
roy lichtenstein interior with Built in Bar
Timothy Houghton è nato a Dayton, Ohio, USA. I suoi precedenti libri sono High Bridges (Stride Press, England, 1939) e Below Two Skies (1993), Riding Untouched (1998), Drop Light (2005), The Height in Between (2012), tutti editi da Orchises Press. Ha pubblicato su numerose riviste internazionali. Insegna letteratura e scrittura alla Loyola University in Maryland dove vive con sua moglie e due bambini. Per trent’anni è stato un avido osservatore di uccelli e per la maggior parte di quel tempo ha condotto escursioni per Audubon e altre organizzazioni.
da Introduzione al libro di Luigi Fontanella
Due parole per presentare Houghton, la cui conoscenza devo all’amico Alfredo de Palchi, forse e senza forse il maggior poeta italiano espatriato negli States, già fondatore (con Sonia Raiziss) della storica rivista Chelsea e attuale direttore della casa editrice Chelsea Editions di New York.
Nativo di Dayton (Ohio), Timothy Houghton si è formato culturalmente presso l’università di Denver, Colorado, ottenendo numerosi riconoscimenti e borse di studio tra cui la prestigiosa MacDowell. Timothy vive attualmente nel Maryland con sua moglie e due figli, e insegna “Creative Writing” presso la Loyola University.
La sua poesia si caratterizza immediatamente per un tono complessivamente riflessivo, con una straordinaria capacità osservativa, diciamo pure un’attenzione capillare verso la realtà (benché sia spesso “indecifrabile”), dalla quale trarre segni e indicazioni sul senso o sui sensi ad essa profondamente sottesi.
In questa storia di anamnesi, ch’è prima di tutto introspettiva, un ruolo fondamentale giocano gli affetti familiari (in primis la figura del padre, spesso ricorrente per lampi e improvvise epifanie) ri-percepiti o ri-evocati come presenze che hanno lasciato e ancora lasciano segni duraturi, indelebili, sui quali e con i quali confrontare i propri passi. Due versi fortemente suggestivi recitano così: «I morti che ho amato / Costruiscono la loro casa».
Dunque, la memoria: fonte attiva d’ispirazione; da un lato fonte d’indagine e di rivisitazione della quotidianità e, dall’altro, come dimensione autoanalitica. Ed è sempre questa memoria, spesso intrecciata con l’immaginazione, che permette a Houghton di scandagliare il coacervo della realtà in cui egli si muove, le sue contraddizioni, la sua storia, le sue insensatezze («È sempre tardi quando le cose accadono… / nuove tubature / strappano le radici, s’incrociano con i pozzi»).
L’innata capacità osservativa di Houghton si è andata arricchendo, nelle raccolte più recenti, di striature oniriche; forti squarci visionari che possono scaturire dal rimbalzo visivo di un oggetto o di una situazione che richiama subito un’altra (si legga, a tal proposito, la bella poesia Their Laughter). Squarci e segni che vanno oltre l’immediata percezione dei sensi. Significativamente, nella poesia Perseid, dirà: «I segni sono chiari stasera, decisamente, / non adducono pretesti – / possiamo andare oltre a ciò che siamo».
Da qui, infine, una certa dilatazione dello scrutare di Houghton fino a raggiungere, in certi componimenti, come degli straripamenti epici, benché esplorati sempre con una disposizione intimista, perfino vagamente crepuscolare, densa, tuttavia, di aperture, contaminazioni e oniriche meditazioni alla Sergio Leone, l’indimenticato regista di C’era una volta il Woest, del resto, puntualmente evocato da Houghton nella sua più recente raccolta (The Height in Between).

Timothy Houghton
Poesie di
Timothy Houghton
Sanctuary
Sometimes during visits
we see our mother pretending to bustle
in the quiet of her bedroom
that’s used for storage now –
where she’s kept the windows
swollen shut for over thirty years
for fear that loosening them
will break the glass. The unwashed panes
are giant laboratory slides
preserving a soup of grit and oils
from children’s fingertips:
a history of touches
between herself and the birches
which line our street. The whole warmth
of sunlight coming free of a cloud
and coming in – not here. Lately
my brothers and I discovered
one of our father’s coats
still hanging in the closet
and stood there trading memories
of seeing different aspects of him
in that herring-bone brown.
This means we’ve stopped teasing her
about the room. We keep quiet.
.
Santuario
A volte in occasione di visite
vediamo nostra madre trafficare con falsi pretesti
nella calma della sua vecchia camera da letto,
ora usata come ripostiglio-
dove lei tiene le finestre
ingrossate, chiuse da oltre trent’anni,
per paura che nell’aprirsi
si rompa il vetro. I vetri non lavati
sono vetrini giganti di laboratorio
che proteggono l’attaccaticcio di sporco e di unto
di ditate di bambini:
un passato di strusciate di mano
tra lei e le betulle
che fiancheggiano la nostra strada. Tutto il calore
della luce del sole sfuggito a una nuvola
entra – non qui. Ultimamente
i miei fratelli ed io abbiamo scoperto
uno dei cappotti di nostro padre
ancora appeso nell’armadio
e siamo rimasti lì davanti, scambiandoci ricordi
e ritrovando ogni lato del suo carattere
in quello spigato marrone.
Così abbiamo cessato di prenderla in giro
per quella stanza. Restiamo in silenzio.
Their Laughter
When the hornet finally died
its blue wings –
translucent and sturdy
as mica –
crossed themselves and covered the body
as it lay on the sill,
and I was surprised
to find myself thinking of water,
how it comes up blue
after wind blows away
the floating seaweed –
when black-crowned terns
hover above fish –
and remembered a story
I heard from my father,
one of many troops swimming
at a Philippine beach
as lobsters boil
in a metal drum.
Planes come swooping low
from jungle canopy,
strafing the diving men
whose stomachs are filled
with white meat, and the miracle is no one
gets hit,
that it’s one
pass only. They surface with shouts,
with fists raised
but dissolved in spindrift – and laughter,
violent laughter
like glare
and white water on the blue.
.
La loro risata
Quando infine il calabrone morì
le sue ali blu –
translucide e resistenti
come mica –
s’incrociarono tra loro e coprirono il corpo
inerte sul davanzale,
e mi sono sorpreso a pensare all’acqua,
a come si ritorna al blu
dopo che il vento ha soffiato via
le alghe fluttuanti –
quando le rondini di mare
si librano sopra i pesci –
e mi viene in mente un racconto
di mio padre,
una delle tante truppe che nuotavano
in una spiaggia delle Filippine
mentre le aragoste bollivano
in un bidone di metallo.
Gli aerei arrivano in picchiata
dalla verde calotta della jungla,
a mitragliare gli uomini immersi,
dagli stomaci
sazi di polpa bianca, e il miracolo è che nessuno
viene colpito
che si tratta
di un solo passaggio. Loro riemergono dal mare gridando
con i pugni alzati,
ma subito tutto si scioglie in spruzzo e risata,
una convulsa risata
come un lampo
e acqua bianca sul blu.

Roy Lichtenstein 1993 – LARGE INTERIOR WITH THREE REFLECTIONS – Tape, painted and pirnted paper on board (87 x 233 cm)
Classical vs. Quantum
Kids jump through each other and crowd the room
—giant quarks, a frenzied physics at play—
then stomp my belly below the lunch tray.
“Careful!” I shout. They exit my couch but soon
fly, arms locked, from coffee table to rug,
heads banging, tongues out. It’s tumult to tears,
so I click the volume up – my trick for years.
“Turn it off!” my boy yells. I’m the big slug,
glad my tray’s empty now – they pounce once more.
I melt into their heat and glue their limbs
into a popeyed machine, holding a gin
and tonic above it all. There’s the door…
but nails dig into me and keep me down.
Quantum faces laugh above my frown.
.
Classica contro Quantistica
– Giganteschi quark, pazza fisica in gioco
l’uno sull’altro i bimbi affollano la stanza
mi pestano lo stomaco sotto il vassoio del pranzo.
“Attenti!” grido. Scendono dal sofà ma da lì a poco
dal tavolo al tappeto volano giù in picchiata
e battono la testa, lingua fuori. È caos fino al pianto,
così alzo il volume – un trucco ormai da tanto.
“Spegni!” grida mio figlio. Son proprio una patata,
ora a vassoio vuoto, felici – saltano un’altra volta.
Mi sciolgo in quel calore e i loro corpi incollo
a un automa dagli occhi sgranati, ma controllo
soprattutto il mio gin & tonic. C’è la porta…
ma resto giù bloccato da unghie ad artiglio.
I volti della Quantistica ridono al mio cipiglio.
.
Ice Elf
Where a foot-high helper
spent the night
sleeping –
there’s compression and
voice of mine
partly buried in powder snow:
a quartz-like tower beside the wall
where pipe vents furnace.
One night my son
recreates it,
shaping air without precision
before the fireplace, but I see it,
the ice elf in his manic hands. He believes me
when I tell him
it doesn’t leave tracks
when the body runs away.
His small hands are God, his talk behind them is God.
This immortality will live two more years,
maybe three. Yet I believe, too, angry
with innocence and angry at it.
–
I live in a family tightly packed
within a living room of worn furniture.
We watch TV at night. We sit in the air of light bulbs
and enjoy our smiles.
The hippie Christ adds dimension above the fireplace
with His soft beige shirt.
.
Elfo di ghiaccio
Ecco dove un elfo alto un piede
ha trascorso la notte
dormendo –
c’è una piccola depressione e
la mia voce
suona ovattata dalla neve fresca:
come una torre di quarzo accanto al muro
dove sono convogliati gli sfiati del bruciatore.
Una sera mio figlio
lo ricrea,
vagamente modellandolo in aria
davanti al caminetto, ma io, l’elfo di ghiaccio, lo vedo
tra le sue mani fantasiose. Mi crede
quando gli racconto
lui non lascia tracce
quando il corpo fugge via.
Le sue piccole mani sono Dio, le sue chiacchiere su di lui, sono Dio.
Questa fede assoluta durerà ancora due anni,
forse tre. Eppure io credo, anche con rabbia
con innocenza e rabbia a tutto ciò.
–
Vivo in una famiglia saldamente unita
dentro le mura d’un logoro salotto.
Alla sera guardiamo la TV. Ci sediamo alla luce di semplici lampadine
e ci godiamo i nostri sorrisi.
Il Cristo hippie sopra il caminetto completa l’atmosfera
con la Sua leggera tunica beige.

roy-lichtenstein-interior-series-the-living-room
Machine
autism
1. Hikari
An earthmover planes a muddy square
in the distance.
Riding his father’s shoulders, he watches and hears,
properties
of distribution
at work in his mind. Machines
settle him down,
but sometimes a voice
takes part
in design:
his father’s
bird tape, the monotone, the
parallel syntax:
this is, this is – and the bird
is named.
—
A song
jolts him,
matching the tape
exactly,
and he speaks
as the narrator had:
“This is a water rail”
—for himself
to hear,
that planar
symmetry.
2. His Father
Those words: a Doppler turnabout, red
to blue
coming toward him
from reaches of space
in the split second of disbelief.
The weight on his shoulders is real, like wings folding in
upon landing,
stunning him
with presence,
the appearance
of affect.
—
And then it sings again, the same bird
a shade
different
this time – off,
equivalent
to chaos
for the boy, who gives no response.
3.
The shade is a wall.
One head turns
followed by the other –
to the machine on the muddy square.
Ruspa
autismo
1. Hikari
Una ruspa spiana una piazza fangosa
in lontananza.
A cavalluccio del padre, vede e sente,
proprietà
distributive
in attività nella sua mente. Le macchine
lo calmano,
ma talvolta una voce
prende parte
al disegno:
il nastro registrato di suo padre
con canti di uccello, la ripetitività del suono,
la parallela sintassi:
questo è, questo è – e l’uccello
è identificato.
—
Un canto
lo riscuote
in perfetta corrispondenza
con la registrazione,
e lui parla
come fa il narratore aveva detto:
“Questo è il porciglione”
—Per se stesso
per sentire
questa parallela
simmetria.
2. Suo padre
Qulle parole: un Ecodoppler, dal rosso
al blu
attraverso il suo corpo
da remoti spazi
nell’incredula frazione di un secondo.
Il peso sulle sue spalle è reale, come ali che si ripiegano
all’atterraggio,
lo sbalordiscono
con la prontezza,
l’apparenza
di una partecipazione.
—
E poi canta di nuovo, lo stesso uccello
con tonalità
diversa
questa volta – alterata,
in sintonia
con il caos
del bambino, che non dà risposta.
3.
Questa tonalità è un muro.
Una testa si volta
seguita dall’altra –
verso la ruspa sulla piazza fangosa.
The Remaining Warmth
The twelve-foot fraction of tentacle
lay on the shore
like a thick whip – like a tool
used by dangerous, benthonic
orders. Children who touched it
studied their fingertips
before running from this proof
of giants, of still-living
never-seen monsters
of concealment and wonder.
At great depths
below the apprehension of light
there’s a remaining warmth
where unnerving work gets done –
and slowly the good fears rise up
to be with our days
like hail banging on windshields
of moving cars
with sheets of rain
waving at us from the road ahead.
.
Il residuo calore
I quattro metri di tentacolo
sono riversati sulla riva
come una massiccia frusta – un’arma
a disposizione di pericolose, abissali
specie marine. I bambini che lo toccavano
si osservavano la punta delle dita
prima di correre via da quella tangibile certezza
di giganti, di ancora-esistenti
mai -svelati mostri
di un mondo segreto e fantastico.
Nella profondità degli abissi
sotto ogni percezione di luce
resta un residuo calore
in cui si svolgono attività snervanti –
e lentamente affiorano sane paure
per tenerci compagnia
come grandine che picchia sui parabrezza
di vetture in corsa
scrosci di pioggia
che salutano dalla strada innanzi a noi.
Luigi Fontanella vive tra New York e Firenze. Ha pubblicato libri di poesia, narrativa e saggistica. Ha pubblicato libri di poesia, narrativa e saggistica. Fra i titoli più recenti: L’angelo della neve. Poesie di viaggio (Mondadori, Almanacco dello Specchio, 2009), Controfigura (romanzo, Marsilio, 2009), Migrating Words (Bordighera Press, 2012), Bertgang (Moretti & Vitali, 2012, Premio Prata, Premio I Murazzi), Disunita ombra (Archinto, RCS, 2013), L’adolescenza e la notte Passigli, Firenze, 2015. Dirige, per la casa editrice Olschki , “Gradiva”, rivista internazionale di poesia italiana (Premio per la Traduzione, Ministero dei Beni Culturali, e Premio Catullo) e presiede la IPA (Italian Poetry in America). Nel 2014 gli è stato assegnato il Premio Nazionale di Frascati Poesia alla Carriera. luigi.fontanella@stonybrook.edu

annalisa macchia
Annalisa Macchia è nata a Lucca nel 1950 e vive a Firenze dove ha insegnato lingua e letteratura francese. Studiosa di letteratura per l’infanzia, poeta, narratrice e traduttrice, ha pubblicato vari libri, tra cui La luna di Cézanne (poesia, Kairos, 2008); A scuola di poesia (saggistica, Florence Art Ed. 2009); Il portone di via Ghibellina (prosa, puntoacapo Editrice, 2011); Interporto Est (poesia, Moretti &Vitali, 2014); Come si cucina un sonetto (poesia, Florence Art Ed., 2015). Ha tradotto poesie di John Ciardi, Timothy Houghton e Mark Strand. Collabora con alcune associazioni culturali e riviste ed è nella redazione fiorentina della rivista internazionale Gradiva.
Vivo in una famiglia saldamente unita
dentro le mura d’un logoro salotto.
Alla sera guardiamo la TV. Ci sediamo alla luce di semplici lampadine
e ci godiamo i nostri sorrisi.
Il Cristo hippie sopra il caminetto completa l’atmosfera
con la Sua leggera tunica beige.
Mi sembra che Timothy Houghton sia un bravo poeta americano, nella sua poesia si ritrova la vita quotidiana degli uomini del XXI secolo, tutta simile in tutti i paesi del mondo occidentale, e questo modo di fare se non è trattato con uno stile brillante, alla fine presenta il conto. Ma in Houghton c’è una grande autenticità, lui non si limita a fare una poesia del presente ma riallaccia il presente al passato, ai ricordi di suo padre, ai ricordi di guerra, etc. In poesia, Mnemosyne è assolutamente necessaria. Se si vuole fare poesia del presente e sul presente, allora è preferibile scrivere un romanzo, quello è il genere più idoneo alla trattazione del Presente.
In Houghton c’è la consapevolezza di voler aggredire la sostanza opaca della nostra civiltà, questo è evidente anche dalle poche poesie pubblicate sulla rivista, e questo ne fa un poeta di taglio mediamente più elevato rispetto a tutti i quotidianisti che in Occidente fanno poesia del quotidiano senza alcuna cognizione precisa di cosa comporta fare una poesia del presente assoluto (ammesso che esso presente assoluto esista da qualche parte). Una poesia che si limitasse a scattare e a montare una serie di istantanee, sarebbe un duplicato del «reale», sarebbe superfluo. Il punto è qui. Una poesia del presente assoluto non deve limitarsi a trattare il cd presente ma essere capace di flashes, di rimandi ad altri presenti assoluti che sono passati. E questo Houghton lo fa egregiamente.
Interessante poeta che unisce reale e fantastico, scienza e poesia, quotidianità e mistero. Grazie al sapiente uso dell’arte dell’andare a capo il discorso e le meditazioni fluiscono; non annoia, non appesantisce di intellettualismi, la poesia è naturale.
Un saluto.
Ho conosciuto Timothy Houghton a Firenze, il sette giugno scorso, alla casa di Dante, dove ha presentato il libro The Internal Distance, edito da Mimesis Hebenon. Il libro è dedicato a Alfredo De Palchi. Presenti Luigi Fontanella e Annalisa Macchia.
Mi ha colpito molto il fatto che Tim insegni creative writing presso la Loyola University. In Italia, nelle nostre università è impensabile che ci siano dei corsi monografici sulla scrittura creativa, oppure sulla poesia. Una mancanza grave.
Per ogni poesia letta, Tim, introduceva brevemente l’antefatto, oppure un ricordo o una semplice spiegazione di contesto al testo letto. Anche in questo particolare aspetto in Italia vi è molta differenza. Solitamente da noi il Vate si siede, legge, legge, legge, con sussiego, ignorando il contesto, il co-testo, senza dare alcuna possibilità all’uditore di avere un qualche minimo appiglio al testo presentato. Spessissimo la noia mortale incombe sull’evento.
La poesia di Timothy Houghton si muove interna all memoria. Gli episodi familiari, quotidiani, sono descritti con una capacità osservativa mirabile, tra realtà e ricordo, tra immaginazione e concretezza. Un poeta davvero significativo.
Ad una domanda da parte del pubblico sui poeti italiani che conosceva e apprezzava, Tim ha risposto, Dante, Montale, De Palchi.
Nel libro vi è un omaggio a Sergio Leone,
“C’era una volta”
aride gole
dove scorreva l’azzurro – ma al momento
non è così. Per ora la Comunità
(limitata
come filosofia)
è una menzogna.
un grazie ad Annalisa Macchia e a Luigi Fontanella per il lavoro di traduzione. Il poeta Houghton a mio avviso è un ottimo poeta, che sa dare voce e parole ai suoi occhi e alla sua anima, come per esempio qui:
Quando infine il calabrone morì
le sue ali blu –
translucide e resistenti
come mica –
s’incrociarono tra loro e coprirono il corpo
inerte sul davanzale,
e mi sono sorpreso a pensare all’acqua,
d’altra parte un insegnante di scrittura creativa a livello universitario sa come intercettare il lettore e tenerlo inchiodato al suo testo. Leggendo Houghton, infatti, non tradisco stanchezza. Vorrei anche evidenziare la fine ironia e il finissimo sarcasmo di questo autore, per me così graditi e gradevoli.
Non sapevo che insegnasse scrittura creativa. Questo fatto ne sminuisce l’immagine ai miei occhi, non del poeta ma dell’ intellettuale. Ma gli americani, che per certi versi sono un grande popolo con delle eccellenze che è inutile qui ricordare, per altri versi tendono a buttare tutto in burletta, e allora escono fuori i telepredicatori, i corsi di scrittura creativa, i corsi per allargare le capacità mentali, i corsi per imparare a diventare ricchi… della caricature dell’insegnamento. Da grandi commercianti riescono a vendere anche le inutilità.
Caro Fratini a volte le sue affermazioni mi irritano profondamente: Io ho insegnato per 10 anni scrittura creativa poetica in un corso “inventato ” da Sergio Campailla a Roma Tre , con risultati eccellenti. Insegnando ho dovuto creare modalità di comunicazione che non esistevano, ho imparato moltissimo quindi nel tentativo di trasmettere le mie poche , sicure cognizioni. Molti miei allievi sono cresciuti poeticamente,hanno pubblicato con successo. All’inizio del corso erano totalmente sprovveduti. Cinque di loro hanno fondato una rivista letteraria “Linfera”, che per diversi anni ha avuto una notevole diffusione. I suoi giudizi o meglio pregiudizi li lasci albergare nella sua presunzione di sapere,e di tranciare giudizi, che rivelano una grande ignoranza in materia. Quanto a Houghton troppo esiguo il gruppuscolo di poesie qui inserito.Non mi piace il genere di poesia che ci trasmette, ma a leggere l’introduzione di Fontanella si avverte che c’è dell’altro. Ma sembra che quei pochi testi siano sufficienti per far esclamare a Fratini e Almerighi che trattasi di poeta ottimo, interessante. Magari Talia che meglio l’ha conosciuto può esprimere un giudizio più dettagliato. Tra le righe di Linguaglossa si può leggere invece una sorta di riserva, che condivido. Fermo restando che il quotidiano, e qui si afferma in qualche modo il suo superamento, il quotidiano, così presente in tutta la cultura attuale di oltreoceano, anche in pittura, mi infastidisce, soprattutto per il successo che lo circonda. Quasi meglio Magrelli o Zeichen
Ero anch’io a Roma Tre. Ora ricordo, sempre se la memoria non m’inganna. Credo di aver iniziato un suo corso promosso da Campailla nel 2002 per curiosità e di averlo terminato dopo il secondo incontro per noia. La creatività non si insegna.
Ossequi.
Mi ricordo anche questo, che lei (se è lei) diceva “la quantità conta in letteratura”… E poi ci disse di aver scritto sonetti in numero 154 in omaggio a Shakespeare. Caro Martino nella mia ignoranza mi accontento invece della qualità, e questo scrittore mi pare ne abbia. Però è curioso, a Foscolo sono bastate una quindicina di poesie per passare alla storia. Un numero esiguo.
Un saluto arrogante a tutti, me ne vo ad ascoltare un po’ di musica occidentale di Brahms… non credo che cantanti indiane novantenni ne abbiano interpretato i bellissimi Lieder, perciò mi accontento della Bernarda Fink, sempre nella mia ignoranza. Bye bye
Io non conosco la sua poesia, mi piacerebbe gettarvi uno sguardo…penso che nella sua assoluta presunzione non abbia bisogno di frequentare una bottega, perché il suo talento è talmente grande che non ha ha bisogno di approfondimenti, che un “maestro” potrebbe darle almeno sul piano della techné. Raffaello a bottega del Perugino,Masaccio da Masolino da Panicale, Leonardo dal Verrocchio, Giotto da Cimabue e tanti altri ancora e si parla di Geni. Tutti “noi artisti” abbiamo bisogno del confronto, dell’insegnamento , salvo i geni come lei ai quali è stato tutto concesso da una nascita privilegiata. Per quel che riguarda la quantità in letteratura è Cesare Pavese che ne afferma l’importanza nel “Mestiere di vivere”. I 154 sonetti in omaggio a Shakespeare poi divennero 122 in un gioco numerologico di tre e di quattro. Ma forse la cabala e Pitagora per lei sono degli sconosciuti. Per quanto riguarda Foscolo le ricordo che oltre ai sonetti e ad alcune poesie ha scritto due poemi come Le Grazie e Dei sepolcri. Infine prima di rivolgersi ad uno come me si informi almeno su quello che ho costruito in più di cinquanta anni di carriera poetica e teatrale, e forse mi esibirebbe un maggiore rispetto..io gliene porterò moltissimo quando avrò letto i suoi molteplici capolavori, che forse mi daranno una splendida dimensione del suo essere poeta.
Ma lo sa in quale periodo della vita è stato Raffaello a bottega da Perugino? Tra gli 11 e i 15 anni, quando noi frequentiamo le scuole medie e il ginnasio. A 16 aprì una bottega propria con aiuti. Di Giotto giovane non si sa nulla, neanche se sia stato a bottega da Cimabue; è un’ipotesi non confermata da documenti. Quasi certo che Masaccio non fu a bottega da Masolino, vista la diversità degli stili fin da subito. Sicuramente avranno appreso il mestiere in qualche bottega in età scolastica. Per quegli artisti andare a bottega era come per noi andare al liceo.
Nella “quindicina di poesie” erano inclusi anche i Sepolcri e le odi.
Credo che Tim Hougthon, così come alla lettura giungono i suoi versi ben tradotti nella nostra lingua da Annalisa Macchia e Luigi Fontanella, abbia
assai meditato sulla poetica di W. Carlos Williams il cui perno è il tendere a riconciliare la parola di poesia con la naturalità dell’esistenza, anche attraversando il tempo e la memoria per cucire il passato (l’esperienza di guerra del padre, colto dal commento di Giorgio L.) con il presente,
“conciliando con metafore/ le persone e le pietre”, secondo appunto la lezione di W.C.Williams.
Altre proprietà della poesia di T. Hougthon sono state ben esplorate da tutti i commenti che precedono il mio, grazie ai quali, alla fine, non per somma bensì per sintesi, si può dire che anche questa di oggi è pagina di fine
civiltà poetica.
Gino Rago
Non posso che associarmi che al primo intervento di Marino sSalvatore. Fra l’altro ritengo che le “poesie domestiche” si somigliano, e in tal senso p.e. la poesia ceca “domestica ha tratti davvero similari a quelli del poeta americano; ma qui si tratta d’altro: tutto ciò che accade in una casa normale, giorno e notte, ha un rituale che si ripete dalle nostre origini, certo vi sono delle varianti, ma la sostanza non cambia, I versi qui presentati – e sono limitato da questi – presentano i tratti caratteristici di un fare quotidiano che non conosce latitudini e longitudini… perciò ritengo questi versi ripetitivi, quasi banali, e il loro scandire eventi è come il ticchettio di un orologio da cucina, che specie di notte vorresti distruggere… e allora questi versi non hanno molto valore, e se dovessi paragonarli ai versi “ad-domesticati ” di Pasternàk, beh, allora che il poeta americano continui ad osservare gli uccelli, che presumo gli riesce molto bene. Quanto alle traduzioni sono ottime.
Mi piace Timoty, poeta che non parla di sè, ma di quanto accade intorno , non tanto nella banale agitazione degli uomini, quanto nel mistero buio della natura: qui l’ombra e la luce si incontrano , si scontrano, si ricompongono. Come accade, qualche volta, per fortuna, anche nel costante cicaleccio degli uomini.
Banale agitazione degli uomini? Costante cicaleccio degli uomini?
Lei si rivela per caso misandrica? Così, d’amblée? Tu quoque?
Se un poeta raccoglie buona considerazione in un ascoltatore esigente qual è Giuseppe Talia ciò è un buon segno. Per di più l’ottimo Fontanella, un esempio per chi veleggia nel mondo delle Lettere, dichiara che il poeta in questione, Timothy Houghton, gli è stato presentato da Alfredo de Palchi. A me è bastato questo per indirizzare la migliore attenzione consentita dalla calura di questi giorni, sulle poesie qui postate. Le ho trovate allettanti per il tocco, la lievità nell’esprimere con intelligenza ciò che la memoria riporta alla mente del poeta. Dunque non solo abilità, destrerie, ma acume, capacità di scandagliare il passato e trasferire alcuni aspetti, che acquistano colore, nella realtà.
Ubaldo de Robertis
Ahimé stavolta soprail dettato di Timoty Hoghton devo accordarmi col pensiero di Sagredo e dissentire dagli amici Talia e De Robertis, il quale peraltro si fa incantare da quel poeta pressoché inesistente che risponde al nome di Fontanella.Io sono stanco di dire sopra poeti che non hanno spessore, o meglio dimensione poetica, Quasi ormai rabbrividisco dalla noia e dalla costatazione che in questa rivista spesso testi riprodotti di qualità modesta vengano salutati come poesia .Mi chiudo sempre di più nella mia aristocratica. seppure criticabilissima visione dell’andamento in poesia, a mio modo di vedere sempre più modesto.Per fortuna capita talvolta di imbattersi in veri poeti che ti fanno sperare orizzonti di vasta apertura.e il cielo continua a cancellare nuvole.
Caro Fratini invece di sentenziare perché non ci fa conoscere qualche prodotto sfuggito alle sue mani, qualche suo capolavoro dove allungare il nostro sguardo per apprendere che cosa realmente sia costruire versi che poi confluiscano in un fiume di poesia.Io sono qui ad apprendere , pronto a digerire con umiltà i frammenti che precipitano dal suo dire.
Mi dispiace deluderla, non ho capolavori da offrire. Al più qualche filastrocca. Chi cerca trova.
C’è un articolo dedicato ai lavori di Fratini su questa rivista, non lo ha letto???
…ma visto che mi provoca e sono un pessimo gentleman che poco resiste alle baruffe tra poveri, la lascio con questo testo in romanesco su due personaggi da lei citati sopra… come vede non v’è alcun fiume, ché anche mi spaventerebbe alla mia età affrontare flussi di vasta portata senza corretta ossigenazione, ma un parvo ruscelletto d’acqua non potabile buona per sollazzare di tanto in tanto il mio spirito inquieto e giocoso. Buona giornata.
CRONISTORIA DEL PITTORE MASOLINO DA PANICALE CHIAMATO PRESSO LA SEDE PONTIFICIA IN A.D. MCDXXVIII
“Masolino … li morti tua, che fai?
Hai disegnato ancora n’artra fregna!
Ma nun cell’hai quer poco de vergogna?
Dipigne nudi è tutto ciò che sai?
‘O sai ch’er Santo Padre nun gradisce.
Nun risparmiasti manco la Brancacci…
Cambia er soggetto o mettece li stracci!”
“Ma il bischero serpente la stranisce…”
“Oppure pija esempio da Masaccio,
che colla mano adombra quer fattaccio”.
“Ma vidi il Monsignore con l’erede,
gradiscono di molto…” “Chi ce crede
che ‘sta robbaccia è innocua assai se sbaja.
Er popolo tutela colla foja!”
Divertente e ben fatto il sonetto “a la Belli” di Fratini.
Complimenti Fratini, la filastrocca è divertente. Del resto, la rivoluzione della poesia italiana del Novecento non inizia con L’incendiario di Palazzeschi? del 1910 –
Purtroppo, si da il caso che quelle filastrocche che Palazzeschi aveva simulato, sarebbero state le poesie che avrebbero inciso profondamente nella poesia del Novecento, non quanto avrebbero dovuto e potuto per via di quella che sarà salutata come la poesia del più grande poeta del Novecento italiano, Eugenio Montale il quale, con la poesia de Gli ossi di seppia (1925) si pone in antagonismo alla linea rivoluzionaria che Palazzeschi aveva annunziata quindici anni prima e che rimase senza fruttiferi sviluppi. Infatti, la poesia italiana del primo Novecento preferì la via della normalizzazione che sfocerà in Cardarelli…
Io resto convinto che qualcuno dovrebbe riprendere il filo del discorso lasciato interrotto da Palazzeschi nel 1910. Ripartire da lì.
Eccellente il suo sonetto Fratini, con esso si è conquistato il mio “perdono”…vuol dire che la stoffa c’è e anche se ha snobbato le mie lezioni all’Università, giudicandole inutili, le auguro un cammino felice nel magma misterioso della poesia.
Bene. Celebriamo la pace fatta tra Salvatore Martino e Gabriele Fratini. Salvatore è un gran signore.
Ecco un altro sonetto di Fratini, so che il caro Salvatore apprezzerà.
AUTORITRATTO 2007
Altezza media e uno sguardo spaesato,
cammino tra la gente un po’ scrutando
il passo altrui e un po’ tra me pensando;
e l’occhio un tempo chiaro or si è incupito
sotto capelli sempre più castani
(più lunghi quando s’addensa l’inverno,
e folti; ma li taglio allor che il giorno
s’allunga e il caldo sale); ho sulle mani
unghie nervose; ho naso bello e bocca
nella norma, credo; e la barba fiocca;
l’animo è inquieto quasi sempre e poi …
che altro dire? Parlo poco e … cosa?
Dite che do qualche risposta astiosa?
Scusate, ma che ve ne frega a voi?
che meraviglia! la pace fatta tra Martino/Fratini mi ha risolto la giornata!
Le due lezioni di Salvatore Martino, che Fratini ha seguito, sul sonetto, inconsapevolmente hanno prodotto frutti.
Talìa (a proposito, bellissimo nome!), il problema del corso di Martino non era neanche tanto Martino, che sinceramente al di fuori di queste polemiche mi fa anche piacere leggere, ma la gente che seguiva, i piccoli Rimbaud di periferia, i Corbiere all’amatriciana, i Dylan Thomas de Centocelle esaltati già a vent’anni. Ma lasciamo stare, forse la misantropia era un per me un male necessario. Fatto sta che preferii coltivare da solo la mia passione. Lascio volentieri i corsi ai primi della classe.
Buona notte.
Copio e incollo questa dichiarazione di Timoty Houghton giunta alla mia email:
Dear Giorgio,
Alfredo de Palchi thinks I should clarify my position about creative writing. He says I can write you and have you put it in your blog. You can keep it in English:
*
for Blog: “I thought I should clarify what I think about the teaching of creative writing. I teach it because it is part of my job. I try to give my students advice, and I tell them to read read read. But I can’t make them into poets. Most of the time, to be honest, I do not enjoy teaching creative writing. It is very hard and often thankless. However, we spend some of the time studying the work of many different excellent poets, and that is my favorite part. I LOVE teaching literature. My passion is the teaching of literature. I enjoy reading all the different comments here!”
Giorgio, I hope you can put this in your blog, Your blog is excellent, a wonderful vehicle for poetry and discussions.
All the Best,
Tim,
Dear Giorgio,
Here are 2 poems from the book. These 2 are more difficult, complex.
[Qui ci sono 2 poesie tratte dal libro . Questi 2 sono più difficili, complesse.]
Grazie,
Tim
Machine
autism
1. Hikari
An earthmover planes a muddy square
in the distance.
Riding his father’s shoulders, he watches and hears,
properties
of distribution
at work in his mind. Machines
settle him down,
but sometimes a voice
takes part
in design:
his father’s
bird tape, the monotone, the
parallel syntax:
this is, this is – and the bird
is named.
—
A song
jolts him,
matching the tape
exactly,
and he speaks
as the narrator had:
“This is a water rail”
—for himself
to hear,
that planar
symmetry.
2. His Father
Those words: a Doppler turnabout, red
to blue
coming toward him
from reaches of space
in the split second of disbelief.
The weight on his shoulders is real, like wings folding in
upon landing,
stunning him
with presence,
the appearance
of affect.
—
And then it sings again, the same bird
a shade
different
this time – off,
equivalent
to chaos
for the boy, who gives no response.
3.
The shade is a wall.
One head turns
followed by the other –
to the machine on the muddy square.
Ruspa
autismo
1. Hikari
Una ruspa spiana una piazza fangosa
in lontananza.
A cavalluccio del padre, vede e sente,
proprietà
distributive
in attività nella sua mente. Le macchine
lo calmano,
ma talvolta una voce
prende parte
al disegno:
il nastro registrato di suo padre
con canti di uccello, la ripetitività del suono,
la parallela sintassi:
questo è, questo è – e l’uccello
è identificato.
—
Un canto
lo riscuote
in perfetta corrispondenza
con la registrazione,
e lui parla
come fa il narratore aveva detto:
“Questo è il porciglione”
— Per se stesso
per sentire
questa parallela
simmetria.
2. Suo padre
Qulle parole: un Ecodoppler, dal rosso
al blu
attraverso il suo corpo
da remoti spazi
nell’incredula frazione di un secondo.
Il peso sulle sue spalle è reale, come ali che si ripiegano
all’atterraggio,
lo sbalordiscono
con la prontezza,
l’apparenza
di una partecipazione.
—
E poi canta di nuovo, lo stesso uccello
con tonalità
diversa
questa volta – alterata,
in sintonia
con il caos
del bambino, che non dà risposta.
3.
Questa tonalità è un muro.
Una testa si volta
seguita dall’altra –
verso la ruspa sulla piazza fangosa.
The Remaining Warmth
The twelve-foot fraction of tentacle
lay on the shore
like a thick whip – like a tool
used by dangerous, benthonic
orders. Children who touched it
studied their fingertips
before running from this proof
of giants, of still-living
never-seen monsters
of concealment and wonder.
At great depths
below the apprehension of light
there’s a remaining warmth
where unnerving work gets done –
and slowly the good fears rise up
to be with our days
like hail banging on windshields
of moving cars
with sheets of rain
waving at us from the road ahead.
Il residuo calore
I quattro metri di tentacolo
sono riversati sulla riva
come una massiccia frusta – un’arma
a disposizione di pericolose, abissali
specie marine. I bambini che lo toccavano
si osservavano la punta delle dita
prima di correre via da quella tangibile certezza
di giganti, di ancora-esistenti
mai -svelati mostri
di un mondo segreto e fantastico.
Nella profondità degli abissi
sotto ogni percezione di luce
resta un residuo calore
in cui si svolgono attività snervanti –
e lentamente affiorano sane paure
per tenerci compagnia
come grandine che picchia sui parabrezza
di vetture in corsa
scrosci di pioggia
che salutano dalla strada innanzi a noi.
Dear Giorgio,
Let me explain creative writing. Most of the time, I do NOT enjoy teaching Creative Writing. I am forced to do it; it is part of my schedule. I prefer teaching Literature. I love teaching Literature! When I teach creative writing, I can only give advice and tell students to read read read. It is very hard to teach creative writing. But literature is a pleasure, and I enjoy having discussions about great writers.
Some of my poems are more difficult and “messy” than the ones I sent you. It is very hard to know which poems to send.
Thank you again. The discussion is interesting.
[Caro Giorgio ,
Mi spiego scrittura creativa . Il più delle volte , non mi piace insegnare scrittura creativa. Sono costretto a farlo ; è parte del mio programma . Io preferisco insegnare Letteratura . Amo insegnare letteratura ! Quando insegno scrittura creativa , posso dare solo consigli e dire agli studenti di leggere leggere leggere . E ‘molto difficile da insegnare scrittura creativa . Ma la letteratura è un piacere , e mi piace avere discussioni sui grandi scrittori .
Alcune delle mie poesie sono più difficili e ” disordinate ” di quelli che ti ho mandato . E ‘ molto difficile sapere quale poesie inviare.
Grazie ancora. La discussione è interessante .]
Best, Tim
IL FRAMMENTO E LA TONALITA’ NELLA POESIA AMERICANA CONTEMPORANEA (Timothy Houghton e John Taylor) da lombradelleparole.wordpress.com
E poi canta di nuovo, lo stesso uccello
con tonalità
diversa
questa volta – alterata,
in sintonia
con il caos
del bambino, che non dà risposta.
3.
Questa tonalità è un muro.
Una testa si volta
seguita dall’altra –
verso la ruspa sulla piazza fangosa. (Tim Houghton)
Dear Timothy Houghton,
l’Ombra delle Parole è un vero e proprio Corso post-universitario dove si studia la poesia. Credo sia una singolarità in Italia dove del resto abbondano i blog di piccole fratrie letterarie.
Regola n. 1) è prima leggere e poi commentare. Si tratta quindi di una rivista in statu nascendi, che nasce ogni giorno nuova, che ogni giorno si rimette in discussione, ed inoltre è un Laboratorio aperto ai suggerimenti e alle critiche. Questa è la caratteristica dell’Ombra. Non so se negli Stati Uniti ci siano altre realtà come l’Ombra, ma credo di sì, non siamo gli unici. Regola n. 2) è non avere paraocchi, né pregiudizi, nessuno di noi è il depositario di certezze assolute, quelle le lasciamo ai numerosissimi aspiranti al Nobel di cui è pieno il paese.
L’aspetto che più mi ha colpito della tua poesia e di quella di John Taylor è la vostra capacità di usare con disinvoltura il «frammento» (fragment), i salti spazio temporali, la «memory» (vista come frammento), l’abolizione delle pareti temporali e spaziali e, soprattutto, una cosa: la vostra capacità di usare una «tonalità», di restare fedeli a questa proprietà della composizione poetica di cui qui in Italia c’è un disinteresse e una disinformazione assolute: la TONALITA’. La «tonalità» di una composizione poetica può essere ragguagliata alla tonalità di una composizione musicale moderna. György Ligeti la chiama «sviluppo senza progresso», Giacinto Scelsi parla «di una nota sola» stirata fino all’inverosimile. Ecco, questa caratteristica mi sembra che sia presente anche nella tua poesia caro Timothy, e mi dispiace che nessuno dei commentatori non l’abbia notata, ma si tratta di una caratteristica essenziale alla composizione poetica come anche alla composizione musicale… quel rallentamento così tipico delle composizioni di Morton Feldman, per intenderci. Quel rallentamento di cui ci ha parlato in più riprese su questa rivista Steven Grieco-Rathgeb, fattore che io considero essenziale ed ineludibile per la nuova poesia.
In fin dei conti i problemi estetici che un poeta si pone a Città del Capo non sono dissimili da quelli che si pone un poeta russo che abita a Vladivostok. I problemi sono sempre quelli, in tutte le lingue e in tutte le tradizioni letterarie. Pubblicherò presto un altro poeta di lingua inglese, un poeta indiano che vive a Calcutta: Vivek Tandon (in prima traduzione in italiano), il quale fa una poesia di «frammenti», impiega in modo sorprendente la «fragmentation» nella sua poesia.
Non mi dispiace ammettere che ignoro volentieri i due litiganti Gabriele Fratini e Salvatore Martino. Perché. Saranno intelligenti e colti, però la prova del nove del signor Fratini ”poeta” è merce dozzinale. Dubito che il signor Martino “poeta” sia meno mediocre sonettiere. Ambedue e qualcun altro dovrebbero cercare un blog adatto al loro concetto poetico e stile della grandiosa noia dei rimatori del duecento e trecento. La pace fra Fratini e Martino non convince perché ambedue sono così tanto permalosi che l’uno invidia la meschinità dell’altro.
Caro De Palchi sono solo versi del tempo perso, parafrasando Scialoja. Neanch’io mi prendo troppo sul serio, capisco che non lo facciano gli altri. Non voglio ulteriormente deviare il discorso di una pagina dedicata a un altro autore, che tra l’altro ha aggiunto altre apprezzabili poesie che mi sto gustando. Buone vacanze a lei. E un saluto a Th. Houghton che ha preso con signorilità le mie personali perplessità su certi corsi.
Io non sono così Gentiluomo come Gabriele Fratini,che mi stupisce con la sua pacatissima risposta. Mi rivolgo a lei signo De Palchi direttamente visto che è stato così generoso e cortese nei miei confronti. Se non le dispiace ammettere di non conoscermi, rimango basito quando si dilunga ad emettere giudizi così poco lusinghieri nei miei confronti. Su quali indizi li basa,? Ha mai letto qualcuno dei miei innumerevoli testi raccolti in “Cinquantanni di poesia” , più di mille pagine con appendice critica di Nomi illustri?. Ha mai visto qualcuno degli ottanta e passa spettacoli teatrali come regista e come attoreaccanto ai nomi più prestigiosi del Teatro italian? Come si permette di usare quella terminologia offensiva , riversata sulla mia persona? Io davvero rimango basito nel leggere quello che lei ha scritto, al punto da pensare che sia stato da altri usurpato il suo nome. Mi resta difficile pensare che un Artista col suo passato di Uomo e di Poeta, si abbassi a disegnare un profilo così negativo di una persona che non conosce…proprio Lei che ha superato il Lete e il Flegetonte e varcato quella soglia venerabile che sono i novanta anni. Davvero non c’è limite allo stupore, e anche un po’ alla cattiveria.Si goda l’estate al Central Park accanto ai suoi magnifici poeti statunitensi..
Al signor Salvatore Martino dico che sono più ignorante che cattivo, e più sarcastico che offensivo. Purtroppo, chi si dedica alla scrittura si aspetta violenze e benevolenze, e se è impervio se ne frega. I botta e risposta tra due persone che ritengo intelligenti mi hanno invitato a intervenire esagerando sulla supposta vanità dei vostri “io qui, io là. . .”. Personalmente non ho mai apprezzato quella maniera di far sapere “ho fatto questo e quest’altro”, inoltre ridacchio quando uno si presenta “io sono il poeta Minchia”. Dalla mia giovinezza alla mia età di alerte novantenne non mi sono mai presentato con “io qui, io là”, tanto meno come poeta. Da vecchio liberissimo sono pudico se parlo della mia arte. Il commento al “Caro de palchi” del signor Fratini non è gentile, ha il tono del prete che finge umiltà. Preferisco il tono diretto, perciò la ringrazio, del suo commento nonostante ripeta “io qui, io là. . .”.
Distinti saluti.
Caro De Palchi tutte le persone meritano rispetto fino a prova contraria, anche i poeti che ritiene mediocri e che nessuno la obbliga a leggere. Purtroppo lei sta varcando la soglia della polemica puramente letteraria che ci starebbe anche, per buttarla sul personale ed etichettare gente che non conosce. La invito a desistere. Saluti.
Caro gentile signor Fratini, accetto l’invito a desistere.
Sia Allegro.