
old Chicago, avenue station entrance, di Jim Watkins
Mila Lambovska è nata nel giorno del solstizio di dicembre in un paese della Bulgaria si è laureata all’Università degli Studi di Sofia, specializzandosi in psicologia clinica. Svolge la sua attività pratica come psicologa anche nel settore dell’astrologia psicologica. Lavorare con le persone è motivo di continua ispirazione. L’esperienza di cui si è arricchita negli anni è per lei materia su cui lavora con assiduità anche nella sua attività di editor di molti testi letterari. Le sue raccolte di poesie pubblicate in Bulgaria sono Ode per Ghizu-Bazu, pubblicata nel 1996 in poche copie con lo pseudonimo Mila Kirovaz, poi altre due, pubblicate dalla casa editrice bulgara Janet 45: lilà (2007) e Tango con tigre (2013) dopo cui è arrivata la raccolta L’anno di Giorgia (Scalino, 2016).

Henri Matisse, Woman
Alessio Alessandrini
brevi considerazioni ai testi di Mila Lambovska
La poesia di Mila Lambovska nella traduzione di Emilia Mirazchiyska si impone con una forza sorgiva, direi quasi endogena, tettonica, in uno sgorgante effluvio di verbi e scene colme di brama e compitate con una violenza amabile e tenera ma pur sempre”sfacciata” e “arrogante” per usare due termini che ritroviamo tra i versi proposti.
Il lettore che si appresta a percorrere il lungo arco de “L’anno di Giorgia“, (questo il testo della raccolta data alle stampe in Bulgaria dalla casa editrice Scalino nel 2016), deve sottostare al ritmo di un “Jazz arrogante“, di uno swing che scorre compulsivo “nel cuore della notte“, senza soste perché l’intento è quello di “raggiungere l’orgasmo del vivere” con la consapevolezza che “ci sono sempre cose più importanti / e non c’è tempo“.
Non a caso il verso di Mila Lambovska è divorante, frenetico, ritmato da un dettato lirico che si struttura, nella maggior parte dei casi, attraverso l’enumerazione in forma di climax, la reiterazione anaforica della parola e il susseguirsi di versi lunghi con versi mononucleari, come se gli inciampi segnati dai numerosi enjambment fossero dovuti a questo precipitarsi fuori delle parole come in una fuga tremebonda. Per quanto appena dichiarato, non sorprende ritrovare tra i testi alcuni fulminei, composti da un unico verso, come squarci isolati, feritoie aperte a orizzonti metaforici impensati (cfr: Mercoledì, Senso unico, Fotografia venerdì).
Si tratta, in molti casi, di pagine di un diario erotico dove, però, la simbologia e l’immaginario di una “sessualità ostentata” è stemperato da un languido e morbido lunghissimo bacio. Certo la poesia si muove su un doppio binario, come “scellerato istrione” quale essa è: “guappo sfacciato” e “amante primaverile” allo stesso tempo; unico strumento capace di “prendere dolcemente / i mondi che siamo / i limiti” e farne una zona franca.
Il linguaggio fortemente espressivo si apre a un vocabolario originale nella sua violenza. Vi trovano posto parole come: biforcuto, scellerato, sterminatrici, traviate, turgido, spaccato, strappato crematorio, avvelenate, veleno, sbriciolate, pugnale; esse però raffigurano un’energia – pur venata da un certa vena di ribellione – non distruttiva o apocalittica, come potrebbe apparire, ad una prima elementare lettura, quanto richiamo ad una forza generatrice, o meglio, rigeneratrice, palingenetica.
A filo tra eros e thanatos, tra l’amore e la morte, questa poesia cesarea, composta di tagli e ferite, di cicatrici e strappi, rappresenta una gestazione – l’elemento psicanalitico avrà sicuramente il suo preponderante peso se scopriamo, a lettura ultimata, Mila Lambovska essere laureata in psicologia clinica – una gravidanza fruttuosa e voluttuosa come testimonia la forte presenza della personificazione, certamente lo strumento retorico più consono a una poesia così penetrante e carnale; un “safari emozionante” fin dai primi versi a cui vale la pena partecipare assecondandone i sussulti e le grida che giungono a una “affabile amorevole con tenerezza” deposizione (si leggano i versi di Ninna nanna, quod eram demonstrandam).

Mila Lambovska by Pano Konstantin
da Годината на Джорджа (L’anno di Giorgia) Scalino, 2016
Събудена
проникнах между устните ти
двата слънчеви лъча безсрамна светлина
познах женската ти същност
алегоричен илюзорен слаб
в бягството
в бръщолевенето на безсмислени остроумия
мъж който се любува на невинността
на остаряването
на фантазии за Соломонови девици
всмукван от страстта на костенурката
която винаги бяга по-бързо от Ахил
в абсурдните логики
в целувката
не мога да се наситя на разцепения ти език
Svegliata
Ho penetrato tra le tue labbra
i due raggi di sole, luce oscena
ho conosciuto la tua essenza femminile
allegorico illusorio debole
nella fuga
il parlare a vanvera le spiritosaggini insensate
un uomo che ammira l’innocenza
le fantasie per le vergini di Salomone
succhiato dalla passione della tartaruga
che corre sempre più veloce di Achile
nelle logiche assurde
nel bacio
non riesco a saziarmi della tua lingua biforcuta
Януари
не е бръшлян в ушната мида на октомври
не гали зърната ми в ноемврийската мъгла
не приижда
не завлича
не е глад
глад е
злодей панаирджия
сираче немилостиво захвърлено на пангара
змейово дете с оченце
изровено от леден вятър
златно
не е утеха и няма да бъде
Gennaio
non è edera nella conchiglia dell’orecchio dell’ottobre
non accarezza i miei capezzoli nella nebbia di novembre
non affluisce
non trascina
non è fame
è fame
scellerato istrione
orfano abbandonato senza pietá all’ingresso della chiesa
figliolo di drago con un occhietto
scavato dal vento gelido
d’oro
non è sollievo e non ci sarà
Облещена глава на риба
Връхлита ме
в края на пристанището
между старите яхти
и импровизираната рибна борса
наобикаляна
от зли песове и проскубани писани
Разпознавам го
по гаменския вид
по демонстративната сексуалност
груб нахакан
Стих е от друго стихотворение
отломка
от други опустошителни бури
по крайбрежието
на други острови
Testa di pesce dagli occhi stralunati
Mi piomba addosso
ai margini del porto
tra vecchi yacht
e una pescheria improvvisata
circondata
da cagnacci maligni e gatti spelacchiati
lo riconosco
riconosco la sua aria insolente
riconosco la sua sessualità ostentata
ruvido guappo sfacciato
E’ per un verso un’altra poesia
un frammento
da altre tempeste sterminatrici
sul litorale
di altre isole
Арогантен джаз
като сълза
измислен
чист
главен герой
в съвети за пропаднали жени
любящ абориген
отдаден горестен
с разместени джанти
надървен
захвърлен от величествен бог
в нищото
харесваш ми
Jazz arrogante
inventato
puro
quasi una lacrima
protagonista
di facili suggerimenti per donne traviate
amabile aborigeno
abbandonatosi a sognare languido
dietro ai cerchioni spostati
turgido
gettato da un dio maestoso
nel vuoto
mi piaci

Andy Warhol, Painting lips
Февруари
е дух на войник
започнал краткото си пътуване
от замъглено минало
към топящо се бъдеще
лута се из махалите
навестява съборетините
вкопчен във вимето на селото
вещерката ще му лъсне ботушите
ще му зашие копчетата
ще му среши брадата
ще го завие с огън от мъртвите огнища
но няма да го погребе в задния двор
на къщата
чакат я градски истории за суинг
и пролетни любовници
Febbraio
è spirito di soldato
cominciato il suo breve viaggio
da un passato annebbiato
a un futuro che si scoglie
girovago tra i borghi
visita le stamberghe, i tuguri
aggrappato alle mammelle del villaggio
la strega gli luciderà gli stivali
gli cucirà i bottoni
gli pettinerà la barba
lo coprirà con fuoco di spenti focolai
ma non lo seppellirà nel cortire dietro la casa
l’aspettano storie cittadine di swing
e qualche amante primaverile
Ти и аз правим мир
любовници или любими
вероятно непознати
най-възможното – врагове
преплетени с непоносима страст
омразата ни сродява
изпридаме мира тъчем го
запояваме го с оксижен
наизустяваме го като отче наш
полагаме го в окопа
в траншеята на желанието
да се докоснем
да обладаваме нежно
световете които сме
границите
боли от изследването на границите
крещим
браним
от снарядите куршумите гранатите
тялото на нашия нероден мир
в зоната на фантазиите сме все още
нищо че сме кожа в кожа
настройваме се за дълго любене
за проникване
на нещо чуждо в нещо чуждо
правенето на мир
започва в утробата на времената
галим се полудяваме от копнеж
вагината е разчеквана безброй пъти
пенисът е изтръгван из корен
безброй пъти
готов ли си
аз
съм
готова
Tu e io facciamo pace
amanti e amati
probabilmente sconosciuti
anche nemici possibili
intrecciati con passione insopportablie
l’odio ci avvicina
filiamo la pace la tessiamo
la saldiamo con la fiamma ossidrica
la impariamo a memoria come un padre nostro
la mettiamo nel fosso
nella trincea del desiderio
per toccarci
per prendere dolcemente
i mondi che siamo
i limiti
fa male esplorare i limiti
gridiamo
proteggiamo
dai prolettili dai piombi dalle granate
il corpo della nostra pace ancora non nata
siamo ancora nella zona delle fantasie
nonostante siamo pelle a palle
ci sintonizziamo per far l’amore a lungo
per penetrare
con un coso estraneo in una cosa estranea
ci accarezziamo impazziamo di voglia
la vagina è spaccata
un’infinità di volte
il pene è strappato dalla radice
un’infinità di volte
sei pronto?
io
sono
pronta
Сряда
амбразурата свети
Mercoledì
la feritoria illumina
Улица без изход
графитът върху зида е категоричен
fuck you
Senso unico
Il graffito sul muro è categorico
fuck you
От рибите
отплувам отдалечавам се отплавам
отделям се отдръпвам се оттеглям се
отказвам
отмалявам
откъсвам се отпускам се оттичам се
открехвам отеквам отзвучавам
стадо глаголи пощят мътните вълни
Dai pesci
tendo le vele al vento mi allontano prendo il largo
mi separo mi sposto mi ritiro
declino
distolgo
mi stacco mi rilasso fluisco
schiudo risuono sparisco
un greggе di verbi che spulciano le onde torbide.
Бързо течеш в пресъхналото корито
лекотата
с която миналото мие бреговете си
не е онази лекота
с която отрязваш дългите коси
отрязваш късите коси облизваш голотата
влизаш в последния тунел
така и не научаваш къде зимуват раците
винаги има по-важни неща
а няма време
Scorri veloce nel letto essiccato
la leggerezza
con cui il passato lava le sue rive
non è quella leggerezza
con cui tagli i capelli lunghi
tagli i capelli corti lecchi la nudità
entri nell’ultimo tunnel
così non impari dove il diavolo tiene la coda
ci sono sempre cose più importanti
e non c’è tempo
Люлчина
вземи ме в ръце
залюлей ме
подръж ме с усмивка
погукай ми
погали ме
изречи нежни думи
ласкаво мило с милост
не ме хвърляй на нищото
гушкай ме пей ми люлей ме
положи ме
Ninna nanna
prendimi tra le tue braccia
comincia a cullarmi
tienimi un poco con un sorriso
comincia a tubarmi
accarezzami
pronuncia dolci parole
affabile amorevole con tenerezza
non gettarmi al niente
coccolami cantami dondolami
deponimi

Mila Lambovska by John Fru Jones
Фотография петък
дим от комина на крематориума
Fotografia venerdì
fumo dal camino del crematoio
Ловене на бримки
сгушено в неуловимите плохи
приютено
не е мир не е и примирение
дъх
е
Prendere delle smagliature scappate
raggomitolato tra le pieghe impercettibili
rintanato
non è pace non è neanche tregua
un fiato
è
Настървени котараци
бързам да намеся март
в смешните сметчици на любовното пиле
червена птица e само това знам
не гнезди никъде
не пее мълчи не мъти
не яде от отровното биле
спи в руното на овцата
не се усуква в кълчища
будува
чака
да мине вълчицата
Gatti accaniti
mi sbrigo a sistemare marzo
nei piccoli conti ridicoli dell’uccello d’amore
è rosso so solo questo
non fa il nido da nessuna parte
non canta tace non cova
non mangia delle erbe avvelenate
non dorme nel vello della pecora
non si attorciglia tra la stoppa
resta sveglio tutta la notte
sta aspettando
che passi la lupa
Лъскаме прангите
джам пра’им аре
мац-мац мацорано
суингираме в потайна доба
дробим връхчетата
на боровете
сърбаме шумно
духаш ми
изоставям те
Lucidiamo le catene
heila che si fà
micio micio vieni qua
swinghiamo nel cuore della notte
sminiuzziamo le piccole vette
dei pini
sorseggiamo rumorosamente
mi spompini
ti mollo
Сладки приказки
пред затворена врата
пред липсваща къща
не всичко е истина
някои обяснения в любов
са откровена лъжа
нещастието е възможното спасение
нещастието е прелетна птица
не можеш да го срещнеш на север
но можеш да си поиграеш с фактите
и да избереш други възможности
за получаване на оргазъм от живеенето
Dolci detti
davanti a una porta chiusa
davanti a una casa mancante
non tutto è vero
alcune confessioni d’amore
sono una bugia sincera
l’infelicità è una possibile salvezza
l’infelicità è un uccello migratore
non puoi incontrarlo al nord
ma puoi giocare con i fatti
e scegliere altre possibilità
di raggiungere l’orgasmo del vivere.
Кошмар
игрива
бляскава
изплъзва се
веднага се вижда – опасна е
дори да я хванеш в капана
няма да е лесно отровата ѝ кипи
близо до развалините на замъка
изчезва величествено
блъскаш по желязната врата
крещиш молиш за милост
мразиш я
знаеш няма да те допусне
руините са твои крепостта е достъпна
но можеш да влезеш само през вратата
дори когато я целуваш привечер
все още чувстваш липсата ѝ
копнееш
Incubo
giocosa
splendente
se la svigna
si vede subito – è pericolosa
anche prenderla in una trappola
non sarà facile il suo veleno comincia a bollire
vicino alle rovine del castello
sparisce in modo maestoso
martelli sulla porta di ferro
gridi implori per pietà
la odi
lo sai che non ti farà passare
le rovine sono tue la fortezza è raggiungibile
ma puoi entrare solo dalla porta
anche quando la baci all’imbrunire
senti ancora la sua mancanza
brami
Ембрионален спомен за летеж
целувката
компулсивно избухнала
като снаряд
в центъра на литийно шествие
съблича гладната ни плът
изронените ѝ криле ни галят
така нежно
прозвънва комар
преди да забие камата си в тялото
удоволствието от болката –
пухче на глухарче
издухано с всички сили
от устничките на тригодишно дете
Ricordo embrionale di volare
un bacio
compulsivamente scoppiato
come un proiettile
al centro di una processione liturgica
le sue ali sbriciolate ci accarezzano
cosi’ dolcemente
risuona una zanzara
prima di piantare il suo pugnale nel corpo
il piacere del dolore
il piumino di un soffione
soffiato con tutte le forze
dalla boccuccia di un bimbo di tre anni
Коледно
плачливo
емоционалното сафари около елхата
разчесва старите рани
даровете на влъхвите болят
торсионните полета се смеят
Natalizio
lacrimoso
un safari emozionante attorno all’albero di Natale
pettina le vecchie ferite
i doni dei re magi fanno male
i campi di torsione ridono
Testi notevoli, di una bellezza che sfiora la perfezione (per esempio “Dei pesci”) malgrado certi spunti acuminati: una poesia che sento molto vicina.
per certi aspetti questa poesia mi ricorda la poesia erotica di Francesca Dono.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/07/13/mila-lambovska-poesie-scelte-traduzione-dal-bulgaro-di-emilia-mirazchiyska-con-la-collaborazione-di-riccardo-campion-e-evelina-miteva/comment-page-1/#comment-21666
Nella poesia erotica non si ha a che fare con la «traccia», la poesia erotica tenta di agguantare il referente, il segno linguistico tenta in tutti i modi di afferare la cosa mentre la indica. Operazione impossibile perché la cosa sfugge sempre, un po’ come il desiderio che sfugge sempre: il desiderio di quella cosa e la cosa del desiderio…
Con concetti come quelli di «traccia» e di «differenza», si enuncia
lo scollamento del soggetto dall’enunciato, del discorso dell’«io» dal
discorso dell’«io» di cui diventa impensabile che esso Soggetto possa
esserne il governatore. La differenza è questo scarto, questo recupero
impossibile del soggetto da parte del soggetto stesso, incessantemente
differito e dis-locato nel movimento del (mio) discorso, con la
denegazione dell’originario.
Il Soggetto sarà parlato e significato in una
catena senza fine di significanti. Lacan dirà che «il significante è ciò che
rappresenta il soggetto per un altro significante», espressione celebre
che convalida la scissione del Soggetto dal soggetto, il rapporto di scambio
tra l’io e l’altro fin dal lacaniano stadio dello specchio.
In fin dei conti l’utopia della poesia erotica è immedesimarsi con l’oggetto del desiderio, e per raggiungere un tal fine, il suo linguaggio deve essere referenziale al massimo, deve dire, nominare le cose. In questo senso la poesia della Lambovka non fa eccezione, credo, continua una tradizione quasi del tutto femminile… infatti è significativo che la poesia erotica oggi sia appannaggio quasi esclusivo delle autrici femminili, la poesia erotica non è più un genere maschile… i tempi cambiano…
Mi chiedo: Come potrà il Soggetto parlare di se stesso se esso non è più il
Soggetto ma un soggetto? Come potrà il Soggetto validare il proprio
discorso se non infirmando il discorso che va facendo nel mentre che
lo asserisce? È ancora possibile un discorso non-assertorio da parte del
Soggetto scollegato e spodestato da se stesso? Sì, è ancora possibile sembra dirci la Lambovska…
Trovo che sia sempre molto difficile commentare poesia tradotta da una lingua che non conosci e in questo caso persino lontana. Ancora più difficile per me dopo aver letto l’entusiastico commento di Nanni e la dissertazione sulla poesia erotica fatta da Linguaglossa. Nell’occasione della comparsa di Francesca Dono e della sua poesia per me pornografica mi astenni da ogni possibile commento dopo aver digerito quelli a dir poco estremamente positivi che regnavano ampiamente nella rivista. Avrei dovuto, obbedendo alla mia visione, forse sbagliata, scrivere delle parole sconvenienti, tanto era stato il mio “raccapriccio”? nell’imbattermi in quei versi che facevano a botte non solo con la poesia ma anche con il gusto e l’eros. Ora non dico che con la poetessa bulgara siamo a quei livelli, ma certamente , almeno nella traduzione i suoi versi mi appaiono abbastanza modesti, in un delirio di autoreferenzialità connessa alla poesia erotica appunto, che è per sua natura raggiungimento estremamente complesso, dove l’immagine e il fuoco del sesso generano una tensione , che si trasmette attraverso le parole, i suoni,la descrizione del momento magico, nel quale avviene l’incontro, benedetto dagli Dei.La Lambowska nulla mi genera di complicità, di interesse non dico eccitante ma almeno inquietante. L’Io rimane un io che riguarda lei soltanto, non trasmette alcuna variazione emotiva in me che leggo, insomma in una parola versi , ripeto almeno nella traduzione, che appaiono modesti.Sempre disposto ad accettare il mio errore interpretativo, poiché la mia è soltanto una doxa senza pretese di critica seria.
Un Marchese de Sade al femminile, la Lambovska. Notevole. Una donna che “penetra”.
Jana Černá
Non ammiro il Tuo intelletto, lo considero ovvio, quello va bene. Ma quello che mi eccita quasi fisicamente è la fantastica miscela di intelletto e irrazionalità logica fino al delirio, quella poesia filosofica, quella filosofia poetica della quale abbiamo parlato un po’ oggi, la cui portata va molto più lontano, oltre i limiti di ciò di cui abbiamo parlato oggi. Perché in realtà non esistono le due cose una accanto all’ altra – la filosofia e la poesia – in realtà, è dalla loro unione che si forma un terza cosa il cui valore non è oggi ancora comprensibile.
Jana Černá
conoscevi Giuseppe?
Sì, il titolo della raccolta mi colpì profondamente. Avevo letto su riviste di poesia.
lo stesso Giuseppe.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/07/13/mila-lambovska-poesie-scelte-traduzione-dal-bulgaro-di-emilia-mirazchiyska-con-la-collaborazione-di-riccardo-campion-e-evelina-miteva/comment-page-1/#comment-21700
“Sta di fatto che in realtà ogni postulato filosofico ha senso di per se stesso e ogni definizione poetica è un oggetto di valore che non è necessario valorizzare ulteriormente dandogli un fine. Ed ecco quello che volevo dire: che la vera ciarlataneria non è quella che eserciti tu, vera ciarlataneria sono le scuole dalle quali escono filosofi laureati, gente con il brevetto per pensare filosofia – che razza di assurdità mostruosa e disumana è quella di esaminare qualcuno su quanto sa del contenuto di un numero X di manuali e laurearlo di conseguenza in filosofia, di che razza di follia si tratta, che ti mozza il fiato e ti costringe in isteriche convulsioni di risa e di spavento disperato e di paura! Non ha in comune con la filosofia neanche quello che ho io in comune con una casalinga esemplare, è qualche cosa da cui bisogna isolarsi per principio e totalmente, neanche una delle verità scoperte da costoro può infatti essere accettata, è stata scoperta in un contesto in cui non può essere vera neanche lo fosse. In una delle Tue lettere scrivi che il Tuo lavoro filosofico lo hai svolto in giro per birrerie, in compagnia della mia fica, nella disperazione, nel cinismo e nell’infamia, dappertutto ma non nelle biblioteche.”
Lettera d’amore di Jana Černá
Jana Černá, In culo oggi no
da Lettera
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/07/13/mila-lambovska-poesie-scelte-traduzione-dal-bulgaro-di-emilia-mirazchiyska-con-la-collaborazione-di-riccardo-campion-e-evelina-miteva/comment-page-1/#comment-21702
[…] Perché non posso leccarTi tutto, stanco e quasi ormai impotente, leccarTi e arraparTi durante un bocchino lungo un’ora, infinito e spossante che culmina in una convulsione un po’ dolorosa piuttosto che orgasmica […]
Mi piacerebbe conoscere l’appartenenza di questa voce che in maniera quasi demenziale legge codesta lettera . ..si capisce quasi soltanto la parola culo. Ma perché prima di incidere la gente non fa un bagno di umiltà e desiste dal fare una cosa che non sa fare?… almeno studiassero questi improvvisatori, prima di darsi in “pasto” ad un pubblico . Che squallore anche il testo e proprio mi meraviglio che un uomo colto e raffinato come Talia possa scrivere quasi plaudendo. Ma della Lambowska cosa ne pensi caro Giuseppe?
Caro Salvatore,
penso che la poesia erotica femminile solitamente non venga accettata, provoca fastidio, come se le donne non dovessero avere un linguaggio sconcio, non potessero parlare del loro sesso, del loro corpo, delle loro voglie, desideri, anche quelli più sfrenati, perché è un tabù difficile da superare. Marziale, Piero l’Aretino, Boffo, Apollinaire (le undicimila verghe) ma gli stessi Rimbaud e Verlaine in alcuni componimenti scritti a quattro mani, hanno scritto di erotismo e di pornografia, e nessuno ha avuto e ha nulla da eccepire, anzi li apprezziamo.
Ma perché apprezziamo un Boffo, o un Marziale quando parlano di cazzo, culo, fiche e non possiamo apprezzare una Lambowska o una Jana Černá, che addirittura titola la sua raccolta “In culo oggi no?”
Nella Černá come in Lambowska, l’erotismo e la pornografia sono pressoché di cornice, in loro due c’è pensiero, profondo.
Caro Talia leggo soltanto adesso, è quasi notte, il tuo inserto. Non ce l’ho con la pornografia né femminile né maschile, talvolta mi ha persino eccitato. Si può parlare di tutto è solo il modo che m’interessa: mentre Boffo e l’Aretino non mi piacciono, Marziale e Rimbaud e Verlaine e persino il Panormita mi interessano . La Dono lasciamola stare è al di fuori di ogni giudizio, la Lambowska e la Cerna mi sembrano passabili ma comunque di poco conto. Caro Giuseppe non è poi che cazzo, fica, culo, pompino mi facciano delirare, se non sono almeno inseriti in un racconto eccitante, quasi morboso, con uno sviluppo che mi faccia gustare un orgasmo: ma certamente non tutti sono il Divino Marchese o l’autore di Nove settimane e mezza.
Non c’e’ niente di più ridicolo di un uomo frustrato.
fd
mi sembra che il grande caldo faccia uno strano effetto ai poeti: va bene la libertà di espressione, ma quelle che i nostri genitori consideravano “parolacce” vanno bene per coloro che si compiacciono a leggerle. Io stavo cercando qualcosa per arricchire le mie conoscenze e…ma su, non prendiamoci in giro! Qui alcuni maschietti sembrano proprio ragazzini delle elementari maliziosi e un po’ sciocchini! Leggete e scrivete tutto quello che vi garba…ma perché affliggere quelli che non provano piacere ma soltanto delusione a leggere parole tutt’altro che poetiche e poi stranote dai secoli dei secoli che adesso non fanno neppure più ridere nessuno!
ALLA RICERCA DELLA VERITà? con il filosofo Massimo Donà
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/07/13/mila-lambovska-poesie-scelte-traduzione-dal-bulgaro-di-emilia-mirazchiyska-con-la-collaborazione-di-riccardo-campion-e-evelina-miteva/comment-page-1/#comment-21705
Molte persone leggendo la poesia erotica di Francesca Dono pubblicata nel libro Fondamenta per lo specchio (Progetto Cultura, 2017) sono rimaste sconvolte per via del fatto di un linguaggio così prossimo alla lettera, così vicino al referente da restare sbalordite e disgustate, disgustate per via del fatto che la poesia – dicevano – era orribile, brutta, volgare, pretenziosa in quanto licenziosa e chi più ne ha più ne metta…
Ma, io vorrei eccepire, sommessamente, a queste persone che scopo della poesia erotica è, appunto, quello di varcare il «limite», il limite della buona creanza, della pudicizia, del pudore, di ciò che è legittimo socialmente nominare e di ciò che non è educato, sempre socialmente, consono alla nostra sensibilità nominare, etc. etc. Di fatto, la poesia erotica è l’esempio più vistoso di una cosa che vuole andare OLTRE il limite, e la poesia della Mila Lamboska e di Jana Černá sta lì a dimostrarci che essenza e scopo della poesia erotica sta nel suo voler varcare il Limite.
Ma, che cos’è il «Limite»?, il limite è niente altro che un «valore» che noi poniamo e sul quale c’è un accordo di massima. Appunto, accordo di massima, che durerà fin quando qualcuno non andrà oltre quel «Limite» rendendolo obsoleto, invecchiato…
Riprendiamo la domanda. Che cos’è il «limite»? È qualcosa che sta lì, sul mio cammino e che segna la fine della mia zona, della mia abitazione, dove ci sono i miei simili, coloro che conosco e per i quali posseggo i «nomi». Oltre quella cosa che si chiama «limite» c’è l’inconoscibile, qualcosa che non conosciamo e che ci fa paura, ci mette a disagio, che ci dice che noi siamo «finiti», «limitati», circoscritti dentro un certo «tempo». Il «limite» ci dice anche che c’è qualcosa che io non posso dire, non posso pronunciare, qualcosa di «innominabile».
Ecco, questo aspetto: l’«innominabile», è ciò che contraddistingue il «limite», e che ci inquieta, per la semplice ragione che se fosse «nominabile», non sarebbe più un «limite» ma qualcosa che noi conoscevamo, qualcosa di familiare. Il «limite», dunque, è l’«estraneo», ciò che non conosciamo e per il quale non abbiamo i «nomi». Ecco, siamo arrivati al punto: il «limite» è qualcosa che ci rende inquieti perché è qualcosa per il quale «non abbiamo nomi».
Ecco, la poesia erotica femminile ci rende manifesta e visibile questa problematica: non sopportiamo che una poesia erotica femminile ci mostri la nostra inadeguatezza,la nostra impreparazione ad andare «oltre il limite» di ciò che sapevamo, di ciò che sappiamo nominare, per il quale c’è una lingua, ci sono dei nomi…
Leggiamo queste due poesie (non erotiche, cioè “normali”) di Francesca Dono, tratte dalla raccolta Fondamenta per lo specchio (2017), libro da me prefato:
– Mr. Black –
Mute forme. Dieci monete nell’ombra
più profonda del baratro. I corazzieri
sfilano dietro obelischi-Acheronte.
Radure scarne all’incavo dell’orologio.
fatta di terrazzi spugnosi
Tra il sopra e il sotto la verde risaia
fasciata nel limbo diffuso.
M’introduco in genitali di scimmie nutrite.
Pomice e miele sulla lunghezza satellitare
Ufficiali nel fiordo del campo
per il gioco delle bocce remote.
Ma di cosa s’impregna l’eterna ballerina che rotola verso una piroetta oscillante?
Irradianze di luce a gravitare strade isolate.
Apro la discesa del lucernaio privo del varo ai semi di mirto.
___________
Dal biancore di una casa
la nera ossidiana dell’alto cratere
Lo spleen spinge la fogna –alloggio.
Verosimili i fari del porto alle cose senza dardi leggeri.
Secondo viaggio guadando in apnea
la tua flora frangipane.
Blandamente la colazione
del musulmano al tramonto del sole .
Ti avrei desiderato (mia dea-vergine) se non fosse
per questo scafo giunto all’approdo di uno stretto bicchiere.
Focaccine acide con lo scatto del capodoglio
in due secoli di acque sature e violente.
– Welcome Mr. Black –
Lo scultore esibisce vascelli di morte.
Si alza imponente il rossastro sonoro per mutare.
Tramvieri notturni di sciupati manubri.
– nell’ombra lunare –
nell’ombra lunare
tamburi taciturni per la muta del cane.
Il mio grembo non forma che l’ala
di un’oca ricurva.
Fluisci nel candore della morte. È silenzio.
Bisacce nel fondo del sangue.
Si mangia la sua ferita
quel cadavere che respira.
Caro Martino, adesso ti stuzzico
Un pochino: dici sempre di mistero
Della Pizia che con il suo mozzico
Svela dei veri poeti il sangue altero.
Cambia il registro e se in traduzione
Non è Kavafis, Eliot oppure Borges
(capisaldi della tua formazione)
Ma una poetessa slava in topless
La Pizia diventa un moscerino;
La fica un volgare temperino;
Il culo un affare poco angelino.
Ma guarda un po’ fuori dal tuo locus
Il mondo gira inverso al tuo focus
E la Pizia porta qualcosa in Dono.
Caro Giuseppe il tuo sonetto è falso per quanto si riferisce alle mie predilezioni poetiche, oltre ai tre citati, c’è una marea di grandi che perseguita la mia anima, il mio cervello, non sono così ristretto negli interessi. Io ho vissuto, e me lo sono permesso ampiamente una vita immersa appieno nel sesso, credo che chiunque abbia avuto un decimo delle mie “battaglie” erotiche in ogni angolo della terra, potrebbe ritenersi ampiamente soddisfatto.Ed è stato un delirio durato decenni. Figuriamoci se possa essere assalito da prouderie leggendo queste bazzecole. Davvero mi stimi così poco?. Dato che hai citato tu il mio adorato Kavafis colgo al volo l’occasione per ricordarti quanto erotismo viaggia nei suoi versi, senza mai scivolare nel porno, o per esempio anche nella “Suite in rosso maggiore” dell’altro grande Ritsos
Scusami ma il tuo sonetto mi appare alquanto modesto e stiracchiato nella realizzazione, con un incipit almeno irriverente. Continuo a blaterare che la poesia è una rara avis e può albergare dovunque ci siano i presupposti della sua nascita, in rima, in forma chiusa, nel verso libero, nell’erotismo, nell’eros. etc. etc. persino in una brutale pornografia, ma deve esserci la magia del verso. Comunque non mi farò una sega né con la Dono né con Marziale.
Qui qualcuno deve andare a farsi una doccia fredda! Talia, son d’accordo con Martino su tutto, ma in particolare sullo scarso valore letterario del tuo sonetto: “l’incipit è irriverente” cito Martino: e poi la prima terzina!!!!! Neppure da bambina sul Corriere dei piccoli ho letto versi così mal messi! Ma come fai a non vergognarti? Il terzo verso della prima terzina non si regge in piedi neppure con le stampelle. Non volermene, ma chi ama il sonetto non può tacere! Mi meraviglio che Giorgio rida per così poco!
Mah…mettete a metà luglio quattro poeti insieme…
Dirti grazie è poco cara Mariella…in questa “disputa” sono stato tirato per la cravatta, trascinato anche ad usare parole scurrili che rifuggono dal mio lessico scritto.. ma sai non mi stupisco ormai di nulla dopo aver letto. e lo ripeto, i commenti a quei versi inqualificabili della Dono…ma anche la bulgara te la riccomanno come dicono i romani. Per fortuna ho le spalle ben quadrate dagli anni anni e dalle patologie, anche dai successi e certe bazzecole mi irritano soltanto in superficie. Mi piacerebbe avere la tua mail privata, la mia è marsalora@tiscali.it
Mi dispiace, caro Salvatore che un mio scherzo sia stato preso così. Stuzzicarti, non offenderti. Comunque se ne parla a voce.
Ma figuriamoci se mi sono offeso caro Giuseppe, per due quisquiglie scherzose? Un certo fastidio questo sì, ma forse più per il tuo apprezzamento e difesa di versi banali, che per i punzecchiamenti verso le mie predilezioni poetiche.Dei sonetti meglio non parlarne, lasciamoli alla loro sacralità e a coloro che follemente si avventurano in quel disperante labirinto.
Ma figuriamoci se mi sono offeso caro Giuseppe per simili gioiose quisquiglie. Solo un certo fastidio dettato anche dall’apprezzamento di poeti che pennivendoli sono.So quello che ho fatto e continuo a fare , con umiltà e ossessione, e amore totale per la poesia , che riempie le mie giornate, insieme ad altri pochi ma forti interessi. Quando si parla di erotismo drizzo le antenne e sparo , non a salve, ma col bazooka. Già sono tanto amareggiata per la scarsità , la pochezza della “produzione” attuale del verso italico, che quando leggo applausi e apprezzamenti sprecati divento cattivo e spietato.
Glielo dico chiaramente, provo un sottile fastidio nel suo ergersi a giudice di tutti. Col suo moralismo e buonismo.
Il sonetto, che sonetto non è, non è un’opera d’arte, ma uno scherzo estemporaneo fatto ad un amico e scritto in un poco più di dieci minuti. Non mi interessava la perfezione, nemmeno il conteggio delle sillabe, gli accenti, nulla di tutto questo.
Ben altri sonetti ho scritto.
Ma Lei, di me, lei, che ne sa?
Caro Giuseppe,
trovo esilarante il tuo sonetto, degno di figurare nel tuo prossimo libro di “medaglioni”… del resto a Salvatore Martino non ci si poteva rivolgere che con un sonetto!
Ti ringrazio caro Linguaglossa per questa nota di responsorio: del resto Dante e Cavalcanti si scrivevano , talvolta criticandosi aspramente, proprio usando il sonetto…così mi appare assai lusinghiera la tua affermazione. Solo che loro. come gli altri stilnovisti, il sonetto lo sapevano usare mentre in questo caso Talia, che peraltro stimo come poeta e come uomo, ne sforna uno assai modesto.
Con tutto l’affetto e la stima che nutro e porto al Poeta Salvatore Martino che ha dato tanto e ancora darà alla poesia italiana.
Ti ringrazio carissimo Giuseppe per il tuo apprezzamento e per l’augurio di produzione futura, che peraltro sta già viaggiando alla grande, malgrado io avessi deciso di non scrivere più. Ma dal mondo infero o da quello supero mi vengono dettati versi che sono costretto a trascrivere.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/07/13/mila-lambovska-poesie-scelte-traduzione-dal-bulgaro-di-emilia-mirazchiyska-con-la-collaborazione-di-riccardo-campion-e-evelina-miteva/comment-page-1/#comment-21722
L’INTERROGATIVO SOLLEVATO DA SALVATORE MARTINO è legittimo. Ogni qual volta ci troviamo davanti ad un’opera artistica (POESIA, QUADRO, ROMANZO ETC) CHE NON CORRISPONDE ALLE NOSTRE ASPETTATIVE (pardon, il maiuscolo, è che scrivo in diretta), la nostra reazione istantanea è di difesa, di rigetto. È una reazione comprensibile, psicologicamente comprensibile… Davanti a certi testi della NOE molti provano rigetto. Anche questo è comprensibile, anzi, mi meraviglierei del contrario. Personalmente so bene che una mia poesia non incontrerà mai il gusto di un Giuseppe Conte o di un Cucchi… ma tutto ciò è normale, loro hanno un’altra visione della cosa chiamata poesia, che esclude a priori quello che io e altri amici stiamo facendo… tutto ciò è normale…
Però io con forza rivendico il diritto di affermare che, ad esempio, la poesia di un Conte e di un Cucchi è cosa del passato, ha avuto un suo ruolo, una sua funzione (forse, chissà), ma Cronos corre, e con sé porta via tutto: zavorre e stracci, grattacieli e grattachecche… e quel tipo di poesia non parla più ai contemporanei, appare irrimediabilmente «invecchiata», «letteraria», «alla moda del tempo». Ecco un altro grande problema: fare una poesia «alla moda»: quanta poesia degli ultimi 50 anni può essere rubricata come alla moda? e quale come non alla moda? Ad esempio, la poesia di una Helle Busacca e di Maria Rosaria Madonna era alla moda? O erano estrenee alla moda?
Ecco, questo è un questito che lascio volentieri ai lettori…