La Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS), nel quadro della attivita’ di promozione oltre a quella di rappresentanza e consulenziale, ha ospitato lo scorso 16 aprile la presentazione, presso la sede romana di piazza Augusto Imperatore, della Antologia «Il rumore delle parole. Poeti del Sud» (2015), per i tipi di EdiLet, a cura di Giorgio Linguaglossa.
Sono intervenuti il curatore della Antologia e la poetessa romana Letizia Leone. Linguaglossa ha illustrato l’opera precisando che l’Antologia non può ritenersi ultimata ed esaustiva in questa prima edizione. La particolarità, secondo Linguaglossa, dei Poeti del Sud, rispetto, per esempio, alla cosiddetta Scuola lombarda o ad altri indirizzi, risiede nella varietà degli stili. Nel delineare i lineamenti geostorici della poesia italiana e nel tracciare i vari periodi di «egemonia letteraria» fra Milano, Firenze, Roma che nel corso del Novecento si sono succeduti, il curatore dell’antologia ha notato come nel Sud operino poeti vitali che si muovono secondo modalità non concordate, libere da interessi editoriali o di uffici stampa. È una poesia che non si rende immediatamente «riconoscibile» e dove ciascun poeta ha una sua precisa «identità stilistica». Il critico ha proseguito accennando alla attuale «stagnazione del panorama editoriale» per via delle cointeressenze che attraversano il mondo dell’editoria le cui coordinate editoriali sono dettate dagli Uffici stampa. Cesare Pavese o Vittorio Sereni si muovevano in un diverso assetto editoriale e culturale, non avrebbero mai accettato una situazione come quella odierna. I criteri di selezione dell’Antologia sono stati altri, si sono individuati gli autori in base a criteri meramente estetici.
Sia Letizia Leone che Giorgio Linguaglossa hanno poi inquadrato la poesia del Sud, come anche quella del Nord nell’ambito della crisi dell’ontologia che è avvenuta nel tardo Novecento.
Altra categoria entrata in crisi, a detta dei presentatori, è la categoria del «nuovo». La poesia è piuttosto da considerarsi come un evento (Ereignis) che capita nel tempo e nello spazio e che si situa nell’intersezione tra due coordinate, che abita un preciso punto dello spazio, del tempo e della storia; una volta avvenuto, l’evento cambia la dimensione, si aprono nuove e inedite prospettive. I critici si sono soffermati su un punto in particolare che contraddistingue la poesia del nostro tempo: gli autori dell’Antologia non si pongono più come seguaci di una ideologia, di un canone, di un modo di scrittura ma aderiscono ad una visione centrifuga e periferica assieme, assumono punti di vista assai distanti gli uni dagli altri e stili di scrittura assai differenti.
Altro elemento invariante rilevato dai critici è che nessuno degli Autori presenti nella Antologia può esser considerato un epigono del minimalismo italiano così come si è configurato negli ultimi decenni del Novecento. In tale accezione gli stilemi del minimalismo sono stati assunti e fusi insieme ad esperienze stilistiche e culturali le più diverse. Sia Linguaglossa che Letizia Leone hanno sottolineato gli sforzi degli Autori di procedere verso un diverso modo di convocare le cose e gli oggetti in poesia, insomma, di chiamare le cose col proprio nome anche se in poesia non è poi così scontato che i risultati estetici seguano meccanicisticamente alle premesse, il nodo centrale è che le parole vanno messe dentro una qualche tradizione linguistica e stilistica, hanno vita soltanto in una tradizione ma laddove questa manca o accusa un periodo di «latenza», anche la poesia che si tenterà di fare accuserà il colpo; ma se la poesia diventa consapevole di questo nesso storico-estetico, allora la poesia del Sud potrà assumere in tale orizzonte culturale un ruolo significativo e propulsivo.
Letizia Leone ha infine definito interessante e valido il discorso sul rapporto poesia filosofia riportato nell’introduzione al volume in questione, ed ha accennato alla connessione interna tra i due poli. In tal senso Linguaglossa, ha detto la Leone, conferma la sua vocazione militante, una sorta di rabdomante alla ricerca delle falde poetiche (del Sud).
La Leone ha poi accennato alla lucidità ermeneutica e di diagnosi indispensabile per mettersi sulle tracce di quel sentiero della Linea meridionale di poesia individuata negli anni Cinquanta da Contini, Quasimodo, Gatto… da una terra appenninica da cui si va in esilio, una terra di emigrati e sradicati, da Scotellaro a Calogero.
Quasimodo auspicava una Carta poetica del sud nel 1953, cosa interessante per testare la distanza da una situazione odierna che vede autori meridionali del Novecento come Bufalino Sciascia Ortese Serao spesso dimenticati dai programmi scolastici, con danni inestimabili verso un ingente patrimonio spirituale e artistico del nostro paese.
L’articolazione geodetica e geopoetica, sia la latitudine che la longitudine, “colloca” il linguaggio poetico (Brodskij) nell’ambito della storia e contribuisce a cambiare la Lingua e il linguaggio poetico.
Oggi il Sud si è smarcato dal periferico, evidenza il dinamismo fra centro e periferia anche se questo movimento tellurico era stato già intravisto con chiarezza da Pasolini per il quale la periferia romana sfociava nel terzo mondo.
Nello stesso tempo, ha continuato Letizia Leone, ci sono autori come Albino Pierro che non vogliono centralizzarsi, altri fanno, anche a Nord, del dialetto la propria isola nel rifondare la propria stilistica.
Se siamo nella post-storia, nell’epoca dello svuotamento ideologico, forse è lecito parlare di post-meridionalismo, per questi poeti, lontani dalle poetiche del vissuto, dal mito di una poesia che abita il mito o di quella che ricerca una impossibile innocenza perduta.
In questo contesto storico che dista anni luce dalla linea meridionale degli anni Cinquanta, sia Letizia Leone che Linguaglossa si sono soffermati sul rapporto tra scrittura e il territorio, individuando la forza di questi Autori nell’aver digerito lo scandalo della storia, quello dell’essere poeta oggi, di non sapere più a chi si rivolga la scrittura poetica. Così, la figura del poeta è ragguagliabile a quella di un esiliato, il poeta è un de-territorializzato, de-istituisce più che istituire qualcosa, s-fonda più che fondare quella cosa che chiamiamo la Lingua poetica; gli Autori accomunati nell’Antologia sembrano voler quantomeno invertire questa tendenza, vogliono recuperare l’esercizio del pensiero, sentono di abitare un senso della storia dove la parola poetica è dolore della mancanza della parola; a tal proposito la Leone ricorda Quasimodo il quale ricordava che la nascita di un poeta è sempre un atto di disordine.
Al termine della presentazione critica è seguito il reading degli Autori presenti in sala: Gino Rago, Daniele Santoro, Silvana Palazzo, Marisa Papa Ruggiero, Michele Arcangelo Firinu, Marco Onofrio, Raffaello Utzeri, Giulia Perroni.
A.F.
Gino Rago ha aggiunto giustamente il nome di Vittorio Bodini, dimenticato in buona fede da Letizia Leone, anticipandomi. Presente contestato con affetto, Antonio Sagredo, non presente nell’antologia (per sua volontà).
Per quanto mi riguarda non faccio eccessiva distinzione fra poesia del nord, centro e sud… sono questioni di cortile, ma devo sottolineare che quella cosìdetta del nord è mortale, e quella del Raboni – massimo rappresentante postumo per taluni già defunti della consorteria sua – è poesia per becchini! Quella del centro ha la prosopopea centrista, egemone soltanto in un centro che non esiste. Quella del sud ancora si muove tra muretti assolati e lucertole, ma devo ammettere che è fornita da una base filosofica non spicciola come le altre due! Incapaci questi ultimi di distruggere sole, sabbia, mare, profumi vari ecc. una volta per tutto!
Sempre divertente Sagredo , si candida a succedere a Ceronetti
questo libro mi sembra un esperimento abbastanza ben riuscito, Sagrè per arrivare a questo, o’ sole o’ mare i profumi eccetera, ci sono già arrivati
sud sud nui simmo ro sudnui simm curt e
nirnui simm buon pe’ canta’e faticamm a fatica’sud
sud venimmo ro sude cammnamm a per’ratec ‘o tempo d’
rriva’pecche’ venimm ro sud’o sole ‘o mar
‘o ciel blu’o mandulino e ‘o putipu’e pummarole
po’ ragua pizza ‘a muzzarella’o core ‘e
mamma e’a tarantella’e macc
run pe’magnanu fil ‘e voce pe’ canta’e
‘o vero e nun e ‘o veroma facitece ‘o piacerenui
simm ro sudsud sud venimmo ro sude cammnamm a per’ratec ‘o tempo d’ar
iva’pecche’ venimm ro sud’o sole ‘o mar
‘o ciel blu’o mandulino e ‘o putipu’e pummarole
po’ ragua pizza ‘a muzzarella’o core ‘e mamma
e’a tarantella’e maccar
n pe’magnanu fil ‘e voce pe’ canta’e
‘o vero e nun e ‘o veroma facitece ‘o piacerenui venimm ro sud
Gentile Attolico, succedesse davvero… Ceronetti… tra i miei pre-diletti!!! conosciuto anc’hesso personalmente… aiutato ai suoi inizi da Ripellino… ci invitò in un paese dei castelli romani dove viveva con la sua signora…. aveva tutti suoi in una biblioteca formata da cestini di legno da frutta! Ci presentò un suo spettacolo di burattrini divertente e dissacrante: bella giornata da non dimenticare! L’incontro o il 1971 dopo il nostro (compagnia degli Skomorochi) primo spettacolo all’Abaco d’avanguardia di Mario Ricci (A. Blok e V. Nezval), o nel 1974 dopo il secondo spettacolo (la sconosciuta di A. Blok)> vedi internet
Quanto mi sarebbe piaciuto essere con voi a un evento di cui dobbiamo ringraziare Giorgio per la tenacia, l’acume, l’intelligenza e soprattutto un amore generosissimo per la poesia.