Archivi del giorno: 14 giugno 2018

Chiara Catapano: Ornitologia filosofica da banco con un Commento di Letizia Leone – Filosofia, poesia e ornitologia

 

pittura Paul Delvaux, Landscape with Lanterns, 1958

Paul Delvaux, Landscape with Lanterns, 1958

Chiara Catapano nasce a Trieste nel 1975. Si laurea nell’ateneo tergestino in filologia bizantina. Vive per alcuni anni tra Vienna, Atene e Creta, approfondendo così i suoi studi sulla cultura e la lingua neogreca. Collaborazioni recenti: Fondazione Museo storico del Trentino: assieme al dott. Andrea Aveto dell’Università di Genova: riedizione dei “Discorsi militari” di Giovanni Boine, nell’ambito di uno studio sull’autore portorino. Per Thauma edizioni: ha curato l’edizione di “Per metà del cielo”, della poetessa slovena Miljana Cunta (trad. Michele Obit). Per l’Istitucio Alfons el Magnanim CECEL – Consejo Superior de Investigaciones Cientìficas, rivista “Anthropos” numero di febbraio 2015, l’articolo: “Sopra la rappresentazione transmoderna del sé”.

http://www.anthropos-editorial.com/DETALLE/LA-CONDICION-TRANSMODERNA.-ROSA-MARIARODRIGUEZ-MAGDA-RA241

L’attività prevalente e continuativa (da ottobre 2012), consiste nella direzione, accanto allo scrittore Claudio Di Scalzo, della rivista d’autore on-line Olandese Volante (www.olandesevolante.com); al cui interno, oltre alla pubblicazione di testi letterari in poesia e prosa dei direttori e di alcuni collaboratori, vengono curati autori e maestri in modo “transmoderno”, come la rivista attesta nel sottotitolo: “Transmoderno, arti, pensosità, letterature.” Con Perrone editore esce nel2011 la sua prima raccolta Apice stretto in Verso libero- antologia poetica a cinque voci con prefazione di Letizia Leone. Nello stesso anno 2011 pubblica la raccolta La fame edita da Thauma Edizioni; nel 2013 pubblica La graziosa vita (Thauma edizioni) dialogo sulla tomba di Giovanni Boine, uscita sotto l’eteronimo di Rina Rètis – opera dedicata allo scrittore portorino. Ha collaborato fino al 2013 con l’associazione culturale “Thauma” di Pesaro, per la cui casa editrice è stata curatrice. Ha curato il cortometraggio poetico basato sul poemetto inedito Alìmono,  in collaborazione con gli artisti pugliesi Iula Marzulli, Marianna Fumai (RecMovie) e Gaetano Speranza: prima proiezione il 26 dicembre 2016 al Lecce Film Fest. Collabora con la compagnia teatrale Fierascena, fondata dall’attrice e regista Elisa Menon.

pittura mimmo paladino 4

mimmo paladino

Commento di Letizia Leone

Poemetti sapienziali queste preziose scritture poetiche di Chiara Catapano che confermano la sua concezione forte e dantesca del valore epistemologico della poesia.  Una composizione spezzata in capitoli ma insieme luminosa e unitaria e illuminante. Viene allora da chiedersi da dove arrivino e quale coscienza abitino queste creature del volo, questi uccelli intatti nella loro primigenia essenza paradisiaca, con il loro “sentire illuminante”, direbbe la Zambrano.  Messaggeri mistici o testimoni di una coscienza spirituale che sembra sempre più annichilita dall’orizzonte umano? Di certo custodi non umani di vibrazioni profonde. Nella loro piena ma breve manifestazione biologica sono quasi palpitazioni del tempo. E il tempo storico della civiltà attraversa e rigenera queste nude creature esposte alla vita che pare traboccare per eccesso dai loro “piccoli petti canori”:

Il Pettazzurro ha sviluppato, nella sua breve vita, un sistema gnoseologico che afferra il significato di un’evoluzione inversamente proporzionale alla durata d’ogni singola esistenza.
Si dice sia stata la reciproca contemplazione del piumaggio lapislazzuli dello sterno, cerchiato di rosso rame, nella coppia di Pettazzurri, a far sviluppare loro un controcanto filosofico per l’incommensurabilità della natura nei piccoli petti canori, così fragili e limitati.

L’averla, il pettazzurro, il merlo acquaiuolo, l’allodola o il cuculo o il “picchio rosso di Hegel” incarnano, in uno sdoppiamento allegorico dell’io, l’ardore di una coscienza evoluta, l’essenza vivente del pensare. Oltre le classiche dicotomie nomos e physis, res cogitans e res extensa, qui la cultura pare funzionare come eredità genetica in grado di apportare senso e “felicità” dopo aver decostruito le antiche opposizioni, e la Catapano sembra trovare una modalità per “addentrarsi nel vivo del pensare filosofico”.

Ma soprattutto l’autrice riesce a trovare una conciliazione tra due stati dell’essere: essere sempre più naturali per mezzo della cultura, e allo stesso tempo, essere culturali attraverso la natura. “Il sistema, il sistematico che caratterizza la Filosofia, non è l’ordine esterno in cui appaiono collocati i concetti, ma il suo stesso farsi fluido e vivente”, ci suggerisce infatti la Zambrano così lontana da quel sapere astratto e concettualizzato della filosofia tradizionale. Anche per questo ci affascinano i testi della Catapano, per questa sintesi sublime, per l’esperienza vitale o il “sapere sperimentale della vita” della natura di cui sono intrisi, una partecipazione attiva che la filosofa spagnola ha chiamato “Logos del pathos”.  Illustra infatti la Catapano attraverso la perfetta conciliazione di poesia e filosofia, la storia di un pensiero speculativo in sacrale sintonia con la natura:

Il primo che ne osservò le curiose abitudini meditative fu Pitagora, attraverso lo studio della musica e del canto; ma solo Filolao da Crotone riuscì a sviluppare un calcolo matematico basato sull’algebra delle migrazioni.
Il Pettazzurro saltella con grazia nei giardini escatologici inconsci: vi intesse una lirica di invisibili rette, delimita e taglia, lasciando l’uomo al centro della sua geometrica costituzione.

Se starete fermi, in attesa, scoprirete che il mio cinguettio segue intorno alla vostra figura traiettorie precise, incidendo l’aria in un ipotetico quadrato di cui siete ontologico equilibrio.

Allora è necessario convocare le creature dell’aria e del canto. Rivolgersi agli uccelli. In subliminale richiamo forse con quella adamitica “lingua degli uccelli” o in evocazione sciamanica di anime privilegiate del regno animale (ma non fu Heidegger che definì l’animale “povero di mondo”?) eppure qui, in un ribaltamento strategico, l’animale si fa innocente portatore di sapienza.

In questa “Filosofia ornitologica da banco” sembra implicita l’indicazione all’uso e consumo di una materia sacra se volessimo catturare la portata simbolica degli uccelli, angeli trasfigurati, e dunque richiamo agli stati superiori dell’essere. Ma “lingua degli uccelli” o “lingua angelica” ha il suo corrispettivo nel mondo umano nel linguaggio ritmato, “scienza del ritmo” se, secondo la tradizione islamica, Adamo nel paradiso terrestre parlava in versi, cioè in linguaggio ritmato…ed è qui che il simbolismo allude ad una reintegrazione.

L’ animale, fuori da ogni tedium culturae e dal non aver violato la sacralità degli equilibri cosmici può guardare bene in faccia il fallimento della cultura umanistica nel salvare il mondo:

Dietro la nuca, acconciando i lunghi capelli in una coda, ho visto le quattro spine piumate, la lanugine del quadrifarmaco che m’ingombra il pensiero: quattro piccole aperture affilate nel cranio, creano tutto il contrasto del mio essere religioso. Una m’instilla l’indifferenza per il volere divino; la seconda mi culla ogni sera con il canto della morte che non si teme, perché nulla di noi rimane – afferma- quando abbandoniamo la vita terrena; la terza m’inganna con l’accesso al piacere senza rimpianto; l’ultima, altrettanto menzognera, m’illude che il dolore persiste solo se facilmente sopportabile… Sono un essere sterile, perché in me dio è morto; ucciso nel nido d’abbandono.

Leggendo risulta evidente la condizione dell’uomo moderno chiuso nell’orizzonte in uno scientismo predatorio dopo la morte di Dio, là dove come afferma Heidegger riguardo al nichilismo «non serve a nulla metterlo alla porta, perché ovunque, già da tempo e in modo invisibile, esso si aggira per la casa. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia».  Forse servono ormai altri occhi che consegnino nelle mani di un cieco la visione e la consapevolezza. La consapevolezza di malattie “ontologiche” di ordine superiore come il nichilismo, divenute costituzionali nell’uomo.

Chiara Catapano riattiva l’attenzione dell’esausto lettore contemporaneo usando magistralmente la tecnica dello straniamento. Così “strania” i concetti o le teorie al centro del suo discorso poetico catapultandole in una dimensione ornitologica, si veda ad esempio come procede nella focalizzazione dell’idea di Animus-Anima riformulandola attraverso l’inedito punto di vista del merlo acquaiuolo:

Il piumaggio candido del petto, la prima cosa di sé che immergono nei voli subacquei, rappresenta, delle coppie d’opposizioni dialettiche, il positivo: Io, Persona, Logos. Il piumaggio nero e lucido del dorso e delle ali simboleggia la funzione animica dell’ombra, l’Eros; tutto quanto espulso dalla personalità, bruciato e spento nelle folli acrobazie, non riconosciuto come proprio e tenuto a debita distanza dal centro, o cuore immacolato della creazione.
Animus e Anima s’alternano alla vista, immergendosi ed emergendo dal guado della personalità in dialogo col numinosum, nel sacro bacino della vita.

Non resta che godere della lettura, godere dell’“atto di meraviglia” dal quale veniamo continuamente scossi nei nostri pre-giudizi: “questo atto di meraviglia , evidentemente, si verifica quando la percezione entra in conflitto con un mondo di concetti abbastanza stabilizzato in noi. Nei casi in cui un conflitto del genere viene vissuto acutamente e intensamente, a sua volta esercita una forte influenza sul nostro mondo intellettuale.” (A. Einstein) Ecco in queste intense scritture di Chiara Catapano la filosofia, o per meglio dire la gnoseologia, diventano il materiale sublime della visione poetica…

pittura Edward Hopper nudo in interno

Edward Hopper nudo in interno

Ornitologia filosofica da banco di Chiara Catapano

(Testi inediti)

1

Quando le rigide temperature del Nord Europa mi spingeranno verso le tue campagne, osserverai la giovane Averla cinguettante svernare nel tuo giardino. Guarderai in alto, verso la cima del noce, perché da lì discenderà il mio richiamo; distrarrò i predatori che stazionano accanto ai cespugli dei tuoi sogni, vicino all’entrata di casa (nottole, volpi, faine che grattano a notte la porta), dove avrò deposto le uova.

Mi soffermo alla finestra, per tuo diletto, a cantare il vento che languido freme tra le cime d’Engadina, l’acqua raccolta dagli stami della notte di Pasqua, e il viola del pruno selvatico dentro il cielo d’agosto. Continua a leggere

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