Piergiorgio Odifreddi (Cuneo, 1950) è un matematico, logico e saggista italiano. I suoi scritti, oltre che di matematica, trattano di divulgazione scientifica, storia della scienza, filosofia, politica, religione, esegesi, filologia e saggistica varia. Dal 1983 al 2007 ha insegnato logica presso l’Università di Torino, e dal 1985 al 2003 è stato visiting professor (professore in soggiorno scientifico) presso la Cornell University, dove ha collaborato con Anil Nerode, Richard Platek e Richard Shore. È anche stato visiting professor presso l’Università di Monash a Melbourne nel 1988, l’Accademia Sinica di Pechino nel 1992 e nel 1995, l’Università di Nanchino nel 1998, l’Università di Buenos Aires nel 2001 e l’Italian Academy della Columbia University nel 2006. Oltre all’attività accademica, ha intrapreso un’attività divulgativa, iniziata con collaborazioni a vari giornali e riviste: dapprima La Rivista dei Libri, Sapere, Tuttoscienze e La Stampa, poi la Repubblica, L’espresso e Le Scienze (per le quali tiene una rubrica dal titolo Il matematico impertinente).
La maggior parte di questa produzione giornalistica è stata finora raccolta in cinque libri. Ha al suo attivo una produzione saggistica su argomenti di vario genere che mirano a mostrare la pervasività della scienza in generale, e della matematica in particolare, nella cultura umanistica: soprattutto nella letteratura, nella musica e nella pittura, ma anche nella filosofia e nella teologia. La sua produzione in quest’ultimo campo ha però ricevuto più attenzione per gli aspetti critici nei confronti della religione, che per quelli divulgativi della scienza e della matematica. Odifreddi si ispira liberamente all’insegnamento e alle posizioni di Bertrand Russell, matematico e intellettuale socialista e democratico, e Noam Chomsky, linguista e filosofo socialista libertario. Nel suo primo libro divulgativo, Il Vangelo secondo la Scienza, ha proposto una visione secondo la quale la scienza, la matematica e la logica affrontano, riformulano, e a volte risolvono, problematiche che storicamente sono state considerate di pertinenza della religione e della teologia, quali la creazione del mondo, l’infinito o l’esistenza di Dio. La conclusione, espressa in un motto provocatorio, è che: « La vera religione è la matematica, il resto è superstizione. O, detto altrimenti, la religione è la matematica dei poveri di spirito. »
Nel suo libro più noto, Perché non possiamo essere cristiani (e meno che mai cattolici), ha proposto invece una lettura del Pentateuco e del Nuovo Testamento da un punto di vista razionalista, indicandone a suo giudizio le incongruenze e gli anacronismi. Il motto di copertina sintetizza:
«Se la Bibbia fosse un’opera ispirata da un Dio, non dovrebbe essere corretta, coerente, veritiera, intelligente, giusta e bella? E come mai trabocca invece di assurdità scientifiche, contraddizioni logiche, falsità storiche, sciocchezze umane, perversioni etiche e bruttezze letterarie? »
Le sue critiche alla religione sono state sviluppate anche dibattendo con cattolici disponibili a un confronto dialettico, compiendo a piedi insieme al giornalista Sergio Valzania e allo storico Franco Cardini gli 800 chilometri del Cammino di Santiago di Compostela (raccontato nel libro La Via Lattea), e cercando di elaborare in vari articoli una concezione di spiritualità laica, culminata nella formulazione de “Il mio credo” (da Il matematico impenitente):
«Credo in un solo Dio, la Natura, Madre onnipotente, generatrice del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, l’Uomo, plurigenito figlio della Natura, nato dalla Madre alla fine di tutti i secoli: natura da Natura, materia da Materia, natura vera da Natura vera, generato, non creato, della stessa sostanza della Madre. Credo nello Spirito, che è Signore e dà coscienza della vita, e procede dalla Madre e dal Figlio, e con la Madre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti dell’Intelletto. Aspetto la dissoluzione della morte, ma non un’altra vita in un mondo che non verrà. »
Intervista a Gesù
Come molti profeti dell’antichità, Gesù di Nazaret è un personaggio mit(olog)ico sul quale non esistono testimonianze storiche. Le notizie sulla sua vita si basano sui racconti letterari che vanno sotto il nome di «Vangeli», scritti a partire dalla seconda metà del primo secolo e divisi in quattro “canonici’” e vari “apocrifi”, a seconda che siano o meno accettati come ispirati dalla Chiesa. In base a questi racconti Gesù sarebbe nato durante il regno del re Erode, dunque prima del 4 a.C., e morto sotto la prefettura di Pilato, dunque fra il 26 e il 36 d. C. Il Cristianesimo che a lui si ispira prende il nome dalla parola greca «Christos», “unto’”, è professato (almeno formalmente) da un terzo della popolazione mondiale, e si divide in varie sette: i Cattolici nell’Europa e nell’America del Sud, i Protestanti nell’Europa e nell’America del Nord, gli Ortodossi nell’Europa dell’Est, e gli Anglicani in Inghilterra. In questa cacofonia di voci discordanti molti sostengono di parlare in nome e per conto di Gesù, in maniera più o meno istituzionale, e qualcuno pretende addirittura di esserne il vicario in terra, con gran confusione dei poveri di spirito. Per rimediare alla situazione abbiamo chiesto a Gesù un’intervista in cui egli esponesse il suo pensiero canonico, ed egli ce l’ha graziosamente concessa come regalo di Natale, per la maggior gloria di Dio.
«Rabbi, di lei sappiamo soltanto ciò che ci dicono i «Vangeli». Si riconosce in Quell’immagine?»
Certamente no. Essendo rivolti ai pastori analfabeti della Palestina di duemila anni fa, i «Vangeli» forniscono un’immagine di me che all’uomo tecnologico contemporaneo non può non apparire anacronistica. Comunque, quell’immagine era inattendibile anche allora: Marco e Luca non mi conoscevano neppure, tutti gli evangelisti riportano parole dette e fatti accaduti decenni prima che li scrivessero, e il canone è un’invenzione del concilio di Roma del 382.
«In parte, però, la colpa è anche sua: perchè non ha lasciato niente di scritto?»
Colui che mi ha condannato a morte sentenzierebbe: «Verba volant, scripta manent». Io preferisco dire che le chiese si edificano sulle pietre delle Scritture, ma le religioni si librano sulle ali della colomba dello Spirito. Per questo usavo continuamente l’espressione “sta scritto, ma io vi dico”.
«Intende dire che le chiese sono terrene, e le religioni spirituali?»
Quello che ho detto, ho detto.
«Ma io non ho capito, e insisto: la Chiesa non è religiosa?»
Certamente non è cristiana, neppure nel senso limitato di aderire all’immagine che di me offrono i «Vangeli». Il cristianesimo non è un’invenzione mia, ma di Paolo di Tarso: della mia vita, nella sua predicazione non è rimasto altro che la mia passione.
«È per questo che il cristianesimo è diventato una religione di morte?»
Anche per questo. Non si poteva pensare che l’ossessiva raffigurazione di un uomo flagellato, incoronato di spine e inchiodato a una croce potesse ispirare sentimenti positivi e gioiosi. Devo ammettere che la serenità dell’iconografia buddhista, cosí come la vitalità di quella induista, si sono dimostrate superiori alla mia.
«Che cosa pensa, più in generale, dell’iconografia religiosa?»
Cosa potrei pensare, se non che il Padre mio l’ha espressamente proibita nel Secondo Comandamento? Comunque, non c’era bisogno dell’onniscienza per capire che le immagini sono le porte di ingresso al regno dell’idolatria: bastava il buon senso, che i miei seguaci non hanno avuto. D’altronde, io ho solo chiesto che mi seguissero, non che mi raffigurassero o mi adorassero: ero l’Agnello di Dio, e mi hanno trasformato in un vitello d’oro.
«Però lei ha detto ai discepoli di andare e predicare ovunque la Buona Novella.»
Io desideravo che il mio insegnamento si diffondesse, affinché chi avesse orecchie per intenderlo lo intendesse. Ero in buona fede, se posso permettermi l’espressione: come potevo immaginare che le teste calde avrebbero cercato di imporre le mie parole «urbi et orbi»?
«E l’hanno fatto col ferro e col fuoco, nei nomi suo e di Dio.»
Il nome di Dio non doveva essere nominato invano. Quanto al mio, se avessi saputo che sarebbe stato invocato nelle crociate, nelle inquisizioni e nelle conquiste, non avrei mai abbandonato la mia bottega di falegname: la mia missione era socchiudere le porte del Paradiso, ma ho finito per spalancare quelle dell’Inferno. Purtroppo, a differenza del Padre mio, non sono onnisciente.
«Intende dire che lei non è Dio?»
Un angelo che dicesse di essere Dio, sarebbe diabolico. Un uomo, soltanto ridicolo.
«Ancora una volta, devo insistere: è o non è il Figlio di Dio?»
Lei lo dice. Ma chi non lo è?
«E i miracoli che faceva, erano opera di Dio o del Demonio?»
Gli uomini chiamano miracoli gli eventi che non comprendono. Lei crede veramente che l’opera del Padre mio sia tanto imperfetta, da necessitare di correzioni? O che Dio possa acconsentire a modificarla, per esaudire la preghiera di un uomo?
«Dunque non bisogna pregare?»
Pregare significa recitare il nome del Padre e compiere la Sua volontà, non chiederGli favori e raccomandazioni.
«E come si fa a sapere qual è la volontà di Dio?»
Bisogna ascoltare la Sua voce, tacitando la propria.
«Vuol dire ascoltare la propria coscienza?»
“Coscienza” è una parola antica, benché più moderna di “Dio’”. Forse, se si usasse “inconscio” si capirebbe meglio ciò che intendevo quando dissi: “Il regno di Dio è dentro di voi”.
«Non credo che il mio inconscio mi direbbe di rinunciare ai piaceri della carne.»
Né glielo suggerirebbero le parole del «Cantico dei cantici». O l’esempio di chi, come me, si faceva asciugare i capelli da una prostituta. Sono i sepolcri imbiancati che indossano la veste nera, a chiamare “morale” la perversione predicata da Paolo.
«Quanto al mio conscio, mi riesce difficile coniugare la teoria che lei predicava con la pratica di chi oggi le si ispira.»
Se si riferisce al mercimonio che si è compiuto e si continua a compiere nel mio nome, quando giungerà l’ora della mia seconda venuta tornerò al tempio per cacciare i mercanti che vi si sono reinsediati e rovesciare i banchi delle loro mercanzie.
«In particolare, che ne pensa della recente inflazione della lista dei beati e dei santi?»
Come il Padre mio ha fermato la mano di Abramo, io fermerò quella del mio vicario che non sa quel che si fa: perché è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che uno dei suoi santi vada in Paradiso.
«Dunque all’Inferno ci va veramente qualcuno?»
In verità, in verità le dico: all’Inferno ci finiscono quasi tutti quelli che sperano di non andarci. Il detto “le vie del Signore sono infinite” l’ha inventato il Diavolo, per nascondere che invece quasi tutte le vie portano a lui: soprattutto quelle indicate da coloro che usurpano il mio nome.
(Piergiorgio Odifreddi)
dal libro: Il matematico impertinente, Longanesi, 2005
Se fosse nato nell’era di facebook certamente avremmo avuto prove più consistenti della sua vita. Oggi Odifreddi potrebbe chiedergli “perché non sei nato nel tempo dei social?”.
Di questo modesto scrittore salvo due cose, il libro La matematica del Novecento letto una quindicina d’anni fa al tempo della mia infatuazione scientifica, e le videolezioni sulla storia della logica.
Considero le idee di Odifreddi, al pari dell’ideologia gender, la comunione ai divorziati e altre cialtronate del genere, un’occasione persa per parlare di cose più serie. Un saluto.
della serie “Le interviste impossibili”
dal mio romanzo Ponzio Pilato (Mimesis, 2011). Parla Giuda.
Ci sono i cani che sbattono la coda e quelli che hanno il gladio nascosto sotto la tunica.
Per natura diffido dei primi e dei secondi.
Diffido dei romani.
Diffido dei farisei.
Diffido del Sinedrio.
Diffido di ogni autorità.
Diffido di dio, ammesso e non concesso che esista…
E diffido di quest’uomo, Jehoshua, che si dichiara re dei giudei e figlio di dio…
Ma di quali giudei? Di questa risma di farabutti? E di quale dio? Di questo dio assente ché se lo chiami non risponde mai?
Io voglio un dio presente, qui ed ora, quando lo chiamo o quando grido il suo nome!
Io voglio un dio qui, vivo e vegeto, che faccia camminare gli storpi e resusciti i morti!
Che quando lo chiamo accorra al mio cospetto come un cane che sbatte la coda!
C’è questo dio? C’è veramente questo dio?
Ecco, io l’ho consegnato al Sinedrio per amore e rancore verso l’uomo che resuscita i morti dal sepolcro
E moltiplica i pani e i pesci e fa camminare gli storpi!
Se lui è veramente Dio o Figlio di Dio come va predicando in mezzo ai poveri e ai cenciosi, saprà liberarsi dei suoi aguzzini.
E il loro sangue spillerà in eterno dalla loro gola tagliata dal pugnale che porto in grembo…
Dal pugnale che porto in grembo…
Il mio nome verrà esecrato nei secoli dei secoli, e verrò additato come un cane rognoso, e da tutti sarò vilipeso e ingiuriato ma soltanto per mio mezzo verrà qui, sulla terra, il «regno di Dio». Sono stato io a dire a Caifa il luogo dove il Messia si nascondeva e a farlo arrestare, come un criminale, un mestatore, un capopopolo… la città intera aveva steso tappeti e foglie di palme sotto i piedi del suo asinello…
Ma ormai è tardi, ciò che ho fatto ho fatto. E ciò che non ho fatto non ho fatto. Forse, sarebbe stato meglio non aver fatto il misfatto… E ora come un cane che sbatte la coda non mi resta che impiccarmi a quest’albero!
Non mi resta che correre a quest’albero, attaccarci questa corda che porto alla cintola e ficcare il collo nel nodo scorsoio prima che qualcuno degli undici apostoli venga a me, venga a chiedermi spiegazioni. Perché l’hai fatto e perché non l’hai fatto, potevi fare così e potevi fare colì. C’era una via diversa? C’era una via diversa? Forse non c’era… non c’è mai stata una via diversa.
Ed io che cosa volevo? Volevo la cacciata dei romani e la venuta del «regno di Dio» in terra?
Io ora ficco il collo nel cappio e mi tiro giù con tutto il peso del corpo, prima che qualcuno mi passi il pugnale tra le costole!
Prima o poi il «regno di Dio» verrà…
Sempre dal mio romanzo Ponzio Pilato (Mimesis,2011):
Parola apocrifa dell’angelo Achamoth
Se Giuda esce stasera, i suoi passi lo condurranno a me.
Se Giuda esce stasera, si morderà la coda. Giuda è intelligente, ardente, appassionato. Per questo l’ho accettato nel gregge.
Pietro ha la testa vuota come una zucca. Irascibile e stupido. Per questo l’ho accettato nel gregge.
L’adultera è licenziosa, libidinosa, maliziosa. Per questo l’ho salvata, cosa credi? La Maddalena è noiosa, adiposa, accidiosa. Per questo l’ho inclusa nel gregge.
E il cane torna a mordere. E l’adultera a squittire. E Pietro fanfaroneggia.
Credi tu forse che la Storia la facciano i Giuda? No, la Storia la fanno gli stupidi e gli esagitati.
Per questo li ho riuniti in gregge. Solo per questo.
Incontrai il «traditore» sulle rive del Giordano.
«Io sono l’angelo gobbo – dissi – sono stato mandato dal cielo o dal caso se preferisci. Ti tocco e sei mio, mia proprietà».
A quel tempo Giuda oscillava tra gli zeloti e gli iloti, tra il tutto e subito e il tutto dopo le tenebre.
Intanto Barabba svaligiava gli appartamenti, assaltava le corriere, fornicava le donne altrui.
Predone, ladro e baro d’osteria. E all’occorrenza assassino.
Mi piacque Giuda l’intellettuale, per via del giudizio criptico, sibillino, causidico, nutrito di filosofia ellenistica.
La fame d’essere lo spinse verso l’uomo di Nazareth. E finì come tutti sappiamo. Lui impiccato sotto l’albero, non si sa da chi, se dai romani, dal Sinedrio, o da entrambi. O da qualche lazzarone.
Nella circostanza il bandito e l’intellettuale si equivalgono.
E, come avevo previsto, così fu.
L’uomo di Nazareth crocifisso, e l’ultimo, il bandito, libero di scorrazzare per l’impero.
dovreste voi tutti compreso Odifreddi leggere Giulio Cesare Vanini : le sue opere scritte intendo pagina per pagina e non ciò che propina internet alla voce del filosofo
Invece di scrivere bestemmie contro il vostro Creatore, lodatelo, e chiedete Pietà… vi state condannando alla morte Eterna senza nemmeno rendervene conto. Scrivendo e beffeggiando Il Signore, non fate altro che mettervi contro il 1° , 2° e 8° Comandamento …. tutti peccati mortali. E gravissimi. Se non siete informati, cercate le risposte da chi di dovere, non dalla vostra presunzione. La Bibbia poi, non è un testo che puo’ essere letto cosi’, su due piedi. E’ un testo molto difficile, che senza l’aiuto della Grazia e di una vita in Grazia di Dio, non potrete mai da soli comprenderne la profondità e quello che vela… siete troppo nel torto… Satana vi ha ottenebrato.. non sto scherzando.. anche se non credete alle mie parole, c’è lui, L’ingannatore per eccellenza… e voi siete nella sua rete…. Senza Dio, NON c’e’ SALVEZZA. VOI SUPERBI che credete di poter fare a meno di Lui, un giorno vi pentirete amaramente…. O SI E’ con Dio o si è contro. Non esiste una via di mezzo. Offendendolo, o anche solo ignorandolo o non dandogli l’onore che Lui Merita, automaticamente, senza nemmeno che ve ne accorgete, passate dalla parte di Satana.
Va bene ma se la prenda con Odifreddi, noi che c’entriamo… 🙂
Cara Cristiana, se lei parla in nome di dio, allora la conversazione è già finita, se lei invece accetta di parlare a suo nome, possiamo interloquire. Io, parlo soltanto a nome di me stesso, non ho la pretesa di scomunicare gli altri, e non lancio invettive nemmeno verso chi ha l’ardire di dichiarare che parla in nome di dio.
Cara Cristiana, credimi, io sono una persona che ha tolleranza per tutte le religioni, anche per quelle più folli, e credo che lo sia anche Odifreddi, non credo di essere posseduto da alcun diavolo, ché, anzi, credo che il diavolo sia stata una invenzione strategica del cristianesimo per appunto demonizzare chi non la pensava come lui prescriveva.
Povero Odifreddi, gioca a fare il grande pensatore laico, invece dimostra tutta la sua ignoranza. Intendiamoci, uno può pure scrivere delle opere di fantasia, ci mancherebbe altro, ma le incredibili, ed oggettive, sciocchezze che “spara” Odifreddi in questa “intervista” lo relegano inevitabilmente dietro la lavagna col cappello d’asino (tra l’altro “trofeo” a cui è abbonato).
Qualche esempio:
1) la storicità di Gesù di Nazaret è praticamente accettata da tutta la comunità accademica mondiale. Solo Odifreddi non lo sa;
2) Marco e Luca riportano, rispettivamente, la testimonianza di Pietro e Paolo, quindi attingono a testimonianze dirette;
3) L’espressione “sta scritto, ma io vi dico” non indica la supremazia della spiritualità sull’istituzione terrena, ma si riferisce alla promessa di Dio di portare a compimento la Legge attraverso il Messia. Il fatto poi che Gesù ha l’ardire di porsi sullo stesso piano della Legge Mosaica indica la sua divinità. Ma Odifreddi non sa queste cose….
4) Secondo quel genio di Odifreddi il cristianesimo sarebbe stato inventato da Paolo, e allora a quali fantomatici cristiani di Roma scriveva Paolo? Città in cui non era mai stato fino ad allora;
5) Per Odifreddi il Cristianesimo è religione di morte perchè venera la croce come strumento di salvezza. Molto meglio il laicismo che trova nella morte la soluzione per ogni problema: aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, ….;
6) Odifreddi è un ignorante seriale, non solo non sa nulla di storia, ma difetta pure di teologia. Lo sanno anche i sassi che per i cristiani la creazione è stata rovinata dal peccato dell’uomo e che i miracoli servono solo per alimentare la fede;
Bah, mi fermo qui, Odifreddi, in fondo, fa tenerezza. Le sue argomentazioni sono di una banalità e di così basso profilo che mi sembra quasi di stare a bacchettare un bambino. Non fa per me.