Ubaldo de Robertis SETTE POESIE INEDITE SUL TEMA DELL’AUTENTICITÀ – Lo spartiacque, Qualunque sia…, Frammenti di… Eden, Nella dimensione di Jung,  XXI Agosto, L’Anfora, Quanto tempo è trascorso? con un Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa, Video a cura di Paolo Cenni con il Requiem di Ligeti

Ubaldo de Robertis ha origini marchigiane e vive a Pisa. Ricercatore chimico nucleare, membro dell’Accademia Nazionale dell’Ussero di Arti, Lettere e Scienze. Nel 2008 pubblica la sua prima raccolta poetica, Diomedee (Joker Editore), e nel 2009 la Silloge vincitrice del Premio Orfici, Sovra (il) senso del vuoto (Nuovastampa). Nel 2012 edita l’opera Se Luna fosse… un Aquilone, (Limina Mentis Editore); nel 2013 I quaderni dell’Ussero (Puntoacapo Editore). Nel 2014 pubblica:Parte del discorso (poetico), del Bucchia Editore. Ha conseguito riconoscimenti e premi. Sue composizioni sono state pubblicate su: Soglie, Poiesis, La Bottega Letteraria, Libere Luci, Homo Eligens. E’ presente in diversi blogs di poesia e critica letteraria tra i quali: Imperfetta Ellisse, Alla volta di Leucade, L’Ombra delle parole. Ha partecipato a varie edizioni della rassegna nazionale di poesia Altramarea. Di lui hanno scritto: G. Linguaglossa, F. Romboli, G.Cerrai, N. Pardini, E. Sidoti, P.A. Pardi, M. dei Ferrari, V. Serofilli, F. Ceragioli, M.G. Missaggia, M. Fantacci, F. Donatini, E.P. Conte, M. Ferrari, L. Fusi. È autore di romanzi Il tempo dorme con noi, Primo Premio Saggistica G. Gronchi, (Voltaire Edizioni), L’Epigono di Magellano, (Edizioni Akkuaria), Premio Narrativa Fucecchio, 2014, e di numerosi racconti inseriti in Antologie, tra cui l’Antologia Come è finita la guerra di Troia non ricordo (Progetto Cultura, 2016 a cura di Giorgio Linguaglossa. In questi giorni è uscita una Antologia delle sue poesie, edizione bilingue, New York, con la Chelsea Editions dal titolo The ring of the universe.

Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa

Scrive Ubaldo De Robertis che l’«Anfora»

“È rotta, – ripete Lei- ahimé! È rotta! L’anfora più bella!
Ne sono sparsi i frammenti qua intorno!”

Ubaldo De Robertis, il poeta che abbiamo ospitato tante volte in questa rivista, è malato… tanto tempo fa qualche particola minutissima di amianto si è posizionata nei suoi polmoni…

ubaldo-de-robertis-the-ring-of-the-universeScrive George Steiner in Linguaggio e silenzio1 :

«Pur trascendendo il linguaggio e lasciandosi alle spalle la comunicazione verbale, tanto la traduzione in luce quanto la metamorfosi in musica sono atti spirituali positivi. Laddove essa finisce o subisce un mutamento radicale, la parola reca testimonianza di una realtà inesprimibile o di una sintassi più flessibile, più penetrante della propria. Ma vi è un terzo modo di trascendenza: in esso il linguaggio ha semplicemente fine e il moto dello spirito non offre nessun’altra manifestazione esterna della propria esistenza. Il poeta entra nel silenzio. Qui la parola non confina più con il fulgore o con la musica, bensì con la morte. Tale scelta del silenzio da parte della creatura più articolata è, ritengo, storicamente recente. Il mito strategico del filosofo che sceglie il silenzio per via della purezza ineffabile della propria visione o perché il suo pubblico non è ancora pronto, ha precedenti antichi. Esso contribuisce al motivo di Empedocle sull’Etna e al distacco gnomico di Eraclito. Ma la scelta del silenzio da parte del poeta, lo scrittore che abbandona a metà strada il suo decreto articolato di identità, è qualcosa di nuovo. Esso si verifica, come esperienza ovviamente singolare ma formidabile nelle sue implicazioni generali, in due dei principali maestri, modellatori, precursori se si vuole, dello spirito moderno: Hölderlin e Rimbaud».

Mi sembra evidente che questa problematica del silenzio evidenziata da Steiner sia anche quella nella quale si imbatte la poesia di Ubaldo de Robertis, non il silenzio degli pseudo mistici ma quello vero, reale, che è collegato con un «vuoto» della lingua che deve essere colmato, e a un «bianco», il colore del non colore, dell’indeterminatezza dell’essere immediato. E, paradossalmente, l’unico modo per colmare questo «vuoto» è il silenzio, o almeno, le parole che richiamano anamnesticamente il silenzio e il suo equivalente nel colore: il «bianco»:

Un dilagare di farfalle bianche
in supremo grado a rifrangere
il silenzio e l’aria si raffina
nitida innocente splende la luna
Ti accorgi che sei parte dell’evento
ti chini a baciare il manto
ci vivi dentro beato

foto-video-vuoto

Il Vuoto

Sicuramente, in questo libro siamo davanti ad un de Robertis che abita il registro lirico, anche se si tratta di una lirica sliricizzata c’è ancora la centratura sull’io e una metratura sinusoidale. Il metro usato varia da quello breve di cinque sillabe al metro libero; si verifica così una oscillazione tra uno stile che privilegia l’allusione e la nominazione della natura in interiore homine e la natura in esteriore homine, diciamo così. Calibratura che il de Robertis degli ultimi lavori si mette dietro le spalle e, direi, con risultati sicuramente più alti e maturi. 1

In queste poesie inedite è avvenuto qualcosa: l’«anfora» «s’è rotta», il mondo è caduto in frantumi, le «cose» sono divenute enigmatiche («si riflettono forse in un gioco di specchi»), il soggetto stesso è in frantumi, anche «lo spartiacque [tra autentico e inautentico]» è andato in frantumi, e al poeta di oggi non resta che raccogliere i frantumi, i relitti e lavorare con questi, fare l’oro con il piombo, rassegnarsi a questo compito ingrato. Ma ecco che de Robertis improvvisamente scopre le incredibili virtù di ciò che è andato in frantumi, scopre che i frammenti sono significativi, parlano molto meglio e più chiaramente degli specchi dorati che pendono dalle pareti edulcorate della poesia di un tempo quando ancora si credeva ad un universo coerente e unitario, alla poesia inscritta in un pentagramma sonoro e sicuro. Oggi il poeta scopre che l’universo non è affatto quel crogiuolo di bellezza e di perfezione dell’universo copernicano, che è intervenuta l’equazione di Dirac, le complicate equazioni della fisica quantistica, scopre l’imponderabile, il probabile, scopre che l’universo è affetto da una «metastasi» invisibile che si chiama raffreddamento universale, entropia, distopie, «seduzioni di fughe», «penombra di labirinti», «imprevedibili trame rimandi», «frammenti di visione» etc. che il tutto si presenta sotto forma, appunto, di «frammenti» enigmatici, che l’essere è lontano ed enigmatico, ermeticamente chiuso nella sua apodittica «incontraddittorietà» (Severino). Sono questi frammenti che ci parlano nella loro lingua, una lingua contraddittoria, a prima vista «cornice di non realtà», de «il mondo [de] le cose che accadono», e ti chiedi: «Cos’è il linguaggio? Cos’è il mondo?»; e ti accorgi che i frammenti «Erano lì fin dall’inizio / bastava cercarli…». Un accavallarsi di interrogativi fitti, dialogici, dialoganti, enigmatici, problematici.
Emergono immagini enigmatiche, primordiali: la «torre», la «fanciulla», la «notte», la «luce», il «caos», il «cerchio», « Le lancette [che] girano in circolo». «Così abissale era? E così rattristante?
La poesia?».

1 George Steiner in Linguaggio e silenzio Rizzoli1, 972 p. 64
1 Ubaldo de Robertis Parti del discorso (poetico), Marco del Bucchia editore, 2014
Ubaldo de Robertis

Ubaldo de Robertis

Poesie inedite di Ubaldo de Robertis

Lo spartiacque [tra autentico e inautentico]

Un’intera notte
[o un suo minuto frammento]
a fare i conti con l’inconscio
a frugare nella penombra di labirinti
a rincorrere seduzioni di fughe
i più rinnegati desideri
imprevedibili trame rimandi
la forma di un rondò di Mozart
il quartetto K.173
o all’angolo estremo
il Violin and String di Morton Feldman
note rare lunghe ripetute
intercalate da silenzi
ti catapultano
al di fuori dei molti tempi
staccati da ogni contiguità
in questa cornice di non realtà
tenti di riappropriarti del tuo mondo
come quel frammento di visione
che stai cercando disperatamente
silenziosamente
di ricordare

Qualunque sia …

Qualunque sia lo spazio
che la fiaccola rischiara
il pallore schiude la strada alle ombre
ed ecco che e gli alberi in fiore
gli astri dal corpo sottile
restano inosservati come donne che s’aggirano
sulla scia di un suono segreto
dentro il guscio rotante dell’oscurità
In realtà ti camminano accanto
ma tu non te ne avvedi
non possiedi la luce
[ interiore ]
che intende e traduce il mondo
a nemmeno riesci a rendere vividi
i ricordi
il nesso che unisce un nome ad una cosa
la traccia di un suono un’immagine un fatto
e nemmeno riesci a muovere le labbra
recitare un brano
di Poesia
La filosofia di Wittgenstein
dovrebbe mostrarti che il pensiero
è il ritratto logico dei fatti
e la totalità dei pensieri veri
è una raffigurazione del mondo
non le parole ma la vita esprime il significato
o il valore degli atti atomici
lo stato di cose gli atti che foggiano
il mondo le cose che accadono e si manifestano
qui sulla terra verde e nell’azzurro dei cieli
e tu ancora ti chiedi vivendo
Cos’è il linguaggio? Cos’è il mondo?

Frammenti di… Eden

[…]
Erano lì fin dall’inizio
bastava cercarli…
fra il brulicare di essenze che la spiaggia solitaria emana
in ogni istante
profumi primitivi inesauribili
se il ricordo tocca limiti estremi
troppo belli si snodano colori stupori
essenze vere
attimi vissuti
dove nessun altro poteva respirare
soltanto i mendicanti o i folli
esultanti nel sentirsi obbligati alle imprese rischiose
morire o rinascere
niente di più eccitante
che trascinare al di qua della distanza [tempo e spazio]
il tuo corpo odoroso
per gettarsi di nuovo a capofitto
il corpo intero
la stessa bramosia
nell’autorizzare gli istinti a consumarsi
il bisogno improvviso di gridare…al mondo..
la stessa vulnerabilità di allora
la fanatica radiosa stupidità
degli innamorati…

Ubaldo De Robertis CECI N'EST PAS UNE PIPE.-1_resized

Ubaldo De Robertis CECI N’EST PAS UNE PIPE.-

Nella dimensione di Jung

Il rampollo del caos scorre in cerchio.
Una fanciulla si sporge in piedi sulla fontana.
Le lancette girano in circolo.
Nessuno si occupa più dell’orologio da almeno sette decenni.
Sulla torre si specchiano immagini suoni remoti
echi che tornano del lungo roteare
[si riflettono forse in un gioco di specchi].
Nessuno conosce la vera posizione.
Altalenante.
In funzione dell’apparente rotazione degli astri
intorno alla sfera rosso fuoco
talvolta troppo vicina
talvolta troppo distante.

Al morire della luce
la fanciulla sconosciuta spiega lo scialle di seta
nel luogo di cui nessuno ha voce per chiedersi:
dov’è?
[come risulterà chiaramente in seguito]

Da strani fiori a sette petali salgono essenze.
Presentimenti.
Congetture si fanno sul sognatore
nel dire che si è trattato di allucinazioni:
La torre
[dislocazione verticale- verso l’alto la seduzione degli astri].
L’orologio.
Gli specchi
[sul lato contrapposto al riflettente giace il sottile strato d’argento].
Il bel giardino dai fiori a sette petali.
Il corpo condiscendente di quella fanciulla.
Lo châle volteggiante al minimo estro di vento.

XXI Agosto

Figure minacciose tutt’intorno
le scruta con gli occhi di un altro
il solo rimedio che può evitargli l’angustia
Hieronymus Bosch in persona gli sta inviando
le creature blu che formano il seguito di Satana
colore della finzione dell’inganno
non Il Giardino delle delizie
l’opera più ambiziosa
olio che ancora padroneggia la tavola
ed egli non è un santo che i demoni non distolgono
dalla propria meditazione
e nemmeno può passare all’adorazione del metafisico
all’occhio che ripercorre di sbieco
come in una storta alchemica
i paesaggi cosmici del passato
certo rimpiange il rosso luminoso vivo
il colore dell’amore giovane
aveva allora diciassette – diciotto anni
seguiva un corso di chimico- fisica
[o forse era poesia irrazionale? ]
il caso ha voluto che ne ritrovasse gli schemi
proprio il giorno del suo settantaquattresimo compleanno
ecco perché bevendo un calice dopo l’altro
ha cominciato ad aprirsi felicemente
con un sorriso del tutto particolare
sprofondava demente nel letargo del sonno
credendo di essere fortunatamente un vero scienziato
[o un vero poeta…]

L’Anfora

Neve in alto
pura
la terra natia
la gola scura
del fiume in basso
la foschia
continua a salire
il sentiero non è più tanto ripido
come prima
l’eco di cose lontane si separa sparge
dissolvenze incrociate
immagini destinate a scomparire
Lui… non le stacca gli occhi di dosso
– Com’è cupo il tuo silenzio – le dice chiamandola con molti nomi
“È rotta, – ripete Lei- ahimé! È rotta! L’anfora più bella!
Ne sono sparsi i frammenti qua intorno!”
Giorno
inoltrato
il limite dell’orrido
di lato
più in su … l’altura da oltrepassare
più agevole scavare un pertugio
nel ghiaccio
scortati dal richiamo di una cosa calda
desiderio che pervade l’ambito dei sensi
e quello della ragione
senza aderire
a nessuno dei due
calore che non si può attingere neppure in prestito
dall’ambiente
dal niente che li circonda
Lui vuole scavare
andare all’indietro
Lei… andare oltre…
Impossibile sanare la frattura
a partire da quel fondo diviso
dal corso d’acqua
e da quella cima dove più cruda è la realtà
nemmeno scalfita dalle parole dell’uomo
di per sé vaghe e vuote
alla donna continuano a cadere di mano
i frammenti raggelati
“È rotta, ahimé! È rotta!
L’anfora più bella!

Quanto tempo è trascorso?

Quanto tempo è trascorso?

Indurisce il verso
sul foglio.
I basalti si consolidano
in superficie.
Non so dove stiamo andando –
si domandano in uscita dalle viscere
del vulcano. –
I bordi dei fuochi carbonizzano parole,
interrogazioni.
Riluce la notte, breve
più di chiunque altra
fuoriuscita volgare:
ceneri
lapilli
vapori
eruzioni dell’anima inondata
contrasti
collisioni
colori

Vivido lo strigile a raschiare
la pelle ferita, sul profondo.
Il corpo esanime
corrotto
avvizzito.

Così abissale era? E così rattristante?
La poesia?

24 commenti

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24 risposte a “Ubaldo de Robertis SETTE POESIE INEDITE SUL TEMA DELL’AUTENTICITÀ – Lo spartiacque, Qualunque sia…, Frammenti di… Eden, Nella dimensione di Jung,  XXI Agosto, L’Anfora, Quanto tempo è trascorso? con un Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa, Video a cura di Paolo Cenni con il Requiem di Ligeti

  1. Giorgio, porta i miei saluti e un abbraccio anche virtuale ad Ubaldo de Robertis appena lo senti. Io continuo a leggere le sue “eruzioni dell’anima inondata” e aspetto di leggere le sue risposte ai nostri commenti …

  2. Non molte settimane fa Ubaldo De Robertis mi scrisse dicendomi che la malattia aveva completamente cambiato il suo modo di scrivere e proporre poesia. Ora ce n’è una nuova, e sono troppo commosso per continuare.

  3. Mario M. Gabriele

    C’è in queste poesie di Ubaldo De Robertis una significativa azione di ricambio linguistico e culturale, non comune nella parola poetica di oggi. Ed è forse la risposta più eclatante che si possa dare, non solo dal punto di vista estetico, ma dei contenuti,e delle fibrillazioni che hanno sequenze di spazio- tempo, dove poggiano le impalcature di un edificio con angolature estetiche e psicologiche,sostanzialmente rifrattive: un immagazzimento di dati da incrociare e verificare dove alla fine emerge un proprio mondo psicosoggettivo, nel tentativo di captare la nota più armoniosa o dissonante per “fare i conti con l’inconscio” e per frugare nel cassetto della temporalità il senso del nostro essere in rapporto con l’esterno.Ed è qui che inizia lo straordinario viaggio poetico di De Robertis per approdare ad una luce che non si vede, ma che si materializza in un continuo stato di vibrazione, fuoco e cenere, memoria e oblio, che sono poi i correlativi oggettivi di una ricerca antropologica e ontologica di apparenze e dissolvenze.

  4. Roberto

    Buongiorno sono Roberto De Robertis figlio di Ubaldo. Mio padre e’ impossibilitato a partecipare al dibattito per gravi motivi di salute. Inoltra, mio tramite,un cordiale saluto a tutti ma non potra’ seguire lo sviluppo dei commenti. Cordiali saluti.

  5. gino rago

    Già lo sostenni per altre liriche di Ubaldo De Robertis, sempre, a suo tempo, proposte da Giorgio L. su ” L’Ombra delle Parole ” e da Mario Gabriele su “L’Isola dei Poeti”.
    Con più convinzione ora lo riaffermo, forte anche dei limpidi commenti critici di Giorgio L. e di Mario G. stessi: Ubaldo De Robertis non è un grecista che ad altri parla dei Greci.
    Ubaldo De Robertis è un greco
    che parla ai greci…E nell’anfora che si frammenta adotta la forma-poesia
    più rispondente alla consapevolezza della scissione fra interno ed esterno,
    fra anima e fare, fra io e mondo, per tendere alla “totalità”, ora frammentata, del mondo ” greco ” come universo senza lacerazioni.
    Sicché, come rilevato in recenti lavori poetici di Steven Grieco-Ratgheb,
    di Mario Gabriele, di Giorgio Linguaglossa, di Letizia Leone, di Edith D.,
    di Antonio Sagredo (cito quelli che mi sono rimasti più impressi), la luce
    dall’interno della forma va verso l’esterno, proprio come succede nella
    plastica classica greca…
    Gino Rago

  6. Un’affermazione di Maupassant: «Non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto».
    Ecco, i punti. Sovente, anzi, quasi sempre, ultimamente de Robertis mi inviava le sue poesie per un parere, ed io gli indicavo i luoghi delle frasi dove avrebbe dovuto mettere dei punti. Devo dire che Ubaldo accoglieva i miei suggerimenti al 95% dei casi.
    Egualmente facevo io con le mie poesie, gliele sottoponevo quando avevo dei dubbi.
    Una volta, gli sottoposi una mia lunga poesia. Lui mi rispose individuando 19 articoli indeterminativi che a suo avviso avrei dovuto sostituire con l’articolo determinativo. Accolsi in toto il suo acuto suggerimento. La poesia assunse un aspetto completamente diverso, diventò più precisa, quasi fotografica.
    Ecco, questo volevo dire, che tra me e Ubaldo c’era stima e rispetto reciproco. Proprio come deve essere tra due poeti. Senza reticenze e senza atteggiamenti ciliari.
    Mi scrisse un giorno che da quando aveva preso a frequentare l’Ombra delle Parole la sua scrittura era molto migliorata. Anch’io devo dire che da quando ho preso a frequentarlo via email anche la mia scrittura è molto migliorata. Tutto qui.

  7. Salvatore Martino

    “Impossibile sanare la frattura” un verso che da stamane mi grida nel profondo dell’anima. Avevo chiamato Ubaldo come molto spesso avveniva da mesi, ma lui non è venuto all’apparecchio, gentilmente sua moglie mi ha spiegato che non se la sentiva e mi ha passato il figlio, che peraltro non ha potuto dirm inulla circa il babbo perché egli era presente , Ci siamo dati appuntamento per il pomeriggio ma il suo cellulare aveva sempre la segreteria inserita. Mi è difficile parlare oggi della sua poesia , come più volte ho fatto, magari domani se sarò riuscito a parlare con Roberto. Voglio dire soltanto che quando lessi L’Anfora fui invaso da una totale emozione, che mi prendeva l’anima e la mente.

  8. antonio sagredo

    dedico questi miei versi a Ubaldo De Robertis, e prego suo figlio Roberto di riferire, e se possibile di leggerli.
    antonio sagredo

    ————————————————————–
    Poesia (non) d’amore

    Và, e nascondi la tua verginità
    sotto un sole imperiale
    e se ci riesci batti un colpo come i Morti,
    crederò, forse, che esiste un mare!

    Mi difenderò con pietre, urla, bestemmie,
    lancette di carne, arterie e grumi
    invano vedrai sui quadranti delle orbite,
    come una salamandra strisciare sul mio corpo.

    Và, sta lontana, gioia greca,
    come un applauso, un’anfora, un palinsesto!
    Giochiamo agli atomi con sonori dadi:
    non mi fanno paura il Vuoto, Dio e la Rivolta!

    Cantami, cantami l’assenza o la mattanza!
    La notte non è una memoria saracena,
    i tuoi mostri, notte, sono vecchi:
    ho bisogno di altre succursali!

    antonio sagredo
    Roma, 23 aprile 1981

  9. L’amore fa tacere intelligenza – quella che si ha – e pensieri. Quindi rivela poesia così com’è: muta presenza, contenuto senza contenitore. L’anfora rotta, quella che sembrava la più bella – il canto – finisce nella parola ahimé, di gemito e sospiro. Fermando il tempo s’arresta la sconsiderata ricerca dell’insieme e dell’assoluto! Resta il timore della precarietà, del relativo, della superficialità; ma proprio qui sta il senso della vacuità, che i buddisti chiamano Śūnyatā, termine che non ha valenze negative, come da noi, perché non esclude il sentimento di meraviglia dovuto a lucida osservazione. Meraviglia e lucida osservazione, poesia e scienza nella vita di Ubaldo De Robertis. Questo si dirà.
    Amore è vacuità. Ahimé. E numerosi punti, come “Nella dimensione di Jiung”, tra queste la poesia formalmente – e sonoramente – più frammentata; guarda caso quella che ha a che fare con il sognare, quella che il mattino ha l’inconscio in bocca, cioè il rallentamento del tempo; che è rallentarsi di ogni movimento; immagini non più fugaci, quasi ferme. Conscio nell’inconscio. Nell’ade con gli occhi socchiusi. Finalmente!
    Vada a Ubaldo il mio rispettoso abbraccio: per le poesie che ha scritto, che scrive, e l’amicizia.

  10. Di Ubaldo De Robertis voglio ricordare queste parole:”la fanatica radiosa stupidità/degli innamorati”.Dice molto sulle sue capacità di osservatore intelligente,acuto,tollerante, un poeta/scienziato che non rinuncia alla precisione della scienza e della ragione,ma nemmeno alla suggestione del sentimento e della fantasia.

  11. Giuseppina Di Leo

    Mando un affettuoso abbraccio all’amico Ubaldo, e chiedo scusa se al momento non so dire altro.
    Giuseppina

  12. ti abbraccio forte
    (a Ubaldo De Robertis)

    Itaca è peraltro una bevuta di Achab

    nessun greco, Andromaca trentenne
    per sempre prigioniera degli Achei

    sterrate bianche dentro l’orizzonte
    smettila Bogey, questo quadro è tuo.

    Quando sparisci c’è sapore di ferro,
    rimaniamo in macchina sotto il sole

    (noi volevamo un posto appartato
    un po’ di vita con le nostre donne)

    non perdere altro tempo,
    il suono è tutto il dentro
    che l’aperto copre
    una Cadillac distrutta nel fosso.

    Ti lascio e non abbandonarmi
    chiudo qui non dimenticatemi
    adesso non siamo mai esistiti.
    Ho terrore, ti abbraccio forte

  13. Giuseppina Di Leo

    Absentia. Ubaldo ci parla dell’assenza come di qualcosa che non vuole essere colmato. Io sono lontano, assente. E questo dire ci dà tutto del senso della vita, di quando essa non cede alla ragione, alla sua natura multiforme, ma sola si appresta a essere un seme, e nient’altro.
    Ricavare, sperare, aggiungere, restare, aspettare, confortare, desiderare, altre non sono che forme di un dare-avere; il risultato, appunto, della divisione, quella che, da tante parti, ci guidano e ci osservano, quelle che facciamo nostre o che respingiamo, ma che sempre, sempre, ci ‘inquinano’ e tolgono purezza. La fonte è pura/ l’anfora è rotta. Sono le parole della vita che commuovono, in senso letterale: che ci muovono incontro; null’altro è vero.
    E la poesia?
    È poesia. Grazie Ubaldo.
    Giuseppina

  14. gino rago

    Bravo Antonio Sagredo. Bravo Flavio Almerighi. Due forti proposte poetiche
    i cui versi, sebbene vibranti su ritmi e registri differenti, sanno farsi
    ” (…) liquidi bottoni di luce
    sul vestito…della Moldava.”
    come scriveva nella sua stagione lirica degli anni ’70 Antonio Sagredo
    in “Praga”, quando – nonostante “l’angoscia di neve del postino” –
    Praga si vestiva “d’azzurro ogni sera”.
    Gino Rago

  15. antonio sagredo

    Noi attendiamo Ubaldo, qui!
    sperando che non varchi la soglia.

  16. Giuseppina Di Leo

    Sono certa che Ubaldo supererà questo scoglio e tornerà a deliziarci con i suoi interventi e nuove poesie. Intanto invito quanti non l’abbiano ancora fatto a leggere il suo bellissimo romanzo, L’epigono di Magellano, un libro splendido.

  17. antonio sagredo

    ma non come trovarlo

  18. Salvatore Martino

    Forse quello che mi suggerì la tua “Anfora” alcuni mesi fa carissimo Ubaldo può essere trasferito in questo io messaggio, come la voce invasa dall’affetto , che trascorre dalla mia anima, come la testimonianza di una commozione profonda , che in queste ore ci accomuna. Io che tante volte sono stato ghermito dall’abisso e così vicino al Nulla , ti comprendo nelle fibre più riposte dell’anima e della mente.

    Che dire di questo gioco crudele e disperato tra realtà e metafora, ascesa e precipitare…qualcosa che si è rotto, ma questa perdita da uno viene rifiutata, e domanda, si domanda che cosa è accaduto, perché gli avvenimenti non sono come dovrebbero essere. Ghiaccio, nebbia, foschia, e in basso il fiume, un paesaggio reale ma anche trasfigurato, che fa da cornice viva a questo dialogo di delusioni, e forse di rancori, immagini in dissolvenza come in un film del quale si ignorano i protagonisti, e quelli che lo sono rifiutano il ruolo, vorrebbero sparire .Frammenti, solo frammenti che non si possono ricucire, quando la creta è rotta, non resta che gettarla via, perché non c’è colore e il niente ti circonda. E il corso d’acqua è la metafora dell’insanabile frattura, i due sentieri sono più che mai divisi, l’ascensione e il precipizio,…tutto continua a cadere dalle mani, come i frammenti dell’Anfora…una ferita che non potrà mai sanarsi.

  19. Giuseppe Panetta- Talia

    Salute a Te, amico caro.

  20. Ubaldo, amico più giovane di me, da tempo sai come e cosa penso di certe situazioni. Sai che la Signora che mi ha sempre protetto, è l’entità indicibile che non immagino come Anna Antonio Gino Giorgio Gius[ppe Goiuseppina etc. la immaginano. Quando mi è attorno ascolto il suo linguaggio etereo sospirare lievemente alla mia orecchia, e intuisco la sua beneficenza. Capisco che a lei piace il tuo nome, Ubaldo, non commune; sa della tua gravità polmonare per esserti occupato da scienziato della scienza nucleare; ti protegge. Se tuttora stai disteso a letto a respirare faticando, secondo il mio giudizio di malato suggerisco di stare seduto a letto ma col torso in posizione verticale. Non sei solo poeta, sei anche scienziato e come tale un artista (sin da ragazzooenso che lo scienziato sia artista––naturalmente ,piùdi un antropoide maschio mi ha deriso in faccia, ma non dubito della mia posizione artistica). Sai bene cosa penso e come sono schietto,, perché ne abbiamo parlato privatamente, In questo periodo sii scienziato e aiutati a curarti a forza di volontà. Io cerco di passarti della mia forza di volontà positiva. Ciao.

    P.S.–Mai inviata al tuo indirizzo e postata su L’ombra delle parole)

  21. Gian Pietro Lucini

    http://www.cronachefermane.it/2017/05/11/falerone-a-lutto-si-e-spento-ubaldo-de-robertis-il-ricercatore-nucleare-con-lanimo-del-poeta/75970/. Addio, Ubaldo, amico, collega artista, e collaboratore. Come mi dicevi sempre, non smetterò mai di rompere i maroni ai finti intellettuali e ai somari.

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