Archivi del giorno: 23 Maggio 2015

POESIE OSCENE INEDITE di Vladimir Majakovskij (1893-1930) “L’inno degli onanisti”, “Chi sono le puttane”,  da “A tutta voce”, da “Lettera a Tatiana Yakovleva”, Pettegolezzi, Equivoci, Smargiassate di Majakovskij a cura di Donata De Bartolomeo e Poesia di Vladimir Majakovskij tradotta da Paolo Statuti “A tutta voce” (1929-1930)

Majakovskij Lilia Brik Jalta-1926

Majakovskij Lilia Brik Jalta-1926

 Il  14 aprile scorso, in occasione dell’85° anniversario della sua morte, il sito russo AdMe.ru  ha pubblicato (ad eccezione delle due poesie finali) questo omaggio a Majakovskij che vi ripropongo. Con l’occasione desidero di nuovo ringraziare Kamila Gayazova per la passione con la quale condivide con me questo “viaggio” all’interno della poesia russa e per l’infinita pazienza con cui rilegge (e quando necessario corregge …) tutto quello che traduco! 

                                                       -Majakovskij,

                                                        i vostri versi non agitano,

                                                        non scaldano, non contagiano.

                                                       -I miei versi non sono mare,

                                                        non sono una stufa e non sono la peste.

Vladimir Majakovskij fece irruzione nella poesia con la sua alta corporatura, l’andatura decisa, il fervore, l’ampia gestualità e la parlata infiammata. Questa personalità scosse il mondo poetico e lasciò una traccia considerevole nell’attività del “secolo d’argento”.

La natura ribelle di Majakovskij si rifletteva in tutto: nell’aspetto esteriore, nella maniera di vestirsi, nel modo in cui declamava i versi. Era sfacciato, scioccante e maleducato ma era al tempo stesso un uomo molto sensibile.

da A tutta voce

Il mio verso arriverà

attraverso le schiene dei secoli

e attraverso le teste

dei poeti e dei governanti.

Il mio verso arriverà

ma non arriva così

non come una freccia

nella caccia di amorini con la lira,

non arriva come

al numismatico  una moneta consunta

e non arriva come la luce di stelle morte.

Il mio verso

a fatica

squarcerà la mole degli anni

e sorgerà

convincente,

grossolano,

tangibile,

come nei nostri giorni

è entrato un acquedotto

costruito già dagli schiavi di Roma.

(1929-1930)

                              

majakovskij illustrazione

majakovskij illustrazione

                                       Un nuovo stile

Quando Majakovskij mise in uso la sua famosa “scaletta” stilistica, i poeti-colleghi lo incolparono di essere un imbroglione: allora i poeti venivano pagati in base alla quantità dei versi e Majakovskij riceveva due-tre volte di più per versi di analoga “lunghezza”. Secondo le parole di Majakovskij la rima doveva ingombrare tutte le righe  che davano forma ad un unico pensiero, stare insieme. Egli poneva la parola più importante alla fine della riga e ci adattava la rima a qualsiasi costo.

                               La cattiva Lilia

Con le donne Majakovskij ebbe e non ebbe fortuna allo stesso tempo. I biografi definiscono ad una sola voce Lilia Brik come il suo più grande amore. Effettivamente il poeta le scriveva: “ Io amo, amo nonostante e grazie a tutto, ho amato, amo e amerò, se sarai cattiva con me o affettuosa, mia o di una altro”. Ma Lilia Yure’vna viveva senza problemi col marito Osip Brik. Dopo la sua morte nel 1945 scriverà: “Quando si è ucciso Majakovskij, è morto un grande poeta. Ma quando è morto Osip, sono morta io”.

                                Il beniamino della folla

Vladimir Goldshmidt camminava accanto a Majakovskij e raccontava a voce alta i suoi successi:

-Ecco, sono a Mosca da un mese e già mi conoscono tutti. Faccio serate – ovazioni copiose, centinaia di letterine, non riesco a liberarmi delle signorine. Che volete…la fama…

Incontro a loro saliva sulla collina una pattuglia di guardie rosse. Majakovskij si avvicinò al bordo del marciapiedi e si rivolse alle guardie rosse:

-Buongiorno, compagni!

Dalle fila delle guardie rosse risposero amichevolmente e allegramente:

– Buongiorno, compagno Majakovskij!

Il poeta si voltò verso il “futurista della vita” e, ridendo, disse:

-Eccola la fama, ecco la notorietà … E allora! Rilanciate, giovanotto!

                                            Puskin lo so a memoria

A Tiblisi si svolgeva una serata sul tema “Figure della letteratura sovietica”. Cominciarono a porre a Majakovskji diverse domande.

Domanda: “Come valutate Dem’jan Bednyj?”

M: “Lo leggo”

D: “ E Esenin?” (Erano passati circa due mesi dalla sua morte)

M: “In generale guardo ai funerali con preconcetto”

D: “Con quali soldi andate all’estero?”
M: “Con i vostri!”

D: “Date spesso un’occhiata a Puskin?”
M: ”Non do mai un’occhiata a Puskin. Io Puskin lo so a memoria”

                                      

Lilia Brik

Lilia Brik

 Tra i primi

Politecnico, Vladimir Majakovskij prende parte ad un dibattito sull’internazionalismo proletario:

-In mezzo ai Russi mi sento russo, in mezzo ai Georgiani mi sento georgiano…

Domanda dalla sala:

-E in mezzo ai cretini?

Risposta:

-In mezzo ai cretini ci sto per la  prima volta.

Tatiana-Yakovleva

Tatiana-Yakovleva

da Lettera a Tatiana Yakovleva

                                                     “Tu non pensare

socchiudendo semplicemente gli occhi

da sotto gli archi raddrizzati.*

Vieni qui,

vieni al crocevia

delle mie grandi

e sgraziate mani.

Non vuoi?

Resta e passa l’inverno,

e questa

offesa

la metteremo sul conto comune.

Io in ogni caso

ti

prenderò un giorno –

da sola

o assieme a Parigi.

(1928)

*(ndt ) Dalle foto si vede che la Yakovleva si dipingeva le sopracciglia come fossero una linea diritta.

                                        

Majakovskij

Majakovskij

                                                  La musa irraggiungibile

Oltre a Lilia Brik il poeta ebbe altre innamorate. Una di loro la conobbe a Parigi, quando vi andò per delle letture. Questa musa si chiamava Tatiana Yakovleva. Come sempre, se ne innamorò perdutamente. Lei, invece, lo respingeva con delicatezza. Majakovskij dilapidò l’intero suo considerevole compenso in un “tour” francese in un negozio di fiori e chiese di mandarle  ogni giorno dei fiori. E loro lo fecero. Allora ed anche all’epoca della seconda guerra mondiale. Questi fiori le salvarono la vita. La Yakovleva li cambiava in cibo. Dopo, ovviamente, i soldi finirono ma lei continuò a ricevere i fiori fino alla morte: questo ormai andava a vantaggio del negozio di fiori.

                                             Chi vuole un cazzotto sul grugno?

Il futurista Majakovskij era famoso per le sue uscite villane e per il suo non comune aspetto esteriore. Una volta uscì sul palcoscenico a leggere i suoi versi ditirambici ad un pubblico che si era radunato per burlarsi di lui: esce tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni, con la sigaretta  serrata all’angolo della bocca sprezzantemente storta. Era alto di statura, forte e ben proporzionato a vedersi, i tratti del suo viso erano penetranti e grandi. Legge ora alzando la voce fino ad un ruggito ora borbottando svogliatamente sotto il suo naso: finito di leggere si rivolge al pubblico già con linguaggio prosastico: “… Quelli che desiderano un pugno sul grugno sono pregati di mettersi in fila”.

                                              Majakovskij e i suoi viaggi

Dopo un viaggio all’estero chiesero a Majakovskij:

-Vladimir Vladimirovic, com’è laggiù a Montecarlo, molto chic?

Rispose:

-Molto, come da noi nell’albergo “La grande Mosca”.

Allora gli chiesero:

-Voi avete viaggiato molto. Sarebbe interessante sapere: quale città ritenete la più bella del mondo?

La risposta fu:

-Vjatka.*

(ndt) Fino al 1934 nome della città di Kirov

                                                  

majakovskij e lilia brik

Majakovskij Lilia Brik Jalta-1926

E in ogni caso … Lilia

Il poeta regalò alla sua amata Lilia un anello con le sue iniziali: facendolo girare, queste lettere formavano senza fine la parola “ljubljù”. *

*(ndt) in russo ti amo

Il giorno successivo alla morte del poeta sui giornali fu pubblicata una sua lettera scritta alla vigilia del decesso. Eccone un brano:

“A tutti.

Del fatto che muoio non incolpate nessuno e, vi prego, non fate pettegolezzi. Il defunto non lo sopportava assolutamente. Mamma, sorelle e compagni, perdonate – questa non è una soluzione (agli altri non lo consiglio) ma io non avevo vie d’uscita. Lilia, amami. Compagno governo, la mia famiglia è Lilia Brik, la mamma, le sorelle e Veronica Vitol’dova Polonskaja*. Se riuscirai a procurar loro una vita tranquilla – grazie. Date i versi iniziati ai Brik, loro li distruggeranno. Come si dice, l’incidente è chiuso, la barca dell’amore si è infranta contro la vita quotidiana. Sono in pari con la vita e non ho con nessuno conti in sospeso di reciproci dolori, sciagure e offese.

Siate felici, voi che restate

Vladimir Majakovskij”

*(ndt) Attrice, figlia di un celebre attore del cinema muto e moglie dell’attore M. Jansin,  fu dal maggio 1929  la compagna del poeta. Fu l’ultima persona a vederlo ed assistette al suo suicidio

majakovskij-brik-pasternak

majakovskij-brik-pasternak

L’INNO DEGLI ONANISTI

Noi,

onanisti

ragazzi

dalle larghe spalle!

Non

ci attirerai

con la tetta carnosa!

Non

ci sedurrai

con una fica da niente!

Hai finito con la destra?

Lavora con la sinistra!!!

***

Trombare ci è necessario

come ai cinesi

il riso.

Non si stuferà di drizzarsi il cazzo

come un pilone radio trasmittente!

In entrambi i buchini

sbircia.

Non prendere la sifilide

                                                                   Altrimenti

davanti ai dottori

ti dovrai contorcere!

***

Ehi, onanisti,

gridate “urrah”!

La macchina del fottere

è sistemata,

ai vostri servigi

qualsiasi buchino

perfino

il buco

della serratura!!!

***

Giaccio

sulla donna

di un altro.

Il soffitto

si incolla

alla pelle.

Ma noi non ci lagniamo –

facciamo i comunisti

in barba

alla borghese

Europa!

Che il mio cazzo

come un pilone si innalzi!

Per me fa lo stesso

chi mi sta sotto –

la moglie di un ministro

o un inserviente!

***

Voi amate le rose?

Ed io ci caco sopra!

Il paese ha bisogno di locomotive,

abbiamo bisogno di metallo!

Compagno!

Non fare “oh”!

Non fare “ah”!

Non tirare le redini!

Ora che hai completato il piano

mandali tutti

a fare in culo

non l’hai completato –

da solo

vattene

a fare

in culo.

vladimir majakovskij

vladimir majakovskij

CHI SONO LE PUTTANE

                                                                       Le puttane

non sono quelle

che per il pane

davanti

e dietro

ci danno

le fiche,

che Dio le perdoni!

Le puttane sono invece queste

le bugiarde,

quelle che succhiano

i soldi

senza farti

scopare.

Ecco le puttane

vere,

che se ne vadano a fare in culo!

***

Poesia di Vladimir Majakovskij tradotta da Paolo Statuti

A tutta voce (1929-1930)
(Во весь голос)

(Prima introduzione al poema)
Egregi
compagni posteri!
Scavando
nello sterco impietrito
del presente,
studiando le tenebre odierne,
voi,
forse,
chiederete anche di me.
E, forse, dirà
il vostro erudito,
con la mente
piena di questioni,
che viveva da qualche parte un tale
cantore dell’acqua bollita
e nemico acerrimo dell’acqua corrente.
Professore,
togliti gli occhiali-bicicletta!
Io stesso racconterò
del tempo
e di me dirò.
Io, fognaiolo
e portacqua,
dalla rivoluzione
richiamato,
io per il fronte ho lasciato
i signorili giardini
della poesia –
capricciosa megera.
Che giardino guarda e ammira,
figlia,
la casa,
pulisci
e stira –
io da sola l’ho piantato,
solo io l’annaffierò.
Chi versa strofe dai catini,
chi spruzza
dalla bocca –
leziosi Mitrejki,
saccenti Kudrejki –
come raccapezzarsi!
Per la melma non c’è quarantena –
mandolinano tutto il giorno:
«Tara-tena, tara-tena,
ten-n-n…»
Non è un grande onore,
se tra le rose
alzano i miei busti
nei giardinetti,
dove scatarra la tubercolosi,
dove un teppista abbraccia una puttana
e la sifilide impera.
Anch’io
della propaganda
ho le tasche piene,
anch’io
potrei scrivere
romanze su di voi, –
è più redditizio
e più allettante.
Ma io
me stesso
ho domato,
e con il piede pesante
ho schiacciato la gola
della mia canzone.
Ascoltate,
compagni posteri,
l’agitatore,
lo strillone-caporione.
Soffocando
i torrenti della poesia,
io avanzerò
tra volumi di liriche,
da vivo
ai vivi parlando.
Verrò da voi
in un futuro comunista,
non come
il melodioso bardo eseniano.
La mia poesia giungerà
attraverso i crinali dei secoli
e attraverso le teste
dei governi e dei poeti.
La mia poesia giungerà alla meta,
ma essa vi giungerà,
non come una freccia
lanciata da Cupido a sorte,
non come arriva
a un numismatico una consunta moneta
e non come arriva la luce delle stelle morte.
La mia poesia
con la fatica
sfonderà la mole degli anni
e apparirà
ponderosa,
rude,
visibile,
come ancora oggi
è visibile l’acquedotto,
eretto
dagli schiavi di Roma.
Nei tumuli di libri,
di versi seppelliti,
ritrovando per caso la ferraglia delle strofe,
voi
con rispetto
prendetela in mano,
come vecchia
arma fatale.
Io
l’orecchio
con la parola
non sono avvezzo a carezzare;
il delicato orecchio di ragazza
nei riccioli
dal doppio senso sfiorato
non arrossirà.
Dopo aver disteso in parata
le mie pagine-plotoni,
io passerò
il fronte delle strofe.
I versi stanno
pesanti come piombo,
pronti anche alla morte
e alla gloria immortale.
I poemi sono morti,
canna contro canna
dei titoli puntati
e squarciati.
L’arma
del genere
preferito,
è pronta
a lanciarsi con un grido,
s’è irrigidita
la cavalleria delle facezie,
avendo alzate delle rime
le lance acuminate.
E tutte
le truppe fino ai denti armate,
che venti anni nelle vittorie
hanno passato,
fino all’ultima
pagina
io affido a te,
proletario del pianeta.
Il nemico
della classe operaia –
è anche il mio nemico,
giurato e di vecchia data.
Ci hanno chiesto
di andare
con la bandiera rossa
anni di lavoro
e giorni di fame.
Noi aprivamo
di Marx
ogni volume,
come in casa
propria
apriamo le persiane,
ma anche senza lettura
noi sapevamo
da che parte andare,
contro chi lottare.
A noi
la dialettica
non l’ha insegnata Hegel.
Essa al suono delle lotte
nei versi è penetrata,
quando
sotto le pallottole
i borghesi fuggivano da noi,
come noi
un tempo
fuggivamo da loro.
Che
dietro ai geni
come vedova sconsolata
si trascini la gloria
in una funebre marcia –
muori, o mio verso,
muori, come semplice soldato,
come ignoti
all’attacco sono morti i nostri!
Io sputo sopra
il bronzo dei monumenti
io sputo sopra
il viscido marmo.
Grondiamo di gloria –
noi tutti noi, –
che il nostro
monumento comune
sia il socialismo
eretto
nelle lotte.
O posteri,
controllate i galleggianti dei dizionari:
dal Lete
emergeranno
i resti di parole
come «prostituzione»,
«tubercolosi»,
«blocco».
Per voi
che
siete sani e destri,
il poeta
leccava
gli sputi dei tisici
con la ruvida lingua del manifesto.
Con la coda degli anni
io divento la somiglianza
di mostri
fossili con la coda.
Compagna vita,
su,
presto bruciamo,
bruciamo
in cinque anni
il resto dei giorni.
A me
neanche un rublo
hanno portato i versi,
di ebano
non è arrivato un mobile in casa.
E tranne
una camicia fresca di bucato,
dirò sinceramente,
a me non serve niente.
Entrato
Nella Commissione di Controllo
dei luminosi
anni che verranno,
io sulla banda
di poeti
scrocconi e furfanti
solleverò
come tessera bolscevica,
i miei
libri di partito –
tutti quanti.

V.M. cadavere

V.M. cadavere «Come si dice, l’incidente è chiuso, la barca dell’amore si è infranta contro la vita quotidiana»

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