Monica Martinelli POESIE SCELTE da “L’abitudine degli occhi” (Passigli, 2015)

Elsa Martinelli, 1967 trucco tricolore

Elsa Martinelli, 1967 trucco tricolore

Monica Martinelli è nata a Roma e lavora nella Pubblica Amministrazione in un settore economico-finanziario.  Dopo la laurea in Lettere presso l’Università La Sapienza di Roma e un dottorato sui rapporti tra Cina e Unione Europea, ha scritto articoli e recensioni sulla rivista letteraria “Rassegna di letteratura Italiana”.
Nel 2009 ha pubblicato il libro di poesie con prefazione di Walter Mauro dal titolo Poesie ed ombre, Tracce editore. Nel 2011 ha pubblicato Alterni Presagi, Altrimedia editore.  Nel 2015 ha pubblicato L’abitudine degli occhi, Passigli editore. Ha pubblicato poesie sulle riviste “Poeti e Poesia”, “Poesia”, “Orizzonti” e racconti e poesie su varie antologie e blog letterari: ViaDelleBelleDonne, Neobar, La presenza di Erato, L’ombra delle parole, Poetarum Silva. E’ redattrice della rivista si cultura e letteratura “I Fiori del male”.

dalla Prefazione di Davide Rondoni

«…Un libro con molti punti di grande valore, che però – ed è uno dei molti punti del mio convinto e povero assenso a questa opera – se ne frega del valore letterario dell’opera, o meglio ne è libero. Un libro libero da se stesso, dall’ansia d’esser un buon libro di poesie. Un gesto dunque, gettato da una donna forsennata e educatissima nel vivo fuoco e incrocio che le segna l’esistenza. Perché la morte è forte, è una meccanica terribile, sia la morte corporale sia quella interiore e delle delicatissime cose del cuore… Monica Martinelli ha il coraggio, l’arrendevolezza e l’umiltà di non uscire da questo incrocio, da questo dramma […] perché la poesia è, per quanto intorbidita e a volte sprecata da noi che la viviamo fino a morirne, voce della verità. E la verità è che siamo creature. Sognare d’essere altro – cioè creatori, o il Creatore – è una stupida ebbrezza, inizio di un incubo, come il secolo tragico e breve ci ha mostrato. La poesia ci ricorda chi siamo. Sta a noi vivere questa condizione solo come sconforto o come umile letizia…».

monica martinelli cop

C’è dato un tempo
per ogni tempo.
C’è una magia in ogni cosa,
nel perdono
in un bacio che ferma l’addio
nella ragione di essere nati.

Penso non sia il cambiamento
ma l’abitudine
l’unità di misura dei viventi,
ciò che ci rassicura e ci consola
ciò che ci viene naturale fare.

E poi gli occhi,
con cui misuriamo la realtà
che sia di fiato e di sabbia,
che ci prepari alla nostalgia
o all’abbandono.

È come seguire la danza
di una foglia nel vento
e indovinare da quale parte cadrà.

.
Maestranze

Siamo muri surriscaldati
pareti confinanti
separate da spazi siderali.
Ci sfioriamo
a simulare una pena di turno
che ci trattiene in sorvoli d’ansia.

Io ospite sgradita,
paziente come un condannato
ostaggio di vane trattative.
Mucchietto d’ossa rinsecchite
a sbattermi in un coraggio sconosciuto
immerso in calcare di sconfitte.

M’improvviso saltimbanco
tra sobbalzi e respinte.
È un soprassello vertebrale
intriso di commozione.
E le mie vertebre hanno il tuo nome.

Ombre allungate
schiacciate sull’asfalto,
stracci alle fiamme di un pagliaccio
che non fa ridere.

.
Non solo lame

Antico mestiere quello del flebotomo.
La precisione delle lancette
non lascia apparire alcuna esitazione.
Un gesto unico, definito,
non solo lame.
Il sangue sgorga lento
e non rientra.
Un attimo è un ingombro.
Percorso che affligge,
colore di bestemmia.
Ma guardare cosa, se sono già morta?
Seneca m’incoraggia
ma lui era cinico o stoico
mentre io sono fragile vibrazione.

Ora invece siamo moderni
è una barbarie differente.
Nelle prigioni-lager
brandelli di lenzuola
arnesi fortuiti lavacri di colpe.
Corde senza strumento,
pezzi di spago legati
a tubi accidentali
o a ganci d’indifferenza
nelle latrine e fra i muri della scuola.
Solitudini frantumate
da altre solitudini
a invocare un grido coraggioso
di libertà.

*

monica_martinelli

monica_martinelli

Sono la pioggia che disseta la terra
dono gravido senza parto.
Rumore di felicità su sassi ruvidi,
tonfi di gocce pesanti.
Sono il vento che scrolla pioggia dalle nuvole
denuda, sgualcisce e riannoda anime.
Sono la terra bagnata dalla pioggia
dove zolla dopo zolla
posi i tuoi passi stanchi e sparigliati.

Mi congedo in silenzio, senza lacrime
mentre giunge l’alito del biancospino.
E lascio fare.
Non puoi sapere quanto gelo
soffierà sulla tua fossa.
Io ti proteggerò,
per non affondare nel fango
perché da dove tutto viene tutto torna.
Cardi solitari di un sottosuolo in evoluzione
si tramutano in altro.
Rinnovarsi è persistere,
vorticare di atomi indefiniti.

Sono il sangue, marionetta osmotica,
fluido viscoso
ascensore di metabolismi
che scorre nel carosello della chimica.
Anche la luna perde sangue
se morsa dal sole.
Ma non è una ferita d’odio.
Ho una costellazione di riserva.

*
Questa mattina scorgo fisionomie nuove:
vorrei distinguere ogni cosa per quella che è,
sentire emozioni in punta di piedi.

Non pensieri guizzanti
e stati di agitazione,
vedere le persone per quello che sono
fragili custodi
di una realtà in transito.

Ma vedere è un subire in permanenza.
Non si può scegliere cosa guardare,
forse possiamo solo comprendere
la differenza tra ciò che merita attenzione
e ciò che fa piangere.

*

Ci sono parole per ogni cosa,
impariamo a pronunciarle da piccoli
appena ne siamo capaci.
Sappiamo dire fiore gioia paura
quando sperimentiamo anche le lacrime
per ampia concessione del dolore
a cui diamo un nome
senza conoscerlo o toccarlo
ma lo sentiamo in ogni singola parte del corpo
in ogni minuscola piega dell’anima.

E quando scopriamo cos’è amore
che arriva impetuoso e ci abbandona fragile
comprendiamo che non tutto ciò che ha nome
esiste o dura.

*

Patrick Caulfield was one of the pioneers of British Pop Art, his work is my favourite from a British artist and I actually bought, 'I've only the

Patrick Caulfield was one of the pioneers of British Pop Art, his work is my favourite from a British artist and I actually bought, ‘I’ve only the

Guardo le mie unghie e non le riconosco,
distante ornamento di mano più gentile
stentano a crescere loro
mentre io mi sento già troppo grande
e ho nostalgia dell’età trascorsa
quando il tempo non mi stava addosso
mentre ora viaggia senza tregua.

Le mie nuove unghie,
fragili ignare del vuoto
si offrono ad uno spazio ignoto.
Vorrei infilarle nella tua carne di pensieri
farti gridare una maledizione
in questo ridotto angolo di tempo,
una galassia in movimento
dove i nostri corpi ruotano
in senso inverso
e neanche questo ha un senso.

E mi dispero per ciò che non avremo
per ciò che abbiamo perduto
e relegato altrove.

.
Apparenze di stelle si affacciano

su distese di galassie.
Mi specchio in loro,
infinitamente lontane
e in me, senza immensità.
Penso a Saturno,
ai suoi anelli di polvere e ghiaccio
cerchi inclinati fecondi
di vita e di tempo.

Costellazioni di pazienza,
nebulose si rincorrono nel tempo
e nello spazio dove la distanza
non è un percorso né un arrivo,
inesauribile andare senza reciprocità.
Ho la vertigine solo a pensarci,
brividi di stelle.

La luce penetra trasversale
e proietta l’ombra
obliqua del tuo corpo:
un dio greco di gesso – forse Saturno
a spezzare il desiderio
che è di questa terra.

Anni luce in ritardo
mi trovo addosso un’ansia di vivere
nel sapere che lassù c’è tutto quello
che non sapremo mai.

37 commenti

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37 risposte a “Monica Martinelli POESIE SCELTE da “L’abitudine degli occhi” (Passigli, 2015)

  1. Mi piace, questa poetessa che guarda il cielo,e ne rispetta la distanza; che elogia la pazienza senza perdere l’attenzione al tutto che la circonda; una pazienza elegante, che si esprime anche nel dettato chiarissimo,nelle scelte lessicali giuste; che non rivela_ma la fa intuire-l’inquietudine che non ci molla mai,nemmeno quando contempliamo le stelle.

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  2. Sì, decisamente se ne frega di essere un buon libro, se gli estratti sono questi…

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  3. Se nella prima metà del Novecento la poesia femminile è praticamente assente (eccezion fatta per Ada Negri, Sibilla Aleramo e Antonia Pozzi), è dalla seconda metà del secolo scorso che essa registra una presenza in incessante infoltimento. Pier Vincenzo Mengaldo in Poeti italiani del Novecento prendendo le mosse dalla riflessione sulla poesia di Amelia Rosselli, e riferendosi alla poesia femminile della generazione immediatamente seguente, scriveva che siamo di fronte ad «una scrittura, o piuttosto a una scrittura-parlato, intensamente informale in cui per la prima volta si realizza quella spinta alla riduzione della lingua della poesia a lingua del privato».

    Questa intuizione si è rivelata azzeccata per quanto riguarda la poesia di Antonia Pozzi, Alda Merini, Cristina Campo e Helle Busacca, ma rischia di diventare imprecisa e addirittura fuorviante se la applichiamo alla poesia femminile delle generazioni successive, che ha ormai metabolizzato e interiorizzato la parificazione esistenziale e sociale con il rispettivo coté maschile. La generazione della poesia femminile degli anni Novanta ha abbandonato la poesia di impegno femminista e la tematica amorosa al femminile; la lingua del privato è diventata la lingua del pubblico, un intero universo del demanio «privato» è diventato «pubblico», le inquietudini del «femminile», sono non dissimili dalle introspezioni e dalle problematiche che si rinvengono presso il coevo coté maschile.

    Direi che la poesia di Monica Martinelli rientra nei parametri della giovane poesia femminile che predilige le tematiche del corpo, delle relazioni amorose, delle crisi esistenziali della nuova generazione femminile mentre tende a passare in secondo piano l’aspetto delle innovazioni stilistiche e metriche.

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  4. antonio sagredo

    le prefazioni di Davide Rondoni sono come al solito banali; p.e questa sua frase: “perché la poesia è, per quanto intorbidita e a volte sprecata da noi che la viviamo fino a morirne, voce della verità”…
    la poesia ma si è vissuta “fino a morirne” e mai è stata la “voce della verità””… tutt’altro fuorchè questa imbelle sciocchezza che è anche scellerata perché illude chi…
    non è la prima volta che la ventura è benevola…

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  5. Sul concetto della “Poesia voce della verità”, è chiaro che si tratta di una bella frase ad effetto messa lì per imbonire gli sciocchi, purtroppo è vero che i prefatori dovrebbero stare molto attenti quando scrivono i loro pezzi di non abbandonarsi ad affermazioni apoditticamente banali e filosoficamente prive di fondamento.

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  6. Questi versi mi sono particolarmente piaciuti:

    ascensore di metabolismi
    che scorre nel carosello della chimica.

    e

    Ho una costellazione di riserva.

    Futurismo contemporaneo: versi di struttura elicoidale, come del DNA.

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  7. antonio sagredo

    Caro Mayoor,
    plaudo allla sua ironia quasi geniale: lei si che ama le parole ad effetto, ma perché non spiega questi versi (?!) a noi lettori del blog?
    Ma Lei che cosa ha letto fino ad oggi? Versi (?!) come questi?”
    “Futurismo contremporaneo…” : mi spieghi per favolre il concetto.

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    • Caro Sagredo, non è facile per me spiegare quel che dico, o scrivo; non sono critico d’arte, sono uno che legge e qualche volta ci pensa su. Se vuole, il futurimo contemporaneo è un altro modo per dire “«una scrittura, o piuttosto a una scrittura-parlato, intensamente informale in cui per la prima volta si realizza quella spinta alla riduzione della lingua della poesia a lingua del privato», splendida nota riportata da Linguaglossa; con la differenza che io sorvolo sul privato (gentile concessione dell’autore, oltre che danno, in molti casi, oltre che scelta discutibile ecc)), e colgo aspetti positivi, di innocenza in questo caso, trattandosi di una giovane donna. Ma questi versi contengono velocità… che ho già descritto, e che secondo me contengono novità… collettive.

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  8. Il verso si distende roteando simile alla punta di un trapano
    scavando.
    Quel che era sopra ora è sotto, e poi nuovamente ma in altro
    aspetto.
    Le parole nell’etere non hanno accenti, a stento una metrica
    quantistica.
    Semplicemente connesse, le parole si sentono meccanicamente
    perfette
    per poter uscire.

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  9. Notevole equilibrio formale e inventiva misurata ma profonda. A volte vocaboli che un po’ stridono: ma fanno parte di uno stile.

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  10. «…Un libro con molti punti di grande valore, che però (…) ne frega del valore letterario dell’opera, o meglio ne è libero. Un libro libero da se stesso, dall’ansia d’esser un buon libro di poesie. (dalla Prefazione di Davide Rondoni).
    Se il prefatore stesso afferma ciò, che cosa può pensare un lettore di fronte agli esempi qui pubblicati?

    Giorgina Busca Gernetti

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  11. antonio coppola

    Si sapeva in partenza che i guastafeste ipocondriaci sono alla ribalta nel blog di Giorgio; si scivola sul sapone e si polemizza qualche frase buttata così in modo peregrino. I prefatori-professori più in alto si muovano più sono attaccabili; la poesia della Martinelli rafforza la sua autenticità nel momento in cui le parole trovano vere e profonde radici emotive nel vissuto, nella immaginazione non sempre rivelata abbastanza. L’opera di Monica si misura nella continuità della parola con l’intenzione di riflettere sulla “finzione di autenticità”. L’io è chiuso nella sua inerme individualità pronominale. Il punto più alto della introversione comunicativa. Lascio la parola al viridario degli esperti che sanno bene camuffare, senza neanche leggere, la singolarissima fioritura della poesia di Monica.
    Antonio coppola

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    • Sono per caso io la “guastafeste ipocondriaca”? “i guastafeste ipocondriaci sono alla ribalta nel blog” (Antonio Coppola).

      Giorgina Busca Gernetti

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      • IPOCONDRIA
        In medicina, e più informalmente nel linguaggio comune, il termine ipocondria si riferisce ad un disturbo psichico caratterizzato da una preoccupazione eccessiva e infondata di una persona riguardo alla propria salute, con la convinzione che qualsiasi presunto sintomo avvertito dalla persona o una qualsiasi visita medica di routine possa essere segno o rivelare una qualche patologia.
        Chi soffre di ipocondria viene detto ipocondriaco o, nel linguaggio comune, malato immaginario, anche se in senso psicologico-psichiatrico si tratta a tutti gli effetti di un disturbo o patologia. (da Wikipedia).

        *
        Bisogna stare ben attenti a quello che si scrive non solo nelle Prefazioni ma anche nei commenti contro alcuni che hanno espresso educatamente il proprio parere nel blog.

        GBG

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    • In poche parole col tutto e il contrario di tutto, Lei evidenzia in pieno col suo commento borioso l’aria stantia piena di raccomandazioni, premi pilotati e lottizzati, vanity press a caro prezzo che rendono il mondo poetico in questo paese patetico e obsoleto.

      D’altra parte:

      “Ora l’addio di tanti Dracula votati
      alla mischia, scheletri pronti a partire,
      scheletri di navi alla fonda: oggi siamo vivi
      domani museo di Beni Culturali scortati.”

      dall’autore di questi versi tirati su col bussolotto della tombola cosa ci si deve aspettare?

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  12. caro Antonio Coppola.

    un letterato di professione come il Rondoni dovrebbe sapere che quando si scrivono le prefazioni ad un libro si deve stare bene attenti a quello che si scrive. Tu rampogni gli interventi di alcuni lettori del blog definendoli “guastafeste ipocondriaci”, ma devi sapere che il blog è libero e ciascuno ha il diritto di scrivere e argomentare quello che vuole, tranne parole o frasi offensive. Ed il blog non opera alcuna censura. Tu ti rammarichi per “qualche frase buttata così in modo peregrino” dal prefatore, ma devi tenere presente che la sede di quelle parole “buttate lì” è una prefazione, quindi una sede istituzionale della massima importanza e responsabilità, e chi le scrive si assume tutta intera la responsabilità di quello che scrive.

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  13. antonio sagredo

    D’altra parte, signor Coppola, è proprio a causa dell’ipocondria di alcuni autori che furono create opere immortali… forse Lei non ha usato le parole adatte, ma non è la prima volta che prende cantonate, ma prenderle credo che sia nella sua natura più intima, ma pure superficiale. Lei è libero di dire tutto ciò che vuole su questo blog o su altri… il fatto è che si deve prima liberare da certi suoi schemi mentali o non, la cui caratteristica principale è l’essere particolarmente limitati. La libertà di giudicare la letteratura – la poesia è già davvero molto problematica – presuppone la conoscenza anche specialistica, e se non è tale almeno possedere una umiltà che è una qualità che dovrebbe essere alla portata di tutti. Colpisce la sua difesa ad oltranza della Martinelli, che fa quel poco che sa fare. Mi domando se Lei ha mai letto le grandi poetesse del passato… – e leggere non basta, bisogna entrare nei loro mondi, fagocitare… e poi fare i confronti se si è capaci di farli -…. se poi le ha lette credo che non abbia saputo leggerle. Ma questo non è il Suo limite: è peggio! Non ha la tendenza a comprendere la poesia, dunque farfuglia, e farfuglia malamente.

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  14. antonio coppola

    La Gernetti ha letto gli altri libri della Martinelli? oppure da giudizi solo dalle poesie pubblicate sul blog di Giorgio? Non voglio infierire su altri aspetti letterari; il sottoscritto non ha mai rinunciato alla tenzone, chi mi conosce lo sa. Almerighi è pasciuto di vento e dice castronerie a iosa. Si spieghi meglio. Gentile Sagredo sappi che di umiltà ne ho da vendere, e lei che sale in cattedra volendo impartire lezioni da manuale quando è solo un semplice lettore, come sono io, con la differenza che lei ha la supponenza e la boria mentre il sottoscritto, chi lo conosce, non ha sconfinato mai in effimere ed equivoche affiliazioni. Può darsi che sono limitato ma mi accontento di quello che sono. Una ridicolaggine sull’altra: se ho letto le grandi poetesse del passato? lei si muove nel nulla e smania di non essere riuscito a cogliere l’aura dei poeti in questo caso della Martinelli.
    Antonio Coppola

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    • Io non sono “la Gernetti”, ma Giorgina Busca Gernetti, oppure Giorgina per chi mi rispetta. Per esempio il gentilissimo e colto poeta e critico Antonio Sagredo può, se vuole, chiamarmi Giorgina, come fanno Giorgio Linguaglossa, Flavio Almerighi e altri.
      Basta rileggere il mio primo commento per comprendere ciò che ho letto e di chi ho scritto. Acume e umiltà!

      Giorgina Busca Gernetti

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    • Ci abbiamo un crociato e non lo sapevamo. A proposito, il vento è molto più consistente.

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  15. caro Antonio Coppola,
    mi sembra che tu stia prendendo una via sbagliata nei tuoi commenti: qui nessuno degli intervenuti ha inteso dimidiare la poesia di Monica Martinelli quanto stigmatizzare alcune frasi incaute del prefatore del libro della Martinelli, libro che avrebbe meritato uno scritto introduttivo più meditato. La questione quindi è ben diversa.

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  16. antonio sagredo

    il suo cattolicesimo era ipocondriaco… fosse stato meno cattolico avremmo avuto uno scrittore di rilevanza europea… voglio dire che gra parte della critica italiana di parte e “religiosa” lo ha schiaffato a viva forza fra i grandi dell’ “800…. ma paragonatelo a Dostoevskij e saprete che è solo una comparsa!

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  17. antonio coppola

    caro Giorgio Linguaglossa,
    sei parziale e anche climaterico; mi rintuzzi che ho preso una “via sbagliata” invece di frenare i sanguemisto e goliardici tuoi amici, per loro va bene tutto, dall’insulto alle sguaiate frasi da baraccone! Buona fortuna per i tuoi cari lanzachinecchi.
    Antonio Coppola

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  18. caro Antonio Coppola, vedo che, non sapendo argomentare le tue opinioni, ti abbandoni agli insulti. Ripeto. Se vuoi parlare della poesia della Martinelli siamo a tua disposizione come blog, se invece vuoi insultare i commentatori, allora, per evitare risvolti giudiziari, sarò costretto a censurarti.

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  19. luciannaargentino

    Se il prefatore stesso afferma ciò, che cosa può pensare un lettore di fronte agli esempi qui pubblicati?

    Giorgina Busca Gernetti

    Vuol dire che non si è liberi di avere un pensiero proprio?

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    • Anche Lei !
      Possibile che i frequentatori del salotto romano non capiscano ciò che leggono e perdano tempo a fare “copia-incolla” di una frase comprensibilissima? Vuole che le faccia l’analisi grammaticale, logica, stilistica, filosofica…

      Giorgina Busca Gernetti

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    • … che se ne frega di essere un buon libro, d’altra parte qui il pensiero è proprio e libro, il problema sta nei contenuti, se non sono positivi nei confronti della “grande artista” succede che si passa all’insulto gratuito nei confronti dei commentatori, e questo non va bene trattandosi di totale maleducazione e incapacità al confornto, oltre a una totale mancanza di acume e ironia

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