Alfonso Cataldi è nato a Roma, nel 1969. Lavora nel campo IT, si occupa di analisi e progettazione software. Scrive poesie dalla fine degli anni 90; nel 2007 pubblica Ci vuole un occhio lucido (Ipazia Books). Le sue prime poesie sono apparse nella raccolta Sensi Inversi (2005) edita da Giulio Perrone. Successivamente, sue poesie sono state pubblicate su diverse riviste on line tra cui Poliscritture, Patria Letteratura, il blog di poesia contemporanea di Rai news, Rosebud.
Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa, Il mondo visto dal di dentro
Il problema della poesia di oggi è che abbiamo a disposizione, gratis e disponibile a tutti, un medio linguaggio poetico che è diventato un linguaggio artificiale, conformistico, clericale, creato da clerici per altri clerici, non idoneo ad esprimere i grandi conflitti del nostro tempo; ci si accontenta di translitterare le piccole tematiche, i tematismi, i trucioli, i reumatismi dell’io, le tematiche edulcorate del cuore, il paesaggismo trito e triviale, il quotidiano più becero, la corporalità. E a tutto ciò si dà il nome di «poesia».
S’intende, questa «poesia chiacchiera» non richiede una forma, una struttura significante. L’uomo è un ente «instabilissimum atque variabilissimum», scriveva Dante Alighieri, che utilizza un linguaggio relazionale che mai come oggi viaggia ad una velocità in continua accelerazione. L’instabilità dei linguaggi è diventata la legge universale delle comunità linguistiche ad economia globale, questo fenomeno ha segnato il tramonto definitivo delle «forme di organizzazione linguistica» sia nel romanzo che nella poesia; sono tramontate anche le petizioni di poetica ottimistiche e acritiche come lo sperimentalismo personalistico del tardo novecento, il topologismo, il micrologismo dell’io… oggi quello che rimane di tutto ciò che un tempo faceva capo alla «tradizione», è un linguaggio «corporale», un linguaggio «emotivo», «istantaneo», che fa capo ad un presente ablativo. Ne è risultato che il linguaggio poetico è pensato nella sua funzione strumentale di «comunicazione».
Credo che un autore intellettualmente curioso come Alfonso Cataldi non possa non porsi questo problema, è dalla risposta che si dà a questa problematica che deriverà un certo tipo di poesia e non un’altra. Questo, Cataldi, lo sa bene, e infatti ha rivolto la sua attenzione alla «nuova ontologia estetica» per cercare una soluzione ai suoi dubbi. Nei componimenti che presentiamo è visibile la lezione di essenzialità stilistica della «nuova ontologia estetica».
Per esempio, una riflessione è doverosa sull’impiego dei verbi: quando dove e come adoperare un verbo? Noi della NOE abbiamo già dibattuto questo problema e lo abbiamo risolto così: la forma verbale designa una azione (un soggetto che compie un atto su di un oggetto) e, come tale, mentre per il romanzo è quasi insostituibile e non sopprimibile, in poesia può essere soppressa quando il testo indica chiaramente le circostanze oggettuali che la forma verbale designa. Insomma, di frequente accade che l’inserimento dei verbi e delle particelle pronominali cui essi si riferiscono, indebolisce piuttosto che rafforzare la struttura testuale.
Propongo ai lettori un esercizio: dopo aver scritto una poesia, cancellate mentalmente i verbi, vi accorgerete che quello che rimane della frase ha acquisito maggiore vivezza. Un altro problema è quando usare un aggettivo? Anche qui io risolverei la questione così: utilizzare un aggettivo come se fosse un equivalente di un sostantivo; un aggettivo è una sostanza, al pari di un sostantivo, non è diverso da un sostantivo. E poi c’è la questione della punteggiatura. In linea di massima, io direi che il punto deve servire a chiudere un frammento sintattico per aprirne un altro. Quindi, una intensificazione del punto è buona cosa ed auspicabile.
E poi ci sono i «soggetti» che si accavallano («Larsen C ha perso un arto galleggiando. Sofia s’irrigidisce / quando perde»); le fraseologie dichiarative («Destiniamoci al pontile verde veridiano»); i verbi declinati all’infinito o alla terza persona a sottolinearne la terzietà («il residuo del nostro rincorrerci bestiale»); gli incisi frequentissimi («Per un balzo sconsiderato»); il lessico utilizzato per il suo registro basso, le frequentissime spezzature del discorso. In ultima analisi, mi sembra un esperimento molto interessante questo che Cataldi ha fatto con i suoi mattoni, le sue parole e la sua sensibilità; ci sono «lesioni, frammenti, anticorpi distratti», vi si trovano nomi-icone (Maddalena, Donatello, Ivan Ilicič, Gerasim), simboli de-simbolizzati, lessemi denaturati di senso, c’è una «geometria vuota» che pervade ogni angolo linguistico, si avverte uno smarrimento del tutto anti elegiaco, direi oggettivo e oggettivante.
Un linguaggio di «plastica», con moltissimi «stracci» e brandelli di stoffe linguistiche dismesse. Un buon augurio per questo esperimento alla «nuova ontologia estetica». Noi non possiamo disegnare una mappa completa degli accadimenti del mondo, gli accadimenti, e tra questi il passaggio del tempo, sono sempre solo attuati in una interazione rispetto ad un sistema fisico che interagisce con il non tempo e il non spazio e gli eventi. In fin dei conti, «il mondo è un insieme di punti di vista in relazione reciproca. “Il mondo visto dal di fuori” è un non senso, perché non c’è un “fuori” dal mondo».1] È questo il segreto della «nuova ontologia estetica».
Nell’ultima poesia presentata c’è la dichiarazione di poetica di Cataldi, una significativa petizione di principio: tendere la mano al «traliccio più alto»; il punto più «alto», quello a cui tendevano i poeti acmeisti russi degli anni Dieci.
1] Carlo Rovelli L’ordine del tempo Adelphi, 2017 p. 108

Alfonso Cataldi
Anche se intorno brucia
Sprofondare al centro esatto dell’inseguimento
alla mammella giornaliera
Larsen C ha perso un arto galleggiando. Sofia s’irrigidisce
quando perde, della malinconia originale, il fiore che l’inteneriva.
Sfilarsi dalle regole non scritte toglie l’arsura dalla bocca
anche se intorno brucia
il residuo del nostro rincorrerci bestiale.
Un balzo sconsiderato
Destiniamoci al pontile verde veridiano
non per tramandare un’esperienza di viaggio.
Per un balzo sconsiderato.
Oltre la barriera della rutilante speculazione cognitiva.
Ora o mai più. Mai più. Papà, con noi?
Il movimento Cassina mi tiene ossessionato alla sbarra dal lontano 2002.
Il morbo della perfezione ha ispessito corpi digiuni
della facoltà di percepire nel metodo il vaccino.
Gli ultimi acquerelli di Francesca trascurano
le trasparenze. Il fiore è fiore.
Nulla trapela della siccità
che ha già intaccato la sua fierezza.
Uniformiamoci nel numero dei passi
Non basta l’entusiasmo a raccontare
la verità della felicità posseduta.
Justin Gaugher, folgorato da un fulmine
con la sua fedele canna da pesca, è salvo
non riesce più a raccontare altro fluidamente.
Il caldo torrido globale rafforza
le nostre intemperanze sociali e personali.
Uniformiamoci nel numero dei passi, nei percorsi urbani
ci si avvicina tutti con i centimetri di addome,
lasciando intatto l’appetito privato.
The School of Life ha pubblicato un video illuminante
sulla secolare propensione a divorare le disfatte
mal confezionate per mancanza di pessimismo.
Varcata la soglia
Varcata la soglia: l’idea
risale da ogni metro quadro
un manicomio circoscritto
a sudori acidi vertiginosi.
Di qua si esce frontespizi inzaccherati
traghettando le cogitazioni riflesse
sul corpo: lesioni, frammenti
anticorpi distratti da coppe gelato.
La pigrizia prevale sui gesti commissionati
restano pilastri da inventare. In una geometria vuota.
Le gambe penzoloni e smagrite di Ivan Il’ič
raccolte dalle spalle di Gerasim
non reggono il peso di risposte mancanti.
Le gambe nodose e smagrite di Maria Maddalena
radicate a terra da Donatello, attendono il cielo.
Le fondamenta raccolgono l’eternità del vizio
praline allineate sulla lama dei bagordi
fronte mare
l’antidoto.
Un commento sotto l’altro
Non c’è una porta da bussare ogni volta
gli ospiti sono accomodati fino a nuova disposizione.
Qualcuno è sempre in piedi
dà notizie di sé ansimando.
Se non gradisce l’aperitivo
il suo pensiero sfugge, travolto
da una fiamma illusoria.
Qui la brace non ha il tempo di morire, come la parola
non ha il tempo d’essere tornita.
Il sindaco della mia città ieri presentava
un centro documentale dentro Villa De Sanctis
avviato sei mesi fa. Il più distratto ha ironizzato
sull’inaugurazione in differita di vent’anni della Casa della Cultura.
A nessuno ho mai promesso un porto in cui gli eventi trovino conforto.
Il mio ramo regge solo il peso di fringuelli gorgheggianti.
Paolo Fresu adolescente
con la tromba di vedetta, sostava tutti i giorni
in equilibrio sulla radura.
E’ il primo sospettato
Il capoufficio fa capolino.
Mi diletto a tirarlo giù con la polvere
perché non ha struttura.
Biasima. Nei mulinelli si nota
ma è una lamentela che non atterra
da nessuna parte.
-L’uomo in livrea si annoia al piano terra
mentre Marilyn, chiusa nella suite
stranamente è autosufficiente-
Determinare il numero esatto di necessità cerebrali
è un esercizio di stile
in un combattimento cranio a cranio
comune violazione d’uno sguardo
sulla disattenzione che ci oscura.
L’inviato in diretta si lascia afferrare da una fibra ben disposta
nelle ore della sera
una mano lesta lo gratifica nel rituale.
Sorveglia la notizia che non c’è.
Cerca un appiglio
la coerenza, il giudizio avvitato sulla colonna traiana.
E’ il primo sospettato per il flop di #maratonamentana.
*
Reso, fino all’ultima dimenticanza
compilato il form delle rimostranze
stampata l’etichetta.
Un pacco regalo non gradito.
La narrazione prosegue, si porta dietro
un commento sotto l’altro.
Venerabile rete
stanotte, che è la notte di San Lorenzo
proteggi tra i nodi la sua ossessione.
Prendi in affido il suo account
camminagli a fianco.
Sali, se puoi, sul traliccio più alto
e tendi la mano.
Caro Giorgio,
mi preme sottolineare, nella tua presentazione, l’appellativo “intellettualmente curioso” che hai maturato nei nostri scambi privati, e, contestualmente, l’espressione “Cataldi con i suoi mattoni…”
Sono arrivato su L’ombra delle parole spinto proprio dalla curiosità verso orizzonti poetici diversi da quelli a me conosciuti. Ho “varcato la soglia” nel modo a me più congeniale: da operaio, che per deformazione, smonta e rimonta, per capire come funzionano le cose, e rimanerne eventualmente affascinato. Lavoro con le parole, con i mattoni, in modo instancabile.
caro Alfonso,
soltanto a chi è intellettualmente curioso si aprono le porte della creazione. A chi crede di essere arrivato lo aspetta il banale. Come infatti capita a moltissimi poeti i quali trovano il successo e la vetrina al primo o al secondo libro e lì si fermano. L’elenco sarebbe lungo, meglio ch’io mi fermi…
Scusami Cataldi , ti posso dare del tu vista la mia età avanzata, ma “scimmiottare” la poesia di Gabriele è cosa ardua e pericolosa…difficile trovare la sua straordinaria abilità linguistica, la sua devastante cultura, la sua tecnica così evoluta. Trovo le tue poesie aridamente noiose, intellettualistiche ma prive di profondità di pensiero.Come modesto lettore non raccolgo nulla di interessante, né tantomeno un briciolo di emozione alla mia attitudine intellettuale.
Caro Martino,
ti sono grato di questo dono critico sulla mia poesia. Noi siamo giunti ad una età così avanzata che ci ha permesso, solo dopo anni di lavoro, di fornire ai nostri lettori, poesie degne di essere lette.Non è una presunzione, ma questa nostra condizione di faber in ombra,ci ha permesso di essere anche padri benevoli che possono dare consigli, come hai fatto tu e Giorgio, per Cataldi, che se li mette in pratica,sicuramente perverrà a buoni risultati, leggendo autori italiani e stranieri, approfondendo il pensiero poetico,mettendoci dentro corpo e anima della vita, della sua esperienza, del suo essere qui e ora, trovandone ragione e senso.
Come hai ragione Mario!
Gentile Salvatore Martino,
solo Giorgio Linguaglossa sa il rispetto che porto per la poesia di M. Gabriele.
Io non scimmiotto nessuno, faccio il mio percorso. Giorgio, in completa autonomia, ha ritenuto di pubblicare questi miei testi.
Saluti
Il discorso poetico di Alfonso Cataldi mi sembra interessante e mi sembra eccessiva l’accusa di” imitazione “di M.Gabriele: il quale, comunque, è un “maestro”, e come tale può anche suggerire qualcosa agli altri scrittori,senza che ciò pregiudichi questi ultimi. Se dovessimo valutare i poeti solo sulla base delle letture che hanno influenzato il loro lavoro, non si salverebbe nemmeno Leopardi.
Gentile Anna Ventura,
grazie per aver trovato dei punti di interesse nei miei testi. Io, continuando ad usare l’immagine dei mattoni di Linguaglossa, in questo momento mi sento in un cantiere. Non ho paura di sbagliare, ed eventualmente, mostrare i miei sbagli, né di annoiare. Piuttosto che continuare a clonare la mia poesia più riuscita. preferisco sbagliare. Certo che ci si contamina tutti, ma rivendico un mio percorso poetico, tutto discutibile, che non è cominciato due giorni fa.
ci influenziamo tutti…chi più e chi meno. Bisogna incoraggiare i giovani e quindi io sprono Cataldi a continuare. Mi sembra su un’ottima strada….anzi…
Gentile Francesca Dono,
grazie per l’incitazione a continuare su questo percorso. Nell’ultimo mio testo, oltre alla dichiarazione poetica evidenziata da Linguaglossa “sali sul traliccio più alto”, c’è anche “tu camminagli a fianco” di cui lei ha colto il senso.
Il discorso poetico, quando è limpidamente riflesso nel mondo, lascia aperta la strada per trovare, perdere e ancora ritrovare se stesso. Avevo già espresso in un precedente commento come, personalmente, Alfonso Cataldi mi convinca. Insomma lo leggo e sento che la strada l’ha trovata, persa e ritrovata, come capita in sorte al poeta. Ci sento la sua anima schietta, e questo conta.
Poi i suoi versi hanno qualcosa di secco, di essenziale e cinetico. Pare un’inverno di rami al vento (mi ricorda il clima di Trieste, mia città). C’è un tormento elettrico, un’insonnia, un accenno a qualcosa che le parole sfiorano ma non svelano del tutto. Una lettura che sono contenta Giorgio Linguaglossa abbia proposto quest’oggi.
Contento che una prova più lunga di sette poesie abbia continuato a catturare la sua attenzione. Credo di riconoscere il tormento elettrico e l’insonnia di cui parla, in tanti versi “non pensati”. versi che arrivano e chiedono solo di essere trascritti
Evidentemente io leggo testi diversi dal momento che vedo esaltati versi che a me appaiono prodotti molto da un tentativo intellettualistico, senza nessun coinvolgimento del profondo, e alla fine alquanto banali. Ma sono io in errore visto che poeti che stimo, vedi Catapano la pensano in maniera completamente diversa. Auguro a Cataldi tutto il bene possibile e un cammino di creatività. A volte anche le bastonature sono utili..
Caro Salvatore, conosci la stima che ho per te e per il tuo percorso di poeta. Tu e Mario Gabriele qui fate scuola, ognuno con il proprio personalissimo passo. Chiunque cercasse di emulare, verrebbe – come dire – scoperto senza troppa fatica.
Ricordi, anche parlando di musica ci siamo trovati a riflettere sulle nostre posizioni non sempre concordi. E a volte il gusto personale ci fa escludere quanto non ci sembra buono (ma poi, lo facciamo un po’ tutti, volente o nolente).
Per dire qui di Cataldi, dal mio punto di vista, che è quello di lettrice e non mai di critico (non è il mio pane): in lui c’è la maturità di chi ha tolto i veli, e si sta ponendo senza sotterfugi dinnanzi al mondo che osserva. Poi tutti noi, più giovani poeti, ne abbiamo strada da macinare, per maturare uno stile tutto nostro, ma intanto – anche con le bastunature, certo – il dire poetico sa trovar la sua strada per emergere dall’ipogeo da cui prende avvio.
Mi dispiace non averle trasmesso il mio coinvolgimento emotivo in tanti versi che, mi creda, sono frutto dell’inconscio, per niente costruiti. Forse, un minimo tentativo intellettuale conscio, si può rintracciare nella poesia “è il primo sospettato”. Grazie per l’augurio.
A me basta leggere versi come questi per salvare e lodare il laboratorio poetico di Alfonso Cataldi che non mi sento assolutamente di liquidare come cattiva imitazione della grande poesia di Mario Gabriele:
Gli ultimi acquerelli di Francesca trascurano
le trasparenze. Il fiore è fiore.
Nulla trapela della siccità
che ha già intaccato la sua fierezza.
Dopo secoli di tradizione e prove sublimi ci vuole coraggio a impantanarsi nel terreno consumato del tema della “caducità” e per di più associata al fiore (pensiamo a Rilke, per esempio…). Ma qui il tema è risolto in quattro versi dal perfetto equilibrio ritmico, di sostanza quasi classica, che però hanno metabolizzato compiutamente tutte le istanze della nuova ontologia estetica. Lo sguardo eccentrico che si posa obliquamente sulla cosa, (il fiore) attraverso il filtro ottico ecfrastico della pittura (risolta nel frammento-immagine di un agire significativo, quello di Francesca…e le trasparenze) L’arte si fa depositaria della sostanza del senso dell’Essere, apertura, ridescrizione percettiva tesa a ricostituire forza vitale alle cose, “in tempo di povertà”, in tempo della fine della metafisica. E poi la cosa: il fiore è fiore. Enunciato apodittico che apre alla dichiarazione destinale dei versi finali…
Dunque non posso che incoraggiare Cataldi a proseguire i lavori con i suoi mattoni…
Gentile Letizia Leone,
grazie per aver evidenziato questi quattro versi che per me sono particolarmente significativi. Lei ha centrato un aspetto fondamentale, e cioè come si può tornare su un tema su cui è stato scritto tutto, attraverso una nuova scrittura, e dargli nuova linfa, un nuovo sguardo. Poi è necessario che l’autore non abbia paura di sbagliare, che si metta in gioco, rischiando, con un po’ di autoironia.
E’ un work in progress, la poesia di Cataldi. Bisogna dargli tempo. E’ giusto e doveroso dargli tempo.Questi versi che riporto, comunque, significano qualcosa: presa di coscienza e scatto in avanti.
Sfilarsi dalle regole non scritte toglie l’arsura dalla bocca
Oltre la barriera della rutilante speculazione cognitiva
Uniformiamoci nel numero dei passi, nei percorsi urbani
Di qua si esce frontespizi inzaccherati
sull’inaugurazione in differita di vent’anni della Casa della Cultura.
E’ il primo sospettato per il flop di #maratonamentana
Reso, fino all’ultima dimenticanza
Ebbene dopo gli interventi di Leone e Talia e Catapano, persone che io stimo oltremodo, non posso che riaffermare la mia modestia di lettore, che non riesce a cogliere l’importanza dei versi di Cataldi, la sua profonda novità.Corro verso un rimbambimento senile, che mi fa incontrare in questi versi modestia e banalità. Carissimo Cataldi sorvoli sui miei commenti,dettati da stolida insipienza.