Lucia Gaddo Zanovello è nata a Padova nel 1951; scrive dalla prima adolescenza e dopo un periodo giovanile dedicato a diverse attività lavorative, ha poi impegnato la maggior parte del suo percorso professionale come docente di scuola media. Ha condotto studi, fra gli altri, su Niccolò Tommaseo e sul suo corrispondente friulano Pierviviano Zecchini.
Per la poesia ha pubblicato: Porto Antico, Edigam, 1978; Bramiti, La Ginestra, 1980; Da serpe amica, Padova Press Edizioni, 1987; Semiminime, Padova Press Edizioni, 1988; Per erbe piú chiare, Edizioni Dei Dioscuri, 1988; nel 1998, per le Edizioni Cleup, la raccolta retrospettiva relativa agli anni ’88 -’98, in cinque volumi: Nóstoi (che include Fiordocuore), Fatalgía, In lúmine, La trilogia del volo, La partitura. Ed ancora Il sonno delle viole, Cleup, 1999; Un parlare d’acqua, Cleup, 2000; Solargento, Cleup, 2000; Memodía, Marsilio, 2003; Silentissime, Imprimenda, 2006; Ad lucem per undas, Joker, 2007; Amare serve, Cleup, 2010; Illuminillime, Cleup, 2011, Rodografie, Cleup 2012, Buona parte del giorno (Premio Milo 2012), Incontri 2013 e Disforia del nome, Biblioteca dei Leoni, 2014.
Nel gennaio del 2009 è uscito per le edizioni Cleup, il libro-intervista Amata Poesia: Antonio Capuzzo intervista Lucia Gaddo Zanovello. Nel 2004 il compositore di Patrasso Sotiris Sakellaropoulos (1952-2010) ha tratto da Memodía, quarta sezione (Canto di luce) e nel 2005 da La partitura, prima sezione, per archi, voce e pianoforte, omonime opere musicali. Nel 2010 la scrittrice Rika Mitreli ha tradotto in greco sei testi tratti da La partitura, pubblicati nel numero di maggio della Rivista “Thea” (Thèmes de Sciences Humaines) di Bruxelles, a fianco di un ampio saggio commemorativo dedicato all’opera del musicista scomparso.
Per la saggistica ha pubblicato: Faedo di Cinto Euganeo, in “Città di Padova”, anno VIII, n.1, 1968; L’eremo del Monte Rua, ibidem, anno IX, n.1, 1969; Considerazioni del Tommaseo sulla poesia in una lettera inedita a Pierviviano Zecchini, in “Lettere Italiane”, Leo S.Olschki, Firenze, 1988; Scrittura poetica e funzione estetica in “Punto di Vista”, (Rassegna italiana di Lettere ed Arti), Libraria Padovana Editrice, n.36, 2003; L’epico innesto etico nell’etimo di Cesare Ruffato, in Per Cesare Ruffato. Testimonianze critiche, Marsilio, Venezia, 2005; Quando il silenzio accende, per “La colpa di scrivere”, luglio 2006 ora anche in appendice ad Illuminillime; Per un’etica dell’apparenza, recensione a Strategie dell’occhio di Francesco S. Mangone, ne “Il Fiacre n.9”, 2007.
“Personalmente avverto sempre come se ci fosse in me qualcosa di morboso quando mi faccio osservatrice di fotografie, quasi fossi a spiare, in una sorta di bird watching, quel che accade ai corpi sottoposti al passaggio terreno. Un indagare che ha dell’origliare, talora anche con occhi di contemplazione, o dello scrutare per conoscere o riconoscere qualcosa di ciò che si ritiene perduto.”
(Lucia Gaddo Zanovello)
L’oca
Non so vivere
che come un’oca spenta
tra la folla.
So del mio occhio attonito
del mio vezzo goffo
del caracollar malfermo
alla corrente.
Conosco l’argine penoso
che m’accoglie
vinta
alla nemica sponda.
Bramiti, 1980, p. 83
.
Ortoscopia
Qualcosa scricchiola
la mia corazza
e mute danze
trilobate
conducono
la mia carcassa
a formiche senza preda
un cuoco leggero
oscilla
le mie antenne
sulla zuppa delle mie zampe.
Semiminime, 1988, p. 161
Da serpe amica
In quest’agile spelonca
dove tutto è mite
io mi posso acciambellare,
su di un ammainar di vele
vuota d’orgogli
residuo pigolante
di soli accesi
a coccolare
lenti minuti albini,
a gettar griglie
per arenare soffi
bercianti inallegrati.
Con altre mani
con altri lini
accolgo
sinfonie d’effetti
e dopo i crudi passi
del mattino
ho gli occhi tondi
di serpe amica.
Da serpe amica, “Metamorfosi”, 1987, p.30
Io sono un capolinea
un self-service
uno snack-bar.
Io sono un pronto soccorso
un motel
e un generale d’armata.
Io sono un capro,
una spalla
e un muto zerbino,
sono tana e palcoscenico
un’urna vivente
un’antenna, una chiave
un frigorifero
io sono un ampio parcheggio
al capolinea delle vostre necessità.
Da serpe amica, “Taccuino di viaggio con interni”, 1987, p.62
.
Un’idea di seta
si svolge
nel cielo dei desideri
non chiudere la luna
nel baule della notte
quando libera gioca
coi chiarori della sera
e mi sorprende
alta e nuda
dove non la cerco
i lunghi suoi capelli
scesi sulle case
brillano i pensieri di malia
spandono speranze sulla malinconia
come pietra riposo
sul cuore della terra
come segno sulla pagina
un punto fermo.
La partitura, armonie, 1998, p.45
Identità
Perché fondono segnando
il doppio procedere
da nascita e da morte,
lo stupore dell’alba
e la notte terrena
accendono verità
se il pensiero
impaniato di illusione
di stordite apparenze
si fa magnete impazzito
e la storia
è meta perduta.
Ci fanno scorta
il cielo stellato
e l’opale dell’aurora
catturati
nell’iperspazio della promessa,
voti congiunti di luce
perché l’Uno
con parole di opposto colore
propone lo stesso
monogramma di vita.
La partitura, armonie, 1998, p.46
.
Un me migliore
Quando tutti i figli del mondo
saranno figli nostri
da amare,
l’arco che ci chiude
sarà colmo
di vita,
perché fiori di tenerezza
rivivranno,
carni e ceneri
riamate,
e la memoria
tornerà un oggi senza tramonti.
I virgulti recisi
saranno ombrose
querce serene.
Le domande
tutte
muteranno in lucide risposte
che brillano
di un sole arguto e alto,
anche nella notte
e tu sarai
un me migliore.
La partitura, armonie, 1998, p. 56
.
Incomunicabilità
Dico a te
che affiori
dall’anima
con moto labile
inadatto agli aliti mutevoli
di superficie.
Afferro della tua verità
i sintomi
come alghe
fuggono
la mietitura.
Necesse
una bara di cristallo
per carcerare strette
quelle ali
inafferrabili
di polvere:
il tuo io
che affiora
quando non guardo
e dilegua
come stendo la mano
incontaminato
e puro
ma dove?
La partitura, un suono nuovo, 1998, p.70