È uscita negli Stati Uniti la prima ed unica «Antologia della poesia italiana contemporanea» curata da Giorgio Linguaglossa e tradotta da Steven Grieco Rathgeb con prefazione di John Taylor, edita da Chelsea Editions di New York, 330 pagine complessive, How the Trojan war Ended I Don’t Remember, titolo che ricalca la omonima Antologia uscita in Italia nel 2017 per Progetto Cultura di Roma, Come è finita la guerra di Troia non ricordo. I poeti sono: Alfredo de Palchi, Chiara Catapano, Mario M. Gabriele, Donatella Giancaspero, Steven Grieco Rathgeb, Letizia Leone, Giorgio Linguaglossa, Renato Minore, Gino Rago, Antonio Sagredo, Giuseppe Talìa, Lucio Mayoor Tosi, Anna Ventura e Antonella Zagaroli.
Intervista di Marie Laure Colasson a Giorgio Linguaglossa
Domanda:
La prima domanda è molto semplice, anzi, ingenua: Perché una Antologia della poesia contemporanea italiana?
Risposta:
Era necessario mostrare un percorso significativo della poesia italiana contemporanea, indicare alcune radici, da dove si viene: dal modernismo europeo, e dove si va: verso un nuovo modernismo. Il mio intento è quello di mostrare come certe linee di forza che hanno attraversato e fermentato l’area della poesia del modernismo europeo agissero, fossero presenti da lungo tempo anche in Italia.
Domanda:
Nei tuoi scritti critici ripeti di frequente che la poesia italiana dal 1971, anno di pubblicazione di Satura di Montale, non ha prodotto poesia di alto livello. E allora, ti ripeto la domanda: Perché una Antologia della poesia italiana contemporanea?
Risposta
Riformulo in altro modo la mia precedente risposta. Perché uno o due poeti di altissimo livello possono trovare terreno fertile per svilupparsi soltanto quando il terreno della koiné linguistica e stilistica è stata messa a punto da un lavoro a monte, quando è stata preparata dal lavoro di almeno due, tre generazioni di poeti, quando sono state messe a punto quelle condizioni filosofiche di poetica, lessicali e stilistiche che soltanto possono consentire la nascita e lo sviluppo di una poesia italiana di alto livello.
Domanda: Qual è il progetto culturale che ti ha guidato?
Risposta: Detto con parole semplicissime, trovare la via verso una nuova ontologia estetica nell’orbita della poesia modernistica che si è sviluppata dopo la fine del Moderno, dopo la fine della Metafisica. Rispondere in qualche modo alla domanda: Quale poesia scrivere dopo la fine della Metafisica?
Domanda: Come si pone la tua Antologia? Voglio dire: immaginiamoci la poesia come un Parlamento, un emiciclo che va dalla destra alla sinistra, la tua Antologia come e dove si colloca? A destra?, a sinistra?, al centro?
Risposta: La poesia di una comunità nazionale trova le condizioni favorevoli per la sua espressione soltanto quando si pone «al centro» del fare estetico, quando la «nuova poesia» si pone strategicamente «al centro». L’opera di «opposizione», come tu la definisci, alla fin fine finisce per impoverire l’opzione della «nuova poesia», perché la relega in una funzione ideologica, strumentale agli altri interessi in competizione.
Domanda: Cosa intendi con «altri interessi in competizione»?
Risposta: Voglio dire che nel secondo e tardo novecento, diciamo, dagli anni sessanta in poi, le petizioni di poetica sono diventate posizioni di poetica, in quanto erano il prodotto di interessi di parte di certe aree di letterati (Roma e Milano); si è trattato di petizioni ed attività auto promozionali, prive di retroterra culturale, filosofico. Si è fatta della agitazione, della propaganda, della comunicazione. I più esperti hanno puntato sulla auto storicizzazione.
Domanda:
È noto che tu sei da tempo il sostenitore di una linea che va dalla poesia modernista europea che fa capo a Tomas Tranströmer di 17 poesie del 1954 alla «nuova poesia» della «nuova ontologia estetica». In questo tragitto, meglio sarebbe chiamarlo ventaglio di possibilità espressive, quale è il percorso che tu hai tracciato con questa antologia?
Risposta:
È in questo nuovo orizzonte culturale che lentamente si fa largo anche in Italia che nasce la «nuova poesia», preannunciata da libri stilisticamente innovatori come Stige (1992) di Maria Rosaria Madonna, ripubblicato con tutte le poesie inedite nel 2018 con Progetto Cultura di Roma, Stige. Tutte le poesie (1990-2002), e Altre foto per album (1996) di Giorgia Stecher la cui opera completa è in corso di stampa per Progetto Cultura.
Loquor ergo non sum, può essere questo il motto da cui partire per il posizionamento della nuova ontologia estetica. Al di sotto e dietro del loquor non c’è nulla, non c’è un «io» se non come costellazione di significanti inconsci. E così cade la stessa opposizione tra il letterale e il figurato che ha retto la poesia tradizionale del novecento. Con la caduta di quell’opposizione è caduto anche un certo «modello» di forma-poesia che implicava un certo modo di considerare i problemi di natura estetica. Con il libro di Tranströmer del 1954 quel «modello» va in disuso, ma da noi lo si è iniziato a capire con quaranta anni di ritardo, quando sono comparse le prime traduzioni in italiano del poeta svedese. La poesia del «nulla» di Tranströmer era in realtà «pieno» di cose, solo che non lo sapevamo e non lo potevamo immaginare.
Così, tra essere ed ente si è aperto un abisso incolmabile. Si è scoperto che l’ente non rimanda all’essere se non da un luogo lontanissimo qual è il linguaggio. È da qui che parte la nuova ontologia estetica di cui il padre nobile lo rinveniamo in Tranströmer.
Nella poesia, diciamo così, tradizionale, il letterale e il figurato funzionavano come categorie proposizionalizzate proprie della differenza problematologica (e ontologica). All’interno di questo quadro concettuale si cercava sempre «altro» rispetto ad un significato-significante e in quell’«altro» si cercava il contenuto di verità; in quello che si era detto si cercava il non-detto, nell’espresso l’inespresso. Si cercava insomma il «senso».
Nella nuova ontologia estetica siamo fuori di questo orizzonte culturale che vede le categorie come proposizionalizzate, nell’ottica della NOE il letterale e il figurato sono sinonimi, sono sovrapponibili, è questa la grande rivoluzione che riesce arduo comprendere da parte dei letterati digiuni di letture e di riflessioni filosofiche.
Domanda:
A tuo parere la poesia italiana del secondo novecento è all’altezza della più alta poesia europea?
Risposta: È dagli anni settanta, dall’anno di pubblicazione di Satura (1971) di Montale che la poesia italiana ha cessato di produrre poesia di alto livello; si è invece prodotta una «discesa culturale» dalla quale la poesia degli anni seguenti non si è più ripresa; le generazioni più giovani si guardavano bene dal mettere in discussione i risultati raggiunti da quella precedente. E così via, a catena. Il risultato è stato che per trenta anni la poesia italiana ha vissuto una situazione di stallo. Ed è evidente che in queste condizioni lo sviluppo di una nuova poesia e di una nuova poetica sia stato oggettivamente reso difficoltoso.
Domanda: Hai scritto di recente questa frase sibillina: «Il discorso poetico come percezione della nullificazione dell’esserci». Vuoi spiegarci meglio cosa intendi?
Risposta: C’è nella nuova ontologia estetica quello che possiamo indicare come una intensa possibilizzazione del molteplice.
Che cosa voglio dire con ciò? Nella nuova poesia ci sono indicate delle cose che possono avvenire, che potrebbero avvenire, o che forse sono avvenute. Mi spiego meglio. Se prendiamo La ragazza Carla di Pagliarani (1960) o anche Laborintus (1956) di Sanguineti, lì vengono trattate (rappresentate) delle cose che realmente esistono, l’impianto ideologico è ancora e sempre quello del realismo; se prendiamo un brano de I quanti del suicidio (1972) di Helle Busacca, lì si tratta di un tema ben preciso: la morte del fratello «aldo» e della conseguente j’accuse del «sistema Italia» che lo ha determinato al suicidio. Anche qui l’impianto ideologico è ancora e sempre quello del realismo, cioè mimetico. Voglio dire che tutta la poesia del novecento italiano, come quella di questi postremi anni post-veritativi, rientra nel modello del «verosimile». Ebbene, questo «modello» nella NOE viene castigato e rottamato, viene messo in sordina, la distinzione tra verosimile e non-verosimile cade inesorabilmente, ed entrano in gioco il possibile e l’inverosimile; si scopre che l’inverosimile è della stessa stoffa del possibile-verosimile.
Questa possibilizzazione del molteplice è la diretta conseguenza di una intensa problematizzazione delle forme estetiche portata avanti dalla «nuova ontologia estetica», prodotto dell’aggravarsi della crisi delle forme estetiche tardo novecentesche che ha creato una fortissima controspinta in direzione di un nuovo modello-poesia non più ancorato e immobilizzato ad un concetto di eternità e stabilità del «modello del verosimile».
Il concetto di «verosimile» della poesia lirica e anti lirica che dir si voglia di questi ultimi decenni poggiava sulla stabilità ed eternità del soggetto che legiferava in chiave elegiaca o antielegiaca, che poi è la stessa cosa…
In Essere e tempo, l’indagine sul nulla (Nichts) apre l’ente alla possibilità che nulla sia, che l’ente sia un nulla; l’incontro con l’esserci apre l’ente alla “apertura” (Erschlossenheit) e alla “chiusura” (Entschlossenheit) del “mondo”, infatti, il mondo è il regno della possibilità – e non dell’istinto e dell’abitudine, come per gli animali i quali esistono nella «chiusura» del mondo animale.
Ma come l’uomo non sceglie il suo essere mortale, e piuttosto è consegnato a tale condizione, così l’uomo esiste «gettato», «immerso» nel nulla.
Infatti, non è un caso che la nuova poesia ontologica sorga nel momento della massima problematizzazione delle questioni estetiche e della intensificazione della problematicità dell’arte proprio nel momento della massima crisi della democrazia neo-liberale, anzi è la risposta della forma-poesia alla crisi del modello maggioritario fondato riflessivamente sulla presunta stabilità dell’io, su un io posto e presupposto in modo fattizio e acritico.
La NOE è sostanzialmente una meditazione poetica sul nulla dell’esserci. Con le parole di Heidegger: il significato dell’espressione «das Nichts nichtet» sta per il Nulla che nullifica, rende nullo l’esserci, lo nullifica. L’incontro (Ereignis) del nulla con l’esserci, produce il nuovo discorso poetico. Siamo qui all’interno di una particolarissima e modernissima sensibilità verso la parola e la parola poetica, quella parola che scocca dall’incontro tra il nulla e l’esserci. All’interno di quella particolarissima percezione del discorso poetico inteso come il discorso della nullificazione dell’esserci.
Domanda:
E adesso l’ultima domanda. A chi si rivolge la tua antologia? Mi spiego meglio, la tua Antologia indica un tracciato, un percorso non convenzionale all’interno della mappa molto confusa della poesia degli ultimi decenni, fissa dei paletti, va da un poeta, diciamo così, fuori corso come Alfredo de Palchi (il primo libro, Sessioni con l’analista, del 1967) passando per poeti anch’essi fuori corso come Anna Ventura (il primo libro risale al 1978, Brillanti di bottiglia) e Mario M. Gabriele (il libro di esordio risale al 1978, Arsura) per giungere nell’anonimato e nella confusione dei poeti più giovani. Il senso del tuo lavoro mi sembra chiaro: individuare percorsi alternativi a quelli storicizzati dagli uffici stampa delle istituzioni stilistiche, come si diceva una volta. Il panorama di questi ultimi decenni appare confuso, la scala dei valori poetici ancora più confusa, in questa situazione qual è il compito di un critico se non quello di individuare sentieri non battuti, percorsi non omologati, nuove mappe del territorio?
E in questo tentativo il tuo lavoro mi sembra sicuramente innovativo.
Risposta:
Una diversa mappa di un territorio indica un altro e diverso territorio. Sono le mappe che costruiscono un territorio. Senza mappe geografiche non ci sarebbe alcun territorio ma un accumulo informe di terre emerse e di terre sommerse. Compito del critico è disegnare una archeologia, una diversa geografia del territorio e una diversa ricostruzione storiografica del territorio. Un territorio senza mappe è qualcosa di in conosciuto, una marmellata, una confettura di ciliegie; il compito di un critico è quello di ricostruire i sentieri interrotti, gli Holzwege, di metterli in comunicazione per mostrarne i legami nascosti, sotterranei.
Domanda:
C’è in laboratorio il progetto di allestire un’altra Antologia della poesia contemporanea?
Risposta:
Mi sembra ovvio che la prossima Antologia sarà ristretta agli autori che si riconoscono nella nuova ontologia estetica.
L’intelligenza e la pertinenza che sostengono la sostanza delle domande della intervistatrice (Marie Laure Colasson) e la dottrina da critico militante inimitabile che supporta le risposte dell’intervistato (Giorgio Linguaglossa)
oggi ci consegnano una pagina di critica letteraria la quale, se da un lato è una sorta di consuntivo di un lavoro poetico che viene da lontano, dall’altro può costituire una solida base di partenza per un Grande Progetto futuro di poesia, una poesia che del polittico in distici farà il suo irrinunciabile nucleo estetico-formale.
Mi riservo, in condizioni a me più favorevoli di scrittura, di tornare su questa
ben riuscita intervista di Marie Laure Colasson a Giorgio Linguaglossa.
Così come esprimo la mia ammirazione per Letizia Leone che anche nel precedente intervento sulle ” ragioni ” di una antologia americana di poesia italiana contemporanea ha mostrato senza strappi e senza macchie il suo fattivo e attivo spirito di servizio a favore dei poeti e della poesia.
(gino rago)
L’ha ripubblicato su RIDONDANZEe ha commentato:
Domanda: Hai scritto di recente questa frase sibillina: «Il discorso poetico come percezione della nullificazione dell’esserci». Vuoi spiegarci meglio cosa intendi?
Strilli Transtromer Prendi la tua tomba
Nell’accezione positiva: siamo polvere del branco. Un abbraccio. Grazie Ombre.
Caro Giorgio, ho letto l’intervista. Ottima! Le tue risposte chiarificatrici su alcuni concetti che a volte possono sembrare poco critici e pieni di termini complessi faranno luce a chi ha continuato ad occuparsi sempre e soltanto dei soliti noti. La poesia per Alfredo sarà pronta entro metà ottobre. Ora sto occupandomi della Festa fra Culture come avrai letto su Facebook della associazione Laubea. A presto
Antonella Zagaroli
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Gino Rago
Il piastrellista-poeta
(per Alfredo de Palchi)
Oggi è morto anche il suo cane.
Prima se ne andarono il figlio e la moglie.
La casa. Un museo di cianfrusaglie,
Di rimanenze di ciò che è stato.
Il piastrellista-di-Uppsala va in pensione
Ai margini dell’esistenza.
Il Signor A. d. P.* si è ritirato
Ai margini della esistenza,
Dichiarata inappartenenza
Alla società, al mondo, alla vita.
«Uomo della possibilità»
Costretto a vivere in un mondo di congiuntivi,
Dove ogni affermazione è preceduta da un “forse”
Seguita da un punto interrogativo,
A. d. P.-piastrellista-poeta-a-Uppsala-e-a-Verona
Mette il vento nelle vele
Per un viaggio a ritroso
Alla ricerca di come giungere a sé stesso.
In quali luoghi è andato smarrito
Ciò che dava realtà e senso alla sua vita?
Il Signor A. d. P. accetta soltanto lavori in nero,
Nella casa dell’amico da restaurare
Entrano personaggi veri o sognati.
Il piastrellista di Uppsala-Verona li conosce tutti.
«Storia di un uomo della possibilità….»
Storia di un poeta. Di una vita nell’inappartenza,
Nella rivolta degli oggetti.
*A. d. P. è Alfredo de Palchi
(gino rago)
Versi per Alfredo de Palchi, pensando a Lars Gustaffson
Gino Rago
Il piastrellista-poeta
(per Alfredo de Palchi)
“Oggi è morto anche il suo cane.
Prima se ne andarono il figlio e la moglie.
La casa, museo di cianfrusaglie,
Di rimanenze di ciò che è stato.
Il piastrellista-di-Uppsala va in pensione
Ai margini dell’esistenza.
Il Signor A. d. P.* si è ritirato
Ai confini del vivere,
Dichiarata inappartenenza
Alla società, al mondo, alla vita.
«Uomo della possibilità»
Costretto in un mondo di congiuntivi,
Dove ogni affermazione è preceduta da un “forse”
Seguita da un punto interrogativo,
A. d. P.-piastrellista-poeta
Mette il vento nelle vele
Per un viaggio a ritroso
Alla ricerca di come giungere a sé stesso.
In quali luoghi è andato smarrito
Ciò che dava realtà e senso alla sua vita?
Il Signor A. d. P. accetta soltanto lavori in nero,
Nella casa dell’amico da restaurare
Entrano personaggi veri o sognati.
Il piastrellista di Uppsala-Verona li conosce tutti.
«Storia di un uomo della possibilità….»
Storia di un poeta. Di una vita nella estraneazione
Nella rivolta degli oggetti.
*A. d. P. è Alfredo de Palchi
(gino rago)
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Nel linguaggio commerciale, la validità di un prodotto è innanzi tutto affidata alle qualità intrinseche del prodotto stesso. In questi ultimi due anni la NOE ha approfondito ogni aspetto relativo al Nuovo di forma ed estetica; ma si è fatto in modo tale da poter sostenere anche le ricerche più coraggiose e differenziate – vedi il contributo recente di Giorgio Stella, o di altri che vanno per vie anche dell’esistenzialismo, surreali o misteriche e mistiche, che si aggiungono allo storicismo e all’interpretazione di questioni sociali (nessuno dimentica Pasolini). Il fatto è che queste categorie non restano immuni al passaggio del distico, del polittico, con all’interno la forza espressiva del frammento. E’ probabilmente dovuto al Nulla – che nullifica, ma che è visibile nell’ordito di ogni poesia NOE – il fatto che ogni precedente, anche in caso si ripresenti, non potrà essere più lo stesso.
All’Io inteso come postura d’abitudine, rispondono egregiamente filosofia e psicanalisi. Al di fuori dell’Io, ogni cosa viene naturalmente incontro.
WTC
La Tavola rivuole i suoi frutti. Uno ad uno in cammino verso l’Arca
Non salverà nessuno questa volta.
Il colombo d’acciaio tornerà con un chiodo nelle ali
Lo scheletro di tordo che muta l’oro in occhi di iena.
L’11 fu faticoso davvero. Piovve uranio fuso
E una falla di scoop si aprì in un fianco.
Il dolce frutto del ferro, la ruggine melograno
Andy Wharol seduto accanto in visibilio.
Il coleottero del terrazzo che reclama nelle arene una spada.
I gladiatori hanno la meglio e Spartaco governa grattacieli perenni.
Costumi di scena sciolgono carne umana.
L’uscita dei supermercati eguaglia l’ultimo piano dell’Empire State.
Noè morì prima del diluvio.
Si ripete la stessa notizia di un attacco alle Mura perfette.
Strani pesci camminano nelle strade, passisti sulla cima Coppi.
Nella bocca un tronco di ulivo che sfiata il suo treno.
Crescono olive nelle fauci dei lupi
La raccolta è stata ottima, dicono del succo le stesse meraviglie di Hubble.
Salire il predellino, aspettare che la fossa si chiuda da sola.
L’uguaglianza ha polvere di cemento per tutti.
Ciò che rimane dei vetri sarà scambiato per Logos
Invendibile sui Mercati ma non tra le cuccette del Sahara.
(Francesco Paolo Intini)
e me lo mandi pure a sapere? TU SAI CHE TI SONOI DAVVERO AMICO, ma questa non l’ho capita.