Adam Vaccaro, poeta e critico nato in Molise nel 1940, vive a Milano da più di 50 anni. Ha pubblicato varie raccolte di poesie, tra le ultime: La casa sospesa, Novi Ligure 2003, e la raccolta antologica La piuma e l’artiglio, Editoria&Spettacolo, Roma 2006. Infine, Seeds, New York 2014, è la raccolta scelta da Alfredo De Palchi per Chelsea Editions, con traduzione e introduzione di Sean Mark. Tra le pubblicazioni d’arte: Spazi e tempi del fare (Studio Karon, Novara 2002) e Labirinti e capricci della passione (Milanocosa, Milano 2005) con acrilici di Romolo Calciati. Con Giuliano Zosi e altri musicisti, ha realizzato concerti di musica e poesia. Collabora a riviste e giornali con testi poetici e saggi critici. Per quest’ultimo versante, ha pubblicato Ricerche e forme di Adiacenza, Asefi Terziaria, Milano 2001. È stato tradotto in spagnolo e in inglese. Ha fondato e presiede Milanocosa (www.milanocosa.it), Associazione con cui ha curato varie pubblicazioni, tra cui: Poesia in azione, raccolta dal Bunker Poetico, alla 49a Biennale d’Arte di Venezia 2001, Milanocosa, Milano 2002; “Scritture/Realtà – Linguaggi e discipline a confronto”, Atti, Milanocosa 2003; 7 parole del mondo contemporaneo, Milanocosa, Milano 2005; Milano: Storia e Immaginazione, Milanocosa, Milano 2011; Il giardiniere contro il becchino, Atti del convegno 2009 su Antonio Porta, Milanocosa, 2012. Cura la Rivista telematica Adiacenze, materiali di ricerca e informazione culturale del Sito di Milanocosa. Indirizzo: Via Lambro 1 – 20090 Trezzano S/N (MI). Dieci sue poesie sono apparse nella Antologia di poesia a cura di Giorgio Linguaglossa Come è finita la guerra di Troia non ricordo (Progetto Cultura, Roma, 2016).
Email: adam.vaccaro@tiscali.it
Poesie di Adam Vaccaro
Il rosso e la neve
Nello splendore del supplizio*
Qui è ormai tutto bianco
come una perfetta notte
di Natale mentre una fitta
si conficca nel costato
di questa impotenza
che può solo pensare
al rosso che cola
tra i muri massacrati
di Gaza
*
Qui da noi il padrone è una stella
che ci impone la misura della terra
della farina dell’acqua della dignità
che ci invade e distrugge le case
che ci affama e fa piovere bombe
nel nome di Davide e di Israele
che chiude il cerchio glorioso
della bestemmia Gott mit uns
su noi che non abbiamo più voce
in questo dominio del mondo
sommersi dalle mille voci
che del tempio fanno mercato
su noi resi ciechi e muti dall’oro
che scorre nelle reti e nei nervi e
comanda sapiente voce o silenzio
che non rompa la pace dei servi
o silenzio del dio dei popoli
tra scoppi di brindisi e bombarde
nell’impronunciabile nome YHWH
di un dio che ormai è solo tra gli eserciti
*
e voi qui ancora al caldo della favola di lana
della stella supernova del pensiero unico dominante
e anche voi re della parola, poeti di lumini accesi
che beati nuotate insieme al mare di cose
appesi alle code dei saldi – bambini dietro
aquiloni d’affari d’oro – non siate troppo turbati
da bambini sventrati ammutoliti di terrore
sulla striscia di Gaza
Gennaio 2009
*espressione di Michael Foucault, ripresa per la tragedia palestinese anche da Stefano Bologna.
COMETE TRA SCEMPI E LAMPI
Tra Io e Noi
la testa della cometa pensava/sognava di sconfiggere la morte
amando la bionda coda che friggeva residui
perdite
*
la poesia può essere
spietata quanto una banca
che in genere dà soldi solo a chi li ha già
*
ripeteva citando Majakovskij
“la poesia è un viaggio nell’ignoto” e
si spinse tanto oltre che bucò il calzino
*
quell’io verticale che buca il cielo dimentico
del piede di porco del corpo: es-trema
carne che sporca il dio delle rette immobili
*
sotto le stelle oltre le mura negli accampamenti dell’io occidentale
brulicano carri carichi di sogni
di un ordine superiore capace di annientare ogni nemico
*
in uno dei suoi deliri di onnipotenza vedeva le
proprie ciabatte com’un’arma capace di dare un calcio
in culo al mondo – sognando una chiave per entrare nel regno
della lingua ma depurata come il cielo in una stanza
*
aveva imparato a non fidarsi di quelli/e che si esaltano
parlando della parola, della lingua, della scrittura
come fosse tutto il mondo – in genere dietro
c’era un Io più grande del mondo
*
quel noi che (r)esiste per attimi
in sentimenti che sedimentano
memorie nei corpi-io
Tra (piccoli) gusci e (grandi) angosce
quel liquido guscio di lumaca tra le scarpe rendeva così ridicola
e insensata l’angoscia di non superare mai – in fondo – l’uscio di casa
che comprò un camper e andò tanto oltre finalmente
che finì in una scarpata tra ignari e vuoti gusci di lumaca
*
ormai – pensò – bastano tre alberi per fare senso e bosco di vita
tra foglie disfatte funghi e lumache mentre
gira intorno arrochito un fiume di macchine insensato
*
così aprendo la finestra allo sciame d’insetti delle ansie
scoprì nello sghembo lato comico della stanza
la risata liberata del nulla
*
e scoprì appena compiuti i sessant’anni
che per diventare giovani
occorrono molti anni
*
ché il vero coraggio
è nelle rose che vanno
oltre maggio
*
dire la pace
è affogare nel nulla
per rinascere
.
L’ala sottile
Quell’ala sottile che ci raggiunge
e si apre come una vela sull’infinito
non è l’ultimo vento che ti aprirà le mani
ché l‘universo è pregno di mille altri universi
che tu ancora non sai
18.12.2012
Quadriglia gitana
Rom
Col sole in faccia e il vento
che sanno di ogni fiore e chi
come me si muove sultano
senza terra sulla Terra
sentirà soffiare un’anima errante
fatta di aria visi cotti e nonluoghi –
un’anima che canta un vento
voce invisibile e sconosciuta
sapiente d’amore e di dominio
(maggio 2014)
*
Carovana
Carovana giungeva da chissà dove andando verso
chissà dove – attento non avvicinarti troppo che
ti portano via, dicevano trepide le madri – in quel
accampamento accanto alla fontana dal nome che
sonava onomatopeico – oh scintillante Ciciliano! –
in concerto con pentole e voci di bambini e urla di
volti scuri, baffi e occhi neri, cercine e zinali chini
intorno a fuochi pentole fumanti e assi traballanti
di farina impastata dalle mani volteggianti di una
maga che – con occhi spiritati s’un dente unico re
duce rimasto al centro della bocca come punzone –
fissandomi mi disse, tu hai nel nome il destino di
– di cosa? dissi spiritando gl’occhi a specchio – di
andare fuori e essere contro – e contro cosa?, ilare
e curioso chiesi – occhi fissi negli occhi di carbone
della bambina attaccata al magico manto del suo zinale –
mentre lei rideva ridiventata con noi bambina tra asini
cavalli e tende delle allegrie accampate, ma mi forava
per sempre anima e memoria un sibilo dal suo punzone:
oh piccolino mio, ma contro tutto il bel mondo che c’è!
(27 febbraio 2014)
*
Zambra!
senti come balla – come
balla il mio sangue mentre
il mio piede quasi bacia i tuoi
e il mio viso sfiora il tuo invaso
di calore di carne e vita – anima
che esplode mentre pieghi la gamba
nel moto di andare che segue coll’occhio
se la mia ombra t’insegue – e ti raggiungerà
oh ti raggiungerà come zanna affamata che sa sa
piente sospendere l’attesa cucina di tutti i segreti
di vita – fucina che soffia scintille e balla con la vita
(febbraio 2014)
*
Ventagli d’amore e d’inganno
Dicono che il vento si fa vento
per farsi canto senza parole
sapiente che sa già tutte le loro
accese illusioni che sanno cucciarsi
e farsi anima, prima sotto pelle e poi,
piano, fino al cuore, fino a farsi liquore
che scende scende e inventa altri suoni
con odori e lampi abbracciati a ferite
dolci e feroci, incancellabili.
Che riconoscerai anche se ti rapiranno l’anima,
per farne schiava in luoghi sconosciuti, mentre
ti racconteranno di un’altra libertà ornata di altre
parole d’incanto che ti diranno, tu sei nel massimo
sogno di essere oltre e altro, finalmente il vero te,
il re che hai sempre cercato in parole ignote
il più sconosciuto e tanto in alto e fuori di te
che ti sembrerà di volare come foglia – completa
mente preda di un vento che fa di te il suo canto
(aprile 2014)