In occasione del conferimento della Laurea ad honorem in Scienze della Comunicazione a Elio Pecora, le edizioni San Marco dei Giustiniani hanno pubblicato un volume collettaneo contenente poesie di altri poeti italiani per festeggiare l’evento. Riproponiamo in questa sede una scelta delle poesie e degli autori che hanno contribuito alla realizzazione del libro Geografie primaverili. Poesie per Elio Pecora a cura di Roberto Deidier, 2006.
È anche l’occasione per mostrare gli scritti di un ampio ventaglio di poeti contemporanei. Il loro omaggio al poeta Elio Pecora è anche un omaggio alla Musa. Sarebbe un buon segno se tali esempi si moltiplicassero e più di frequente i poeti concedessero le proprie poesie per festeggiare una personalità poetica, o salutare qualcosa che si allontana da noi, o si avvicina…
È questo il modo, dell’Ombra delle Parole, di salutare un poeta rappresentativo di Roma, città di adozione del poeta napoletano, e della intima vocazione dell’Urbe da sempre città cosmopolitica, aperta a tutte le suggestioni culturali e a tutti i poeti provenienti da qualsiasi latitudine e longitudine.
E questa latitudinalità e longitudinalità di Roma è sempre stata una caratteristica della città eterna che ha accolto e allevato poeti, scrittori e artisti di varia nazionalità e provenienza in accordo con la sua vocazione millenaria e la sua storia cosmopolitica.
Elio Pecora è nato a Sant’Arsenio, in provincia di Salerno, nel 1936. Ha trascorso a Napoli una lunga adolescenza, dal 1966 abita a Roma dove risiede a via Paolo Barison 14 ( tel.349/4439444; email:e.pecora@tiscali.it). Ha come titoli di studio una maturità classica e una laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione dell’Università di Palermo. Non ha ricoperto incarichi pubblici. Ha pubblicato libri di poesie, racconti, romanzi, saggi critici, testi per il teatro. Ha collaborato per la critica letteraria a quotidiani, settimanali e riviste (La Voce Repubblicana, Mondo Operaio, La Voce Repubblicana, Il Mattino, La Stampa-Tuttolibri, L’Espresso, il Tempo Illustrato, Wimbledon, Nuovi Argomenti, Ulisse, Saggi critici ) e ai programmi di Radio Uno e Radio Tre. Dirige da un decennio la rivista internazionale “Poeti e Poesia”.
I suoi libri di poesia: La chiave di vetro (Bologna, Cappelli 1970); Motivetto(Roma, Spada 1978); L’occhio corto (Roma, Studio S. 1985; Interludio (Roma, Empiria 1987 e 1990; Dediche e bagatelle (Roma, Rossi & Spera 1990); Poesie 1975-1995 ( Roma, Empiria 1997 e 1998; Per altre misure (Genova, San Marco dei Giustiniani 2001); Favole dal giardino (Roma, Empiria 2004 e 2013); Nulla in questo restare (Trieste, Il ramo d’oro 2004); L’albergo delle fiabe e altri versi(Roma, L’orecchio acerbo, 2007); Simmetrie ( Milano, Mondadori Lo Specchio, 2007 ); La perdita e la salute, I Quaderni di Orfeo 2008; Tutto da ridere?, Empiria 2010; Nel tempo della madre, La Vita Felice 2011; In margine e altro, Oedipus 2011; Dodici poesie d’amore (con acquerelli di Giorgio Griffa), Frullini edizioni 2012.
I suoi libri di poesia per i bambini: L’albergo delle fiabe e altri versi, (con disegni di Luci Gutierrez), ed. Orecchio Acerbo, Roma 2007; Un cane in viaggio (Illustrato da Beppe Giacobbe), ed. Orecchio Acerbo, Roma 2011; di prossima pubblicazione per le stesse edizioni Firmino e altre poesie.
I suoi libri di prosa: Estate, ed. Bompiani 1981; Sandro Penna:una biografia, ed. Frassinelli 1984,1990, 2006; I triambuli, ed.Pellicano 1985; La ragazza col vestito di legno e altre fiabe italiane, ed. Frassinelli 1992; L’occhio corto, ed. Il Girasole 1995; Queste voci, queste stanze, (conversazioni con Paolo Di Paolo), Empiria, Roma 2008; La scrittura immaginata, Guida, Napoli 2009; La scrittura e la vita, ed. Aragno 2012.
I testi per il teatro rappresentati: Alcesti, 1984 Roma Teatro SpazioUno, regia di Enrico Job; Pitagora, (edito nei Quaderni del Comune, Crotone 1987), Crotone, regia di Luisa Mariani; Prima di cena, (Premio IDI 1987, in “Sipario”,474, gennaio-febbraio 1988),Roma Teatro Belli, regia di Lorenzo Salveti; Nell’altra stanza,1989 (in “Ridotto” 7-8,agosto-settembre 1989), Roma Teatro Due, regia di Marco Lucchesi; Il cappello con la peonia, 1990, Roma Teatro Due, regia di Marco Lucchesi; A metà della notte, Todi Festival 1992, regia di Maria Assunta Calvisi, edito da l’Obliquo, Brescia 1990; Trittico, Roma Teatro Due, regia di Marco Lucchesi, 1995. Le radiocommedie trasmesse: Il giardino, RadioTre il 21 luglio 1996; Il segreto di Lucio, RadioTre il 19 ottobre 1997.
Quattro dei testi teatrali sono stati pubblicati nel 2009 dall’editore Bulzoni nel volume Teatro. Un ultimo lavoro teatrale Sandro Penna: una cheta follia, per l’interpretazione e la regia di Massimo Verdastro, è in corso di rappresentazione in diverse città italiane.
Nel 2006 l’Università di Palermo, Facoltà di Scienze della Formazione, lo ha insignito della Laurea ad honorem in Scienze della Comunicazione. Per conto della stessa Facoltà le edizioni San Marco dei Giustiniani , Genova 2008), hanno pubblicato il volume L’avventura di restare (le scritture di Elio Pecora) a cura di Roberto Deidier con contributi di vari critici fra i quali Daniela Marcheschi, Biancamaria Frabotta, Giorgio Nisini.
Sue poesie sono apparse tradotte, fra altre lingue, in francese, inglese, rumeno, iugoslavo, arabo. Sue raccolte di poesia sono state edite in volume in portoghese, in olandese, in inglese ( Poemas Escolhidos, Quasi 2008; Liefdesomheining, Serena Libri, Amsterdam 2011; Selected poems, Gradiva Publications 2014.)
Ha curato: Sandro Penna, Confuso sogno ed. Garzanti 1980; Antologia della poesia del Novecento, ed. Newton Compton 1990; Sandro Penna poeta a Roma, ed. Electa 1997; Diapason di voci (quarantadue poeti per Sandro Penna) ed.IL Girasole 1997; Ci sono ancora le lucciole (poesie di sessantadue poeti italiani) Milano, Crocetti 2003; La strada delle parole ( poesie del Novecento scelte per i bambini e i ragazzi delle scuole elementari ) Milano, Mondadori, 2003, 2013; I poeti e l’amore nel Novecento italiano, Roma, Pagine 2005; Il cammino della poesia, antologia poetica, ed. Pagine 2013.
Antonella Anedda
Oggi la vita è fulgida. Ho visto un corvo abbassarsi
su uno dei gradini della scala:
è stato un miracolo di nerità lucente
un lungo inchiostro sul bianco della pietra. L’intera discesa
– la mia e del corvo – sapeva di betulla e miele. I nostri corpi
– del corvo e mio – erano svelti e vecchi.
Guardandolo muoversi mi accorsi
di quanto il nero fosse offuscato
di qualche macchia e di come l’andatura fosse
incerta. Anche le mie gambe, qua e là macchiate dall’età e dal sole
erano un segno come per lui quel cieco saltellare.
eppure entrambi in amore
amavamo: lui le poche lucide piume, io un residuo di grazia:
l’affusolarsi delle gambe fino ai piedi e i piedi leggermente contratti
fragili (come i suoi) con artigli cremisi.
Ora voliamo lui verso il cielo e io verso la terra
laggiù sotto la scala che mi aspetta:
un lembo ancora senza colore, ma con muschio e pietre
un continente inesplorato.
È un bene che vacilla.
Il cielo chiude il corvo.
La pietra mi scricchiola sui passi un’orchestra di ghiaia.
inghiotte parti di me. Rode i talloni.
Pier Luigi Bacchini
Mappa dei voli
Quando gli astronomici migratori atterrano –
e intersecano i transiti
sulle geografie primaverili
e le scheletriche cicogne trovano posto
sulle pagine dei tetti
tra i fastidiosi battiti dei loro stecchi,
come femori di gru
con scricchiolii vocali,
allora anche i vocianti cigni s’adunano
con disperazione di urli
e di versi inconcludenti
e pieni di echi:
desolazioni, –
e resta un pianeta disabitato, con specchianti
solitudini di fiumi
e foreste estreme. Nell’attesa
del necessario compimento:
di chi mirabilmente se ne renda conto.
Ma tutto poi è stato depredato.
scavato, dal dispositivo degli istinti,
dall’alluminio degli uffici.
E hanno affumicato le nubi –
e imprigionate nelle stie
tutte le cangianti squadriglie delle oche
– e lo svasso dell’Oregon
in coppia
come ballerine stilizzate –
coercite
dalle linee primordiali.
Come la sterna costretta
nella piccola patria astrale, e quella pescatrice, la sula
che è sempre come un sasso
verticalmente scagliato nel mare.
.
Maria Clelia Cardona
A Elio
Non parlerò di poesia in questo biglietto augurale,
Elio, talvolta coperto di nubi, però mai piovoso,
mai autunnale, piuttosto custode di una luce primaria
che irradia calore, parole che nutrono germogli, luci
accese sulle acque terrestri, musica che vibra nell’aria.
A distanza i sensori captano tempeste magnetiche,
ombre, zone di solitaria, raccolta cura.
Non parlerò di poesia nel mandarti un augurio
che pure la sottintende e la include –
per le tante condivise passioni, per l’eloquenza
del tacere, per il parlare quanto tutti tacciono,
per un gelido divertito notturno aspettando l’Aci,
per il prossimo libro di cui vorrai
farci dono.
.
Maurizio Cucchi
Il marinaio scende nella botola
con uno straccio, fischiettando,
e dal fondo si alza subito un rumore
assordante di macchina. Poi ricompare,
si aggiusta il berretto sulla fronte
e guarda l’orizzonte, indifferente.
Sa già che presto si rivedrà il paese.
Milo De Angelis
Un’assoluta
gioia ci ha mancati
per un soffio
e ora precipita
tra due pareti, attimo
separato dal suo nucleo
e foglia moribonda, annuncio
di una volta sola: così
siamo stati vicini
al grido, nel cuore
buio dell’estate,
così ci lasciamo.
.
Roberto Deidier
Quindici giorni soltanto ed eravamo
Ancora sotto il cielo del raccolto –
Su assi di legno rozzo non marciva
L’allegria della mezza estate
Protetta dall’ala scura della notte.
Si sono addensate le stelle
Di Agosto, un lampo ha squarciato
L’illusione di quel tetto sicuro,
L’aria ha ceduto il suo spessore
Ai limpidi contorni di settembre.
Adesso la pioggia è rada e insiste,
L’ombra della montagna scende rapida
Ed io so a quest’ora
Cosa muove i passanti verso casa,
Cosa ti bisbiglia il bosco.
.
Umberto Fiori
Tre poesie dalla serie «Voi»
È quasi vuoto lo spiazzo
sotto i piloni del cavalcavia.
L’ultimo camper mette in moto,
si accoda alla carovana: via, via.
Via, lontano. Che fretta. Non vi bastava
l’aria, la luce, la compagnia?
Sarà più bella, Forlì?
Sarà più allegra, Pavia?
Andate, senza voltarvi.
E io, qui.
*
Come vorrei obbedirvi,
zorri e fatine.
Fare onore alle zeppole, ai coriandoli.
Lasciarvi, lasciarmi correre.
Ma è troppo pieno
il bicchiere di spuma.
Laggiù, nello specchio, è
troppo nudo
quel muso di scimpanzè,
è troppo grande il costume
da moschettiere.
*
Vi ho salutato.
Ve ne siete accorti,
pezzi di merda?
E allora: rispondete.
Non ce la fate più
nemmeno a fare così con la testa,
nemmeno a sollevare – che ne so –
un braccio, un dito? Siete
malati, siete morti? No?
e allora alzatevi, su, venite.
Spacchiamoci la faccia. Niente più facce.
Chiudiamo i conti, stiamoci di fronte
l’ultima volta.
Poi, però,
che sia veramente finita.
(gennaio, 2006)
Biancamaria Frabotta
Sosti sulla riva senza svestirti
temendo il dio che porta il tuo nome.
Indovinarti bisogna sotto la camicia
abbigliato dentro l’ombra di stanze
che davvero non sanno come riempire
le ombre, incerte nelle pose della vita
per compagnia rimaste accanto a loro
o sospese ariette
sparse all’orizzonte
o nuvole pericolanti a rincorrersi
intere, gran parte di quel tempo
che occorre al sole per oscurarsi.
.
Mariangela Gualtieri
Ti ricordi quando abbiamo disceso il fiume camminando sui sassi? Quando ti ero alle spalle, dove il fiume era largo, io ti ho visto volare. I nostri passi più belli sono stati in quel punto. È solamente dopo che ci siamo bagnati le scarpe.
.
Jolanda Insana
ricominciare da zero?
incespica il porcospino e io galleggio
e il cargo delle illusioni d’è rovesciato
sul suo pennone nero
non voglio acqua non voglio aceto
non voglio verde non voglio cielo
il geco è andato in letargo.
.
Vivian Lamarque
Una lettera da Pennino nella casella?
Proprio da Pennino Sandro Penna? Allora
si scrive anche là? Nell’aldilà? Si raccomanda
di festeggiare Pecora per bene, gli ho scritto
tranquillo ci sta pensando Deidier,
mi ha scritto la festa dov’è? Gli ho scritto
ancora non lo so, mi ha scritto forse
verrò, gli ho scritto magari Pennino! Poiché,
in terra non c’è più nessuno lo sai?
come te.
.
Valerio Magrelli
Musica, musica,
che vuoi da me?
Quale perfido Claudio
mi versò nell’orecchio il tuo giusquiamo?
Sovrano spodestato e posseduto,
preda di questa febbre auricolare,
sento il veleno pulsare e mi chiedo:
«Musica, musica,
che vuoi da me?»
.
Renzo Paris
Maggio 1974. Nella libreria
di piazza di Spagna c’era
un commesso poeta. Parlava
sottovoce, si lagnava della
poca attenzione dei lettori
ai romanzi d’autore. Diventammo
subito amici, ridanciani,
duellanti, con Dario che voleva
scoronarci, noi amanti
della poesia antica: tu penniano
io corbieriano. Suonavi la
chitarra, cantavi canzoni
napoletane. Ti esibisti anche tu
al Beat 72 quando i poeti
della nostra generazione
attirarono l’attenzione dei
nottambuli romani. in sordina,
sobrio, letterato fino al midollo,
ci guardavi come garzoncelli
scherzosi. È cattolico chi
segue qualcuno, Elio e la
Bellezza se con conduce a Dio,
è opera del Demonio? Sono domande
insorte in coda a questi versi per i tuoi
settant’anni. Chi siamo diventati
in una goccia di tempo? Ci attendono,
quando la vita sembra ancora
tutta da vivere, terra e cenere. Vale
Elio, vale.
.
Antonio Riccardi
Acquarama
1.
Lo sai che il mondo intero, e dentro
ogni atomo per sé, contiene troppe cose:
più di tutto il siero e la viltà.
Sono troppo bella per perdere così,
per aspettare qualcosa da te…
hai detto baciandomi lentamente
nel chiaroscuro dei bambù.
2.
Lo vedi ho una vita friabile
sento i grani della polvere e dell’amore
vicino alla radice.
Lo so che vorresti restare
la ragazza che s’incanta
e che non perdo, per sempre
mai più…
Poco più in alto
trascinando stelle e paglia, il sole
portava nell’aria più dolce
nutrimenti e farfalle.
3.
Il nostro eroe era francese, o milanese,
sentiva il profumo della felicità
nelle stesse strade di Milano
dove adesso nevica la lana dei pioppi.
Sempre dopo la furia, ingrati
l’uno dell’altra, ti sento
vibrare di delusione
e sento il mio privilegio franare
la mia bella vita ossidarsi e finire.
4.
Guardiamoli nel filmino
i giorni lucenti del nostro avvenire
– l’idea che avevi dell’uomo perfetto,
di una bella casa, di una cucina moderna
di una vacanza sull’Isola dei gabbiani.
Lo sai, nei nostri piccoli affari
tu sei sempre la più severa…
.
Valentino Zeichen
1.
Elio mantiene le distanze
dall’oscuro mondo interiore
quanto dall’intimismo deteriore.
Elio è un poeta filosofo
incline all’innesto interiore
d’un globo della filosofia
per schiarire le identità
dall’oscura profondità.
Lui canta cose mondane
le cui metafore hanno
parentele nell’aldilà,
delle quali si parla
senza mai nominarle.
Certi poeti si calano
nella caverna platonica,
altri rimangono all’aperto
e vi proiettano dentro
le ombre delle forme.
Elio è un proiezionista,
appartiene alla stirpe
dei poeti flemmatici
che scherzano filosoficamente
passando avanti e indietro
davanti alla caverna platonica.
2.
Quale sintetico scultore fonde
i sentimenti sfuggenti nella forma,
i suoi versi intonati hanno
un ritmo congeniale al cuore.
Il suo calco linguistico
imprime la mondanità
e il suo estro bizzarro insegue
il carro dei poeti latini;
contende loro il metro
nell’eterna fuggitività
dello spazio/tempo.
Suo è il neoclassicismo vivo
marmo che incarna il verso
e non diviene mai stucco.
Elio è infine poeta di poeti;
con garbo ci prende in giro
e per noi non è cosa da poco
essere privilegiati soggetti
dei suoi sfrecciati cammei.
Non ci conosciamo. Per caso una quindicina anni fa lessi alcune
poesie di Elio Pecora e le apprezzai parecchio. Ora vedo qui una quindicina di poeti che lo omaggiano. A ottanta anni merita anche gli auguri di un novantenne. Grazie ai poeti e grazie a Elio Pecora. Buon anno. . .
Grazie anche da parte mia a Elio Pecora, ai poeti che gli dedicano versi, a L’Ombra delle Parole che ce li propone. Ma…
” Inviare poesie a Elio è come recare civette ad Atene:
E’ come spingere al bosco rovi, alberi, spine.
Un tabarro ci vuole. Un tabarro a riparo
di quei grandi freddi del passato
con rami di quercia o leccio al focolare.
Lo dissero già in epigrafe per Montale.
Anche per Elio Pecora –
radici e foglie i versi d’una stessa pianta –
il meglio d’una seppia rimane
ancora l’osso.
Il resto è materia per i cuochi…”
Auguri.
Gino Rago
Tanti auguri a Elio Pecora per il suo ottantesimo compleanno. Cha si faccia buio, s’accendano stoviglie di luna. Allori. Chi scrive cancelli aperti si corrobori da sé, nella fiumana distinta dei propri versi. L’esserci al pari di un colore. Sapore e sfumature: di niente, grazie.
Pienamente d’accordo, con Gino Rago, che “il meglio di una seppia rimane sempre l’osso”:ma, come eliminare il contorno polposo? Consultare l’Artusi,una bibbia più seria di tante altre Auguri.comunque, a Elio Pecora, poeta laureato e persona squisita, Anna Ventura
elio pecora e maurizio cucchi fanno buona compagnia a quei 50 poeti (non-premorti poiché non ancora sembra sessantenni) che l’eminentissimo buffoni nella sua ultima antologia presenta con perizia critica davvero inavvicinabile.
è bis-davvero encomiabile questa antologia poiché rispetta tutti i canoni della decenza stilistica della poesia italiana, anche se per limiti d’età quei due qui menzionati nel mio intervallo hanno superato gli 80 anni l’uno e i 70 l’altro (ma questi due immessi sembra a furor di poeti, ma non di popolo! sono “altra cosa” : ed io vorrei saper quest’altra cosa in cosa consiste)… cosa che certamente non appartiene alla promozione per: chiarissima fama!-
Ma si sa che (parafrasando) per : la stupidità non si prevede libera docenza!