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«I miei grandi maestri? Ruzzante e Molière». Ci ha lasciati Dario Fo, è morto a 90 anni e sette mesi per complicazioni polmonari. Era ricoverato da 12 giorni all’ospedale Sacco di Milano. Un’esistenza bizzarra, unica. «Esageratamente fortunata», come diceva lui stesso. Figlio di un capostazione era nato il 24 marzo del 1926 in un paesino del lago Maggiore. L’ attore versatile, il drammaturgo, il regista, lo scenografo, l’impresario del suo teatro, lo scrittore, il pittore, l’uomo che ha occupato un ruolo sinistra eslege, il «giullare», come è stato definito dalla massa dei conformisti benpensanti a cui non andava giù l’assegnazione del Nobel nel 1997. Dario ha sempre fatto il teatro che gli era congeniale, quello di Ruzzante e della Commedia dell’arte, quello che si fa beffe del potere e del Palazzo, come lo chiamava Pasolini. Il Nobel manda in tilt gli intellettuali benpensanti. Dario Fo: l’eterno giullare, premio Nobel per la Letteratura, istrione del palcoscenico, come viene definito.
Siamo neli anni dell’Accademia di Brera, ricchi di stimoli culturali, fino alla divisa della Repubblica di Salò, «per non finire deportato in Germania», come spiegò più tardi. Dai testi radiofonici del Poer nano all’esordio con Parenti e Durano al Piccolo Teatro con Il dito nell’occhio, all’unica esperienza cinematografica, con Carlo Lizzani che gli cuce su misura il film Lo svitato. E poi l’incontro con Franca Rame, fulminante, la donna della sua vita, la compagna che ha saputo dargli per tutta la vita il sostegno e l’incoraggiamento di cui Dario aveva assoluto bisogno.
Siamo negli anni della messa al bando dalla Rai democristiana. Siamo nel 1968 quando una sua canzonetta, cantata insieme a Enzo Jannacci, viene rifiutata dal Festival di San Remo.
Marito e moglie danno vita ai surreali titoli degli anni Cinquanta e Sessanta, Gli Arcangeli non giocano a flipper, Chi ruba un piede è fortunato in amore, La signora è da buttare; debuttano in tv nella scandalosa Canzonissima del ‘62 che gli costò la messa al bando per 14 anni dalla Rai democristiana. Segue il grande successo di Mistero Buffo del ‘69, dove Fo riprende a modo suo la lezione dei fabulatori e dei cantastorie, raccontando il sacro e il profano, sberleffi e sublime, le storie della Bibbia e dei Vangeli, di papi boriosi e di villani. Il ‘69 è anche l’anno della strage di piazza Fontana, inizio della strategia della tensione e degli anni bui. Storia e cronaca entrano prepotenti nel teatro di Dario, che sera dopo sera scrive e riscrive le pièce modificandole in diretta sugli eventi. Così è per Morte accidentale di un anarchico, sulla morte di Pinelli; così per Il Fanfani rapito. Un teatro fitto di rumori e di sberleffi, trombette e quisquilie, gli anni ruggenti della Palazzina Liberty. La polizia trova ogni pretesto per impedire gli spettacoli, irrompe sovente anche in teatro. Con grande intuito Dario Fo trasforma quelle invasioni in episodi improvvisati di una farsa che continua. Un elenco di sberleffi contro il potere ottuso dell’epoca democristiana con il suo grammelot infarcito di lessemi e di fonemi, di idiomi disparati, nonsense, bisticci linguistici. Una invenzione in progress, irrefrenabile, multiforme, magmatica, irriverente, prorompente che prende corpo in circa un centinaio di testi teatrali.
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Accolto con entusiasmo all’estero, con sufficienza e ironia in Italia, dove la nicchia benpensante della letteratura italiana mal digerì quel Nobel. Dario Fo, diceva la motivazione degli Accademici svedesi, «seguendo la tradizione dei giullari medioevali dileggia il potere restituendo dignità agli oppressi». Riconoscimento a cui Dario rispose ringraziando quei dimenticati e anonimi maestri, ricordando Ruzzante e Molière e, su tutti, Franca Rame, la sua compagna di una vita, con la quale condivise il riconoscimento dandole pubblicamente il ruolo di coautrice di tante commedie e sua consigliera. Franca Rame muore il 29 maggio del 2013. Per Dario Fo è un dramma. Al lutto di Franca si aggiunge quelli di Enzo Jannacci, amico e complice di canzoni irriverenti, da «Ho visto un re» a «El purtava i scarp del tennis» e quello recente di Gianroberto Casaleggio. È Franca a mancargli sempre di più, la perdita è incolmabile. Si getta nella campagna politica, appoggia il movimento dei 5 Stelle, scrive testi e articoli, interviene nei media, dipinge.
Una disperata vitalità. Ricordo che, intervistato sui giovani, disse che dovevano pensare a «grandi imprese». Li voleva spronare a non acquietarsi al presente, a non accettare la vulgata del potere.
(Giorgio Linguaglossa)

Dario Fo e Franca Rame, 1962
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Su cantiam, su cantiam…
“Popolo di poeti, di cantanti, di canzonettisti, di cantautori;
Popolo di Canzonissima: cantate!
Popolo del miracolo
Miracolo economico
O popolo che volendolo
Puoi far
Quel che ti par
Hai libertà di transito
Hai libertà di canto
Di canto e controcanto
Di petto ed in falsetto
Chi canta è un uomo libero
da qualsivoglia ragionamento
Chi canta è già contento
di quello che non ha
Su cantiam, su cantiam
Evitiamo di pensar
Per non polemizzar
Mettiamoci a ballar
Su cantiam, su cantiam
Evitiamo di pensar
Per non polemizzar
Mettiamoci a ballar
Facciam cantare gli orfani
Le vedove che piangono
E quelli che dimostrano [E gli operai in sciopero]
Lasciamoli cantare
Facciam cantare gli esuli
Quelli che passano le frontiere
Assieme agli emigranti
Che fanno i minator
Su cantiam, su cantiam
Evitiamo di pensar
Per non polemizzar
Mettiamoci a ballar
Su cantiam, su cantiam
Evitiamo di pensar
Per non polemizzar
Mettiamoci a ballar
O popol musicomane
Che adori i dischi in plastica
Aspetti Canzonissima
Come Babbo Natale
Un Babbo un poco frivolo [senza scrupoli]
che alleva un sacco di canzonette
E poi te le fa correre al posto dei cavall
E poi te le fa correre al posto dei cavall
Boom!”
Sigla di Canzonissima 1962
Musica di Dario Fo e Fiorenzo Carpi.

dario-fo-e-franca-rame-e-compagnia

comunicato-di-solidarieta-degli-operai-a-dario-fo-per-il-licenziamento dalla RAI 1962
Oltre ad essere quel competente, colto, libero e talvolta persino geniale interprete di poesia, sei anche un animo generoso e pronto verso i poeti,
caro Giorgio. E senza mai nulla chiedere in cambio.
Come del resto stai dimostrando pure in questa occasione, per prontezza e lucidità, verso la scomparsa del “Giullare di Dio”. Grazie, Giorgio
Gino Rago
peccato se ne sia andato, le notizie si rincorrono, il premio Nobel per la letteratura pare sia stato assegnato a Bob Dylan, allora qualche speranziella per Guccini può esserci
Da un Nobel all’altro: Bob Dylan.
Che Dylan [Bob Dylan, nato con il nome di Robert Allen Zimmerman (Duluth, 24 maggio 1941)], potesse vincere un Nobel era nell’aria da tempo ma in pochi avevano previsto che l’accademia potesse decidere di estendere il prestigioso riconoscimento a un genere come la musica ‘pop’. Nel 2015 il premio era stato assegnato alla bielorussa Svetlana Alexievich per aver creato polifonie che rappresentano “un monumento alla sofferenza e al coraggio del nostro tempo”. Quello per la letteratura è l’ultimo dei Nobel ad essere annunciato quest’anno. I sei premi saranno consegnati il 10 dicembre, anniversario della morte del fondatore Alfred Nobel, nel 1896.
Preciso che in merito ai «meriti» poetici delle canzoni di Bob Dylan non ho nulla da dire perché non ho mai ascoltato una canzone del cantante americano. Ammetto la mia ignoranza. Sicuramente, i suoi testi poetici sono stati scritti per la musica della canzone, e sicuramente nel suo genere di testi applicati alla musica di consumo Dylan si rivela essere un grande innovatore. Ed è sicuro che dobbiamo rivedere le nostre categorie di musica di consumo e musica di profilo alto, quasi sempre quest’ultima aliena dal tollerare testi scritti. Di fatto, la poesia che si scrive oggi deve tendere l’orecchio alla musica leggera, e anche strizzare l’occhio ai generi leggeri… molto spesso, anzi, quasi sempre la poesia che si scrive oggi non ha nessuna possibilità di incontrare il lettore odierno. Dovremmo tutti chiederci come mai, perché, quali sono le cause di questa obblivione della poesia. In tal senso, una riflessione credo dovremmo farla tutti, dovremmo impegnarci a superare le categorie divisorie: aut aut, di qua la poesia, di là la non-poesia, di crociana memoria… Le cose sono molto più complesse.
Tra i molti riconoscimenti che sono stati conferiti a Dylan vanno menzionati almeno il Grammy Award alla carriera nel 1991, il Polar Music Prize (ritenuto da alcuni equivalente del premio Nobel in campo musicale nel 2000, il Premio Oscar nel 2001 (per la canzone Things Have Changed, dalla colonna sonora del film Wonder Boys, per la quale si è aggiudicato anche il Golden Globe), il Premio Pulitzer nel 2008, la National Medal of Arts nel 2009 e la Presidential Medal of Freedom nel 2012.
*
16 TONNELLATE
parole e musica Merle Travis
Sono nato una mattina che il sole non splendeva
Raccolsi una pala e me ne andai alla miniera
Caricai sedici tonnellate di carbone
E il caposquadra mi disse: “Bene, che Dio mi benedica”
Hai caricato sedici tonnellate, e cosa hai ottenuto?
Sei più vecchio di un giorno e più indebitato
San Pietro non mi chiamare perchè non posso andare
La mia anima la devo dare alla compagnia mineraria
Hai caricato sedici tonnellate, e cosa hai ottenuto?
Sei più vecchio di un giorno e più indebitato
San Pietro non mi chiamare perchè non posso andare
La mia anima la devo dare alla compagnia mineraria
Sono nato una mattina che la pioggia cadeva leggera
Di secondo nome faccio Guai e Lotta
Una vecchia leonessa mi ha cresciuto in un canneto
E non c’è donna per quanto di alto rango che mi possa far rigare dritto
Hai caricato sedici tonnellate, e cosa hai ottenuto?
Sei più vecchio di un giorno e più indebitato
San Pietro non mi chiamare perchè non posso andare
La mia anima la devo dare alla compagnia mineraria
Quando mi vedi arrivare è meglio che ti sposti
Un sacco di gente non l’ha fatto ed un sacco ne è morta
Ho un pugno di ferro, l’altro invece è di acciaio
E se non ti becco con il destro lo farò col sinistro
Hai caricato sedici tonnellate, e cosa hai ottenuto?
Sei più vecchio di un giorno e più indebitato
San Pietro non mi chiamare perchè non posso andare
La mia anima la devo dare alla compagnia mineraria
Sono nato una mattina che il sole non splendeva
Raccolsi una pala e me ne andai alla miniera
Caricai sedici tonnellate di carbone
E il caposquadra mi disse: “Bene, che Dio mi benedica”
Hai caricato sedici tonnellate, e cosa hai ottenuto?
Sei più vecchio di un giorno e più indebitato
San Pietro non mi chiamare perchè non posso andare
La mia anima la devo dare alla compagnia mineraria
*
I was born one mornin’ when the sun didn’t shine
Picked up a shovel and I walked to the mine
I hauled Sixteen Tons of number 9 coal
And the straw-boss said, “Well, bless my soul”
You haul Sixteen Tons, whadaya get?
Another older and deeper in debt
Saint Peter don’t you call me cause I can’t go
I owe my soul to the company store
You haul Sixteen Tons, whadaya get?
Another older and deeper in debt
Saint Peter don’t you call me cause I can’t go
I owe my soul to the company store
Born one morning it was drizzle and rain
Fightin’ and Trouble are my middle name
I was raised in a canebrake by an old mama lion
And no high-toned woman make me walk the line
You haul Sixteen Tons, whadaya get?
Another older and deeper in debt
Saint Peter don’t you call me cause I can’t go
I owe my soul to the company store
See me comin’ better step aside
A lot of men didn’t and a lot of men died
I got one fist of iron and the other of steel
And if the right one don’t get ya, the left one will
You haul Sixteen Tons, whadaya get?
Another older and deeper in debt
Saint Peter don’t you call me cause I can’t go
I owe my soul to the company store
Born one mornin’ when the sun didn’t shine
Picked up a shovel and I walked to the mine
I hauled Sixteen Tons of number 9 coal
And the straw-boss said, “Well, bless my soul”
You haul Sixteen Tons, whadaya get?
Another older and deeper in debt
Saint Peter don’t you call me cause I can’t go
I owe my soul to the company store
*
Se perdi il treno sul quale viaggio, saprai che sono andato,
puoi sentire il fischio sibilare per cento miglia
Cento miglia, cento miglia, cento miglia, cento miglia,
puoi sentire il fischio sibilare per cento miglia
Dio, sono uno, Dio, sono due, Dio, sono tre, Dio, sono quattro,
Dio, sono cinquecento miglia lontano da casa
Lontano da casa, lontano da casa, lontano da casa, lontano da casa,
Dio, sono cinquecento miglia lontano da casa
Non ho la camicia addosso, non ho un penny,
Dio, non posso tornare a casa in questo modo
In questo modo, in questo modo, in questo modo, in questo modo,
Dio non posso tornare a casa in questo modo
Se perdi il treno sul quale viaggio, saprai che sono andato,
puoi sentire il fischio sibilare per cento miglia
Cento miglia, cento miglia, cento miglia, cento miglia,
puoi sentire il fischio sibilare per cento miglia
Puoi sentire il fischio sibilare per cento miglia
traduzione di Michele Murino
500 Miles
traditional
If you miss the train I’m on, you will know that I am gone,
you can hear the whistle blow a hundred miles.
A hundred miles, a hundred miles, a hundred miles, a hundred miles,
you can hear the whistle blow a hundred miles.
Lord, I’m one, Lord, I’m two, Lord, I’m three, Lord, I’m four,
Lord, I’m five hundred miles a way from home.
Away from home, away from home, away from home, away from home,
Lord, I’m five hundred miles away from home.
Not a shirt on my back, not a penny to my name.
Lord, I can’t go back home this-a way.
This-a way, this-a way, this-a way, this-a way,
Lord, I can’t go back home this-a way.
If you miss the train I’m on, you will know that I am gone,
you can hear the whistle blow a hundred miles.
A hundred miles, a hundred miles, a hundred miles, a hundred miles,
you can hear the whistle blow a hundred miles.
You can hear the whistle blow a hundred miles.
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ADELITA
canzone messicana tradizionale
Se Adelita se ne andasse con un altro
La inseguirei per terra e per mare
Se per mare in una nave da guerra
Se per terra in un treno militare
E se Adelita desiderasse esser la mia ragazza
E se Adelita fosse la mia donna
Le comprerei un vestito di seta
Per portarla a ballare alla cantina
Se Adelita se ne andasse con un altro
Seguirei le sue tracce per terra e per mare
Se per mare in una nave da guerra
Se per terra in un treno militare
traduzione di Michele Murino
Il video
ADELITA
traditional mexican song
Si Adelita se fuera con otro
Le seguiría por tierra y por mar
Si por mar en un buque de guerra
Si por tierra en un tren militar
Y si Adelita quisiera ser mi novia
Y si Adelita fuera mi mujer
Le compraría un vestido de seda
Para llevarla a bailar al cuartel
Si Adelita se fuera con otro
Le seguiría por tierra y por mar
Si por mar en un buque de guerra
Si por tierra en un tren militar
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SONO IL TUO FIGLIASTRO?
(presentata anche come “Stepchild” e “You Treat Me Like A Stepchild” – “Figliastro”, “Mi tratti come un figliastro”) parole e musica Bob Dylan
Versione eseguita da Bob Dylan il 12 Ottobre 1978 al Maple Leaf Gardens di Toronto, Ontario, Canada
Reperibile sul bootleg “I was young when I left home”
Mi tratti male ragazza
e poi mi tratti anche peggio
Io ti do tutto il mio amore
ma non è mai abbastanza
Mi tratti come un figliastro
Oh Signore, sono il tuo figliastro
Vorrei voltarmi e andarmene via
Ma il mio cuore mi dice “Lasciala stare”
Io attraverso il deserto per te ragazza
e ti porto tutti i diamanti della miniera
E invece scopro che la tua porta è chiusa
Mi tratti come un figliastro
Oh Signore, sono il tuo figliastro
Vorrei voltarmi e andarmene via
Ma il mio cuore mi dice “Lasciala stare”
Lavoro ogni giorno e ogni notte per te ragazza
E non ho nemmeno un momento libero
Lo sai che non mi importa nemmeno di uccidere per te tesoro
E non ho paura di morire
Mi tratti come un figliastro
Oh Signore, sono il tuo figliastro
Vorrei voltarmi e andarmene via
Ma il mio cuore mi dice “Lasciala stare”
traduzione di Michele Murino
AM I YOUR STEPCHILD?
words and music Bob Dylan
You treat me mean girl
And then you treat me rough
I give you all my loving
And it’s never quite enough
You treat me like a stepchild
Oh Lord, am I your stepchild
I wanna turn and walk all over you
But my heart says, “No, just let her be.”
I crawl across the desert for you girl
Bring you all the diamonds from the mine
And I find that your door is shut
You treat me like a stepchild
Am I your stepchild
I wanna turn and walk away from you
But my heart just says, “No, let her be.”
I work every day and night for you girl
And I don’t even have the time
You know I don’t mind killing for you honey
And I ain’t afraid to die
You treat me like a stepchild
Am I your stepchild
I wanna turn and walk all over you
But my heart says, “No, just let her be.”
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BABY, COSA VUOI CHE FACCIA?
parole e musica Jimmy Reed
Eseguita da Bob Dylan agli Universal Studios di Los Angeles, California, il 19 Settembre 1985, durante le prove per il Farm Aid (con The Queens Of Rhythm – Debra Byrd, Queen Esther Marrow, Madelyn Quebec, Elisecia Wright – alle seconde voci). Il brano faceva parte del repertorio di Elvis.
Andiamo su, andiamo giù.
Andiamo su, su e giù.
Fai tutto quello che vuoi e balla.
Oh sì, oh sì, oh sì.
Mi fai fare quel che vuoi tu.
Oh, baby, cosa vuoi che faccia?
Mi fai spiare, mi fai nascondere.
Mi fai spiare, nascondere, nascondere, spiare.
Fai tutto quello che vuoi e balla.
Oh sì, oh sì, oh sì.
Mi fai fare quel che vuoi tu.
Oh baby, cosa vuoi che faccia?
traduzione di Michele Murino
Clicca qui per il video di Bob
E qui per la versione di Elvis: http://it.youtube.com/watch?v=x163y1MQLic
BABY, WHAT YOU WANT ME TO DO?
words and music Jimmy Reed
Were goin up, were goin down
Were goin up, down down up.
Any way you wanna let it roll
Yeah, yeah, yeah
You got me doin what you want me
Oh baby what you want me to do
You got me peepin you got me hidin
You got me peep hide hide peep
Any way you wanna let it roll
Yeah yeah yeah
You got me doin what you want me
Baby what you want me to do
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BALLATA DI UN UOMO SOTTILE
parole e musica Bob Dylan
Cammini nella stanza
con la tua matita in mano
vedi qualcuno nudo
e dici “Chi è quell’uomo?”
provi in tutti i modi ma
non capisci proprio
quello che stai dicendo
quando torni a casa
perchè qui sta succedendo qualcosa
ma tu non sai cos’è
vero, mister Jones?
Alzi la testa
e domandi “E’ questo il posto?”
e qualcuno ti indica e dice
“E’ suo!”
e tu dici “Cosa è mio?”
e qualcun altro dice “Dov’è cosa?”
e tu dici “Oh mio Dio!
Sono proprio solo qui!”
Ma qui sta succedendo qualcosa
e tu non sai cos’è
vero, mister Jones?
Porgi il tuo biglietto
e vai a vedere il fenomeno da baraccone
che subito viene verso di te
quando ti sente parlare
e dice: “Come ci si sente
ad essere un tale mostro?”
e tu dici “Impossibile!”
quando ti porge un osso
E qui sta succedendo qualcosa
ma tu non sai cos’è
vero, mister Jones?
Hai molti contatti
tra i taglialegna
per ottenere i tuoi fatti
quando qualcuno attacca la tua immaginazione
ma nessuno ha alcun rispetto
e comunque tutti si aspettano che tu dia
un assegno deducibile dalle tasse
ad organizzazioni di carità
Sei stato con i professori
e sei piaciuto a tutti
hai discusso con grandi uomini di legge
di lebbrosi ed imbroglioni
hai letto tutti
i libri di F. Scott Fitzgerald
sei un uomo molto istruito
è risaputo
Ma qui sta succedendo qualcosa
e tu non sai cos’è
vero, mister Jones?
Il mangiatore di spade
viene da te e poi si inginocchia
si fa il segno della croce
poi sbatte i suoi tacchi alti
e senza avviso
ti chiede come ti senti
e dice: “Eccoti la gola indietro
grazie per il prestito!”
E tu sai che qui sta succedendo qualcosa
ma non sai cos’è
vero, mister Jones?
Ora vedi questo ometto orbo
che grida la parola “ORA!”
e dici: “Per quale motivo?”
e lui dice: “Come?”
e tu dici: “Cosa significa questo?”
e lui ti urla dietro che sei una vacca
“Dammi del latte
oppure vai a casa!”
E tu sai che qui sta succedendo qualcosa
ma non sai cos’è
vero, mister Jones?
Cammini nella stanza
come un cammello e poi aggrotti la fronte
ti metti gli occhi in tasca
e il naso sul pavimento
dovrebbe esserci una legge
che ti impedisca di circolare
dovrebbero farti
indossare auricolari
Perchè sta succedendo qualcosa
e tu non sai cos’è
vero, mister Jones?
traduzione di Michele Murino
BALLAD OF A THIN MAN
words and music Bob Dylan
You walk into the room
With your pencil in your hand
You see somebody naked
And you say, “Who is that man?”
You try so hard
But you don’t understand
Just what you’ll say
When you get home
Because something is happening here
But you don’t know what it is
Do you, Mister Jones?
You raise up your head
And you ask, “Is this where it is?”
And somebody points to you and says
“It’s his”
And you say, “What’s mine?”
And somebody else says, “Where what is?”
And you say, “Oh my God
Am I here all alone?”
Because something is happening here
But you don’t know what it is
Do you, Mister Jones?
You hand in your ticket
And you go watch the geek
Who immediately walks up to you
When he hears you speak
And says, “How does it feel
To be such a freak?”
And you say, “Impossible”
As he hands you a bone
Because something is happening here
But you don’t know what it is
Do you, Mister Jones?
You have many contacts
Among the lumberjacks
To get you facts
When someone attacks your imagination
But nobody has any respect
Anyway they already expect you
To just give a check
To tax-deductible charity organizations
You’ve been with the professors
And they’ve all liked your looks
With great lawyers you have
Discussed lepers and crooks
You’ve been through all of
F. Scott Fitzgerald’s books
You’re very well read
It’s well known
Because something is happening here
But you don’t know what it is
Do you, Mister Jones?
Well, the sword swallower, he comes up to you
And then he kneels
He crosses himself
And then he clicks his high heels
And without further notice
He asks you how it feels
And he says, “Here is your throat back
Thanks for the loan”
Because something is happening here
But you don’t know what it is
Do you, Mister Jones?
Now you see this one-eyed midget
Shouting the word “NOW”
And you say, “For what reason?”
And he says, “How?”
And you say, “What does this mean?”
And he screams back, “You’re a cow
Give me some milk
Or else go home”
Because something is happening here
But you don’t know what it is
Do you, Mister Jones?
Well, you walk into the room
Like a camel and then you frown
You put your eyes in your pocket
And your nose on the ground
There ought to be a law
Against you comin’ around
You should be made
To wear earphones
Because something is happening here
But you don’t know what it is
Do you, Mister Jones?
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NERO FIUME FANGOSO
Parole di Robert Hunter, musica di Jerry Garcia
Come eseguita da Bob Dylan a Melbourne, Australia, il 6 Aprile 1992
Quando l’ultima rosa dell’estate mi pungerà il dito
ed il caldo sole mi farà gelare fino alle ossa
Quando non riuscirò più a sentire la canzone
E non riuscirò a distinguere il mio cuscino da una pietra
Camminerò da solo accanto al nero fiume fangoso
e canterò una canzone da solo
Camminerò da solo accanto al nero fiume fangoso
e sognerò un sogno tutto da solo
Quando l’ultimo riverbero della luce del sole colpirà la montagna
e le stelle cominceranno a baluginare nel cielo
Quando la luna taglierà l’orizzonte a sud ovest
con lo stridio di un’aquila in volo
Camminerò da solo accanto al nero fiume fangoso
ed ascolterò le rapide gemere
Camminerò da solo accanto al nero fiume fangoso
e canterò una canzone da solo
Nero fiume fangoso
possa tu scorrere per sempre
Non importa quanto profondo o ampio
Se tu hai un altro lato
scorri fiume fangoso
scorri fiume fangoso
scorri nero fiume fangoso
Quando sembrerà che la notte duri in eterno
e non c’è nulla altro da fare che contare gli anni
Quando le corde del mio cuore cominceranno a spezzarsi
e cadranno pietre dai miei occhi invece che lacrime
Camminerò da solo accanto al nero fiume fangoso
e sognerò un sogno tutto da solo
Camminerò da solo accanto al nero fiume fangoso
e canterò una canzone da solo
e canterò una canzone da solo
traduzione di Michele Murino
BLACK MUDDY RIVER
Words by Robert Hunter; music by Jerry Garcia
As performed by Bob Dylan in Melbourne, Australia, Apr 6 1992
When the last rose of summer pricks my finger
And the hot sun chills me to the bone
When I can’t hear the song for the singer
And I can’t tell my pillow from a stone
I will walk alone by the black muddy river
And sing me a song of my own
I will walk alone by the black muddy river
And dream me a dream of my own
When the last bolt of sunshine hits the mountain
And the stars start to splatter in the sky
When the moon splits the southwest horizon
With the scream of an eagle on the fly
I will walk alone by the black muddy river
And listen to the ripples as they moan
I will walk alone by the black muddy river
And sing me a song of my own
Black muddy river
Roll on forever
Don’t care how deep or wide
If you got another side
Roll muddy river
Roll muddy river
Black muddy river roll
When it seems like the night will last forever
And there’s nothing left to do but count the years
When the strings of my heart start to sever
And stones fall from my eyes instead of tears
I will walk alone by the black muddy river
And dream me a dream of my own
I will walk alone by the black muddy river
And sing me a song of my own
And sing me a song of my own
*
MARCHIATO
parole e musica Merle Haggard
Registrata da Bob Dylan ai Sunset Sound Studios di Hollywood, Los Angeles, California, il 23 e 11 Aprile 1987, durante le sessioni di registrazione dell’album “Down In The Groove”.
Mi piacerebbe andare a testa alta ed essere orgoglioso di chi sono
ma non permetteranno che il mio segreto resti celato
Ho pagato il mio debito ma non sono ancora soddisfatti
Ora sono marchiato, un uomo con un marchio al freddo
Quando mi hanno fatto uscire di prigione, avevo la testa alta
Ero deciso a risollevarmi sopra la vergogna
Ma non importa quanto io viva, il marchio nero mi segue
Sono marchiato, il mio nome è un numero
Mi piacerebbe andare a testa alta ed essere orgoglioso di chi sono
ma non permetteranno che il mio segreto resti celato
Ho pagato il mio debito ma non sono ancora soddisfatti
Ora sono marchiato, un uomo con un marchio al freddo
Se vivo per essere un numero, credo che non ripulirò mai il mio nome
Perchè tutti sanno che sono stato in prigione
Non importa dove io viva, dovrò dire loro dove sono stato
O mi rispediranno in prigione se non lo faccio
Mi piacerebbe andare a testa alta ed essere orgoglioso di chi sono
ma non permetteranno che il mio segreto resti celato
Ho pagato il mio debito ma non sono ancora soddisfatti
Ora sono marchiato, un uomo con un marchio al freddo
Ora sono marchiato, un uomo con un marchio al freddo
traduzione di Michele Murino
BRANDED MAN
words and music Merle Haggard
I’d like to hold my head up and be proud of who I am
But they won’t let my secret go untold
I paid the debt I owed them,but they’re still not satisfied
Now I’m a branded man out un the cold
When they let me out of prison,I held my head up high
Determined I would rise above the shame
But no matter where I’m living,the black mark follows me
I’m branded with a number on my name
I’d like to hold my head up and be proud of who I am
But they won’t let my secret go untold
I paid the debt I owed them,but they’re still not satisfied
Now I’m a branded man out un the cold
If I live to be a hundred,I guess I’ll never clear my name
‘Cause everybody knows I’ve been in jail
No matter where I’m living,I’ve got to tell them where I’ve been
Or they’ll send me back to prison if I fail
I’d like to hold my head up and be proud of who I am
But they won’t let my secret go untold
I paid the debt I owed them,but they’re still not satisfied
Now I’m a branded man out un the cold
Now I’m a branded man out un the cold
*
CITTA’ D’ORO
parole e musica Bob Dylan
da “RISE AGAIN”
C’è una città d’oro
Lontano da questa corsa al successo
E’ nella tua anima
Lontano dalla confusione
E dalle sbarre che imprigionano
C’è una città d’oro
C’è un paese di luce
Innalzato nella gloria
Gli angeli vestono di bianco
Non esiste malattia
Non esiste notte
C’è un paese di luce
C’è una città d’amore
Lontano da questo mondo
e dalla materia di cui son fatti i sogni
oltre il tramonto
oltre le stelle nel cielo
c’è una città d’amore
C’è una città di speranza
dove non servono dottori
non servono nemmeno droghe
Sono pronto e disposto
a gettar giù una corda
C’è una città di speranza
C’è una città d’oro
lontano da questa corsa di topi
e da queste sbarre che imprigionano
Pace per il tuo spirito
Riposo per la tua anima
C’è una città d’oro
CITY OF GOLD
words and music Bob Dylan
There is a city of gold
Far from this rat race
It’s in your soul
Far from the confusion
And the bars that hold
There is a city of gold.
There is a country of light
Raised up in glory
The angels wear white
Never know sickness
Never know night
There is a country of light.
There is a city of love
Far from this world
And the stuff dreams are made of
Beyond the sunset
Beyond the stars high above
There is a city of love.
There is a city of hope
Don’t need no doctor
Don’t even need dope
I’m ready and willing
Throw down a rope
There is a city of hope.
There is a city of gold
Far from this rat race
And these bars that hold
Peace for your spirit
Rest in your soul
There is a city of gold.
http://www.repubblica.it/cultura/2016/10/13/news/nobel_bob_dylan-149684162/?refresh_ce
Come mai Borges non ha avuto il Nobel?
perché non aveva a che fare con l’industria discografica, avrebbero dovuto, prima che morisse, se proprio volevano un cantante, conferirlo a Pete Seeger
Nemmeno Allen Ginsberg, gay, ribelle e bodhisattva di nuove generazioni. Trovo però significativo che tra i poeti italiani, dopo Montale, si sia preferito Dario Fo.
@Luciano Nanni (prof.)
Io avrei in mente alcuni altri “come mai”, anche in senso negativo, ma non ho tempo e voglia di polemizzare con chi oggi esulta.
Giorgina Busca Gernetti
“Che Dylan potesse vincere un Nobel era nell’aria da tempo ma in pochi avevano previsto che il comitato potesse decidere di estendere il prestigioso riconoscimento a un genere come la musica ‘pop’ (nel 2015 il premio è stato assegnato alla bielorussa Svetlana Alexievich per aver creato polifonie che rappresentano “un monumento alla sofferenza e al coraggio del nostro tempo”). ” Questo è riportato in arte e cultura di Repubblica. Linguaglolassa non si stanca mai di copiare.
Su cantiam, su cantiam…
“Popolo di poeti, di cantanti, di canzonettisti, di cantautori,
Popolo di Canzonissima: cantate!
Popolo del miracolo
Miracolo economico
O popolo che volendolo
Puoi far
Quel che ti par
Hai libertà di transito
Hai libertà di canto
Di canto e controcanto
Di petto ed in falsetto
Chi canta è un uomo libero
da qualsivoglia ragionamento
Chi canta è già contento
di quello che non ha
Su cantiam, su cantiam
Evitiamo di pensar
Per non polemizzar
Mettiamoci a ballar
Su cantiam, su cantiam
Evitiamo di pensar
Per non polemizzar
Mettiamoci a ballar
Facciam cantare gli orfani
Le vedove che piangono
E quelli che dimostrano [E gli operai in sciopero]
Lasciamoli cantare
Facciam cantare gli esuli
Quelli che passano le frontiere
Assieme agli emigranti
Che fanno i minator
Su cantiam, su cantiam
Evitiamo di pensar
Per non polemizzar
Mettiamoci a ballar
Su cantiam, su cantiam
Evitiamo di pensar
Per non polemizzar
Mettiamoci a ballar
O popol musicomane
Che adori i dischi in plastica
Aspetti Canzonissima
Come Babbo Natale
Un Babbo un poco frivolo [senza scrupoli]
che alleva un sacco di canzonette
E poi te le fa correre al posto dei cavall
E poi te le fa correre al posto dei cavall
Boom!”
(tra le parentesi quadre il testo originale)
Sigla di Canzonissima 1962
Testo di Leo Chiosso
Musica di Dario Fo e Fiorenzo Carpi.
Pingback: È scomparso Dario Fo, il premio Nobel del 1997, il«giullare», come è stato definito da quella parte d’Italia che fa capo al potere clerico-fascista; il grande drammaturgo, come diciamo noi, un intellettuale e un artista che non è mai sceso a patti
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Fui strafelice quando assegnarono il Nobel a Fo… solo a pensare che quel minchione cattolico di mario Luzi potesse vincerlo mi veniva la pelle d’oca. Già fu terribile che l’avessero dato a Quasimodo e Montale!
Il Nobel a Fo significò per me un desiderio che s’era avverato: la sperata sconfitta del poetare italiano: chiacchiericcio spicciolo della poesia accademica e non: provincialismo che ancora sopravvive!
Il Nobel al Bob Dylani mi fa ancora più felice poi che la poesia americana è di basso valore… il Dylan sulla scia del Withman va bene, ma l’assegnazione ha carattere fortemente politico: Dylan è l’antitesi del Trump per cui generazioni di americani voteranno Dylan-Clinton.
(x Quanto al signor Nanni che non è documentato: Borges non vinse il Nobel (che sarebbe stato strameritato facendo giustizia dei grandi del novecento, come p.e. Joyce) perché era legatissimo al militarismo argentino.
Signora Giorgina Busca Gernetti io esulto per il semplice fatto che il Canto ha risvegliato (risvegliò) milioni di coscienze e che poi la Poesia non conosce frontiere, limitazioni di concetti e di mentalità, come dire allargare il principio della Poesia a tutte le altri arti è positivo.
Gentile Antonio Sagredo,
ciascuno esulta a suo modo!. E’ vero che “la Poesia non conosce frontiere, limitazioni di concetti e di mentalità,”, come Lei afferma. Allora come mai denigra “quel minchione cattolico di mario Luzi” (la minuscola è Sua).?
Sul “minchione” non dico nulla perché le scelte lessicali non entrano in questo dialogo tra me e Lei, però sul “cattolico” sì. Mi sembra che in Lei esistano “limitazioni di concetti e mentalità”.”
Cordiali saluti
Giorgina Busca Gernetti
si, è vero, sono moltissimo limitato…
L’idea di aprire il premio Nobel a forme d’arte diverse in sé può andar bene, ma prima si dovrebbe discutere sul valore artistico dei testi delle canzoni di Dylan, non sul fatto astratto o teorico che il testo di una canzone possa avere valore poetico o meno. Mi chiedo: è stato fatto uno studio serio, da parte di critici letterari competenti, che consenta di inquadrare l’opera di Dylan nella storia della letteratura americana e mondiale oltre nella storia della musica folk-rock-blues, a cui ha dato un contributo innegabilmente decisivo? Dubito, come dubito che i sapienti svedesi abbiano le competenze per farlo. Si può certo dire che i testi di Dylan non sfigurano se confrontati con quelli di Kerouac o Ginsberg o di altri poeti della beat generation, ma allora mi chiedo: i testi dei poeti beat, in particolare di Ginsberg, Kerouac, Ferlinghetti, ecc., sono esempi di grande poesia? Cos’è rimasto di Howl di Ginsberg o di On the road e The scripture of the Golden Eternity di Kerouac, che all’epoca furono accolti come capolavori immortali? Niente più che la sensazione di rimasticature emotive, superficiali e prolisse di esperienze creative simboliste e surrealiste, scritture epigonali di modesto spessore letterario, laddove quasi sempre si limitano a vomitare oceani di disperazione nichilista o grida anarchiche o slogan pacifisti o a intonare inni alla saggezza superiore e ispirata dell’oriente. E’ chiaro che una discussione in nome del purismo letterario non porta da nessuna parte, serve uno studio comparato e approfondito dei testi. E serve la consapevolezza che la forma-canzone, come hanno più volte detto i nostri cantautori, tra cui Guccini, De Gregori e soprattutto De Andrè, è qualcosa d’altro rispetto alla poesia, in quanto i testi delle canzoni nascono con la necessità di essere sorretti dalla musica e dalla voce, non per essere espressivi in sé, come puro prodotto letterario. Se la discussione viene portata su questi binari forse può trovare un senso. Una delle ragioni per cui la poesia vive, in questa epoca di assolutismo mediatico, in una sorta di zona d’ombra, di marginalità e trascuratezza, è il fatto che molti potenziali lettori la percepiscano come una forma d’arte espressivamente dimezzata rispetto alla canzone, che può fruire del contributo della voce (si pensi alla risonanza emotiva del timbro e della tonalità di quella di De Andrè o De Gregori) e della musica.
Proporrei di riflettere sui seguenti punti:
1) il fatto che, se si legge il testo di una canzone come opera letteraria autonoma, la sua resa estetica non sia scorporabile dalla struttura armonica e vocale di cui ha bisogno per stare in piedi, significa che quel testo non ha un valore letterario autonomo: la canzone ha in effetti un vantaggio rispetto alla poesia semplicemente scritta, in quanto fa uso di strumenti diversi necessari a generane la risonanza emotiva ed espressiva;
2) il fatto che un testo letterario, in versi o in prosa, abbia una valenza espressiva che si riverbera nella profondità della mente del lettore, arricchendosi di sfumature e sensi nuovi e diversi ad ogni nuova lettura, senza aver bisogno di una struttura musicale o vocale, costituisce, al contrario, un vantaggio rispetto a un testo di canzone: il testo della canzone, spogliato degli elementi che contribuiscono in maniera decisiva alla sua resa estetica, non può essere equiparato a una poesia autenticamente profonda e stilisticamente complessa, che sappia esplorare evocare accedere a regioni interiori che alla canzone, per limiti e vincoli intrinseci, sono necessariamente negati.
La questione in definitiva si risolve nel chiedersi che senso ha mescolare ambiti espressivi per loro natura diversi, se non per fare operazioni di pseudocultura che non significano nulla e non fanno del bene a nessuno. Nei soloni svedesi ha evidentemente prevalso il fremito irrazionale che voce e musica delle canzoni hanno generato nei loro cuori e nelle loro menti.
Le discussioni su Dylan grande poeta o meno mi sembrano fumo, sollevato da un’istituzione, il Nobel, che da troppo tempo non ha senso, ammesso ne abbia mai avuto uno, come non hanno senso le centinaia di premi letterari, tenuti in piedi da ragioni lontanissime dalla necessità di cercare e riconoscere il valore autentico delle opere, in particolare se si tratta di opere complesse e profonde, che non si prestano ad essere canticchiate on the road.
Poni, Claudio, a mio avviso giustamente l’elementare linea di demarcazione che separa la poesia dalla canzone. la poesia è parola nuda. Io poi sono ancora più estremista, fermamente contrario a qualsiasi sottofondo musicale nell’interpretazione di una poesia. La canzone ha bisogno di un accompagnamento musicale. Poeta e cantautore sono diversi. L’unico paroliere avvicinabile al mondo della poesia è Pasquale Panella, ma ci sarebbe anche qui da approfondire, e non è la sede.
Sono d’accordo. La cosa paradossale è che agli occhi dell’opinione pubblica sono poesie i testi di Mogol, che strategicamente fanno leva sul sentimentalismo più trito, salvo rari momenti di felicità espressiva, mentre quelli di Panella sono considerati illeggibili e le canzoni che ha scritto con Battisti inascoltabili, laddove si tratta di pregevoli, ironiche e autoironiche ricerche sull’espressività della parola all’interno della forma-canzone, con l’intento esplicito di farla deflagrare. Il pubblico, come scriveva Mc Cartney, predilige le silly love songs. E allora onore a Battisti che ha tentato strade impervie e nuove, anche sul piano armonico e ritmico, a costo di alienarsi pressoché in toto il suo pubblico, che comprava i dischi in buona parte per le elegie pseudocrepuscolari annacquate tardoromantiche di Mogol, che Battisti era riuscito a vestire di linee melodiche originali e ispirate.
Howl non fu semplicemente la poesia di un libro, fu il capolavoro di un’epoca. E così anche le canzoni-poesie di Bob Dylan. Hanno valore storico e sociale, diedero voce e forza alle giovani generazioni di allora –anni ’50 e ’70, almeno finché non s’adottò il politichese.
Che io sappia, nella seconda metà del novecento, nessuna opera “complessa e profonda” è mai riuscita a fare altrettanto.
Ho seri dubbi sia circa l’essere Howl un capolavoro (riletto a diversi decenni di distanza mi sembra si sorregga su una struttura retorica espressivamente molto datata), sia circa il necessario impatto sociale della letteratura, che certo era un tema vivo negli anni sessanta e settanta e spesso motivo di accettazione o rifiuto di un’opera.
Io ho proposto di discutere sul valore estetico, non sull’impatto sociale, che è tutt’altro discorso. Che impatto sociale hanno avuto Pessoa, Proust, Joyce o Gadda? Dobbiamo pensare che le loro opere avrebbero dovuto averlo per essere più incisive?
Condivido il suo pensiero. Grazie!
Giorgina Busca Gernetti
Il mio commento è rivolto a CLAUDIO BORGHI.
Ancora una volta mi trovo spiazzato dal commento di Claudio Borghi completamente esaustivo, dice tutto quello che io stesso penso e in un italiano perfetto, lucido, comprensibile nella sua didascalica chiarezza. Vecchio il discorso sulla valenza poetica del testo delle canzoni, che come dice il nostro scienziato, non possono essere distaccati dalla musica.Profondamente d’accordo sulla beat generetion, che anche allora, e non ero più adolescente, mi sembrò destinata precocemente alla caducità.Pensavo ai grandi americani da Poe a Melville a Falkner a Withman, al quale del resto loro si ispiravano,a Lowry o a quei due giganti tra il Regno Unito e gli States Eliot e Auden, a Pound soprattutto e mi apparivano degli epigoni modesti.Ciò nonostante hanno avuto per decenni una influenza straordinaria in tutto il mondo non solo anglosassone..
Se il Nobel non fosse intitolato :per la letteratura sarebbe un’altra faccenda.
Per quanto riguarda Dario Fo infinite volte sono stato impietrito sulla sedia di un teatro affascinato, conquistato dal suo genio tra l’attore e il mimo, il contorsionista della voce, carismatico e vitale come nessun altro.Un giullare profondamente conturbante, con la vitalità di un atleta, il respiro del mezzofondista, capace di intonare note nelle tonalità più svariate. Da solo per ore anche ormai vecchissimo ad affabulare le platee dalla vertigine dell’alta cultura al lazzo, ai frizzi della Commedia dell”Arte, con la sua faccia di gomma che assumeva le più straordinarie contorsioni. SOLO SUL PALCOSCENICO. E mille volte ripeto sono rimasto affascinato dal vivo, e anche dal piccolo schermo. Altro per me il Dario Fo delle sue commedie quando recitava con altri, Devo dire i testi non mi sono mai sembrati eccezionali , persino il Mistero Buffo.Quando ricevette il Nobel mi interrogai sulla sua valenza di scrittore e di poeta: la risposta non fu eccessivamente positiva. Lo stesso ne fui felice sentendomi comunque anch’io parte della grande famiglia del teatro.
Certo Eduardo De Filippo a mio sentire lo avrebbe meritato di più dato il livello e la quantità della sua produzione teatrale, questa sì letteratura.
Uno dei tanti ingiustamente dimenticati.
Tre nomi comunque gridano vendetta : Pessoa, Borges, Ritsos, gli immortali del secolo scorso.
Condivido in toto le perspicaci osservazioni di Claudio Borghi sulla linea di demarcazione tra poesia e poesia prestata (o applicata) alla musica leggera che, sicuramente ha una funzione sociale rilevantissima ma altrettanto sicuramente il valore estetico di tutte le canzoni di Bob Dylan non eguaglia i primi 10 versi del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia. Certamente, l’influenza della poesia di Leopardi nell’800 è stato nulla, e anche nel Novecento la poesia di Leopardi è stata ripresa ma in modo dimidiato da Caldarelli negli anni Trenta per una manovra strumentale in chiave conservatrice, quando invece la lezione di Leopardi è quanto di più rivoluzionario potesse il Caldarelli presumere o immaginare.
Ripeto, io non ho mai ascoltato una canzone di Bob Dylan, quindi forse sono un po’ “datato” o, come si dice, “incompetente” a giudicarla perché avrei un pregiudizio nei suoi confronti.
Però, noi dobbiamo tenere il punto, o meglio, la linea.
D’accordo
solitamente i poeti non scrivono canzoni; ma si possono scrivere canzoni “da poeti”. Come nel caso Bob Dylan – Dylan Thomas. Poi, che il Bob ci sia riuscito, magari perché sostenuto dalla musica… anche Leonard Cohen stenta, senza musica. Però nelle poesie dei Beat, almeno fino agli anni ’50, c’era dell’epica. Non ci si sbarazza dell’epica solo alzando un dito.
Non sono pochi i poeti, oggi over cinquanta, che devono alla poesia Beat, e alle canzoni di Dylan, l’inizio del loro percorso. Magari non lo dicono ma è così. Lo so per certo. Chiaro che poi si va oltre, dentro, lontano o dove si vuole.
Ogni volta che qualcuno ripropone la domanda”Perchè Borges non ha avuto il Nobel?”,mi viene il magone.Però anche una osservazione maliziosa: è il Premiato fa il Premio,non viceversa. Borges è Borges anche senza il Nobel; è il Nobel, che ha perso Borges.
Dylan, Nobel… è un fatto politico essenzialmente: Dylan contro Trump
nella prima foto vi sono 5 persone: Dario Fo primo a sinistra e poi a destra per ultimo un attore di vaglia: chi è? …. indovinate chi è!
Stranamente anche San Francesco si definiva “il Giullare di Dio”!