Silvano Gallon, nato a Frosinone nel 1946, vive in Ciociaria dopo aver lavorato per 35 anni presso il Ministero degli Affari Esteri di Roma. Nel 2001 ha fondato con Vincenzo Bianchi e Giuseppe lucci l’Associazione Culturale Akkad, per gli scambi culturali tra l’Italia e la Macedonia ed i paesi balcanici. Con la stessa Associazione ha creato il premio “Il vento della Pace” e dal 2004 è Presidente dell’Incontro Poetico d’Europa.
Ha organizzato numerosi meeting internazionali e, tra essi, il gemellaggio culturale tra Cervara di Roma e Struga (Rep. Macedonia). Ha pubblicato saggi storici, soprattutto sull’emigrazione italiana, e scrive poesie dal 2000.
Come poeta è stato invitato per tre volte al Festival Internazionale di Struga (2006, 2008, 2011), al Festival Internazionale di Parigi (2010) ed a Nis (Serbia)
Commento di Gëzim Hajdari sulla poesia di Silvano Gallon
La poesia di Silvano Gallon sorge dalla vita quotidiana, dalle cose che lo circondano quotidianamente. L’alba, il giardino, la strada, il buio, le ombre, la luce, il verso del merlo, i passi dei passanti, il verde, le stagioni, le voci della collina ciociara, lo scorrere del tempo, sono alcuni elementi con i quali egli colloquia e si interroga sulla propria vita e sul senso dell’esistenza. Silvano è il cantore della quotidianità, è la voce di tutti giorni. Sono versi che celebrano la memoria del percorso umano e la ferita dell’Essere. Amore e gioia, dolori e tormenti, addii e speranze percorrono le pagine del libro, dalla prima all’ultima; tutto si svolge in un silenzio quasi misericordioso, senza enfasi. Il dolore struggente dei versi del poeta feriscono il lettore rimanendo per sempre nella sua memoria. L’intimità del linguaggio e la sacralità della parola fanno di questa raccolta un poema di preghiere e salvezza. Leggendo i testi della nuova raccolta, ci rendiamo conto che ciò che rimane nella vita di un uomo sono proprio i ricordi di un tempo, le radici, gli affetti, i profumi campestri,
tutto il resto non è altro che fatica, abisso, vanità. L’unica coscienza che non ci abbandona mai durante il viaggio terreno, è la nostra ombra; un fuoco inesorabile brucia le attese, i sogni, le speranze, le conoscenze, le solitudini, le ferite, gli addii, inebriandoci con la brezza dell’eternità. E’ per questo che il poeta non si sazia di respirare la vita, per non morire mai.
quale brigante
vociando parole oscure
ma sì chiare
goffo nel mio sostegno
tremo nelle vene e nelle mani
come fossi al cominciamento
o alla fine dell’abisso
in sì turbata confusione
inciampo sui miei tratturi
rovinando coi passi in un pugno di terra
– ahimé, quale debolezza nell’uomo solo! –
timoroso
quasi arrendevole
tra i confini d’un giardino amico
batte il cuore
si oscura la pienezza del cielo
sotto un vento pungente e schiacciante
tra foglie, polvere e ombre selvagge
quale brigante senza desiderio
assiso su una pietra bianca
divoro la mia forza vitale
fuggendo tra un male e il peggio
mentre una gemma nuda azzurra
mi dona forza e speranza
.
primo maggio
sale intensa la nebbia
nel silenzio del primo giorno di maggio
che smorza il sorriso d’una tarda primavera
cupa e fredda
da battere i denti
come in autunno
tarda il seme della campagna
nei fiori della vite e nel giallo del grano
i venti, le piogge, la grandine
scagliano nella miseria
questa terra offesa
su cui mi perdo anch’io
tra un passo ed un inciampo
allontano lo sguardo
ferito nei palpiti del tempo
e la mia ombra
orlata ora di dolore ora di calore
lascia il segno del suo passo
raccolgo una goccia di rugiada
regale sulla paterna rosa rossa
luccicano le pupille
umide d’amore
cardiologia blu
sotto un cielo povero
due gocce tinte di nero
velano le rughe del tuo viso
senza sommergere il sorriso del tuo volto
smarrito dentro un dubbio
serrato in un piccolo grande guscio d’amore
la mia mano asciuga quel lampo
scorrendo poi sulle tue aride labbra
il timore sussulta nei tuoi occhi
prima che tra riso e pianto
un sospiro ci dia coraggio
in me s’attrista tutto di più
perché quella porta blu
ci turba tra un fuggire e un riaprirla
sempre mossi a tornare
per indagare
e curare
per esistere
tra gioia e pena
solamente in preghiera
.
settembre
nel paesaggio
che è meraviglia
brucia
la melodia del mio cuore
mi dolgo
tra freddo e caldo
se mai li provo
soffro
perché non tace
il grido di dolore
dai robusti cotogni
all’improvviso
lontano
dal mondo
e dalla vita
mostro paura
… del precipizio …
qui tutto è pace
tutto è silenzio
sono solo
affaticato
a guardare la notte
.
affanno
tra i peschi ed i cotogni
poggio il palmo delle mie mani
sedotte dai segni della fatica
sul mio cuore percosso ed affannato
come mai aveva sofferto
il cotogno lascia i suoi petali rosacei
leggeri e deboli alla brezza
il mio battito palesa stessa debolezza
dubitando dell’istante
tumido tra male e peggio
cresce il vento
la voce angustiata d’amore
sperimenta un’ultima preghiera
da perdono a perdono
senza più superbia
chino nel peso che curva
l’apparire della luna
accende il cielo d’una luce che seduce
ed in terra su quel viale che smarrisce
si spande ancora pace
che mi sembra eterna
armonia
il sangue delle vene
respira il fiato della sofferenza
tutto sospira in un silenzio
muto
eterno
il tempo piange
un momento tremulo
la vita parla d’amore
un momento eterno
il cuore palpita per entrambi
in una felicità trasparente
in attesa
di concedere il mio respiro
suona e risuona
un’anima errante
che brilla al cielo
racchiusa nella luna
colore di miele e cereali
.
fuoco che brucia
spezzo rami secchi
in compagnia dell’orto
trattengo il respiro
che trema in me
la terra si sazia delle mie orme
che la cenere non trattiene
e la fiamma che del demonio è figlia
mi da brividi ad ogni nuova impronta
precipito nelle onde del fuoco
riflesso di ciò che ho perduto
vedo il vuoto della cenere
naufrago nella solitudine
ora brucia nell’animo
anche il mio giardino
accarezzo un fiore secco
dimentico, mi spengo
vedo solo fiori bruciati
s’infrange tutto
nel crepuscolo dei tuoi occhi
si stringe il mio cuore
nel desiderio del tuo amore
cuore malato
trabocca ogni alba
il tuo radioso sorriso
luce a luce aggiunge
alla tua parola il sangue s’addolcisce
come frutti maturi del nostro giardino
mi chiudo dietro la mia finestra
la mia voce nasconde le insidie
il giorno pieno di sole
s’addentra nella tua tempesta
diventa nuda la verità del tempo
il tuo cuore malato
ricama giorno e notte
con i tuoi petali di sorriso
per sfuggire dolore e morte
ridotto nel battito
appartiene a noi
alla felicità
all’amore
non si spegnerà mai
per noi che sappiamo
coglierne i fiori
.
petali rosati
amo tracciare segni
per sorprendermi ancora
con profumati fiori e piccole piante
un ramoscello vacillante al suono del vento
lascia cadere petali rosati
che implorano perdono
vagando a destra e oltre
senza porre mente alcuna
vagabondo
e stropicciando i piedi a terra
al lamento di un usignolo
torno su quei petali
che parevano lucenti
sotto l’ombra del frutteto
chino sulla mia sorte
mi rifugio tra mani e gambe
non ho altre vie
e non rifiuto questa che è solo mia
raccolgo quei petali rosati
per compiacerli a dimora in una coppa
dove la morte non è sonno
ed il profumo si risveglia
rosa canina
la rosa canina bianca e forte
s’irradia su quei rovi selvaggi
apparendo e nascondendosi
oltre le ombre e le sterpaglie
assieme ad acerbe more
nella mia mano che cerca uno strappo
spunta una goccia di sangue
che macchia un petalo rifuso
vivo nella sua freschezza
s’indebolisce la mia anima
s’adombra nella quiete
e quel fiore macchiato di sangue
non so se donarlo
al cielo
o alla terra
la vita
un momento
con il sorriso del tuo volto
un momento ancora
tremolante nel nostro cammino
ancora un momento
fino a dormire nella notte
in questa terra ampia
trasparente nelle voci del nostro giardino
ardono i nostri cuori
ferita incessante
l’allegria della vita
che consuma i grappoli dorati del tuo corpo
nelle rose del tempo
palpitante per il nostro amore
.
Rughe
sospirano le mie rughe
l’una accanto all’altra
bagnate dal sudore
che melanconicamente le circonda
taccio ai brividi delle mie fatiche
che stillano le vanità del tempo
disfatto e lontano ogni imbarazzo
m’accompagno alla terra
zappando
Ansia
il gufo fissa immobile
dall’alto della rosa fuxia
vibrano nervose
tra il petto e l’addome
le mie mani rabbiose nei gesti
trascinato nelle mie ansie
inciampo nella compagnia
di tutto ciò che nego
.
Sottovoce
nel mio spazio
così stretto
e senza tempo
dispiego
quanto ho vissuto
tra le cose del mondo
rifletto
sul lungo tempo
sottovoce
senza volgermi
tra poesia e preghiera
.
Mal d’amore
il sangue tende i miei anni
giunti all’affanno delle arterie
l’anima sorregge un corpo gravato
il tempo rimescola tutti i miei passi
alimentano il mal d’amore
quegli occhi tuoi
pieni di luce e allegrezza
il mio sangue
esplora sempre la tua beltà
quale brigante