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Mario M. Gabriele
Un inedito
da http://mariomgabriele.altervista.org/inedito-mario-m-gabriele-2/#comment-26
Evelyn non svelò mai l’ultima carta,
e chi le chiese della sua vita rispose:
-everybody cries,
(tutti piangono)
-everybody hurts, sometimes-,
(tutti soffrono qualche volta).
Mancando il bersaglio per accecare la vita,
la Signora Timberlaine credeva che standomi accanto,
tornasse il sole. –Come Here!-,
disse Miss. Swedenborg, la principessa dei sogni.
-Solo con me puoi tornare alle notti di luna-.
-Ho timore, Madame, che tutto questo non basti-.
Settantasette volte sette fummo abbattuti dal vento.
Oh come è lontana la giada di Dalia!
L’eclissi copre New York,
aggiunge nero al nero su Edmund Wilson
chiuso nel suo sonno eterno.
Carolina ha cambiato epitaffio
da quando ha letto Spoon River.
E’ venuto Arturo con l’amuleto contro i woodoo
Il dottor Caronte traghetta con il Targin le anime
disabituate alla vita.
Profumi esalano dai comignoli.
Welcome agli anni che vengono e vanno
in questa Long Island di ricordi:
delicatissimo plumage nel sonno di primo rem,
quando come su un volo charter resti a metà respiro
e ti racchiudi nel sedile e bye bye,
si scende nel profondo, si va in libero volo
tra paure recidive e aritmie
e giù, giù, lo starter è pronto per l’ultimo embarquement.
Parigi dall’alto della torre Eiffel è vertigine e incanto.
À la maison de madame Gachet c’è l’Art Nouveau
con clocks, zodiac, calendar prints,
un berretto della rivoluzione d’ottobre,
vicino all’edizione di Fetes galantes di Pauvre Lilian
pubblicata da Lemerre, e poi pintores y escultores,
impressionist masterpieces
e un pezzo di Muro della Berlino di Willy Brandt.
Parigi è uno specchio del mondo:
un lungo racconto da Boule de suif di Maupassant.
Ma se passa di sera Margot,
t’accorgi che è un profumo di fresca fontana
dai boulevards a Saint –Martin-des Champs.
Giorgio Linguaglossa
24 agosto 2017
Un giorno mi farò coraggio e chiederò a Mario Gabriele come inizi di solito una sua poesia. Sono convinto che lui proceda a random, come usava fare Mallarmé. Del resto, Mallarmé – confidò Valéry a Scherer – usava iniziare alcune poesie gettando delle parole sulla carta, qua e là, come il pittore getta dei tocchi sulla tela. Mallarmé in sostanza isolava una serie di parole-chiave sulle quali apprestava una sovrapposizione di messaggi semantici tali da fondere insieme il grammaticale, il sintattico, il lato metafisico, e perfino l’aspetto tipografico che assumeva, a volte, un ruolo determinante.
Nella poesia di Mario Gabriele le immagini sostituiscono le parole-chiave di Mallarmé, in quanto le immagini sono già delle «tavolozze» iconiche e semantiche già pronte all’uso e perché permettono una quasi infinita possibilità di giustapposizioni e di sovrapposizioni. Le immagini diventano così metafore, le quali garantiscono una semantica senza il bisogno di ricorrere ai giochi di rime e agli accoppiamenti fonosimbolici. In questo modo, la poesia diventa una serie continua di immagini-metafore dotate di intrinseca capacità semantica e fonologica, sono insomma dei significanti che consentono la «inserzione in una catena significante di un altro significante, per mezzo del quale quello ch’esso soppianta cade nel rango di significato, e come significante latente vi perpetua l’intervallo in cui un’altra catena significante può esservi innestata».1]
In tal modo, nella poesia di Gabriele si manifestano e si intrecciano due piani semantici, uno latente ed uno evidente, che entrano in competizione reciproca. Si manifesta, insomma, una vera e propria sintassi delle immagini, o delle serie di immagini, in competizione tra di loro con un andamento ondulatorio che vede ora il prevalere di una serie di immagini, ora il prevalere di un’altra serie, generando nel lettore un effetto continuo di sorpresa e di straniamento, una sorta di perpetua mobilità semantica delle icone allo stadio zero della significazione in quanto la sovra determinazione che si innesta sulle continue sovrapposizioni iconiche genera sul lettore un effetto moltiplicato…
Una poesia-tipo di Mario Gabriele, si presenta come una ininterrotta sequenza cinematografica di immagini che ingenerano nel lettore un sorprendente effetto labirinto, di sospensione e di interrogazione sul senso complessivo della poesia e del mondo. Sono le sfaccettature, i riflessi delle sfaccettature di quei polinomi iconici, i fuochi ellittici delle immagini che costituiscono il motore nevralgico della poesia di Gabriele che, condensata all’estremo, diventa un luogo di intersezione, giustapposizione e sovra determinazione di catene significanti, di fonemi, di sensi interrotti, di ritmi sincopati e deviati; vi si ritrova anche la dislocazione di metafora in metafora, altro procedimento tipico del linguaggio dell’inconscio, la sostituzione dei sostantivi ai verbi, lo spostamento del soggetto, la moltiplicazione dei soggetti, l’ellissi, passaggio dal fonologico al semantico, repentini cambi di marcia e di immagini etc. Ci troviamo, per la prima volta nella poesia italiana del novecento e di questi ultimi anni, di fronte al più vistoso e sorprendente effetto di deragliamento e di dislocazione di materiali iconici e semantici in febbrile omeostasi.
Linguaggio dei comics, tumblir, gif, pinterest, foto di scena di dive, spari di gangster, lacerti strappati e violentati della cultura alta e fotogrammi di fotoromanzi da telemarket, tutto commisto in una fantasmagoria del nulla e del vuoto della nostra civiltà…
È qui in azione il linguaggio dell’inconscio, se prendiamo per vero che la composizione della psiche umana è un qualcosa di stratificato, la poesia di Gabriele è una sorta di sonda immersa tra questi piani del linguaggio del subconscio e dell’inconscio. I compromessi, le collisioni iconiche e i paradossi sono tutti giocati sugli effetti a sorpresa, le ellissi, le elisioni, le omissioni, tutti spie di una grammatica inconscia: un vero e proprio inventario inesauribile. La poesia di Gabriele è arte del tempo, ma di un tempo senza direzione, il tempo dell’attualità, il tempo del presente esteso che agisce però in un modo differente dal tempo della poesia di Donatella Costantina Giancaspero, diversissime sono le procedure, ma entrambe si dirigono verso la cancellazione del verbo, l’azione verbale viene delegata ad un aggettivo con funzione verbale o ad un avverbio. Il participio svolge qui un ruolo importantissimo perché insieme al presente viene come spogliato del passato e ricondotto ad una modalità del presente…
«La funzione poetica proietta il principio d’equivalenza dall’asse della selezione sull’asse della combinazione», dirà Jakobson.2] La poesia diventa diplopia di identità, reiterazioni, contrasti, riflessi iconici, entanglement, si sposterà dall’asse della metaforizzazione a quello della metonimia, tutti indizi retorici di un procedimento che sostituisce il tempo lineare unidirezionale della poesia italiana con un tempo che abita l’estensione del presente esteso, la durata dell’effimero, il tempo dell’attualità pura, il tempo dell’inconscio. Sarà la Persona dell’inconscio che «parla», non più un soggetto governatore e ordinatore del tempo. Gabriele tratta il significante come tratta il sogno o il motto di spirito o le sue metafore, come zattere che consentono lo scorrimento delle icone a velocità supersonica: il messaggio non figura, non si trova in nessuna «icona» ma in tutte quante messe assieme, suggerisce che non c’è messaggio, in primo luogo perché il messaggio si assottiglia e scompare lungo la via di fuga della catena significante, e poi perché la questione del messaggio è stata derubricata dal pensiero critico del novecento a semantema sospeso nel vuoto tra un significante e l’altro, quel vuoto occupato dal soggetto.
Il poeta con quel suo gioco alle tessere del mosaico in perenne costruzione, ci riconduce a quel luogo mitico, fuori della storia, dove nacque il linguaggio, in cui gli elementi significanti dis-connessi, diventano suscettibili di interventi modificatori seguendo la legge di condensazione e di dislocazione che abita nel preconscio…
1] J. Lacan Scritti, I Einaudi, 1974 p. 431
2] R. Jakobson, Saggio di linguistica generale trad. it. Einaudi, p.220

Roy Lichtenstein pop art
Giorgio Linguaglossa
Io, Cassandra
«Uomini, ascoltate, ve ne dò il segreto.
Io, la verità, parlo».
Lei, Cassandra, disse queste parole. Disse proprio
queste parole quando entrò nel bar;
ma nessuno le diede retta, anzi, nessuno
se ne accorse…
Voltò le spalle al muro e salì su uno sgabello.
«Uomini, ascoltate, ve ne dò il segreto.
Io, la verità, parlo».
Con meraviglia e stupefazione Cassandra
notò che nessuno le aveva dato retta.
«Wo Es war, soll Ich werden», disse in fretta,
sottovoce,
come per liberarsi di un peso; ma ormai era fatta,
si era liberata la coscienza di quel peso: l’aveva detto.
In qualche modo, l’aveva detto.
Roma, 25 agosto, 19.04
I, CASSANDRA
«Listen, men, I will give you a secret.
I, the truth, speak».
She, Cassandra, said these words. She spoke
these very words
when she came into the bar;
but no one listened to her, indeed, no one
saw her …
She turned her shoulders to the wall and climbed on a stool.
«Listen, men, I will give you a secret.
I speak the truth».
Surprised and stupefied Cassandra
noticed that no one had listened to her.
«Wo Es war, soll Ich werden», she quickly said,
sottovoce,
as if to free herself of a weight; but already it was done,
she had freed her conscience of that weight: she had said it.
In some way, she had said it.
[ Rome, August 25, 19.04]
© 2017 for the American translation by A. P. Nicolai of the poem
IO, CASSANDRA of Giorgio Linguaglossa. All Rights Reserved for the original and the translation
Mario Gabriele
24 agosto 2017
Caro Giorgio,
il vuoto poetico si placa solo recuperando i frammenti linguistici e fonosillabici, con tutti i “vari deragliamenti di materiali iconici e semantici in febbrile omeostasi”, che si aggregano e si annullano, come giustamente fai notare tu. Non è compito facile: è l’estrema risorsa per ridare alla parola un momento di riflessione e di ricostruzione, anche se alla fine la poesia è un’arte verbale in continuo movimento. Proprio oggi, con la pubblicazione della poesia dall’incipit Evelyn, apparsa qui su l’Ombra e su Altervista, assieme alla tua nota e al mio riscontro, ho voluto inserire alcuni testi di poesia civile, che sembrano spariti dai negozi linguistici, troppo affollati di iperplasia fonocellulare. Questo perché non si può dimenticare il passato nei suoi eventi storici, tanto da far dire a Claudio Magris e a Barbara Spinelli che il Novecento è stato il secolo ”ammalato di amnesia” e, che ha portato nel campo della poesia allo svilimento dei valori e alla parcellizzazione dei linguaggi, a uso e consumo dell’IO. Ci sono tanti motivi nazionali ed extranazionali che stanno veramente rivoluzionando il mondo e che possono essere presi ad esempio, senza fare retorica, anche con un linguaggio nuovo.
Lucio Mayoor Tosi
24 agosto 13.30
Evelyn: qui siamo alla maestria. Si riconoscono le campate dei versi, nati antichi ma come vintage. E la critica: abbiamo un bel dire che servirebbero altri criteri, ma intanto una cosa sappiamo: che la critica NOE può nascere solo all’interno della NOE. Può sembrare un estremismo, eppure com’è che ci capiamo anche nelle cose più complesse, nelle ricerche più azzardate, scientifiche e filosofiche? E’ una malia, un assoggettamento? No, basta notare l’ingresso di una poesia di Mario Gabriele; e sembra di essere in un bar, altro che in un salotto letterario! Un caffè? e la giornata scorre nel lungo inizio.

Roy Lichtenstein Marilyn pop art
londadeltempo
24 agosto 2017
Mario Gabriele: una vera rivoluzione espressiva compiuta con “passo felpato”, con andamenti eleganti da felino del linguaggio, sempre con l’abituale classe dello stile mitteleuropeo con sfumature di american style!
Grande Mario Gabriele, hai ispirato un pezzo di critica a Giorgio altrettanto grande!!! Siete fantasmagorici, cari maestri di NOE, MERAVIGLIOSAMENTE DENTRO LE VOSTRE IDEE! Non posso non riscrivere la poesia di Mario, commentandola, mi ha emozionato perché, nella sua eleganza equilibrata e incandescente, da parola a parola, riesce a velare le emozioni attingendo a quella che chiamerei “la vera classe nel fare poesia”, creando con le parole una sorta di imprevedibile fiore cosmico: (e la stessa cosa penso del commento critico di Giorgio a Mario Gabriele, poi ne parlerò).
Quindi:
“Evelyn non svelò mai l’ultima carta,
e chi le chiese della sua vita rispose:
-everybody cries,
(tutti piangono)
-everybody hurts, sometimes-,
(tutti soffrono qualche volta).
Mancando il bersaglio per accecare la vita,
la Signora Tiimberlaine credeva che standomi accanto,
tornasse il sole. –Come Here!-,
disse Miss.Swedenborg, la principessa dei sogni.
-Solo con me puoi tornare alle notti di luna-.
-Ho timore, Madame, che tutto questo non basti-.
Settantasette volte sette fummo abbattuti dal vento.”
ECCO due splendidi ritratti di signore e uno visto sullo sfondo: Evelyn pallida, vestita in grigio pallido, che non rivela indirettamente il proprio doloroso sentire (il poeta prova tenera ironia), ma teneramente vuol essere compatita e lo è, ironicamente; Miss Swedenborg (come si sente la cultura vasta e ben assimilata nella scelta dei nomi!) “principessa dei sogni” (come fai, Mario, a realizzare questi perfetti MIX di tenerezza e ironia?. ..la principessa dei sogni traccia rapida il ritratto sullo sfondo: quello della signora Timberlaine, che sente, nella solare Miss Swedenborg, un’energia vitale capace di riscaldarla, di farla rinvenire da uno stato di tedio e di malinconia, ma lei, la principessa, pensa alle notti di luna (e continua a sognare).
Purtroppo un impeccabile freddo cavaliere la risveglia alla realtà: il vento abbatte i sogni con una percentuale di probabilità alta, la cui misura è tratta dal linguaggio del Vangelo.
Poi si legge di tutto, con una progressione “meteorica” e post-emblematica che va dall’ “eclissi sopra New York” a “Parigi specchio del mondo…con il profumo serale di fresca fontana quando passa di sera Margot. C’è Carolina che cambia epitaffio da quando a letto l’Antologia di Spoon River, Caronte che traghetta le anime “disabituate alla vita”, il poeta dà il benvenuto agli anni che vengonoevanno come in un volo charter quando restiametàrespiroeti racchiudintestesso e byebyesiscendenelprofondo. Il volo pindarico (ehi…è Mario Gabriele!) passa dal volo charter alla Torre Eiffel, da dove Perigi è vertigineincanto. Rileggete: una vera meraviglia di sequenzesensazionievocazionieventipercezioni!
“Oh come è lontana la giada di Dalia!
L’eclissi copre New York,
aggiunge nero al nero su Edmund Wilson
chiuso nel suo sonno eterno.
Carolina ha cambiato epitaffio
da quando ha letto Spoon River.
E’ venuto Arturo con l’amuleto contro i woodoo
Il dottor Caronte traghetta con il Targin le anime
disabituate alla vita.
Profumi esalano dai comignoli.
Welcome agli anni che vengono e vanno
in questa Long Island di ricordi:
delicatissimo plumage nel sonno di primo rem,
quando come su un volo charter resti a metà respiro
e ti racchiudi nel sedile e bye bye,
si scende nel profondo, si va in libero volo
tra paure recidive e aritmie
e giù, giù, lo starter è pronto per l’ultimo embarquement.
Parigi dall’alto della torre Eiffel è vertigine e incanto.
À la maison de madame Gachet c’è l’Art Nouveau
con clocks, zodiac, calendar prints,
un berretto della rivoluzione d’ottobre,
vicino all’edizione di Fetes galantes di Pauvre Lilian
pubblicata da Lemerre, e poi pintores y escultores,
impressionist masterpieces
e un pezzo di Muro della Berlino di Willy Brandt.
Parigi è uno specchio del mondo:
un lungo racconto da Boule de suif di Maupassant.
Ma se passa di sera Margot,
t’accorgi che è un profumo di fresca fontana
dai boulevards a Saint –Martin-des Champs.”
E adesso una parola sul commento di Giorgio Linguaglossa, vero capolavoro d’interpretazione creativa di un testo altrettanto sorprendente. Non posso aggiungere una parola in più a quanto ha detto Giorgio L., forse avrei fatto meglio a tacere, ma l’entusiasmo è stato travolgente. Risentiamolo:
“Ci troviamo, per la prima volta nella poesia italiana del novecento e di questi ultimi anni, di fronte al più vistoso e sorprendente effetto di deragliamento e di dislocazione di materiali iconici e semantici in febbrile omeostasi.
Linguaggio dei comics, tumblir, gif, pinterest, foto di scena di dive, spari di gangster, lacerti strappati e violentati della cultura alta e fotogrammi di fotoromanzi da telemarket, tutto commisto in una fantasmagoria del nulla e del vuoto della nostra civiltà…” Tanto di cappello.
Anche gli altri poeti che oggi hanno pubblicato: il postmoderno e originalissimo Gino Rago:
le parole che negano
“…Sensazioni e idee della durata eterna.
I cenci e gli stracci. Le velature.
Gli impasti. Le ombreggiature. I merzbilder.
I sacchi vuoti. Ma più pieni degli uomini vuoti.
Il ritorno an den Sachen selbst del poeta nuovo
Lascia in eredità l’arte del no finalmente libero
Contro il sì obbligato di Ferramonti e Belsen.”
E in Lucio Mayoor Tosi
“l’inquietudine dell’universo-leggedell’entropia” come dice Linguaglossa?:
nell’ “Apocalisse” di Lucio Mayoor Tosi?:
Apocalisse.
Come si sta nell’universo al mattino? Che si fa?
Il grigio tormento di un verso attraversa il cortile.
Inossidabile. Giace la rana sepolta dai diserbanti
le spire del vecchio serpente si rilasciano nell’acqua
tiepida di agosto. Il tempo precipita nelle cave
su Andromeda. Segnali di luce, mattini come perle
quando passa l’onda sui frammenti. E mancano i volti.
Il tempo precipita nelle cave su Andromeda: poesia del futuro.
“Segnali di luce, mattini come perle
quando passa l’onda sui frammenti”: poesia dell’anima, di sempre.
Complimenti, Lucio!
Molto intensa e nuova anche “Mattino d’origine” di Gabriella Cinti!!!!
Un abbraccio a tutti.
(Mariella Colonna)
Mario Gabriele
24 agosto 2017 alle 18.52
Carissima Mariella,
conoscevo il tuo carotaggio critico sul mio testo “La casa degli anni Quaranta”, dove hai esposto, rigo dopo rigo,il percorso poetico. Ora con la mia Evelyn hai raggiunto l’Everest, come lo sherpa Giorgio Linguaglossa che conosce vette vicine all’ecosfera. Mi piace il termine che usi, ossia l’American Style, corpo e anima dei miei testi, dove la onomastica, già citata da Letizia Leone, recensendo “L’erba di Stonehenge”, e la toponomastica, sono riferibili ad un trapianto linguistico di tipo anglosassone, con la semiologia della ritrattistica di altre culture negli ambiti extraletterari: scultura, pittura, cinema e tante altre scheggiature del nostro tempo. Tu sai scardinare dalla metafora le figure femminili dando il giusto transfert, e lo fai con l’acquisizione di estrazioni psichiche tipo Freud e Jung. Ma ciò che mi sorprende è la costanza nello scavare a fondo la traccia occulta di ogni poeta. Noto con piacere che anche tu hai un tempo anglosassone e uno legato alle tue esperienze esistenziali. E questo è già un dono,una proiezione del divenire poetico, che certamente avrà un ruolo nella NOE. Con l’occasione, ringrazio anche Lucio, sempre sulle corde critiche di ampio sound.
londadeltempo
24 agosto 2017 alle 23.56
Ho dimenticato di citare queste parole dal commento di Giorgio Linguaglossa
“…In tal modo, nella poesia di Gabriele si manifestano e si intrecciano due piani semantici, uno latente ed uno evidente, che entrano in competizione reciproca. Si manifesta, insomma, una vera e propria sintassi delle immagini, o delle serie di immagini, in competizione tra di loro con un andamento ondulatorio che vede ora il prevalere di una serie di immagini, ora il prevalere di un’altra serie…”
I due piani semantici “uno latente ed uno evidente” racchiudono il segreto di ogni poesia che sia poesia: è dal gioco dei due piani che si sviluppano metafore, allegorie, analogie, contraddizioni segniche, effetti-specchio, costellazioni di significati: ed è l’ambiguità della parola a permettere questo magico gioco che afferra frammenti e schegge di realtà ancora sconosciuta e ci avvince nella ricerca e scoperta degli universi della parola..
Grazie Giorgio!
londadeltempo (Mariella Colonna)
24 agosto 2017
E adesso tocca a me:
Luce bambina sulle colonne del tempio
e cielo azzurro come gli occhi di Dio.
Questa è la patria del poeta.
Mille cavalli neri nel deserto d’ambra.
E un cavallo bianco per me,
voglio tornare all’infanzia.
Questa è la patria del poeta!
Einstein passeggia sopra una nuvola rosa
il mio cuore galoppa insieme ai cavalli
ma invece del deserto ora c’è il mare.
Il cavallo bianco esce dalla finestra:
(sullo sfondo c’è il mare)
Evelyn, personaggio di Mario Gabriele
adesso entra nella mia poesia
“perché” dice “non è opportuno
che una signorina resti sola nella poesia di un uomo…
sì, sola, io a tu per tu con il cuore di un poeta!
Miss Swedenborg e “la principessa dei sogni” mi hanno lasciato
sola, sono andate…ad un concerto di Vasco Rossi!”
poi si rivolge a me: “Mario ci ha presentate
nella sua ultima creazione poetica, ricorda?”
“Sì, certo! E’ un vero piacere, Evelyn, io sono Mary”
“Grazie…però senti…preferivo entrare
in quella poesia di Giorgio Linguaglossa
dalla finestra aperta…quella poesia
Mi piace di più della tua…e poi
questa volta voglio essere io il corvo!”
“Ma sì, vai…sei libera!” “Allora vado”
Evelyn tace, volta le spalle, apre le ali nere,
esce dalla finestra. “Sono contenta che Evelyn sia volata via”
dice una sopravvenuta bella donna
vestita cn una tunica bianca. Prendo io il suo posto”
“Ma prego, entra pure, entrate tutti: questa è casa vostra!”
“Hai ragione, questa è casa mia!”
Ma tu chi sei?” le chiedo. Non risponde.
Denuda i turgidi seni. “Nutriti qui”
Si avvicina, mi attacco ad un capezzolo.
“Ambrosia è il tuo nutrimento, Poesia!”
Sotto un candido arco, leggera, passa una nave bianca.
Questa è l’Arca della NOE, la patria dei poeti!
gridano Gino Rago e Lucio Mayoor Tosi.
Sulla nave c’è tutto quello che resta del passato:
reperti archeologici, rovine di Roma antica, Aristotele
“I promessi sposi” e la scatoletta di Manzoni
gli stracci e i pneumatici usati.
Questa, oggi, è la Patria del poeta,
in versi liberi! E io sono tornata bambina.
(sullo sfondo c’è il mare)
*
And now it’s my turn:
Light little girl on the columns of the temple
and a blue sky like the eyes of God.
This is the homeland of the poet.
A thousand black horses in the amber desert.
And a white horse for myself,
I wish to return to my childhood.
This is the homeland of the poet!
Einstein is walking above on a rosey cloud
my heart gallops besides the horses
but instead of the desert now there is the sea.
The white horse exits from the window:
(the sea is in the background)
Evelyn, personage belonging to Mario Gabriele
also enters my poem
“because” he says “it is not right
that a miss stays alone in a man’s poem…
yes, alone, you and I face to face with a poet’s heart!
Miss Swedenborg is “the princess of dreams” they left me
alone, they went … to a concert by Vasco Rossi!”
Then he turns to me: “Mario had introduced us
In his last poetic creation, remember?”
“Yes, sure! It is a real pleasure, Evelyn, I am Mary”
“Thanks . but listen … I preferred to enter
inside that poem by Giorgio Linguaglossa
through the open window … that poem
I liked more than your own … and then
this time I want to be the black crow!”
“Ok, go ahead…you are free!” “So I will go”
Evelyn shuts up, turns her shoulders, spreads the black wings
goes out of the window. “I am glad that Evelyn flew away”
says a justly arrived noble lady
dressed in a white tunic. “I will take her place”
“But please, come on in, all of you come in: this is your home!”
“You are right, this is my home!”
“But who are you?” I ask her. She does not answer.
She offers her swollen breast. “Drink here”
she comes near, I suck from one of her nipples.
“Ambrosia is your nourishment, Poetry!”
Light under a candid arch passes a white ship.
That is the ark of NOE, homeland of the poets!
Howl Gino Rago and Mayoor Tosi.
On the ship there’s all that is left of the past:
archelogical reperts, ruins of ancient Rome, Aristotle
the “Promessi sposi” and Manzoni’s tiny box
rags and used car tires.
This, today, is the Homeland of the poet,
In free verses! And I became again a little child.
(the sea is in the background)
© 2017 American translation by A. P. Nicolai of the poem LONDADELTEMPO of Mariella Colonna. All Rights Reserved by the original author and by the translator
Giorgio Linguaglossa
25 agosto 2017 alle 15.03
Cara Mariella,
leggevo questi tuoi versi:
Evelyn, personaggio di Mario Gabriele
adesso entra nella mia poesia
“perché” dice “non è opportuno
che una signorina resti sola nella poesia di un uomo…
E poi questi altri che rivelano una forza fantastica straordinaria:
“Mario ci ha presentate
nella sua ultima creazione poetica, ricorda?”
“Sì, certo! E’ un vero piacere, Evelyn, io sono Mary”
“Grazie…però senti…preferivo entrare
in quella poesia di Giorgio Linguaglossa
dalla finestra aperta…quella poesia
Mi piace di più della tua…e poi
questa volta voglio essere io il corvo!”
Qui di straordinario c’è che tu «confondi» personaggi reali (io, Mario, tu) con i personaggi delle loro poesie (Evelyn, Miss Swedenborg, il «corvo»), con certe situazioni che si trovano in altre poesie («la finestra aperta»), a generare un senso di comunanza fratellanza e anche di coappartenenza, tu prendi tutto da tutti perché hai una dote rarissima: quella di non pavoneggiarti mai nel narcisismo dell’io e nella sostenutezza dei poeti letterati i quali sono notoriamente stitici ed alieni dall’ ammirare le opere altrui. Tu, invece, hai questa dimestichezza con la leggerezza e un altruismo che ti rende poeta unica. Nella tua poesia c’è aria di libertà, una sfrenata libertà, la leggerezza della ingenuità (solo i veri ingegni sono ingenui!), c’è quella ironia che non vuole canzonare nessuno, che non si ammanta di un’aria di superiorità ma che vuole accompagnare il teatro del mondo con tutte le sue commedie, risibili e grottesche e tragiche…
25 agosto 2017 alle 8.37
Adeodato Piazza Nicolai
COHELET e VERMEER
Oh, la nera bellezza del tuo cantare, Qohelet!
Piove e piove ininterrottamente da giorni
e questa è una notte ancora più cupa,
tutto inghiottito da compatta tenebra:
annuncio e figura dell’altra Notte che viene? [1]
Mostro della luce, Vermeer, sempre nella stessa stanza
dove invita le sue modelle, le posiziona, mette a fuoco
la luce che filtra dalle tre finestre, poi dipinge, dipinge.
Il pennello fotografa soggetti, i suoi occhi accarezzano
gli altri occhi, la pelle ruvida, rosata, incarnadina. Oggetti
e soggetti con sfondi creati dalla sua mente. Non mente
il pennello. Guarda, apprezza, riscopre se stesso nei suoi
personaggi riconosciuti da altre vite, da vecchie e cancellate
forse sublimate situazioni. Vermeer, jazzista di luci e colori
sfiorati nel ghetto e depositati con tenera-ruvida bellezza
sulle ragnatele del tempo/non tempo ora sbiadito. Ecco
la sua folle magia. Qualche critico moderno ha dichiarato
che i suoi dipinti peccano di staticità. Forse intendeva
di elettricità: ogni scatto fissato su tela, su carta su cera
pecca di staticità, mio caro signore! Nei suoi ritratti
le donne fanno le cose quotidiane e lui le dipinge, dipinge.
Passano gli anni, lui se ne va nell’oltranza forse mai prima
svelata o dipinta. Negli atelier, musei, pinacoteche, nelle
stanze private dei collezionisti vivono ancora le sue colorate visioni.
Qual è il segreto,
il suo mistero? Indescrivibile, irriproducibile la qualità di
quella luce. Fotografi e pittori moderni hanno tentato, cercato
sognato di riprodurla ma senza fortuna. La luna resta sempre
la luna: lo scatto matto non la ricrea, la copia solamente.
“La ragazza con gli orecchini di perla” e quella con il cappellino
rosso forse con lui hanno affossato una relazione amorosa?
Nessuno lo saprà. Amore sbocciato con la prima pennellata…
Lei guarda un po’ persa fuori dalla finestra, lui entra dentro
quegli occhi grigio-verdi e lì ci resta assopito per tanto tempo,
possibilmente per sempre.
Luce è vita raccolta su tela anche se fuori sfarfalla la neve …
Donatella Costantina Giancaspero
25 agosto 2017 alle 14.25
Non posso che associarmi a quanto hanno egregiamente detto Giorgio Linguaglossa, Mariella Colonna, Lucio Mayoor Tosi sul testo di Mario Gabriele, che, a mio parere, rappresenta un importante esempio di scrittura per tutti noi. Difatti – come rileva Giorgio – in questi versi “Ci troviamo, per la prima volta nella poesia italiana del novecento e di questi ultimi anni, di fronte al più vistoso e sorprendente effetto di deragliamento e di dislocazione di materiali iconici e semantici in febbrile omeostasi”. Mario Gabriele adopera le tecniche usuali in maniera estremamente innovativa, “con una inventiva senza eguali e un giudizio semantico irripetibile”. A volte, c’è da restare sbalorditi di fronte a tanta (invidiabile) perizia.
Ora, entrando nel merito del testo in senso stretto, vorrei esprimere una mia piccola opinione: può darsi che non sia necessario tradurre i versi “everybody cries” e “everybody hurts, sometimes”… Io credo che stiano bene solo in inglese. Ad ogni modo, sarà l’autore a decidere.
Grazie a tutti per i commenti!! A presto…
Mario Gabriele
25 agosto 2017 alle 15.52
Cara Donatella Costantina,
ho letto con molto piacere il tuo commento, ma non per sentirmi sull’altare. Hai recuperato dalla lettura di Evelyn ciò che nasconde e propone il sottofondo della mia scrittura, assorbita con Ritratto di Signora (2015), L’erba di Stonehenge (2016), e con molte altre geografie poetiche da Le finestre di Magritte. I versi “Everybody cries” e “every hurts, sometimes”, possono stare bene anche da soli. Ma lasciandoli così, i lettori non vi si riconoscono con “tutti piangono” e “tutti soffrono qualche volta”. Certamente mi sarebbe piaciuto, come ho fatto in altri testi, lasciarli nella lingua inglese. Ma qui ho voluto dare un tocco umano più istantaneo. Linguaglossa nel suo ampio commento critico scrive: ”Un giorno mi farò coraggio e chiederò a Mario Gabriele come inizi di solito una sua poesia”. Bene! Non mi propongo di esercitare il copyright e tenere il mio segreto.
Tutto sta (e qui mi avvicino a quanto successivamente scrive Giorgio), ad una procedura a random. Il primo verso deve avere una struttura ad effetto. Poi mi capita di lasciare il tutto e girare per la casa. Stare sul balcone osservando l’esterno, mentre passano le sirene dell’autoambulanza e un down fa fatica a manovrare la carrozzella. Memorizzo. Ritorno al computer, rileggo il primo verso. Lo arricchisco di nuovi strati, tra tempo presente e passato, immagini, resurrezioni di fantasmi La mente poi si ferma. Allora leggo il giornale. E se poi nulla trasale spengo il computer, per riaccenderlo subito dopo per chissà quale oscura manovra da parte dell’ inconscio. E qui, una volta che divento sua pedina, trascrivo e riporto ciò che ho imparato dopo 44 anni di esercizio poetico. Non è tutto, anche perché gli strumenti operativi sono moltissimi e di diversa provenienza. Non so se sono stato esauriente, ma la tecnica credo sia questa. Un cordiale saluto e buon lavoro dentro l’Ombra e nei Caffè letterari.
Caro Giorgio,
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/25/la-nuova-poesia-poesie-inedite-di-mario-gabriele-mariella-colonna-adeodato-piazza-nicolai-giorgio-linguaglossa-con-dialoghi-e-commenti-tra-lucio-mayoor-tosi-donatella-costantina-giancaspero-mari/comment-page-1/#comment-23029
bella pagina questa postata stamattina con le due girl e tutti i commenti molto pertinenti e specifici.Né qui vorrei far passare la mia attenzione, senza dare un seguito alla tua poesia, che si presenta come un altro documento affiliato alla NOE, con tutti i cromosomi letterari, anche se è stata scritta di getto, senza rifacimento. Figuriamoci se poi tu l’avessi riconsiderata nella forma! Noto con sorpresa come questa esperienza stia dando i suoi frutti con poeti tuareg in mezzo al deserto, come te, Lucio Mayoor Tosi, Mariella Colonna, Adeodato Piazza Nicolai, Gino Rago, Steven Grieco, Donatella Costantina Giancaspero, Edith Dzieduszycha, Letizia Leone ed altri ancora, che pure appartenenti a questo consorzio di idee, ma che qui ora mi sfuggono e ne chiedo scusa, siano diventati una famiglia che ha condiviso un progetto tra mille difficoltà e opposizioni di diversa natura, né vorrei passare come il laudatore di questo nuovo modo di fare poesia, né come il buttafuori di quella già omologata, ma non accorgersi che è in atto una vera rifondazione della parola poetica, è distrarsi da questa fenomenologia.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/25/la-nuova-poesia-poesie-inedite-di-mario-gabriele-mariella-colonna-adeodato-piazza-nicolai-giorgio-linguaglossa-con-dialoghi-e-commenti-tra-lucio-mayoor-tosi-donatella-costantina-giancaspero-mari/comment-page-1/#comment-23055
Beh, uau. E che Bello poter ri-iniziare la giornata lavorativa (dopo pranzo) allietandosi con pagine di tal fatta. La vertiginosa poesia d’apertura mi ha fatto venire voglia di riascoltare una canzone dei REM dal titolo everybody hurts che non ascoltavo da almeno un paio di decenni … che ci sia un latente richiamo a quel famoso brano? Le parole sono esattamente le stesse del ritornello … Non so … che il richiamo sia invece patente?
Vuole che le riveli il segreto? E’ proprio come ipotizza. Si tratta di un richiamo ai REM, come vissuto esistenziale. Ringraziandola vivamente del giudizio positivo sulla mia poesia, colgo l’occasione per inviarle cordiali saluti.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/25/la-nuova-poesia-poesie-inedite-di-mario-gabriele-mariella-colonna-adeodato-piazza-nicolai-giorgio-linguaglossa-con-dialoghi-e-commenti-tra-lucio-mayoor-tosi-donatella-costantina-giancaspero-mari/comment-page-1/#comment-23059
Amici.
(A Giorgio Linguaglossa)
Si ritrovarono in piazza, non sotto i portici
ma nemmeno in strada. Dovunque andassero
erano sempre fuori posto, solo facendo in modo
che non si notasse. Poi erano trascorsi secoli.
Tante vite spezzettate. Senza memoria.
Due uomini e una donna.
Il primo mostrò quel che sapeva fare.
Sollevò la gamba destra e l’accavallò sull’altra.
Quindi restando in fragile equilibrio
sollevò la sinistra. Ohplà! eccolo sollevato
in aria nella posizione del loto.
– E tu che sai fare?
L’altro uomo lo guardò sorridendo
e senza muovere le labbra iniziò a parlargli
nella mente. I tre si misero a ridere.
Poi i due amici guardarono la donna.
Ma non la videro. Lei sapeva come fare
per non esserci.
Mayoor – oggi, ago 2017
per non esser/ci
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/25/la-nuova-poesia-poesie-inedite-di-mario-gabriele-mariella-colonna-adeodato-piazza-nicolai-giorgio-linguaglossa-con-dialoghi-e-commenti-tra-lucio-mayoor-tosi-donatella-costantina-giancaspero-mari/comment-page-1/#comment-23093
Come ho già avuto modo di scrivere in un commento postato alla stessa poesia inedita del grande Mario Gabriele sulla sua pagina facebook, trovo che la sua poesia abbia un valore trascendente e che attraverso la disarticolazione delle immagini e delle costruzioni convenzionali, ci permette di entrare in una dimensione poetica meta-fisica e meta-storica, capace di errare con il suo respiro nello spazio e nel tempo, dipingendo impressionisticamente uno sguardo olistico sulla condizione umana, convincendoci quasi dell’idea confortante che il trascendente ci appartenga. Trovo assolutamente entusiastico anche il fatto che la sua poesia, di altissimo profilo intellettuale, trovi al tempo stesso la sua apoteosi in un rimescolamento dei vari piani di lettura, sovrapponendo “alto” e “popolare contemporaneo”, riuscendo a fondare una concezione, un disegno poetico in cui indagare e consacrare l’alito più vero e profondo della vita, molto più di quanto riesca a fare tanta poesia presuntamente realista, proprio grazie alla sua lettura multidimensionale o potremmo dire alla sua ricerca di una dimensione altra della vita, in ciò facendosi paradigma del progetto NOE. Mi piace evidenziare in questo spazio anche la mia ammirazione per la poesia di Lucio Mayoor Tosi e di Mariella Colonna. Certamente ci sono differenze stilistiche e di canoni espressivi tra loro (ed è questa d’altra parte una delle ricchezze della NOE) in quanto hanno due “passi” diversi, più da scattista nel caso di Lucio ed invece da passista nel caso di Mariella, per mutuare la terminologia ciclistica; conseguentemente sviluppano due approcci diversi, più”dirompente” nel caso di Lucio che trae ispirazione da immagini folgoranti, (con la capacità icastica tipica di chi come lui vive di immagini) ed invece nel caso di Mariella apparentemente più lineare nella sua prosa, ma in grado di attingere con maestria all’immaginifica del frammento e della de-strutturazione del circostante con una capacità a sua volta di elargire emozioni e spunti poetici stranianti che trascendono la “cosa” (come direbbe Giorgio) forse ancor più munifici per un verso, in quanto emergono come gemme preziose da uno scrigno nascosto. Entrambi giungono, attraverso i loro rispettivi procedimenti a produrre dei notevoli risultati di straniamento rispetto al “dato” , come se imboccando un sentiero prossimo al bosco di casa, ci si ritrovi improvvisamente in un altro continente. Gabriele, Tosi e Colonna, mi fanno venire in mente l’immagine del nibbio, falchetto che vola tra i monti della Murgia barese, perché come il nibbio nel suo volo, trasmettono un senso si libertà assoluta e di abbraccio dell’intero, sterminato orizzonte che si dispiega ai loro occhi. Mi ha entusiasmato anche il commento di Giorgio alla poesia di Mario Gabriele, perché in poche pennellate, da grande maestro concertatore della NOE, è riuscito a ritrarre lo spirito di un intera poetica, affascinante ma complessa come quella di Mario e che al tempo stesso è lo spirito dell’intero progetto NOE. Buona domenica a tutti.
Caro Vincenzo Petronelli,
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sarebbe uno sgarbo da parte mia, non rispondere a questo tuo commento che rimane molto significativo nell’oggettivare ulteriormente il carattere extra corporeo del linguaggio poetico che si propone, con tutti i materiali esterni e interni, come li ha significativamente indicati Linguaglossa, a dare un piano esegetico alla mia poesia. La forma, lo stile, la comunicazione e via dicendo, forse potranno sembrare un rinnegamento dell’IO lirico, ma la struttura semiologica è molto semplice e riguarda l’accatastamento di più eventi psicoestetici e di frammentazione del quotidiano e del passato, che, una volta aggregati, danno corpo e anima alla parola. Sono queste alcune indicazioni essenziali,come chiave di lettura del prossimo volume In viaggio con Godot, in corso di stampa, dove si potrà notare in modo più organico la tessitura polimorfica dei dati presi a riferimento. Un grazie, e buon inizio di settimana.
Grazie mille per la tua risposta caro Mario: il tuo intervento è per me un grande onore, oltre a costituire, come sempre le tue parole, un importante stimolo di crescita intellettuale.Buona serata e buon inizio di settimana anche a te.
Caro Vincenzo Petronelli,
ti sono grata per le parole non soltanto sincere ma anche raffinate e piene di significato con cui hai accolto prima di tutto la NOE, poi le poesie che abbiamo scritto in questa fase di transizione dall’estate all’…estate! Grazie di cuore per l’interesse che ci dimostri e complimenti per la profondità delle tue osservazioni: sei una persona di grande sensibilità e straordinario interesse per la poesia: io penso che la poesia sia un ineguagliabile mezzo per risalire dalle acque morte del pensiero unico. quindi coraggio, anche tu sii presente con le tue creazioni che io apprezzo molto e andiamo avanti insieme! Mariella Colonna
Grazie mille cara Mariella, per i tuoi apprezzamenti rivolti al mio intervento ed ai miei scritti che solleticando le corde – dormienti, ma non estinte, del mio ego – mi gratificano particolarmente in quanto provenienti da una poetessa che che ammiro, come te e perché maturati in questo contesto di voci poetiche eccelse che mi onoro di frequentare.In realtà trovo che sia proprio l’entusiasmo che mi procura l’incontro con i vostri componimenti a permettermi di esprimere la mia sensibilità poetica ed in effetti, per quanto riguarda la tua esortazione a essere presente anche con altri miei scritti, devo dire che l’approccio avvolgente che fin dall’inizio ho avuto con la NOE ed i suoi autori non è stato casuale, poiché questo stesso incontro è stato il frutto di un momento di mia profonda inquietudine poetica, protesa verso la ricerca di nuove strade espressive e che nella NOE ha evidentemente trovato accoglimento e conforto; pertanto in questa fase sono impegnato in una ristrutturazione del mio “usus scribendi” e sarò lietissimo di sottoporvi dei miei componimenti, non appena questo mio soffio vitale rigenerativo si concretizzerà in forma valida. Grazie ancora e buona giornata.
Caro Vincenzo,
sai che io, esattamente un anno fa, sono approdata alla NOE con lo stesso (identico!) tuo stato d’animo? Anche io stavo vivendo un momento d’inquietudine, non solo per la poesia, ma anche e soprattutto per la salute, che “nella NOE ha evidentemente trovato accoglimento e conforto;” è molto bello che ci ritroviamo con sentimenti analoghi: in fondo l’Arca della NOE ci ha accolto e ci porta in salvo: l’entusiasmo che abbiamo gli uni per gli altri è dovuto soprattutto a queste sinergie e sim-patie che si creano quando si crede negli stessi valori (la poesia e la cultura) e si lavora insieme, anche sbagliando…perché sbagliando s’impara!
Allora ti aspettiamo, sei già pronto secondo me.
Mariella
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/25/la-nuova-poesia-poesie-inedite-di-mario-gabriele-mariella-colonna-adeodato-piazza-nicolai-giorgio-linguaglossa-con-dialoghi-e-commenti-tra-lucio-mayoor-tosi-donatella-costantina-giancaspero-mari/comment-page-1/#comment-23098
Ringrazio anch’io Vincenzo Petronelli per gentili parole e per aver compreso aspetti delle diverse identità e interpretazioni di questa nuova poesia. La nota di Mario Gabriele mette però in evidenza alcuni aspetti che ci accomunano, almeno nella procedura: i continui stacchi, la capacità di interrompere il flusso dei versi pensando liberamente anche ad altro. In questo modo ne va del pensiero e della scrittura lineare, con conseguenze notevoli in quel che veniva considerato importante in poesia, vale a dire la musicalità del verso, che qui viene sostituita da un bizzarro rapporto con il senso. Le conseguenze sul linguaggio sono immediate: frantumazione, imprevedibilità, costante creatività, ecc. Ma in alternativa, nelle versioni più prosastiche, l’uso della punteggiatura, calato in forma di linguaggio semplice o naturale, aggiunge forza espressiva e maggiore incisività.
Caro Lucio, tecnicamente hai fermato l’attenzione agli strumenti di laboratorio, che sono poi quelli che corrispondono esteticamente. alla mia forma poesia, per cui ti ringrazio sinceramente, augurandoti un buon inizio di settimana..
Grazie, anche a te.
E’ tra un verso, la sua fine, e l’altro che sperimentiamo esistenzialmente il vuoto. Lì dove si naviga.
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Diverse e sicuramente più complesse, perché inerenti a procedure filosofiche, sono le composizioni di Giorgio Linguaglossa. Ma questo vale anche per le particolari procedure di altri autori. Direi che la contaminazione tra autori diversi, che però hanno scritture che in qualche modo li rendono riconoscibili nella NOE, in questo momento di crescita e chiarimento sono da salutare positivamente. E’ naturale e inevitabile che un nuovo modo di concepire la poesia apra le porte a un panorama difforme. Diverse sono le identità visionarie, gli argomenti trattati, le scelte culturali, ma questa è tutta ricchezza.
Caro Lucio, hai detto in modo estremamente efficace quello che ci sta accadendo dopo essere entrati con le nostre navicelle nell’atmosfera “straniante” della NOE: “i continui stacchi, la capacità di interrompere il flusso dei versi pensando liberamente anche ad altro. In questo modo ne va del pensiero e della scrittura lineare, con conseguenze notevoli in quel che veniva considerato importante in poesia, vale a dire la musicalità del verso, che qui viene sostituita da un bizzarro rapporto con il senso.” Complimenti! Ora vedo di fronte a te anche una brillante carriera di critico!
Mariella
Cari amici e interlocutori,
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/25/la-nuova-poesia-poesie-inedite-di-mario-gabriele-mariella-colonna-adeodato-piazza-nicolai-giorgio-linguaglossa-con-dialoghi-e-commenti-tra-lucio-mayoor-tosi-donatella-costantina-giancaspero-mari/comment-page-1/#comment-23137
sono appena tornato a casa dalla manifestazione di un amico, Vito Taverna, e dalla sua “Poesie nel cassetto” (la 27ma) tenuta nel meraviglioso Castello di Sorci ad Anghiari, e ho aperto il computer.
Non avevo dubbi che le poesie postate potessero riscuotere l’interesse e l’attenzione generali, del resto è cosa nota: qui, nell’Ombra, si fa poesia «nuova», chi ancora non l’ha capito, probabilmente non lo capirà mai. Proprio ieri una poetessa mi chiedeva di dirle, succintamente, quali fossero le novità strutturali della «nuova ontologia estetica». Io le ho risposto che non mi era possibile dire in poche parole ciò che era stato spiegato in dozzine di articoli e commenti sparsi per la rivista. La medesima interlocutrice poi mi avvisava che sono molto cordialmente detestato a Milano, e io le ho risposto che lo sono anche qui a Roma, dove abito, per il vero, ma che la cosa non mi interessava né preoccupava.. E le aggiunsi che la NOE è un laboratorio gratuito a disposizione di tutti perché avviene in pubblico. Un fenomeno davvero singolare, aggiunsi, per le patrie lettere poetiche.
Leggiamo il primo verso della poesia di Mario Gabriele:
Evelyn non svelò mai l’ultima carta.
È chiaro che qui Evelyn è una megera, una giocatrice di tarocchi, abile nel gioco dei bari, abile nel gioco delle carte. Nel primo verso viene annunciato, in modo reticente, che il «segreto» non fu svelato «mai» da parte della megera e che tutta la poesia che segue a questa affermazione è, in un certo senso, la giustificazione di quanto sostenuto nel primo verso. Si tratta, ovviamente, di una giustificazione lambiccata e paradossale perché non fa altro che aggiungere divagazione a divagazione andandosene per le vie abrupte del paradosso e dell’inverosimile. Gabriele è un maestro nel gioco dei tarocchi (s’intende della poesia), è abile nel tenere segreto il segreto e nel propalarlo mediante argomentazioni paradossali e le metonimie. La sua è una poesia che ama il paradosso, che si esprime mediante paradossi e metonimie, spostando continuamente il significato e i significanti tra le righe del linguaggio da abilissimo rethoricoeur; i personaggi entrano ed escono tramite il gioco intersoggettivo della presenza; il reale entra tra le fessure e le commessure dei significanti, qualcosa sembra tralucere, sembra esser intravisto per lembi e per lacerti, la sovradeterminazione dei frasari che si susseguono senza interruzione ha lo scopo di tentare di chiarire il senso che sfugge tra le righe dei significanti ma, cosa incredibile, avviene che più la poesia progredisce (viene sovra determinata) più essa perde di vista il «segreto» che voleva svelare…
E adesso, a decifrazione della citazione contenuta nella mia poesia richiamo Lacan. Anche qui si tratta del tema della «megera», in questo caso Cassandra, la quale ha un monito, un messaggio da lanciare agli uomini:
“Freud, nella 31a delle sue Neue Vorlesungen: “Wo Es war, soll Ich werden”
Analizziamola. Contrariamente alla formula che la traduzione inglese non può evitare: “Where the id was, there the ego shall be“, Freud non ha detto: das Es, né das Ich, come fa di solito per designare quelle istanze in cui allora dopo dieci anni ha ordinato la sua nuova topica, e questo fatto, dato il rigore inflessibile del suo stile, dà al loro impiego in questa massima un accento particolare. Ad ogni modo – senza neppure doverne dare conferma con la critica interna dell’opera di freud che ha scritto proprio Das Ich und das Es per mantenere questa distinzione fondamentale tra il vero soggetto dell’inconscio e l’io come costituito nel suo nucleo da una serie di identificazioni alienanti -, appare qui che nel luogo: Wo, dove Es, soggetto sprovvisto di qualunque das o altro articolo oggettivante, war, era, è d’un luogo d’essere che si tratta, che in questo luogo: soll, è un dovere in senso morale che si annuncia, come lo conferma l’unica frase che succede a questa per chiudere il capitolo, Ich, io, là devo, dois-je (come si annunciava: ce suis-je, prima che si dicesse:: c’est moi), werden, divenire, cioè non sopravvenire, e neppure avvenire, ma venire alla luce di questo stesso luogo in quanto è luogo d’essere».1]
J. Lacan Scritti I, Einaudi, 1975, pp. 407-8
Copio e incollo questa poesia di Lucio mayoor Tosi pubblicata nel suo sito.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/25/la-nuova-poesia-poesie-inedite-di-mario-gabriele-mariella-colonna-adeodato-piazza-nicolai-giorgio-linguaglossa-con-dialoghi-e-commenti-tra-lucio-mayoor-tosi-donatella-costantina-giancaspero-mari/comment-page-1/#comment-23149
Amici.
Lucio Mayoor Tosi
(a Giorgio Linguaglossa)
Si ritrovarono in piazza, non sotto i portici
ma nemmeno in strada. Dovunque andassero
erano sempre fuori posto, solo stando attenti
a che non si notasse. Poi erano trascorsi secoli.
Tante vite spezzettate. Senza memoria.
Due uomini e una donna.
Il primo mostrò quel che sapeva fare.
Sollevò la gamba destra e l’accavallò sull’altra.
Quindi restando in fragile equilibrio
sollevò la sinistra. Ohplà! eccolo sollevato
in aria nella posizione del loto.
– E tu che sai fare?
L’altro uomo lo guardò sorridendo
e senza muovere le labbra iniziò a parlargli
nella mente. I tre si misero a ridere.
Poi i due amici guardarono la donna.
Ma non la videro. Lei sapeva come fare
per non esser/ci.
Commento.
Sembra di stare davanti ad un quadro Zen. Ci sono dei personaggi tratteggiati con un tratto di penna, dietro di loro c’è il vuoto. La presenza del vuoto prende forma dai gesti dei personaggi, meccanici come l’atto di accavallare le gambe, o di ridere; si sta «non sotto i portici / ma nemmeno in strada», altro non è detto, non c’è bisogno di dire altro. Il tutto è appena accennato con pochi tratti essenziali e casuali. Sono «Due uomini e una donna», «senza memoria». Si sta in presenza. Ma noi sappiamo che la presenza è una figura dell’assenza, qualcosa è presente perché qualche altra cosa è assente, perché l’assenza è una figura della presenza, perché non potrebbe darsi una presenza sopra un’altra presenza, una sommatoria di presenze darebbe in ogni caso per risultato ancora una volta il nulla dell’assenza… Sotto e d’intorno c’è il vuoto. Ecco, in fin dei conti è questa la «nuova ontologia estetica», far aleggiare il «vuoto» e l’«assenza» intorno alle esistenze e alle presenze in modo del tutto normale…
Grazie, ma l’ho postata poco sopra. Non so quanto sia riuscita ma era dovuta. Tra le tue domande filosofiche e l’ironico ( si può dire così?) citazionismo di Gabriele, c’è molto spazio per sperimentare. Comunque era un vecchio sogno, che avevo conservato senza sapere per quale occasione; che è arrivata e ne sono contento.
Cari amici poeti,
questa pagina di “fine-estate” è una tra le più belle e significative che restano come testimonianza del valore della NOE per chi vi ha aderito profonda-mente.
Spero che sia possibile continuare così.
Mariella