Jean Claude Izzo: Loins de tous rivages / Lontano da ogni riva, 1997, Ensemble, Roma, 2018, pp. 156 € 12 un ponte sul Mediterraneo Cura e traduzione di Annalisa Comes

 

foto donna con ombrello

Jean Claude Izzo (1945-2000), scrittore, giornalista, drammaturgo e sceneggiatore è noto al pubblico soprattutto come creatore del cosiddetto «noir mediterraneo», con la “trilogia marsigliese” pubblicata a partire dal 1995: Casino totale, Chourmo (1996), Solea (1998), tutti aventi come protagonista e voce narrante il commissario Fabio Montale. Tuttavia il suo primo incontro con la scrittura nasce all’insegna della poesia (mai tradotta in Italia). Nel 1970 pubblica la sua prima raccolta Poèmes à haute voix (Poesie a voce alta), a cui seguiranno Terres de feu (Terre di fuoco, 1972), Etat de veille (Stato di veglia, 1974), Braises, brasiers, brûlures (Braci, bracieri e bruciature, illustrazioni di E. Damofli, 1975), Paysage de femme (Paesaggio di donna, 1975) e Le rèel au plus vif (Il reale al più vivo, 1976). Tornerà alla poesia ancora alla fine degli anni novanta con Loin de tous rivages (Lontano da ogni riva, illustrazioni di Jacques Ferrandez,1997) e L’Aride des jours (L’arido dei giorni, fotografie di Chaterine Bouretz-Izzo, 1999). Fra le numerose pubblicazioni si possono ricordare La Commune de Marseille (La comune di Marsiglia, 1971) nella rivista «Europe»; un testo teatrale per la liberazione di Angela Davis e i romanzi Clovis Hugues, un rouge du midi (Clovis Hugues, un rosso del Midi, 1978), Marinai perduti (1997) e Il sole dei morenti (1999). Giornalista e responsabile della rubrica cultura a «La Marseillaise», corrispondente ufficiale del giornale al Festival di Avignone, è stato poi redattore di «La Vie Mutualiste» (1980-85), animatore alla radio «Forum 92», e ha partecipato alla creazione della rivista poetica «la Revue Orione» con Bruno Bernardi.

dalla prefazione di Annalisa Comes 

La voce di Jean-Claude Izzo arriva dal Mediterraneo. «Isola» di acque e terre dalle molteplici civiltà, culture, lingue, di contraddizioni, naufragi e sbarchi, di paure e sbarramenti, di accoglienze e passaggi. – purtroppo oggi ancor più dolorosamente evidenti, – di cui lo stesso poeta esplicita e rivendica, in modo inequivocabile, la sua appartenenza… L’opera poetica di Jean-Claude Izzo è pressoché sconosciuta in Italia… è ricordato soprattutto come giallista, l’inventore del noir mediterraneo – la cosiddetta «trilogia marsigliese» composta dai noir: Casino totale, Chourmo. Il cuore di Marsiglia, e Solea… Ma è con la poesia che Jean-Claude Izzo inizia e conclude il suo cammino e d’altronde, anche il nome del suo famoso poliziotto, Fabio Montale, è un omaggio alla poesia (e alle sue origini italiane) […] Non stupisce nei suoi versi ritrovare l’eco del randagio Rimbaud e di poeti quali Louis Brauquier (con il suo maestro, Emile Sicard, entrambi amrsigliesi), gabriel Audisio, Gérald Neveu, Alexandre Toursky, tutti relegati dall’esperienza di «Le Cahiers du Sud», la rivista fondata a Marsiglia nel 1925 da Jean Ballard (e a cui, negli anni Quaranta aveva collaborato anche Simone Weil con lo pseudonimo di Emile Novis). E ancora, geograficamente affini, scrittori come Jean Giono e Albert Camus […]
Il Mediterraneo, l’acqua «bianca» di sbarchi, nascite, esilio, tanto amato di Izzo e presente in quasi tutte le sue narrazioni, non è che uno scorcio di luce lontana in questa penultima raccolta di poesie. Il largo che ci dispiega il titolo, Lontano da ogni riva (Loin de tout rivage), è qui invece un orizzonte bruciante di terra, un deserto di pietre e rovine, pais dove spazioe tempo si coagulano nell’abbacinante aridità del Midi. Su questa terra di rovine, «in rovina, abbandonata ai rovi» dove non si ode «nessuna voce umana», anche i «vascelli» sono di pietra… e sembrano spingersi, perdendosi, fino alla vertigine della garrigue azzurra, specchio rovesciato, eco di un mare lontano. È la «vertigine di sapersi lontano da ogni riva», geografia dell’anima, questo tempo offerto alla memoria, che non può essere descritto, non cantato, solo, tastato in ruderi, rovine, cimiteri, oppure fiutato nelle essenze «violente» del timo, della resina, della santoreggia. Gli alberi sono pochi, manciate sparute di olivi, qualche pino, un cipresso, predominano invece rovi e sterpi, lo splendore effimero dei papaveri, e poi argilla e poi polveri, polvere.

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Braises
de la mémoire (1997)

Là.
Des ruines se lamentent dans un langage dèjà d’autrefois.
Païs.
Là, et les pierres, face au ciel, depuis hier, depuis toujours.
Présence. Absence.
Entre le tremblement de terre et la pétrification, l’aveugle éboulis des murs se répand sur nos mémoires.
Là.
Pierres à jamais…
Colonnes brisées, vestiges…
Pierres de boue recouvertes, livrées à l’oubli, aux fadarellos qui peuplent désormais la campagne.
Là, et les heures accumulées.
Et le silence.
Et le silence en feu aux abords de midi.
Blanches, les heures révèlent sur les pierres la profondeur du soleil.
Mortelle blancheur, jusqu’à l’immobilité.
Que sont devenus les mots, la langue, les hommes qui donnaient force aux mots par la beauté des moissons?
Et le silence hurlant dans le silence.

Braci
della memoria

Laggiù.
Rovine si lamentano in una lingua già d’altri tempi.
Païs.
Laggiù, e le pietre, di faccia al cielo, da ieri, da sempre.
Presenza. Assenza.
Fra il terremoto e la pietrificazione, la cieca frana dei muri si spande sulle nostre memorie.
Laggiù.
Pietre per sempre…
Colonne spezzate, vestigia…
Pietre di fango ricoperte, abbandonate all’oblio, ai fadarellos che popolano ormai la campagna.
Laggiù, e le ore accumulate.
E il silenzio.
E il silenzio infuocato vicino al meriggio.
Bianche, le ore rivelano sulle pietre la profondità del sole.
Bianchezza mortale, fino all’immobilità.
Che sono diventate le parole, la lingua, gli uomini che davano forza alle parole con la bellezza delle mietiture?
E il silenzio che urla nel silenzio.

II

Sur la garrigue bleue, en vertige, sur cette terre en ruine, livrée aux ronces, aucune voix humaine.
Ici gisent.
Violent désir de mettre alors mot sur pierre, de rebâtir un présent accessible. Un présent.
Il y a urgence à nous renaître.
Païs.
Et c’est déjà midi. L’heure où se rassemblent les instants épars.
En mon corps le sang remue et se débat contre le silence.
Hauts cyprès dressés dans le jour – barricades vertes – l’ésperance a cette profondeur.
L’immobilité devient révolte et cherche sa force.
Ici, là-bas, ailleurs, là où je suis né, sommeillent les heures qui, sous les pierres, aspirent à s’épanouir en un cri.
Je revendique les fureurs de l’heure à midi.
Que dit le sang dans mes veines?
Sang, qui sonne le tocsin aux clochers alentour et dont l’écho bat comme le vent sur les pierres.
Souffle au plus profond.
Sang, qui sonne le temps qui vient et qui ne sera que par un maintenant, ici.

II

Sulla garrigue azzurra, in vertigine, su questa terra in rovina, abbandonata ai rovi, nessuna voce umana.
Qui riposano.
Violento desiderio di mettere parola su pietra, di ricostruire un presente accessibile. Un presente.
Urgenza di rinascere.
Païs.
Ed è già mezzogiorno. L’ora in cui si radunano gli sparsi istanti.
Nel mio corpo il sangue si rimesta e si dibatte contro il silenzio.
Alti cipressi – barricate verdi – innalzate nel giorno la speranza a questa profondità.
L’immobilità diventa rivolta e cerca la sua forza.
Qui, laggiù, altrove, là dove sono nato, sono assopite le ore, che sotto le pietre, aspirano a sbocciare in un grido.
Rivendico i furori dell’ora a mezzogiorno.
Cosa dice il sangue nelle mie vene ?
Sangue, che suona a martello nei campanili vicini e la cui eco batte come il vento sulle pietre.
Respiro nel profondo.
Sangue, che suona l’approssimarsi del tempo che sarà qui solo per un momento.

III

Pierres.
Caresse lente de ma main.
Corps.
Un dialogue se noue:
les ronces parcourent d’invisibles chemins parmi les corps offerts à l’attente de midi. Ailleurs l’amour… Ailleurs des carrés de terre labourée, ensemencée, tendent leur bonheur comme du linge lavé de frais. Ailleurs du linge sèche sur un fil d’horizon vert et bleu, et la vie, lentement, s’égoutte au soleil.
Ailleurs
Pierre dénudée de sa boue.
Et le sang affolé s’épaissit à ce contact.

III

Pietre.
Carezza lenta della mia mano.
Corpo.
Si annoda un dialogo :
i rovi percorrono invisibili sentieri tra i corpi offerti all’attesa del mezzogiorno. Altrove l’amore… Altrove, zolle di terra arata, seminata, stendono la loro felicità come biancheria appena lavata. Altrove biancheria si asciuga su un filo d’orizzonte verde e azzurro, e la vita, lentamente, sgocciola al sole.
Altrove…
Pietra snudata del suo fango.
E il sangue smarrito si raggruma al contatto.

IV

Midi, enfin.
Un poing s’élève.
Tous les feux du soleil se rassemblent en lui.
Brutal instant qui déchire les ronces.
Geste qui retrouve la mémoire.
Le soleil blanchit aux confins du regard. Dressé audessus des oliviers, il absorbe le ciel. L’olivier retient son délire. Le ciel n’ose plus frémir. Le pin éclate de sève et, au risque de périr, enlace l’heure. L’air alors devient plus lourd de mystère. La poussière vaincue retombe sur le sol qui la fait naître…
Là.
Fixement, je parcours le paysage au plein de son jour.
Des relents de mémoire aux essence violentes – thym, résine et sarriette mêlés – attisent la sève qui monte en moi.
Le soleil m’accueille dans un ressac de silence.

IV

Mezzogiorno, finalmente.
Si leva un pugno.
Tutti i fuochi del sole si radunano in lui.
Brutale istante che strappa i rovi.
Gesto che ritrova la memoria.
Il sole sbianca ai confini dello sguardo. Dritto sopra gli olivi, assorbe il cielo. L’olivo trattiene il suo delirio. Il cielo non osa più fremere. Il pino scoppia di linfa e, al rischio della morte, abbraccia l’ora. L’aria diventa più carica di mistero. La polvere vinta ricade al suolo che la fa nascere…
Laggiù.
Fisso, percorro il paesaggio nel pieno del suo giorno.
Tanfi di memoria dalle essenze violente – timo, resina e santoreggia confusi – risvegliano la linfa che sale in me.
Il sole mi accoglie in una risacca di silenzio.

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V

Midi, encore.
Pierres brûlées, à nouveau. L’ombre se meurt.
L’ombre, sous ma langue, ne sait plus les mots et dans ma bouche, la brûlure de ne plus savoir dire, ne plus savoir.
Le temps prend le corps de l’argile.
Le silence se tisse par transparence et épaisseur.
Pierres, et pierres. Ruines.
Mon pays, c’est l’histoire et toutes les histoires, et l’Histoire en ruines, pierres et cailloux, défile sous mes yeux.
Païs, saurai-je un jour où ton midi trouve son feu?
Et les heures au cadran, taillé de main d’hommes, me saluent de leur mépris.

V

Mezzogiorno, ancora.
Pietre bruciate, di nuovo. L’ombra muore.
L’ombra, sotto la mia lingua, non sa più le parole e nella mia bocca, la bruciatura di non saper dire, di non sapere più.
Il tempo prende il corpo dell’argilla.
Il silenzio si tesse di trasparenza e spessore.
Pietre, e pietre. Rovine.
Il mio paese, è la storia e tutte le storie, e la Storia in rovine, pietre e sassi, sfila sotto i miei occhi.
Païs, saprò un giorno dove il tuo mezzogorno si infuoca ?
E le ore sul quadrante, intagliato da mani di uomo, mi salutano con disprezzo.

VI

Terre.
Gisent les hommes dans les villages défaits. Cimetières.
Aux fenêtre des maisons tombent les pierres d’angle.
Larmes.
Larmes, et pierres sur pierres, les ruines s’érigent.
Cri – trou que font mes lèvres dans l’opacité bleue pour rompre le silence, pour rendre la parole à ces heures dans le plain-chant du soleil. Et les coquelicots enfin rendus à leur éphémère splendeur.
Terre.
Là.

VI

Terra.
Riposano gli uomini nei villaggi disfatti. Cimiteri.
Dalle finestre delle case cadono le pietre angolari.
Lacrime.
Lacrime, e pietre su pietre, si innalzano le rovine.
Grido – buco che fanno le mie labbra nell’opacità azzurra per spezzare il silenzio, per restituire la parola a queste ore nel canto piano del sole. E i papaveri restituiti al loro effimero splendore.
Terra.
Laggiù.

jean-claude-izzo

Jean-Claude Izzo

VII

Au cadran les aiguilles se fendent, et, dans l’espace, le ciel, tout le ciel contenu déborde.
Nul mot alors sur mes lèvres, et le vertige à se savoir loin de tout rivage.
À nouveau, j’ai baissé la tête.
Le silence alors et encore comme pour étouffer le cri, l’égorger sur la pierre brûlante.
Là, de tout mon poids inutile, avec le ciel sur les épaules, pesant, à me faire plier le genou en terre.
Terre qui s’étale comme un désert.
Lèvres craquelées. Soif… – Brillent mille fontaines. Les visages se multiplient – Et le soleil, seule présence, éclabousse mon corps.
J’appareille vers d’autres rivages.
Là, gisant entre les crêtes aux clartés inconnues, j’attends, j’entends ce piétinement des heures qui traversent mon corps.
Transhumance.
Terre et moi, terre à terre. Et les pierres autour.
Terre la bouche, et terre les yeux, terre les mains et terre mon sexe. Je compte mes os par cette terre rossa bue à même ces pierres devenues fontaines, source, où l’avenir se révèle à l’image d’un pays qui en aurait fini de mourir.
Immobilité.

VII

Le lancette si fendono nel quadrante e, nello spazio, il cielo, tutto il cielo contenuto fuoriesce.
Nessuna parola allora sulle mie labbra, e la vertigine di sapersi lontano da ogni riva.
Di nuovo, abbasso la testa.
Il silenzio allora e ancora come per soffocare il grido, per sgozzarlo sulla pietra che brucia.
Laggiù, con tutto il mio peso inutile, con il cielo sulle spalle, pesante, da farmi piegare le ginocchia a terra.
Terra che si stende come un deserto.
Labbra screpolate. Sete… Brillano mille fontane. Si moltiplicano i volti – E il sole, unica presenza, abbaglia il mio corpo.
Salpo verso altre rive.
Laggiù, fra le creste dalle chiarezze sconosciute, aspetto, sento il calpestare delle ore che attraversano il mio corpo.
Transumanza.
Terra e io, terra a terra. E le pietre attorno.
Terra la bocca, e terra gli occhi, terra le mani e terra il mio sesso. Conto le mie ossa con questa terra rossa bevuta da queste pietre divenute fontana, fonte, dove l’avvenire si rivela a immagine di un paese che avrebbe finito per morire.
Immobilità.

Jean-Claude Izzo_CoverVIII

Les aiguilles creusent encore l’heure, fendent la terre qui m’emporte en son fond.
Voici la mort – léger mouvement, fin d’un balancement… –
Une secousse.
Présence accomplie au large de l’heure nue.
J’ai vu alors.
Dans la terre s’ouvrant au plus intime, j’ai vu ce qui coule en moi: le fond du ciel, l’envers du Temps.
Terre et corps et pierres… Houles de visages.
À veines battantes, j’ai découvert le foyer d’où s’embrasent tous les feux, lieu où le vent trouve le souffle qui donne aux flammes le regard clair, où le feu se dénude, où il n’est plus le coupable mais l’instigateur.
J’en appelle au vent pour attiser les braises de la mémoire pour rendre aux pierres la puissance des marées.
Monte le feu: les pierres te peupleront.

VIII

Le lancette scavano ancora l’ora, fendono la terra che mi trascina nel suo fondo.
Ecco la morte – leggero movimento, fine di un’oscillazione… –
Una scossa.
Presenza compiuta al largo dell’ora nuda.
Allora ho visto.
Nella terra che si apre al più intimo, ho visto cosa scorre in me: il fondo del cielo, il rovescio del Tempo.
Terra e corpo e pietre… Onde di volti.
Con le vene pulsanti, ho scoperto il focolare da dove si infiammano tutti i fuochi, luogo in cui il vento trova il soffio che dona alle fiamme lo sguardo chiaro, ove il fuoco si snuda, ove non è più il colpevole ma l’istigatore.
Faccio appello al vento per ravvivare le braci della memoria per restituire alle pietre la forza delle maree.
Sali fuoco: le pietre ti popoleranno.

[da sx G. Linguaglossa e C. Milosz sul Mediterraneo]

IX

La terre achève son rêve en des rêves qui naissent d’elle, inépuisable sève qui fait éclore les fleurs sous les pierres.
Jusqu’au rêve, tout est à conquérir.

IX

La terra termina il sogno in sogni che da lei nascono, inesauribile linfa che fa sbocciare i fiori sotto le pietre.
Fino al sogno, tutto è da conquistare.

X

Le rythme des heures a pris corps dans mon corps, annonçant l’arrivée frontale des saisons.
Les pierres connaîtront le gel, le chant des oiseaux, l’odeur des blés qu’on coupe, l’été, l’automne aussi…
Mon sang arrive à marée haute.
Le relief des outils émerge dans mes rêves, et creuse le rêve.
Mes mains savent l’heure.

X

Il ritmo delle ore ha preso corpo nel mio corpo, annunciando l’arrivo frontale delle stagioni.
Le pietre conosceranno il gelo, il canto degli uccelli, l’odore del grano che si taglia, l’estate, anche l’autunno…
Il mio sangue arriva a marea alta.
Il rilievo degli arnesi emerge nei miei sogni, e scava il sogno.
Le mie mani sanno l’ora.

XI

Promesse des moissons dans l’épaisseur des mots.
Demain saura cette langue urgente.
Au clocher, les aiguilles du cadran ont sombré dans le silence, n’indiquant plus que des heures désormais mortes.
Sur les pierres d’un mur délabré, le soleil frappe les premières heures d’un jour.
L’heure du pain frais.

XI

Promessa delle mietiture nello spessore delle parole.
Domani saprà questa lingua urgente.
Sul campanile le lancette del quadrante sono sprofondate nel silenzio, indicano solo ore morte.
Sulle pietre di un muro cadente, il sole colpisce le prime ore di un giorno.
L’ora del pane fresco.

Fidélité

L’herbe sèche: et muettes sont les pierres. En flagrant délit de silence. Un souffle dans l’air ramène par instants le rythme du labeur. Flux et reflux de l’homme. La terre tressaille des labours lointains.
J’ai écouté ce frisson qui fait se craqueler le sol. Chant puissant à l’écho plaintif.
Soif.

Fedeltà

L’erba secca: e mute sono le pietre. In flagrante delitto di silenzio. Un soffio nell’aria a tratti porta il ritmo dei solchi. Flusso e riflusso dell’uomo. La terra trasale di solchi lontani.
Ho ascoltato questo brivido che fa screpolare il suolo. Canto potente dall’eco lamentosa.
Sete.

D’un exil
transparent

L’ambition de la mer:
ce que la glace n’ose dire.

Le rêve naît
là où le cœur ne sait plus rien
du rouge des glaisières
ni de la connaissance visible des jours,
là où le sable devient le confident de l’oubli,
là où la mer vend ses secrets aux doigts de sel.

Le rêve naît
de la profondeur solaire prodigue
d’une autre saison,
d’un autre désir nageant entre deux eaux,
d’un désir inventé par des lois anonymes.

Da un esilio
trasparente

L’ambizione del mare:
ciò che lo specchio non osa dire.

Il sogno nasce
là dove il cuore non sa più niente
del rosso delle cave d’argilla
né della conoscenza visibile dei giorni,
là dove la sabbia diventa il confidente dell’oblio,
là dove il mare vende i suoi segreti alle dita del sale.

Il sogno nasce
dalla profondità solare prodiga
di un’altra stagione,
da un altro desiderio che nuota fra due acque,
da un desiderio inventato da leggi anonime.

L’ambition du sable:
la vague consentante de la mort.

…scrutant le large où s’est englouti le dernier mât des espérances, le Voyageur, en quête de havre de grâce, s’est endormi, poitrine au ciel, comme sous le premier soleil du monde, délivré.
Une cigale a pour lui dispersé l’appel des sirènes, après avoir refait dans le songe du héros toute la paix du naufrage.

L’ambizione della sabbia:
l’onda consenziente della morte.

… scrutando il largo dove è stato inghiottito l’ultimo albero maestro delle speranze, il Viaggiatore, in cerca di un porto di grazia, si è addormentato, con il petto al cielo, come sotto il primo sole del mondo, liberato.
Una cicala ha disperso per lui l’appello delle sirene, dopo aver rifatto la pace del naufragio nel sogno dell’eroe.

 

Annalisa Comes

annalisa comes

Annalisa Comes (Firenze, 1967). Dottore di ricerca in Filologia romanza, poetessa e traduttrice, ha pubblicato vari saggi e articoli su riviste italiane e straniere; ha curato le poesie e le note filologiche dell’opera poetica di P.P. Pasolini per le edizioni Mondadori (I Meridiani 2003) e l’edizione critica del poeta siciliano Rinaldo d’Aquino (Poeti della Scuola Siciliana, I Meridiani, 2008).  Allieva di Amelia Rosselli, ha pubblicato diverse raccolte di poesia e vinto diversi premi, tra i quali: «Eugenio Montale», «Dario Bellezza», «Giuseppe Piccoli», il Premio Speciale «Città di Roma » per la poesia (2007) e il Premio Monselice-Leone Traverso, con la traduzione del poema di Marina Cvetaeva Il ragazzo (Le Lettere). Negli ultimi anni si è occupata di letteratura per l’infanzia, partecipando attivamente a vari eventi in Italia e all’estero; del 2017 la biografia di Astrid Lindgren Una vita dalla parte dei bambini (Castelvecchi). In collaborazione con l’Université de Lorraine e l’Università degli Studi di Verona sta terminando un dottorato di ricerca sulla poesia per l’infanzia in Italia dal 1945 a oggi. Ha pubblicato la biografia di Marina Cvetaeva In Francia mi si è gelato il cuore. L’esilio francese di Marina Cvetaeva: 1925-1939 (2016). Collabora con l’Enciclopedia delle donne e con la Radio delle donne. Nel 2014 ha vinto una «résidence d’écrivain» per la poesia di quattro mesi presso il Sémaphore de Créac’h, sull’isola di Ouessant (C.A.L.I., DRAC Bretagna, Consiglio Regionale della Bretagna).

10 commenti

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10 risposte a “Jean Claude Izzo: Loins de tous rivages / Lontano da ogni riva, 1997, Ensemble, Roma, 2018, pp. 156 € 12 un ponte sul Mediterraneo Cura e traduzione di Annalisa Comes

  1. In tempi di sovranismo e di assolutismo reazionario, il signor Salvini, parla il linguaggio illocutorio dell’agorà global-mediatica, fa coincidere i nomi alle cose… l’ideale per lui sarebbe costruire un Muro lungo tutto il Mediterraneo attorno al mare Nostrum, fare un blocco navale. Vi ricordate quando sproloquiava di blocco navale? Adesso fa il «bullo» con la piccolissima Malta, mostra i muscoli in danno di 126 bambini a bordo della nave e di 7 donne in cinta, ma Malta non può certo ricevere da sola le decine di migliaia di profughi dal Mediterraneo… per intanto il Salvini fa il pieno di voti e di consenso… ma fino a quando? Fino a quando la retorica della forza e del bellicismo muscolare del capo della Lega può prendere in giro gli italiani? e allora ben venga la lettura di questo poeta francese che fa del Mediterraneo una liquida e porosa frontiera comune a tutte le civiltà che si affacciano sul quel mare.

    Quello che apprezzo in Jean Claude Izzo è che lui fa una poesia che appartiene alle comunità di popoli che si affacciano al mediterraneo, una poesia del comune sentire.
    Nella riflessione del Wittgenstein maturo, nelle Ricerche filosofiche in poi, è all’opera un tentativo di de-psicologizzazione del linguaggio, vale a dire un’indagine grammaticale relativa al modo in cui parliamo delle nostre esperienze «interne». Centrale, in quest’ultimo tratto del percorso wittgensteiniano, è il termine «atmosfera» (Atmosphäre): attraverso una critica di tale concetto, il filosofo austriaco analizza il nostro modo di parlare dei processi psicologici e, in particolare, della comprensione linguistica, intesa come esperienza mentale «privata». Contro l’idea che il significato accompagni la parola come una sorta di alone di senso, come un sentimento o una tonalità emotiva (Stimmung), Wittgenstein valorizza l’aspetto comunitario e già da sempre condiviso dell’accordo (Übereinstimmung) tra i parlanti. Il richiamo al modello musicale dell’accordo armonico tra le voci consente così di recuperare la dimensione atmosferica dell’esperienza linguistica, in cui si assiste a una «sintonizzazione» tra i parlanti, coinvolti in un comune sentire…

  2. Rossana Levati

    Lo spettacolo, nato da un libro-reportage di Gian Antonio Stella è del 2002; è stato portato in molti teatri italiani, con l’aiuto della Compagnia delle Acque di Gualtiero Bertelli.

  3. patrizia sardisco

    finalmente! grazie per la gradita notizia

  4. Carlo Livia

    In quale retroscena simbolico, recesso metafisico, incanto semantico questo paesaggio di rovine e macerie fisiche, linguistiche e assiologiche s’illumina d’un chiarore trascendente ad ogni verità, si muta in un mistero che travolge e sommerge il pensiero con una vertigine emozionale, estetica, trasfigurante e purificante come un bagno di lacrime felici?
    La verità è illusione, mistificazione e violenza dei dominatori, ma necessaria alla sopravvivenza e coesione sociale ( Dostojevski ). Ma l’arte è più importante della verità ( Nietzsche ) perchè risana l’alienante scissione fra apollineo e dionisiaco, per mezzo della partecipazione estatica, dell’agnizione metarazionale, conducendo alla necessaria acquisizione del noumeno, del divino che si rivela in pathos e melos.

    Pietre.
    Carezza lenta della mia mano.
    Corpo.
    Si annoda un dialogo :
    …i rovi percorrono invisibili sentieri tra i corpi offerti all’attesa del mezzogiorno. Altrove l’amore… Altrove, zolle di terra arata, seminata, stendono la loro felicità come biancheria appena lavata. Altrove biancheria si asciuga su un filo d’orizzonte verde e azzurro, e la vita, lentamente, sgocciola al sole.
    Altrove…
    Pietra snudata del suo fango.
    E il sangue smarrito si raggruma al contatto.

    Notate la vicinanza e corrispondenza spirituale, fra la necessaria solitudine nell’attesa della rivelazione della verità dell’amore – impalpabile ma implacabile proscenio soteriologico in procinto di dischiudersi – con questo frammento dell’argentina Alejandra Pizarnjk, altra geniale e tormentata interprete dell’ “incessante mormorio della bocca d’ombra” ( Breton ), cioè della lingua dell’inconscio, trafitta dallo splendore del sacro.

    sull’altra riva della notte
    l’amore è possibile
    – portami là –
    portami tra le dolci sostanze
    che muoiono ogni dì nel tuo ricordo

  5. donatellacostantina

    L’ambizione del mare:
    ciò che lo specchio non osa dire.

    Salvatore Sciarrino, Studi per l’intonazione del mare, responsorio del 2000 per voce, quattro flauti, quattro sax, percussioni, orchestra di cento flauti, orchestra di cento sax. Nato inizialmente per l’inaugurazione della Basilica Superiore di Assisi dopo i crolli del terremoto del ’97 e per il Giubileo del 2000, il progetto è stato poi realizzato in prima assoluta al Festival delle Nazioni di Città di Castello.

    Buon ascolto!

  6. Ho postato questo twitter:

    La democrazia è una trattoria di terza categoria. Gli scrittori sono i musicanti da trivio che chiedono l’elemosina e i poeti sono i clown che saltellano al suono dei pifferai…

    (Giorgio Linguaglossa)

  7. twitter

    Il Signor K. dice dei letterati che sono una marmellata di mirtilli velenosi, ed è bene starsene alla larga, la peggiore specie tra i sotto generi dell’homo sapiens, e che ha deciso: presto tornerà da dove è venuto: l’Inferno.

    (Giorgio Linguaglossa)

  8. Pagina del nuovolibro di poesia di Tiziano Scarpa uscito da Einaudi con un mio commento.
    Parafrasando Charles Simic:
    La storia letteraria è un libro di ricette. Gli editori sono i cuochi. I filosofi quelli che scrivono il menu. I preti sono i camerieri. Gli scrittori sono gli operatori ecologici. I critici letterari sono i buttafuori. Il canto che sentite sono i poeti che lavano i piatti in cucina.

    • Guido Galdini

      Gentile Giorgio
      non ho trovato la pagina del libro di Scarpa. E’ una distrazione o un’ironia?
      Poi, presumo che ci voglia una virgola: uscito da Einaudi, con un mio commento. Il tuo commento non è nel libro di Einaudi, corretto?
      Grazie
      Guido Galdini

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