Ho impiegato molto più tempo del previsto per la costruzione del video, e perché nelle ultime settimane sono stato poco bene (pressione alta poi bassa bassa…). e perché dal punto di vista tecnico è stato un lavoro abbastanza complicato. Le moltissime lettere dell’alfabeto che svolazzano qua e là e tutti gli altri oggetti, non sono immagini fotografiche ma oggetti tridimensionali. Quando cadono sulla “superficie” del black hole si comportano come veri e propri oggetti fisici. Seguendo la legge gravitazionale scivolano inesorabilmente nel buco. In teoria non si dovrebbe vedere alcunché di quanto avviene nel buco, però facendo finta di stare nei pressi dell’orizzonte degli eventi e avendo una telecamera adeguata…noi abbiamo il privilegio di vedere e ascoltare i coniglietti, forse perché qualcuno, dall’aldilà del buco, ha registrato l’evento. Non lo sapremo mai!
Che Einstein e Hawking, mi perdonino.
(Gianni Godi)
Giorgio Linguaglossa
Esercizio con violino e tamburo
K. sbatte la porta. Resto là, sulla soglia, per qualche minuto.
Impalato. Poi mi scossi e guardai la porta aperta. [1]
Madame Hanska aprì tutte le finestre, «Sa, le finestre sono nere», disse.
E fece entrare le madamigelle con il grembiulino.
«Buonasera Cogito – esordì Hanska – le cose sono cambiate
negli ultimi tempi». Prese una forbice e un posacenere
e li posò sulla siepe di capelvenere e di acanti.
«Sa, c’è una tigre e un pianoforte… Ecco, metto la forbice
sul pianoforte, adesso Vivaldi può suonare.
Woland ha ordinato ai gatti di suonare, il Requiem, quello, sì.
Solo quello. La musica uccide gli uccelli», aggiunse.
«Lo specchio avrà la sua vendetta», disse Baudrillard,
«Non resta che reinventare il reale», aggiunse tra il serio e il faceto.
Era seduta in mezzo alla camera. La tigre sorrideva.
«Per oggi basta con la musica – disse – dovrebbe esercitarsi più spesso.
Impari a suonare piuttosto. La rappresentazione è finita.»
Il commissario fece un buco nel muro
Entrò il commissario. Delle uniformi grigie lo seguivano.
Fecero un buco nel muro, dietro il quadro appeso alla parete.
«Qui è nascosta la refurtiva».
«Sì, da qualche parte ci deve pur essere», mi disse.
«Ne sono certo». Annuii. Guardai il cielo color lavagna,
e mi lavai le mani.
«Chi è Yolande?»
«Si chiama Yolande, ma non so chi sia…
Un tempo è stata la mia amante», risposi.
«Yolande è piccola, porta sempre scarpe con tacchi 12
E cappelli esagerati».
Sopra il cappello c’era un ombrello.
Però, era già notte. Entrai nel bosco.
La pioggia era fitta, mista a neve.
Così, ho preso il bus notturno per arrivare più in fretta.
Erano le tre.
Glossa
[1] Le tesi Sul concetto di storia di Benjamin si concludono con una frase paradigmatica: “ogni secondo […] era [per gli ebrei] la piccola porta attraverso la quale poteva entrare il Messia”. Questo significa che ogni momento di ogni giorno, in questa vita e in questo mondo, è il momento (“cairologico”) della decisione e dell’azione, il presente, e non il futuro, è il tempo della storia
*
La poesia si situa in quell’essere-in-mezzo, quello “Zwischen” di cui ci parla Heidegger. Quel frammezzo che è il vero centro dell’essere, ovvero, del nulla. Se il poeta è il vero fondatore dell’essere, è anche il vero fondatore del nulla, come ci ha insegnato Andrea Emo. La poesia è il suo progetto aperto al futuro, è il futuro aperto al presente. È il presente aperto alla Memoria del passato. È insomma quella entità che sta al mezzo delle tre dimensioni del tempo. Ed è ovvio che in questo frangente, il linguaggio della poesia non può che situarsi nello “Zwischen”, cioè in un non-luogo linguistico, in un non-luogo dell’essere. Continua a leggere