivi del giorno: 10 ottobre 2020

Louise Glück, Premio Nobel per la poesia 2020, Poesie varie, Dialogo e valutazioni, La inadeguatezza della giuria svedese del Premio Nobel

Louise-Gluck

Louise Glück

Mario M. Gabriele

Giorgio,

che ne dici del Nobel dato a Louise Glück? Hanno premiato la poesia tradizionale confermando che altre strade non sono percorribili, mentre in Italia noi proponiamo la NOE con la Poetry Kitchen, la Poesia buffet, Pop-Spot, Pop-Bitcoin, e Pop-Jazz? Siamo da considerarci fuori gioco ? o siamo arrivati a frantumarci con i frammenti e a rivedere ogni cosa asfissiati da molti detrattori alcuni dei quali nei loro Blog non fanno che inquinare la nostra poesia?. Se la Nuova ontologia estetica è tutto questo bisogna stare attenti nel proporre testi decerebrali dando più risorse alla nostra poesia.

Giorgio Linguaglossa

caro Mario Gabriele,

che vuoi che ti dica? Il Nobel alla americana Louise Glück era nell’ordine delle cose dopo il passo falso del Nobel conferito a «Bob Dylan (poeta sui generis)», come scrive giustamente Guido Galdini. Inoltre, la giuria del Nobel è composta da persone che hanno una media di 85 anni, e a quell’età non c’è più voglia di rischiare, i gusti si sono consolidati e sedimentati, ogni novità viene vista con grande sfiducia se non con sospetto, e il risultato finale è questa immobilità del gusto complessivo della giuria; questa scontatezza delle sue scelte era ampiamente prevedibile, e pensare che negli Stati Uniti c’è un poeta che per diapason è cento volte superiore alla mite e timida voce di Louise Glück, un certo Charles Simic. Ma si sa che Simic è un poeta scomodo, visto come un protestatario, un intellettuale non propriamente allineato con l’idea di poesia che hanno i membri della giuria del Nobel che è quella un po’ vecchiotta e ammuffita di una ontologia poetica che vede la poesia come lirica un po’ sliricizzata quanto basta, una lirica che ha il suo focus sulle vicende dell’amore tradito e della umanità infingarda e fasulla.

Cosa vuoi che ti dica della poesia di Louise Glück? Mi sembra una poesia un po’ telefonata, certo ben scritta, con giri di frasi professionali ma con alcune cadute, anzi, con frequenti tonfi come quel verso:

Nessuna disperazione è come la mia disperazione…

che fa oggettivamente ridere. Si tratta di una vecchia e antiquata concezione della poesia, che comunque ci può stare, Louise Glück scrive le sue cose migliori negli anni ottanta e novanta, è una poesia che vuole essere esistenzial-quotidiana, una poesia d’amore (mi vengono i brividi…). Certo, in confronto Charles Simic è un gigante, ma si sa che i giganti danno fastidio, sono ingombranti, troppo ingombranti per l’attempata giuria del Nobel. Ma non mi sorprende questa incapacità, questa inadeguatezza, questo non essere all’altezza dei membri della giuria del Nobel ad esprimere dei verdetti sulla poesia contemporanea; il messaggio che si vuole dare con questa assegnazione nobiliare mi sembra molto ovvio ed evidente: la completa ininfluenza della poesia nel mondo contemporaneo, l’inadeguatezza della poesia ufficiale a parlarci dei problemi del nostro mondo; e leggendo le poesie di Louise Glück questo aspetto risulta evidente.

I cittadini del capitalismo globale sono consapevoli del fatto che la visione del mondo che abbiamo è distorta e dunque siamo tutti diventati dei «soggetti cinici». Questa nozione di soggetti come cinici la riprendiamo dal pensiero di Peter Sloterdijk, il quale avanza l’ipotesi secondo cui l’ideologia dominante sia essenzialmente cinica, ciò che rende inoperoso l’orientamento critico ideologico classico. Secondo Sloterdijk il «soggetto cinico» è consapevole e cosciente della distanza che c’è tra la maschera ideologica e la realtà sociale in cui vive, ma ciò non è sufficiente per far sì che non rimanga fedele alla maschera stessa. Allora, la formula marxista classica che definiva l’ideologia (non sanno quello che fanno ma lo fanno), deve essere corretta: «sanno benissimo quello che fanno, e tuttavia continuano a farlo». La differenza in gioco risiede nel fatto che la ragione di cui parliamo non è più ingenua poiché rappresenta il paradosso di una «falsa coscienza illuminata» (dizione di Slavoj Zizek); i soggetti della ragione cinica infatti sono del tutto consapevoli degli interessi particolari che si celano dietro l’universalità ideologica, cioè del fatto che l’ideologia della disperazione senza disperazione alcuna è l’ideologia dominante del nostro mondo post-ideologico e post-globale, l’ideologia che ci consente la falsa contezza della realtà delle cose, e tuttavia di agire in favore di questa falsa contezza; nonostante questo, nessuno di noi è disposto a rinunciare ai privilegi e ai vantaggi che una tale falsa visione delle cose implica. Ecco il punto. Ecco spiegata  l’ideologia dominante della disperazione senza disperazione alcuna che intride la poesia della Glück e le masse mediatizzate post-globali di oggi in pieno capitalismo globale in crisi. È l’ideologia del nostro tempo che si cura a base di aperitivi e di Roipnol. Siamo quindi giunti in un momento storico in cui dovremmo parlare di post-ideologia? Per rispondere  dobbiamo fare un passo indietro e ritornare al concetto di «fantasia ideologica», affinché si possa dimostrare come la ragione cinica, con il suo distacco ironico e istrionico, lasci comunque intatto il livello fondamentale della fantasia ideologica cioè il livello sul quale l’ideologia organizza la realtà sociale. È necessario quindi ritornare alla definizione marxista «non sanno di far ciò, ma lo fanno» per poi chiedersi se il luogo dell’illusione ideologica sia nel fare o nel sapere all’interno della realtà. Il che poi è la stessa cosa in quanto il cittadino del mondo globale agisce nella realtà a dispetto della sua parziale o totale contezza dell’ideologia che lo acceca. Questa ideologia della falsa disperazione è presente in amplissima misura nei romanzi omiletici e nelle poesie omiletiche che si fanno oggi in Occidente.
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Ma tutto ciò non significa che noi non dobbiamo continuare nel nostro lavoro di svecchiamento della poesia delle «società signorili di massa» del mondo occidentale, come sono state brillantemente definite da un economista italiano. La poesia di Louise Glück è il miglior ornamento che la società signorile di massa di oggi si può agghindare sul petto a mo’ di trofeo, è una poesia decorativa e funzionale alle attese del pubblico benestante mediatizzato e atrofizzato e in falsa coscienza che fa pubbliche donazioni ai poveri e agli orfanelli degli orfanotrofi e che vuole essere confortato, corroborato e consolato della propria falsa coscienza e del proprio squallore. Questa poesia corrisponde perfettamente al canone delle buone maniere e del buon apprentissage, come dire, della figura del poeta nell’organizzazione delle strutture della persuasione delle società signorili di massa.

La poetry kitchen è ovviamente un’altra cosa, la nostra poesia non ha nulla a che vedere con questo reliquiario di tematiche liturgiche, non abbiamo altra scelta che proseguire nel nostro lavoro, ben sapendo che troveremo ferree resistenze da parte della poesia istituzionale. Ma questo lo sapevamo già.

Poesie di Louise Glück

Mattutino

Padre irraggiungibile, quando all’inizio fummo
esiliati dal cielo, creasti
una replica, un luogo in un certo senso
diverso dal cielo, essendo
pensato per dare una lezione: altrimenti
uguale… la bellezza da entrambe le parti, bellezza
senza alternativa… Solo che
non sapevamo quale fosse la lezione. Lasciati soli,
ci esaurimmo a vicenda. Seguirono
anni di oscurità; facemmo a turno
a lavorare il giardino, le prime lacrime
ci riempivano gli occhi quando la terra
si appannò di petali, qui
rosso scuro, là color carne…
Non pensavamo mai a te
che stavamo imparando a venerare.
Sapevamo solo che non era natura umana amare
solo ciò che restituisce amore. Continua a leggere

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