Per il novantesimo compleanno di Alfredo de Palchi – Adam Vaccaro nota critica su Alfredo de Palchi: Dettami e Risorse del Paradigma (2006) con un Appunto critico di Giorgio Linguaglossa

pittura-astratto49-digital-work-printed-on-canvas-130-x-100-cmAlfredo de Palchi, nato a Verona nel 1926, vive New York, dove dirige la Casa Editrice Chelsea Editions. Il suo lavoro poetico è raccolto in 8 libri: Sessioni con l’analista (Mondadori, Milano, 1967; trad. inglese di I.L. Salomon, October House, New York, 1970); Mutazioni (Campanotto, Udine, 1988); The Scorpion’s Dark Dance (trad. inglese di Sonia Raiziss, Xenos Books, California 1993); Anonymous Constellations (trad. inglese di Sonia Raiziss, Xenos Books, Riverside, California 1997, versione italiana Costellazione anonima, Caramanica, Marina di Minturno, 1998); Additive Aversions (trad. inglese di Sonia Raiziss e altri, Xenos Books, California, 1999; Paradigma (Caramanica, Marina di Minturno, 2001). Paradigma, Tutte le poesie: 1947-2005, ripubblicato da Mimemis Hebenon, Milano, 2006; e Paradigm, New and Selected Poems 1947-2009, Chelsea Editions, New York, I ed. 2013. nel 2016 pubblica in italiano Nihil (Stampa2009)

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Nota critica di Adam Vaccaro

Dettami e Risorse del Paradigma di de Palchi
Testo critico di Adam Vaccaro inserito nel volume antologico appena uscito, Passione Poesia, CFR Ed., Milano, novembre 2016

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Due nomi subito connessi alla scrittura di Alfredo de Palchi: François Villon e Arthur Rimbaud. Del primo troviamo anche sentenze poste in esergo – la prima, Ce monde n’est qu’abusion. E di Rimbaud, richiamato pure in qualche testo, ricordo che sottolineava l’importanza del punto di partenza, umano o creativo, infernale o no. L’età adulta di de Palchi inizia nell’immediato dopoguerra in modo orribile, con anni di carcere e sevizie, per accuse di crimini poi risultate infondate. Impossibile immaginare sofferenze e segni inferti al Soggetto Storicoreale (SSR) in quel cupo recinto di spazio-tempo. Abbiamo però i versi che vennero graffiati, prima su muri ignobili e poi trascritti su carta dal Soggetto Scrivente (SS). Versi de La buia danza di scorpione (1947-1951), parzialmente in Sessioni con l’analista (1967), interamente in The Scorpion’s Dark Dance (California 1993) e infine in Tutte le poesie 1947-2005 di Paradigma (Mimesi-Hebenon 2006), cit. PT, e in Selected Poems 1947-2009 di Paradigm (Chelsea Ed., 2013), cit. PA.

Scelgo, non solo per il titolo, la poesia Paradigma del 1964, testo esemplificante una scrittura che, se molto ha cambiato lungo il suo percorso – inevitabilmente, se si concepisce la scrittura come traduzione di quanto sperimentato fuori dalla pagina – rimane costante nel nucleo profondo di stile, innervato nella ricerca di adiacenza e/o di coinvolgimento della totalità del SS. Questa composizione lo evidenzia con efficacia e forza straordinaria attraverso la tessitura di una catena di immagini e suoni del senso – in O/U, occhio-uovo-uomo-uragano –, che compongono una circolarità aperta, spiraliforme. Chi sa penetrare il reale distrugge le sovrastrutture false o superflue e apre, crea. La serpe è fatta simbolo e “mano stupenda”, “paradigma”, che congiunge alto e basso di sé (piede e mano) col suo occhio freddo, che però non cade in deliri (raziocinanti) di onnipotenza o sbocchi nichilisti, perché coinvolge il (pro)fondo fragile: scrigno ignoto di sacro e lingua che apre a re-azioni (da re di sé) vitali e biologiche, territorio mobile emozionale da cui può scaturire nuova energia e possibile rinascita. Una tensione antropologica e civile, ma lieve di ideologia.

È una poesia trasparente e complessa che non basta a se stessa, germinata da storia, geografia, esperienze di gioie e dolori, pensiero, amori, giudizio e carne, insomma dalla totalità e unicità del SSR, tradotta dal SS in una forma nuova-antica, voce di senso umano, anche quando questo sembra perso senza rimedio.
La modernità della scrittura depalchiana sta nel suo intreccio fenomenologico, che non ha soluzioni e ci chiede perciò la responsabilità di direfare, qui e ora, rovesciando la morte della vita imposta da orrori e poteri: “Fra le quattro ali di muro/ circolo straniero a pugno/ serrato…la parola è nella bocca dei forti”; “Concluso tra vilipendio/ e menzogne/…non so chi e cosa dovrebbe/ capitare a un figlio come me/ un quaderno di scritture per testimonianza” (PA, p.22); “mi mangio maturando e sulla pietra/ raspo per una vita dissimile” (PT, p.82); “Pane è pietra/ la sete pietra/ ho metri di pietra/ mordo la pietra”, ma “C’è in me dello spazio”, ”muro lustro d’aria”, “di me che sogno di uccidermi” (PA, p.24); “Il pezzo di pane mi nutre/ in una putredine di patria” (PT, p.71); “la collera della mia età è uno strappo/…entro me lacerato.” (PA, p.160);

“ciò che non vorrei apprendere o ammettere/ fra un miscuglio incongruo di oggetti/ di gente senza direzione/ che precisi i punti di ‘partenza ‘arrivo’/…formando…una roccia/ di collera nel ventre e vulnera/ la pera del cuore” (PT, p.192).

L’importanza dell’origine e dell’alveo costitutivo è, per de Palchi, L’Adige: “il principio/…con l’abbietta goccia che spacca/ l’ovum/ originando un ventre congruo/ d’afflizioni”; “Mi dicono di origini/ sgomente in queste acque: qui sono erede/ figlio limpido – ed amo il fiume/ inevitabile” (Il principio, PA, p.4).

Ma il Sé non può dire di sé, se non viene oggettivato dall’Altro della Lingua, per cui è inevitabile il rischio di parole-suono appagate solo di se stesse e del fascino di intrecci di falsovero, che a volte oscurano la gioia di conoscere. Aiutano il Resto e le lingue del corpo: “Ti si offende…malmenato sulla cassa rovesciata/ e ti si sgozza l’intelligenza, mentre il sangue ti sballotta” (PT, p.82).

E se tra origine e corde in atto di falsità “Nessuna certezza/ dalla spiritualità arcaica del mare”, “conscia/ dell’inarrivabile bagliore” (PA, p.146), viene fatta fonte di vita la sua negazione, in una riversa clessidra di nuovo inizio: “Uovo che si lavora nella luce ovale/ nuovo adamo/ invigorisco nell’altrui simulazione”, seppure “anch’io sono, io/ mi credo” (PA, p.20).

Il punto fermo è che “In mano ho il seme/ nero del girasole –/so che la luce cala dietro/ l’inconscio…e ho questo seme/ da trapiantare” (PA, p.6), “Nel chiasso/ di germogli ed uccelle/…trebbie e cortili che alzano un fumo/ buono di letame”; “Estate/ frutto propizio seno biondo/ …calata di sensazioni// nel belato d’alberi…tutto scompiglia: il verde-/ verde” (PA, p.8); “Dopo una lunga attesa la Rimbaudiana/ bellezza mi viene sui ginocchi//…la bruttura che possiede” (Carnevale d’esilio, PA, p.20).

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Dunque, tra canto e orrori, “Ciminiere fabbriche/ del concime e dello zucchero/ barconi ghiaia e qualche gatto/ lanciato dal ponte/ snaturano questa lastra di fiume/ questo Adige” (PA, p.10); “tra convulsioni di case/ e agguati…mentre scoppiano argini e barconi/ nuoto” con i “miei pochi anni”, mentre “Ad ogni sputo d’arma scatto/ mi riparo dietro l’albero e rido/ isterico” (da Un’ossessione di mosche, PA, p.12); mentre “Una madre sradicata del ventre geme/ per il figlio/…al palo del telegrafo penzola con me/ afferrato alle gambe (PA, p.14), sognando di “Non più/ udire il tonfo dei crivellati nel grano/…negli incendi e bui guazzi/ nell’Adige// vedere un branco di vili osservare/ chi s’affloscia al muro” (PA, p.16); mentre “Al calpestio di crocifissi e crocifissi/ sputo secoli di vecchie pietre/…e sputo sui compagni che mi tradirono”. (PA, p.18)

La guerra e le sue ignominie sono l’inferno da cui il SSR cerca possibilità di risalite. Trovate nella donna, centralità solare e energia vitale che consente di proseguire, anche se immersa nelle stesse contraddizioni irresolubili dell’uomo, tra tensioni di infinito e deliri di potere dell’Io. Dunque donna non idealizzata o spiritualizzata, ma corpo materno e fraterno, simile e diverso, unica nostra possibile prateria di liberazione: “accoglimi nella bocca materna/ soffice, nutriente di liquidi/ sorgenti dal vasto terreno che poco si adegua/ alla pochezza di me imbrattato”; “la chimica della mia materia/ precipita nella tua che si rinnova” (PA, p. 220); “sei l’acqua dell’origine che sporge/ la tetta gonfia di maternità/…uguale al serpe ti assorbo intera/ e tu da madre terraquea/ chiami alla nascita il mio ritorno all’aurora/ del grembo, la dimora/…per lo spirito in frammenti (PA, p.320).

La poesia di de Palchi scuote la nostra identità lacerata da modernità e post-modernità, per riproporre tra tanta inconsistente poesia di carta la disperazione e l’orgoglio di un paradigma di senso e di utilità antropologica della propria parola. Sapendo che ogni segno-parola (verde, uovo, uomo, serpe…) è su un crinale di sensi polisemico, e siamo solo noi a declinarlo in positivo o in negativo.

Il canto della vita che esplode contro “il mostro del vivere in mezzo/ al verde brutale, acido/ / il silenzio nel silenzio del silenzio” (PA, p. 290); “Dichiara il sistema del silenzio,/ sporca la pagina con la goccia di letame, / che ogni crescita spunti” (PA, p.288); Giallo// rosso cinabro// arancione/ il verde malato dell’autunno che trasgredisce” (PA, p.292);; “ Che dire di noi/…con quattro gatti/ che appiattiti sul tavolo/ seguono lo scorrere della penna/ su questa carta;/ nei loro occhi noto la lucentezza/ di te, di tutte le donne/ – forse solo questo volevo dire” (PA, p.210); “Sei: anagramma, motore/ ricettacolo, luce”; “sono: anagramma, asso/ asmatico, virilità” (PA, p.184); “Concepire l’assoluto naufragio….niente in vista/ eccetto un puntiglio rozzo/ nella corrente non ortodossa –/ ma la forza dell’errore compulsivo/ mi afferma/ per la controcorrente che conferma statica/ la posizione finché la mia totalità/ si esaurisce contro quella immune forza” (PA, p.170), “e la serpe che si sguscia/ abbietta, umana” (PA, p.252).

L’azione della scrittura di de Palchi è su una corda sensibile e vitale, necessaria quanto più è conscia che “il mondo è un abuso”. La poesia si fa arma estrema contro tale abuso, che tende a uccidere in noi orizzonti di speranza. Morire vivi, senso di “Contro la mia morte” (Padova, 2007 e PA, p.376).

Paradigma

L’occhio della serpe è un qualsiasi dio –
uragano che scopre fondamenta
travi chiodi
e con la spirale centripeta spazza
il quotidiano lasciando al raso
il reale più fecondo

Questa la serpe bella fredda
testa piatta a triangolo a stemma
di religione – l’amo perché strisciando
sibila con sveltezza la lingua
sulla centrifugazione degli oggetti
e nell’occhio centra stolidamente
le emozioni di chi non sa reagire

Ogni uovo di serpe contiene compatto un uomo
qualsiasi, l’uragano è la realtà che fabbrica
il piede: la mano stupenda – il paradigma.

(1964)

giorgio-linguaglossa-11-dic-2016-fiera-del-libro-romaAppunto critico di Giorgio Linguaglossa

Quando mi capita di riflettere sulla poesia di Sessioni con l’analista (1967) e, in generale, sull’intera opera poetica del Nostro, mi convinco sempre di più che l’originalità della sua poesia è in quel girare incessantemente intorno al suo oggetto misterioso, alla sua «Cosa». È la forza segreta della poesia depalchiana. Anche in questi ultimi due lavori: Nihil (Stampa2009, 2016), e Estetica dell’equilibrio (inedito), si può notare che de Palchi è infinitamente libero nel suo discorso, libero di divagare, di allontanarsi dal tema del discorso e poi di ritornarvi, e di contraddirsi, libero da condizionamenti di scuole, da precetti, da mode, libero di non seguire nessun modello proposizionalistico del discorso poetico, nessun modello eufonico o cacofonico della neo-narratività poetica oggi purtroppo di moda; de Palchi non cerca la dissonanza per la dissonanza, non cerca una presunta originalità, non insegue mai effetti speciali sta sempre piantato con i piedi per terra in agguato e lancia i suoi acuminati strali contro l’«antropoide» delittuoso. C’è una fortissima carica impolitica e impoetica in questa sua furia iconoclastica che si ripercuote anche sull’ordine del discorso e sul «modello» poetico che lo sottende e lo sorregge. È un modo di fare poesia senza rete. È una nuova e diversa visione del Logos poetico. Direi una visione ontologica del fare poesia. Per tutti questi motivi indico de Palchi come un antesignano di un diverso modo di intendere in Italia il discorso poetico. Sì, forse c’è dell’anarchismo, c’è della impolitica in questo suo modo di procedere e di intendere le finalità del discorso poetico, ma qui siamo in presenza del più vigoroso sforzo fatto dalla poesia italiana del secondo Novecento e contemporanea di abbattere il modello proposizionale del discorso poetico che si è fatto in Italia e, anche, in Occidente in questi ultimi cinquanta anni. E questo a me è sufficiente per portare la poesia di de Palchi come un esempio di grande coraggio intellettuale.

Ecco la ragione per la quale io adotto la poesia di de Palchi ad avamposto (non utilizziamo più la parola avanguardia ormai destituita di senso nel mondo di oggi) di una diversa organizzazione frastica di un discorso poetico libero da schemi e da pregiudizi formalistici e di scuole.

20 commenti

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20 risposte a “Per il novantesimo compleanno di Alfredo de Palchi – Adam Vaccaro nota critica su Alfredo de Palchi: Dettami e Risorse del Paradigma (2006) con un Appunto critico di Giorgio Linguaglossa

  1. gabriele fratini

    Anche se De Palchi è una persona scorbutica, devo ammettere che è un poeta con i contro… che gli fumano. C’è una luce nei suoi versi, che Vaccaro descrive finemente come azione “sensibile e vitale”. Sono d’accordo. Mi viene voglia di leggere tutta la sua produzione disponibile, perché ahimè ancora non l’ho fatto. Auguri al poeta.
    Saluti.

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  2. gino rago

    Tieni alta l’aquila d’oro, Alfredo. L’aquila dei novanta anni stretta nelle tue mani è l’onore della IX Legione, a cerchio intorno all’Ombra delle Parole.
    Perduta l’aquila della poesia, perso l’onore.
    Perduto l’onore, perduto tutto.
    Auguri, Alfredo. Lunga vita all’azione vitale del tuo verso.
    E grazie a Giorgio per avercelo additato da sempre come l’anello mancante del ‘900 poetico italiano.
    Gino Rago

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  3. Verissimo, De Palchi è avamposto e Sentinella nel contempo.

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  4. Ivan Pozzoni

    De Palchi, grande uomo. Detto tutto.

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  5. . . . quasi sempre capito su l’Ombra delle parole che mi concerne quando
    intuisco di dover ringraziare e chiudere. Grazie gentili amici, vi sono riconoscente.

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  6. Copio e incollo un commento di Alfredo de Palchi apparso su

    http://www.milanocosa.it/saggi-poesia/per-i-90-anni-di-alfredo-de-palchi#comment-226915

    Commento di Alfredo de Palchi 26 Dicembre 2016 alle 18:11

    Da novantanni sono il desiderio dell’abominevole invidia dell’antropoide scarso di signorilità.
    Sin da bambino, ho ancora in vista una cicatrice al mento e un’altra alla sappraciglia destra, per invidia di un bambino che mi spinse sul triciclo a scendera in fondo una scala.
    Da settanta conosco quella delle sfere poetiche frequentate in maggioranza da antropoidi gialli d’invidia; li immagino innocui chiwawa in un continuo abbaiare per mostrare potere, come dire “tu non sai chi sono!”. Purtroppo lo so. Con ciò ammetto che di rispeto ne ho per pochissimi casi. Hanno Invidia di me come persona e poeta apprezzato da pochissimi colleghi che intendono la mia opera innovative, diversa, creativa dal 1947, anticipando almeno di quindici anni le sterili avamguardiette del secondo Novecento. Opera evitata, scartata, emarginata, etc., ma si tratta anche di politica di vecchia data.
    Conseguenze psicologiche non ne soffro, comunque apprezzerei che gli scritti critici che mi sono dedicati fossero letti per tenersi informati. È chiaro che se c‘e un pubblico che visita il blog, e legge e non lascia un commento, il lettore è disinteressato oppure disprezza quello che legge.
    Ma ditelo, scrivetelo, mostratevi onesti almeno dei vostri pensieri e gusti; smettete di essere apparenze ignote, oppure di falsa diplomazia senza lingua o chiwawa muti.
    Eccovi questi due blogs due spots, dedicati al mio 90mo comleanno, su cui sfogare I vostri personali problemi di poetica e di critica. Se per fortuna vostra leggete I saggi e pensate di commentarli, fatevi avanti. Cominciate con Adam Vaccaro per poi passare da Giorgio Linguanglossa e Antonella Zagaroli. Tutti e tre meritano di essere ascoltati e discussi. Rispondete, fatevi sentire; la neutralità non è diplomazia, e non vi fa importanti.

    Commento di Adam 26 Dicembre 2016 alle 19:44

    Questa forte, energica sollecitazione di Alfredo de Palchi, a leggere e commentare quanto scritto e pubblicato nell’occasione dei suoi 90 anni, credo che meriti di essere raccolta nelle proprie mani e fatta lievitare in parole libere e congrue, da parte ovviamente di chi lo conosce e l’ha letto. E per chi non lo avesse ancora fatto, rinnovo il mio invito a non perdere l’occasione di far esplodere i suoi versi nel proprio universo mentale, rivitalizzandolo – come sa fare la poesia più ricca – dalle sue profondità ai livelli più alti.

    Commento di giorgio linguaglossa 27 Dicembre 2016 alle 09:38

    Trascrivo il capoverso finale della mia monografia critica sulla poesia di Alfredo de Palchi che sta andando in stampa per le edizioni Progetto Cultura di Roma perché fa il punto sulla questione de Palchi e sulla vexata quaestio dello spostamento del baricentro della poesia it. del secondo Novecento sull’asse Alfredo de Palchi, Helle Busacca, Angelo Maria Ripellino fino a giungere ai giorni nostri:

    Quando mi capita di riflettere sulla poesia di Sessioni con l’analista (1967) e, in generale, sull’intera opera poetica del Nostro, mi convinco sempre di più che l’originalità della sua poesia è in quel girare incessantemente intorno al suo oggetto misterioso, alla sua «Cosa». È la forza segreta della poesia depalchiana. Anche in questi ultimi due lavori: Nihil (Stampa2009, 2016), e Estetica dell’equilibrio (inedito), si può notare che de Palchi è infinitamente libero nel suo discorso, libero di divagare, di allontanarsi dal tema del discorso e poi di ritornarvi, e di contraddirsi, libero da condizionamenti di scuole, da precetti, da mode, libero di non seguire nessun modello proposizionalistico del discorso poetico, nessun modello eufonico o cacofonico della neo-narratività poetica oggi purtroppo di moda; de Palchi non cerca la dissonanza per la dissonanza, non cerca una presunta originalità, non insegue mai effetti speciali sta sempre piantato con i piedi per terra in agguato e lancia i suoi acuminati strali contro l’«antropoide» delittuoso. C’è una fortissima carica impolitica e impoetica in questa sua furia iconoclastica che si ripercuote anche sull’ordine del discorso e sul «modello» poetico che lo sottende e lo sorregge. È un modo di fare poesia senza rete. È una nuova e diversa visione del Logos poetico. Direi una visione ontologica del fare poesia. Per tutti questi motivi indico de Palchi come un antesignano di un diverso modo di intendere in Italia il discorso poetico. Sì, forse c’è dell’anarchismo, c’è della impolitica in questo suo modo di procedere e di intendere le finalità del discorso poetico, ma qui siamo in presenza del più vigoroso sforzo fatto dalla poesia italiana del secondo Novecento e contemporanea di abbattere il modello proposizionale del discorso poetico che si è fatto in Italia e, anche, in Occidente in questi ultimi cinquanta anni. E questo a me è sufficiente per portare la poesia di de Palchi come un esempio di grande coraggio intellettuale.
    Ecco la ragione per la quale io adotto la poesia di de Palchi ad avamposto (non utilizziamo più la parola avanguardia ormai destituita di senso nel mondo di oggi) di una diversa organizzazione frastica di un discorso poetico libero da schemi e da pregiudizi formalistici e di scuole.

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    • Alfredo non ha torto a non accettare il silenzio, ma, forse, in alcuni casi è meglio tacere e sembrare sciocchi, che parlare e togliere ogni dubbio. Rileggerò volentieri gli articoli che cita e a mia volta chiedo a lui di rileggere i miei commenti prima di tutto attestati di stima, sparsi anche in questa Ombra. Auguri di ogni bene, non solo per lo specialissimo compleanno…e continuo a leggere la Sua antologia anche a casa.

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  7. Roberto Bertoldo

    Il silenzio sulla poesia di de Palchi lascerebbe sgomenti se non conoscessimo come funziona la critica letteraria mediaticamente potente in Italia ma direi dovunque nel mondo. Non proprio silenzio, a dire il vero: da parte di molti di noi del ‘sottobosco’, come lo chiamano gli snob, è sorta una specie di crociata in difesa e rappresentazione di uno degli ultimi e pochi grandi poeti del Novecento, un poeta che ha lasciato un’impronta avanguardistica con “Sessioni con l’analista” del lontano 1967 che altri suoi coetanei non mi pare abbiano lasciato nonostante il fervore sperimentalista che li animava. Probabilmente i nostri più noti critici, che di de Palchi si sono disinteressati nonostante gli stimoli ricevuti dai lettori meno faziosi, si ritengono più competenti di Vittorio Sereni che ha apprezzato la poesia di de Palchi e l’ha fatta pubblicare da Mondadori in anni in cui la Mondadori era ancora una casa editrice seria, con direttori di collana competenti, coraggiosi e imparziali.

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  8. carissimo Roberto Bertoldo,
    io che sono un estimatore della poesia di Alfredo de Palchi, non mi considero di «sottobosco», semmai sono gli altri, quelli che tu chiami gli «snob» che sono il sottobosco clientelare della pseudo cultura di massa. E del resto anche tu che sei un estimatore della poesia depalchiana, sei a mio avviso uno dei poeti più dotati di oggi. E con noi ci sono gli Steven Grieco, i Mario Gabriele, gli Antonio Sagredo, i Gino Rago, i Luigi Manzi, gli Antonella Zagaroli, le Anna Ventura, le Letizia Leone, i Flavio Almerighi, i Giuseppe Talia, l’Ubaldo de Robertis, la Costantina Donatella Giancaspero, Adam Vaccaro, Sandro Montalto, Sabino Caronia, Salvatore Martino, Claudio Borghi, Gabriele Fratini, Angela Greco e molti altri che non nomino perché non mi vengono in mente adesso… Siamo quindi in tanti…

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  9. Prima di rivolgermi agli ignoti blogghisti che temono di porsi mentalmente in vista, ringrazio ancora una volta tutte le “parole”che si firmano su L’Ombra. Angela Greco – AnGre in particolare. . .
    Amo il cane, cane, ma non sono il tipico uomo-cane che scodinzola intorno a una folla di compagni. Mi comporto da gatto, con disdegno. E per frequentare i blogs occorre averne.
    Giuro sulla mia vita alla quale ci tengo moltissimo, più della poesia del mondo intero, che il disinteresse sulla mia opera sono abituato dagli anni 1950. Non sono posseduto da amarezze gelosie invidie. Ne sono immune. Fra la mia personalita e la miacreatività poetica, la differenza enorme è come quella che si trova tra zucchero e pura cioccolata. Insomma, non mi lascio infangare. Però, avendo gusti strettamente istintivi e non sapendo scrivere di critica, mi lascio esprimere con cinismo ironia e sarcasmo, dipende dal momento, non per offendere ma per scuotere alberi di frutto allineati come lapidi. Non si nota niente perché il silenzio, sovente degli “indigenti” letterati, è niente. Non si tratta del mio lavoro e del mio 90mo compleanno, concerne che tre autori di saggi sembrano non siano stati letti e considerati. Per quanto mi concerne, il sottobosco è quello immenso che io micidialm ente disdegno.

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  10. Caro Alfredo de Palchi.

    scrive Maurizio Ferraris: «Prima o poi, dice il proverbio, la verità viene a galla. È Proprio così. La verità, e la realtà a cui si riferisce, emerge per forza propria, e non viene costruita con le deboli facoltà degli esseri umani, come hanno immodestamente preteso tanti filosofi».1]

    Prima o poi la verità delle questioni di poetica ed estetiche verrà a galla e bisognerà prendere atto che quanto ci dicevano i cultori della vulgata letteraria era fasullo e che la storia della poesia del primo e del secondo Novecento sarà da riscrivere. Molta acqua se ne andrà da sotto i ponti, molta poesia passerà senza lasciare traccia alcuna. Quella che resterà sarà poca, pochissima, e tra questa ci sarà la tua poesia, e nulla potranno le deboli facoltà umane per nascondere il vero stato delle cose come è accaduto finora e la tua poesia innovativa risalterà in mezzo a tante scritture poetiche che lo scorrere del tempo cancellerà.

    1] M. Ferraris Emergenza Einaudi, 2016, pp. 127 € 12

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  11. Gentile Angela, le concedo un milione di baci virtuali e non, meno se insiste. . . tanto per non temene il mare. . . non si faccia impressionare dal mare, ci sono io, giovanotto migliore nuotatore. . domani sera a mezza notte, al milionesimo ultimo bacio, l’anno 2016 finisce con un wimp. . .
    ,

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  12. Caro Giorgio Linguaglossa,

    vigilia capodanno, ti mando il mio ultimo saluto del 2016, e rispondo che Maurizio Ferraris dice il vero; non è strano però che il pensiero non mi sia nuovo; da settanta anni me lo sono sentito dire numerose volte. . . ma sì, mi sono perfino annoiato di quel pensiero. . . ero io che lo ripetevo era sempre un pensiero contenente il pensiero della fregatura. La mia attitudine nella mia piccola esistenza è positiva, non lo è mai nella superpopolata esistenza. Poesia è nella piccola esistenza, la superpopolata è un ossario illimitato di letterati nullatenenti che si fanno largo a reali gomitate. Ne ho avute abbastanza.
    Ti ringrazio per i saggi e complimenti dell’annata, e rimango in attesa. . .Buon anno e un abbraccio.

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  13. Donatella Costantina Giancaspero

    I miei auguri più forti, densi di affetto e ammirazione, ad Alfredo de Palchi, in questo primo giorno del 2017.
    Spero che si concretizzi finalmente il desiderio mio e di tanti (poeti e non), che hanno avuto il privilegio di conoscere e apprezzare la sua opera; il desiderio, anzi, la volontà, di vedere riconosciuto il suo merito da tutti, ovunque, ma soprattutto, com’è ovvio, qui in Italia: che sia resa giustizia al nostro poeta, esiliato dalla vile mediocrità di quanti temevano di essere oscurati dalla luce della sua poetica innovativa.
    A tutti noi, amici, poeti, o anche semplici ammiratori (che non è poco), il compito magnifico di sostenere e diffondere la sua opera. Se amiamo la Poesia (e amiamo la Giustizia), questo noi dobbiamo farlo.
    Perciò, ben venga la monografia critica che Giorgio Linguaglossa ha dedicato ad Alfredo de Palchi. Spero di vederla presto pubblicata, perché sono convinta che potrà essere un punto di riferimento importante per tutti noi. Abbiamo bisogno di scuoterci dall’immobilismo in cui ci hanno costretti le remore poetiche del Novecento. E, per farlo, abbiamo bisogno di coraggio, di quel “grande coraggio intellettuale” (cit. Linguaglossa) che Alfredo de Palchi ha dimostrato sempre con fierezza.
    Auguri al Poeta. Auguri a tutti noi.
    Buon Anno di vera, rinnovata poesia.

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  14. Roberto Bertoldo

    Vorrei ricordare agli estimatori di Alfredo de Palchi che l’associazione culturale Hebenon possiede ancora copie delle raccolte di saggistica su Alfredo de Palchi, edite una dalla stessa Hebenon e l’altra dalle Edizioni dell’Orso; mi stupisce che i suoi sedicenti ammiratori non ne abbiano mai richiesta copia all’Associazione, nonostante sia facile reperire le suddette indicazioni bibliografiche, è sufficiente un po’ di buona volontà. Non mi si faccia pensare che più che ammiratori Alfredo de Palchi abbia trovato dei funamboli.
    Un cordiale saluto a tutti.
    I veri cultori dell’opera di de Palchi possono richiedere copia delle seguenti pubblicazioni, che verranno inviate gratuitamente fino ad esaurimento scorte, a questo indirizzo email: hebenon@hebenon.com (si prega di specificare i volumi richiesti e di indicare esattamente l’indirizzo a cui devono essere spediti i libri).
    AA.VV., Scritti sulla poesia di Alfredo de Palchi, I quaderni di Hebenon
    AA.VV., Alfredo de Palchi: la potenza della poesia, Edizioni dell’Orso
    Alfredo de Palchi, Paradigma. Tutte le poesie: 1947-2005, Mimesis

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  15. Roberto Bertoldo

    Gentili poeti e studiosi, sono giunte in redazione una ventina di richieste dei libri di e su Alfredo de Palchi, anche da parte di persone non partecipanti direttamente a questo blog, che dimostra quindi ancora una volta di essere seguito da molti amanti della poesia. Oggi abbiamo provveduto a spedire i volumi richiesti, entro fine settimana dovrebbero giungere a quanti ne hanno fatto richiesta. E’ gradito un riscontro alla seguente email: hebenon@hebenon.com. Vi ringrazio. Un cordiale saluto a tutti.

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