POESIE SCELTE di Andrej Andreevič Voznesenskij (1933-2010) da “La vita delle crocette” – “Vienimi in sogno, piccola ciglia” (scene) LA POESIA DEL DISGELO a cura di Donata De Bartolomeo (Parte II) 

Kruscev e Kennedy, il disgelo

Kruscev e Kennedy, il disgelo

Andrej Voznesenskij, Андрей Андреевич Вознесенский (Mosca, 12 maggio 1933  – Mosca,1 giugno 2010), è stato un poeta russo. Laureato in architettura, scopre, alla fine degli Anni Cinquanta, la sua passione per la poesia. Fin dal 1958 si fece interprete, attraverso i suoi versi, del disagio e delle passioni delle giovani generazioni, sia nella ricerca di ideali da vivere, sia nella forma linguistica più appropriata e più moderna nell’esporli. Esordisce nel 1958 con una raccolta di versi, cui seguì, nel 1959, il poemetto Mastera (“Maestri”), ispirato alla leggenda dell’accecamento dei costruttori della chiesa di San Basilio, con il quale si afferma poeta di vigorosa ispirazione e alto magistero formale. Tra le altre raccolte: Parabola (1960); Mozaika (“Mosaico”, 1960); Antimiry (“Antimondi”, 1964); Vzgljad (“Sguardo”, 1972); Proraby ducha (“Capomastri dello spirito”, 1984).

Dal 1958 cominciò, insieme ad Evgenij Evtušenko, a pubblicare poesie che ebbero riconoscimenti anche da Boris Pasternak e Anna Achmatova. Nel 1978  è stato insignito del Premio Lenin. È stato più volte in Italia, in particolare nel fiorentino cui ha anche dedicato una poesia. Memorabile la sua querelle con il leader sovietico Kruscev, ai tempi della Guerra Fredda, quando il politico dovette cedere alle richieste del poeta e al suo desiderio di poter lasciare il paese e viaggiare per il mondo. Le sue mete furono l’Europa, l’Italia la sua preferita, e gli Stati Uniti che, all’epoca più di oggi, erano l’emblema della libertà. Qui entrò in contatto con i personaggi che negli anni Sessanta tracciarono con le loro variegate espressioni, l’immagine artistica dell’America: Allen Ginsberg, Arthur Miller e Marylin Monroe.

Dopo la laurea in architettura Voznesenskij ha iniziato a pubblicare i primi versi nel 1958, alle soglie di quegli anni Sessanta che, se da un lato furono caratterizzati dalla perdita per la letteratura russo-sovietica di eminenti personalità artistiche (basti citare per tutti l’Achmatova e Pasternak), videro dall’altro affermarsi nuove personalità alle quali saranno affidate le future sorti della letteratura, della poesia e della critica.

Andrej Andreevič Voznesenskij

Andrej Andreevič Voznesenskij

Voznesenskij aveva inviato già nel 1954 le sue poesie giovanili a Pasternak ma attese il 1960 per pubblicare i suoi primi volumi: Parabola e Mozaika. La sua fama andò prestissimo crescendo al punto da spingere Evtuscenko a dichiararlo il più grande poeta della giovane generazione, accanto a lui e ad Evghenij Vinokurov che, per la verità, erano poeti più maturi avendo debuttato nell’agone poetico nel decennio precedente.

Non dimentichiamo che in questi stessi anni (1962) pubblicava il suo primo libro di versi una nuova poetessa, Bella Achmadùlina, e lavorava, sia pure in clandestinità, Iosif Brodskij le cui prime poesie furono pubblicate nel 1965 negli Stati Uniti ma di cui circolavano in patria numerose copie manoscritte.

 Diversissimo il destino di questi poeti, condannato Brodskij per parassitismo sociale e lodato Voznesenskij per aver salvato la sua personalità lirica rivestendola di toni sociali che nascondevano il dramma della personalità umana nella nuova società in via di tecnologizzazione.

Nella raccolta di saggi critici Il talento è un miracolo non occasionale (Mosca, 1980), Evtuscenko dice dell’esordio letterario di Voznesenskij: «si cominciano a scrivere versi così come si comincia a nuotare. Chi sguazza da solo nell’acqua bassa, chi si esercita assiduamente in una piscina ricca di cloro sotto la guida di un maestro esperto. ma in ogni caso i primi movimenti nell’acqua sono convulsi, goffi. Voznesenskij ha cominciato subito a nuotare a farfalla – per lo meno il suo sguazzare o i suoi esercizi nel gruppo dei principianti sono rimasti un mistero per i lettori. I forti, sicuri movimenti del principiante hanno irritato quelli che nuotano tutta la vita “a cagnolino” o si dondolano comodamente sulla schiena. Voznesenskij non ha intrapreso il cammino degli sforzi minuziosi da una categoria all’altra – egli ha raggiunto subito il livello del maestro».

Kennedy e Kruscev

Kennedy e Kruscev

Ma c’è una maestria impersonale quando il poeta assimila almeno le regole della buona creanza – non di più. Voznesenskij «ha confuso le carte». Egli ha unito il russo pereplies[1], le sincopi del moderno jazz e i rombi beethoveniani. Il tragico singulto della Cvetaeva viene frantumato all’improvviso dall’ardita ciciotka[2] del primo Kirsanov. Il fragile tema lirico dai paesaggi quasi alla Zoscenko. Questa asprezza di palpiti ha spaventato gli amanti dei toni piani, affettati. Gli assertori delle regole severe si sono allarmati, scorgendo già nelle prime pubblicazioni di Voznesenskij, e soprattutto in La pera triangolare, un attentato alla poesia russa tradizionale. Fu da loro adoperata sprezzantemente la parolina “moda” per spiegare in qualche modo l’interesse dei lettori per i versi di Voznesenskij: ma i rimandi alla “moda” appaiono spesso rivelare una debolezza di argomentazioni. nonostante le predizioni sarcastiche, il nome di Voznesenskij si è solidamente affermato in letteratura ed i suoi detrattori fanno sorridere come il barone von Grivaldus seduto sempre nella medesima posizione sulla stessa pietra.

 Il libro di Voznesenskij L’ombra del suono, che rappresenta in un certo qual modo il bilancio del già lungo lavoro del poeta, appare come la testimonianza del fatto che la sua attività è divenuta nella poesia russa simile a quella parola che non si cancella da una canzone. Assumendo a suo modo l’esperienza della poesia russa, egli stesso ne è divenuto parte.

Mi sembra che senza una analitica comprensione dell’opera di Voznesenskij non sia possibile spiegare i nuovi poeti. Nella psicologia dei lettori si sono, in un modo o nell’altro, rifratti i suoi ritmi nervosi, le sue metafore intense che sono divenute parte del mondo interiore di molti».

Quella di Voznesenskij si palesa quindi come una poesia che se da un lato si riallaccia alla migliore tradizione russa degli anni post-rivoluzionari (Majakovskij, Pasternak, Zabolockij), appare completamente nuova. D’altra parte tutta la generazione dei poeti dell’era chrusceviana e brezneviana aveva operato un drastico ribaltamento della concezione del mondo e del concetto stesso di poesia, giungendo sino alla frantumazione del tabù della sussumibilità della sfera del privato nella prassi artistica ed a questa tematica sempre più laica il pubblico offriva una straordinaria attenzione e compartecipazione.

Andrej Andreevič Voznesenskij by_Mikhail_Lemkhin

Andrej Andreevič Voznesenskij by_Mikhail_Lemkhin

 Alla lettura Voznesenskij appare poeta «gradevole», versificatore di gran talento; Egli si impunta nell’impedire al suo estro pirotecnico di giostrare oziosamente all’interno delle metafore e delle similitudini, per agganciarle al reale desublimato e per prodursi in rocambolesche variazioni metriche e semantiche che sviano continuamente il lettore, lo sorprendono, lo inchiodano ad ogni verso in una girandola di equivoci e di inceppamenti semantici. L’impressione di dissolvenza, di «deregulation» della costruzione ordinata e gerarchica si fa sempre più evidente e serrata man mano che ci si addentra nel suo lavoro, nei serpeggianti drenaggi metrici e materici, tra gli inciampi delle metafore che fanno scoccare scintille, nel balletto e nella balbuzie dei «dialoghi» così naturali da far pensare estratti dal registratore, costruiti su geometrie scalene o scanzonti, per lo più triangolari, in ripidissima successione paratattica. Il convenzionale della vita quotidiana, quello per intenderci della distinzione tra vero e falso, viene vivisezionato e rimontato con tutti i relativi paradossi e giochi perversi, in una intelaiatura fantastico-surreale lontanissima dalla cantabilità della poesia della sua generazione. La ipernovità di questo nuovo stile doveva apparire ai lettori contemporanei, ad un tempo, estremista ed estranea ai canoni del realismo socialista. Ed invece Voznesenskij creava dall’interno della tradizione la nuova poesia mutuando dalla sineddoche e dalla metafora gli elementi per una poesia anti convenzionale e modernista nutrita di intertestualità dissacratorie e deliranti, in direzione di una orchestrazione sinfonica che si ispirava al «ballabile», ai ritmi jazz, con continui cambi ritmici e timbrici, con la sovrapposizione di note sgargianti e di registri colloquiali convenzionali.

 Voznesenskij porta di colpo la linea melodica della lirica russa al suo naturale capolinea per scoprire le innumerevoli possibilità offerte da una poesia coerentemente «modernista». Con questa operazione Voznesenskij recupera la carica ancora attuale dell’eredità del cubofuturismo russo e l’eredità delle «poesie per bambini» di Osip Mandel’štam , secondo il quale compito del poeta è animare dall’interno le immagini, le similitudini, le metafore ricercando uno sguardo «ingenuo» (per eccellenza lo sguardo infantile) che potesse permettere inconsueti e non-convenzionali associazioni di correaltà e consentisse l’appropriazione artistica del «nuovo» reale. Se in Chlébnikov è uno sguardo infantile che osserva la lingua e in Mandel’štam  lo sguardo infantile costruisce gli oggetti, in Voznesenskij il medesimo sguardo opera un bizzarro montaggio delle immagini e delle locuzioni dialogiche. Il risultato è sorprendente. Un realismo infantile, pirotecnico, surreale basato sulla tecnica del montaggio e del corto metraggio: successione di rapidi fotogrammi dove il caso e l’estro convergono nella liquidazione di ciò che rimaneva della retorica dl realismo apologetico sostenuto dalla critica ortodossa e di ciò che restava della retorica del poetismo spalleggiata dalle autorità culturali.

Kruscev e Kennedy incontro a Vienna, 1961

Kruscev e Kennedy incontro a Vienna, 1961

 Potremmo quindi dire di essere di fronte ad un «esistenzialismo pirotecnico», nel senso di una poesia fortemente tramata sull’esistenza, sul mal di vivere di un’epoca e di un’intera generazione. Ma al contempo è questa una poesia che guarda al futuro, che annuncia il futuro, che si pone di fronte al pubblico senza pavoneggiarsi in elegiache tristezze ma con scorci, ellissi verbali, scarti ironici ed allusivi alla situazione del presente.

È un privato scomodo quello che Voznesenskij offre ai suoi lettori: l’amore desublimato, la modernità (sotto le spoglie di una segreteria telefonica), la quotidianità con la «volgarità del ciao» e le radiazioni nei pacchetti del tè; tutto viene fatto oggetto di ironia tagliente che si serve della resa poetica di un vocabolario basso, di versi brevi, di invenzioni linguistiche e metaforiche che rendono dura la vita al traduttore. Su tutto pesa il fardello della Storia che, lontanissima dalla poetica dell’Achmadùlina e vissuta ottimisticamente da Evtuscenko, getta una luce sinistra anche sul rimo amore: «Perdona il fatto che in questi giorni / eravamo innamorati».

L’ironia si fa sberleffo della Storia delle crocette, dove l’espediente figurativo consente a Voznesenskij di demolire persino il mito sacro del famoso sabato comunista in cui Lenin «portò la trave». Non c’è invece ironia dell’assoluta rivendicazione della singolarità del ruolo del poeta:

Tutti scrivono, io smetto.
Di Stalin, di Visotskij, del Bajkal,
di Grebenscikov e Chagall
scrivevo, quando non era permesso.
Non voglio finire nel calderone.

Dice ancora Evtuscenko nell’articolo citato: «per Voznesenskij il poeta è il salvatore non  il salvato. E di nuovo imperiosamente affiora l’immagine del “superamento della palude”, che ricorda l’eterna funzione della poesia: la lotta con a palude, comunque la si chiami».

(Donata De Bartolomeo)

[1]  ballo russo in cui i danzatori si esibiscono in assoli
[2]  danza ritmica

Andrej Andreevič Voznesenskij

Andrej Andreevič Voznesenskij

Vienimi in sogno, piccola ciglia (scene)*

+++
La crocetta volava nel cielo. Le si fece incontro una piccola ciglia.
-Dai, viviamo in cielo.
-Solo non dimenare la gamba. E non strizzare l’occhio a tutti quelli che incontriamo.
+++
Guardate! Vola nel cielo una crocetta di lillà a cinque petali
+++
Come volavano! La piccola ciglia spesso rabbrividiva, era umida.
Ma erano lacrime di felicità.
Due volte nel sogno sentirono la melodia de “Il Padrino”.
+++
La piccola ciglia raccontò all’altra tutta la sua vita. Come dopo
la scuola diventò postino. Come si staccò, come
cadde, come dopo averla intrecciata fitta-fitta,
la gettarono alle spalle di qualcuno.
“Alla lettera! Alla lettera!” e al suo grido presero il volo in
croce azzurre buste incollate.
La crocetta si macerava dalla gelosia e sempre più profondamente
si univa a lei.
+++
Una volta la crocetta si svegliò – la piccola ciglia non c’era. Forse,
era in bagno?
Versa lacrime copiose? Aspettò – nulla da nessuna parte.
Faceva male a sinistra la piccola ferita della rottura
+++
-Gru, non avete visto la mia piccola ciglia? Gatto sul tetto, non hai visto la piccola
ciglia? Scopa, tu non hai visto la mia piccola ciglia?
Si sentiva appena in lontananza “Il Padrino”.
Se ne andò la crocetta in giro per il paese.
+++
Se ne andò per paesi che brulicavano di crocette, come
calzini fatti a maglia o formicai, andò lungo paeselli
rattoppati, lungo campi ricamati con crocette color
del fiordaliso, lungo masse di marciapiedi vestite elegantemente
come sciarpe “Adidas”.
Andava e soltanto allargava le braccia.
“Nonavetevistolamiapiccolaciglia?
Ma nessuno sapeva nulla della piccola ciglia.
+++
La crocetta arrivò la Ernst Neizvestny (*). Lo scultore
le squarciò il petto in due, le appiccicò
un cerchietto e le attorcigliò le gambe
con una pinza. E la appese ad una parete
del Vaticano.
-Sua Santità, chiedo scusa ma Voi non avete visto la mia
Piccola ciglia?
(*)Scultore russo, nato nel 1925, vive e lavora a New York. In russo il suo cognome significa “sconosciuto”
+++
La crocetta volò sulla finestra di un salotto. Si mise a cantare e prese
La nota più alta. Cantava la piccola ciglia.
Le persone si precipitavano, battevano le mani.
Clap! Clap! “Portatrice di malaria”
“Gli applausi sono pericolosi” Decise la crocetta. Se ne volò oltre.
+++
La crocetta, come un sonnambulo, salì su un tetto. Là c’erano
tante crocette. Cammina, si bilancia sulle
gambe. Gli si fa incontro un gatto azzurro
innamorato.
-Crocetta, io con te non mi ci raccapezzo più. M’ama – non m’ama,
sputerai – bacerai.
Le staccò le braccia e le gambe. Della crocetta rimase
Soltanto un puntino.
-Non fa niente, ti riformerai di nuovo. Però, hai aiutato un amico.

Andrej Andreevič Voznesenskij

Andrej Andreevič Voznesenskij

+++
La crocetta arrivò da Rostopovich.
-Maestro, ditemi per favore, perché io da una vita mi do da fare con
l’archetto lungo la pancia e non ne viene
fuori della musica?
-Ma avete provato ad ungervi con la conifolia?
-Scusatemi, a proposito, mavoinonavetevistolamiapiccolaciglia?
+++
Su una quercia stavano sedute due nere “Volga”. Battevano
le portiere, gracchiavano.
-Crocetta, vieni da noi, potresti lavorare
come asta di congiunzione sul volante.
-E sì, così voi mi romperete la quarta gamba.
A voi per il volante serve una traversa
di tre raggi. Scusate, manonavetevistolamiapiccolaciglia?
-Cra! Cra! Dai gas lungo l’autostrada fino all’incrocio,
lì a destra nel senso a sinistra, dietro
la stazione dei vigili.
E si misero a strombazzarle dietro col clacson al ritmo
della musica de “Il Padrino”.
+++
Quando aveva nostalgia, si metteva all’incrocio
e suonava il flauto. Dalla collina le rispondeva
debolmente l’eco de “Il Padrino”.
+++
Joyce definiva la donna un flauto con tre buchi.
La crocetta non la pensava così.
Si inebriava di musica.
+++
Acchiapparono la crocetta. Le legarono le gambe sopra la testa.
Le ammanettarono i polsi e le caviglie. La gettarono
sull’asfalto. Cercò di liberarsi, agitava i gomiti e le
ginocchia in modo circolare, ad anello – e così
all’infinito.
Il segno dell’infinito – una crocetta legata.
+++
Nella casa di cura obbligatoria per gli alcolisti
alla crocetta spezzarono le gambe e le braccia.
La ripiegarono.
-Dimostreremo che è un fascista!
Ma quale fascista! E’ stata semplicemente massacrata.
+++
Dopo questo la crocetta cominciò a singhiozzare. Singhiozzava
lungo tutta la strada.
-Sono una crocet-ta – si presentava – ecco una crocet-ta…
+++
Sul basamento dell’autostrada nei dintorni di Mosca
Si ergevano due cavalli di Frisia anticarro.
-Sessodigruppo di crocette- disse uno straniero.
La crocetta si rattristò.

Andrej Andreevič Voznesenskij in recita

Andrej Andreevič Voznesenskij in recita

+++
Vagò a lungo. E soltanto allargava le braccia.
+++
Al centro dell’Universo se ne stava Il Padrino
su un rosso coltello svizzero pieghevole.
Al di sotto si nascondevano quattro lame d’acciaio
speciale, forbici, ali, una sega, un cavatappi, una lente
d’ingrandimento e una pinzetta per le ciglia.
In casi d’emergenza Il Padrino tirava fuori da sotto il pavimento purpureo
una testina per il magnetofono
(con una sezione cruciforme) come radice
di una riproduzione.
Risuonava la musica de “Il Padrino”.
+++
Se sfregavano la testina del magnetofono dolce-dolce, allora
comparivano meravigliose crocette d’acciaio.
Vanno bene come cibo. Non contengono pesticidi.
Si conservano nell’organismo umano 170 anni
Senza arrugginirsi. E trasmettono segnali.
+++
IP se ne stava assiso e guardava attentamente con la lente la piccola ciglia
che gli danzava davanti su una sfera di cristallo, no,
su una lacrima rotonda.
+++
Manonavetevis….Ridatemi per favore la mia piccola ciglia!
_Ma che vuole ancora questo? Deficiente!
Manco fosse un principe! Da tempo abbiamo completato
la decrocettizazione del paese!
Mandatelo al taglio del bosco!
+++
I privilegiati la afferrarono. L’ultima cosa che vide : la piccola ciglia
scivolò e cadde dalla lacrima. La prese
la pinzetta per le ciglia.
+++
Insieme a lei milioni di crocette segavano alberi.
Il freddo si intensificò. Loro
si trasformarono in cristalli. Passarono
venti anni. 20 tacche la crocetta lasciò
sulla colonna.
Per due volte vide come nel cielo azzurro volava il coltello
rosso distendendo le lame.
Risuonava la melodia de “Il Padrino”.
+++
Fu liberata. Se ne andò per il paese. E soltanto
allargava le braccia.
+++
IP se ne stava disteso sul coltello rosso. Davanti a lui
danzava la piccola ciglia circondata
da un girotondo di diciotto fanciulle.
Ah, p…..a!
IP diresse la lente d’ingrandimento sulla nuova venuta.
La crocetta avvertì che le sue mani
cominciavano a crescere in maniera
gigantesca come raggi di un riflettore
o travi di una gru. Aveva le mani di un gigante.
Paffete! La crocetta colpì il coltello rosso. La lente – in mille pezzi.
Il nostro eroe è diventato piccolo-piccolo.
-Canaglia! Bastarda! Io stesso la schiaccerò!
Ha attentato al sistema rosso.
+++
Duello! Duello! Balenarono i coltelli, le forbici.
Ruggito da “Il Padrino” a cento decibel.
Tutti i colpi della nostra crocetta si infransero
sulla rossa corazza. Al nostro eroe furono
mozzate due estremità.
IP ha un pezzo forte. Mette la vittima vicino ad una parete
di legno, prende la rincorsa, mettendo in mostra
la lama principale, fa’ un cappio mortale attorno
al capo – e colpisce da parte a parte, piantando
lo sfortunato assieme alla lama a quella parte
della parete.
Fine per la crocetta! Tutt’uno alla parete. Il pezzo forte!!!
Ma cos’è questo fulmine azzurro che
Ha brillato in mezzo al lancio?
Tu il Gatto azzurro?! Tu hai coperto col tuo corpo il compagno.
Ti hanno tagliato una zampa! Ma il colpo del coltello
ha deviato per appena due millimetri. La crocetta
è salva. Il coltello è penetrato fino al manico nella
parete. Si è incagliato.
Ma perché, piccola ciglia, mi strizzi l’occhio?
Ho capito! Raccogliendo le ultime forze, la crocetta
torturata balza su IP per liberarsi e afferra la vite
di congiunzione. Lo svita!
IP si disintegra nei suoi elementi.
+++
-Urrah! Noi siamo sempre stati per la democrazia e il pluralismo!
Il tiranno è morto. Evviva il Nuovo Padrino!
-No, amici, io sono soltanto una crocetta piccoletta.
Vieni Gatto azzurro – appoggiati a me.
“Non siamo ancora pari – disse il Gatto azzurro – Io ti devo
ancora tre zampe”.
-Io sono soltanto capace di suonare il flauto. Mi allontano
un minuto, mi calmerò. Non sono un acchiappatopi,
sono una crocetta. Suonerò per voi e me ne andrò.
-Mia amata, io ero prigioniera, per tutta la vita ho amato solo te.
Non ho mai volato con nessuno nel cielo, saldandomi
in un fiorellino di lillà a cinque petali.
-Anche io ti amo. Volevo soltanto che tu fossi felice. Non avevo mai
volato con nessuno come con te, saldandomi
in un fiorellino di lillà a cinque petali.
Cominciò a suonare il flauto. Non avevo mai sentito
un simile flauto. Quando il suono tacque,
tutti gettarono uno sguardo indietro, asciugandosi
le lacrime e si misero a cercare la crocetta.
La crocetta non c’era da nessuna parte.
+++
Dicono che l’hanno vista a Izevsk. A volte trasmettono
per radio il suo flauto.
+++
Quando la crocetta morì, la sotterrarono.
-Ma l’abbiamo sotterrata con le gambe all’insù?
Scavarono la fossa, la girarono con le gambe all’insù.
Di nuovo la sotterrarono.
-Ma l’abbiamo sotterrata con le gambe all’insù?
Scavarono la fossa, la girarono con le gambe all’insù.
Di nuovo la sotterrarono.
-Ma l’abbiamo sotterrata con le gambe all’nsù?
Scavarono la fossa, la girarono con le gambe all’insù.
Di nuovo la sotterrarono.
-Ma l’abbiamo sotterrata con le gambe all’insù?
Scavarono la fossa, la girarono con le gambe all’insù.
Ma lasciatela campare!
SUPPLEMENTO
Testo delle parole de “Il Padrino”
La tua ciglia mi cadde sulla spalla.
Noi ancora sonnecchiavamo, abbracciati con ardore.
Io mi misi a fare il segno della croce
per metterla sotto il coltello secondo la superstizione.

Questo è il segno delle lettere e delle speranze.
Ma –
Allora tu ed io non avevamo abiti indosso.

Vienimi in sogno, piccola ciglia volata via, torna
Il tramonto color ci portò via sui cavalli morelli
corre a briglia sciolta la serie nera dei giorni
io ti ho perdonata, piccola ciglia!

I Russi sono molto superstiziosi e, quando cade loro una ciglia, possono fare diversi “riti” scaramantici:
1) possono attorcigliarla e riporla in seno;
2) possono metterla sotto un coltello:
3) possono metterla nel palmo della mano, esprimere un desidero e soffiare. Se la ciglia vola via il desiderio si esaudirà…
Voz in questo brano fa riferimento (all’inizio e alla fine) alle prime due ipotesi.
Grazie a tutti x l’attenzione con cui seguite sempre il mio lavoro ed Antonio x i suoi stimolanti interventi: personalmente mi sono molto divertita nel tradurre queste due parti dell’epopea della nostra crocetta (c’è ancora una terza ed ultima parte), spero che voi vi siate divertiti a leggerla!
Un saluto a tutti
Donata De Bartolomeo

Donata De Bartolomeo vive a Roma, si occupa di poesia russa ed ha tradotto poesie di Bella Achmadulina, Arsenij Tarkovskij, Andrej Voznesenskij, Esenin, Anna Achmatova, Osip Mandel’štam e Puskin.

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11 risposte a “POESIE SCELTE di Andrej Andreevič Voznesenskij (1933-2010) da “La vita delle crocette” – “Vienimi in sogno, piccola ciglia” (scene) LA POESIA DEL DISGELO a cura di Donata De Bartolomeo (Parte II) 

  1. gino rago

    Per l’indiscutibile qualità stilistico-formale delle traduzioni, la poesia russa proposta da Donata De Bartolomeo ha accumulato un alto debito di riconoscenza sia verso la Traduttrice, sia verso il responsabile de “L’ombra…”, al quale mi lega anche l’amore per l’Autore dei versi: ” D’un tratto si fece buio
    come per il temporale/ Io ero in una stanza che conteneva tutti gli istanti…”
    Così ricordo Tomas Transtomer, ora che la “scia di luce” della sua cometa
    si è spenta e tutta la terra è un pò più al buio.

    • antonella zagaroli

      Bene Rago finalmente si parla della morte di Transtommer. A proposito di visione oltre ecco un suo verso che ben si adatta a noi tutti:
      “Vento di ghiaccio contro gli occhi e i soli danzano”…La poesia è Punto di passaggio.

    • antonella zagaroli

      Bene Rago finalmente si parla della morte di Transtromer. A proposito di visione oltre ecco un suo verso che ben si adatta a noi tutti:
      “Vento di ghiaccio contro gli occhi e i soli danzano”…La poesia da cui è tratta è Punto di passaggio.
      Questo gelo sugli occhi mi ricorda in qualche modo ciò che dice Giorgio sulla crocetta di Voznesenskij. La crocetta è un punto come dice lo stesso autore. E’ un punto attento che con infinita maestria ironica ci disegna tutti, tutti noi col “ghiaccio contro gli occhi”. La crocetta sono i soli danzanti di Transtromer.

  2. Straordinaria metafora questa storia della «crocetta». Chi è la «crocetta»? Quale significato ha la sua storia rocambolesca? La «crocetta» che va in cerca della sua «ciglia» e che va incontro alle vicissitudini più varie con la musica de il «Padrino» in sottofondo è una storia narrata a ritmo di jazz, priva di senso e bislacca. Voznesenskij ci da qui una poesia di incredibile vivacità, di incredibile inventività iconica e linguistica. La «crocetta» è il poeta, siamo noi, è l’irriconoscibile che viene guardata dallo sguardo del Potere che in lei vede soltanto una «crocetta», una innocua «crocetta». È la metafora del socialismo reale che non sa più vedere le cose come sono e vede crocette la dove ci sono esseri umani. Le avventure bislacche della «crocetta» ci raccontano con veridicità la condizione umana sotto il socialismo reale più e meglio di quanto farebbero centinaia di versi elegiaci. Voznesenskij è il distruttore delle vecchie forme poetiche, un rivoluzionario, un istrione, un Palazzeschi russo che vuole azzerare la poesia russa del secolo di oro e che vuole ricominciare da capo… a partire da una «crocetta».

  3. Vorrei invitare tutti i giovani lettori autori a leggere con attenzione “La vita delle crocette”, per rubare i segreti a Voznesenskij, per appropriarsi della sua lezione stilistica e capire come utilizzare il proprio estro inventivo per creare una poesia “Nuova”. In fin dei conti non siamo noi forse in Occidente dinanzi ad una nuova fase di “Disgelo”?, Avanti, coraggio, andiamo un po’ a lezione dal grande Voznesenskij!!

  4. gino rago

    Grazie, Antonella, per avermi apprezzato sicché quei mille usignoli che ci volano nel petto alzeranno per tutti un canto di lotta…

  5. Giuseppina Di Leo

    Mi rifaccio al commento che scrissi, in un altro post, a proposito dell’invenzione ‘fantastica’ delle crocette sul poeta russo, sempre a cura di Donata De Bartolomeo.
    Anche in riferimento alla metafora del potere di cui ci parla Giorgio Linguaglossa:

    …La stupefacente creatività di Voznesenskij, la “trasgressione fantastica”, non deve però trarre in inganno, ci avverte Giorgio, perché “qui in ballo ci sono cose molto serie”. Cose come il rifiuto del potere che Voznesenskij realizza con le sue “crocette”: la rivendicazione della ragione (e dunque dell’immaginazione) sul “sonno della ragione” (che genera mostri).
    E, a proposito di mostri, un parallelo che mi viene in mente è la rappresentazione, anch’essa “trasgressiva”, che Kundera ci presenta della comédie del potere (di Stalin) in “La festa dell’insignificanza”.
    Solo mettendo a nudo l’ insignificanza del potere è possibile rendere la misura di quanto insignificante sia non solo chi quel potere detiene ma persino chi da esso ne resta soggiogato.
    GDL

  6. rara come una sorpresa questa poesia, me la sono letta ascoltando l’ultimo cd di Laura Marling e ho concluso degnamente il dopo cena, ora caffé, marlborina e tifo per la Nazionale, scusate la pochezza, ma qui nella Bassa i programmi sono esangui.

  7. antonio sagredo

    Vede Di Leo Giuseppina, io ammiro il suo entusiasmo per i due autori che menziona: il russo e il ceco, che entrambi ho conosciuto di persona dopo aver letto le loro opere ( una gran parte di esse); Certo resto sconcertato quando scrive di (“stupefacente creatività”) di V. e di (“rappresentazione, anch’essa “trasgressiva”/”) che K. “ci presenta”. — Ebbene – e ora entra in ballo lo specialista: quanto al “rifiuto del potere” da parte di V, ci andrei cauto, poi che come si dice, in tempi non sospetti il V. non rifiutò il potere, perché questo potere gli permise di fare e parlare fino ad un certo “limite” cosi con la Achmadulina e Evtušenko: questo terzetto che di certo ha dei meriti incontestabili agiva entro quei limiti di rappresentazione pubblica che il potere di allora garantiva loro… non garantiva alcun spazio né tempo ai poeti del “samizdat” loro contemporanei (alcuni già defunti), e questi poeti avversarono il terzetto! Brodskij che faceva parte di quelli del samizdat, il più dotato certamente, poco coraggioso se preferì (fu lui a stimolare la propria espulsione dalla Russia sovietica in tutti i modi) uscir fuori, diciamo pure in esilio, mentre gli altri del samizdat restarono in quella Russia a combattere il potere (quando il comunismo cadde questi restarono “orfani del potere” e non scrissero più nulla, poi che non sapevano chi combattere!). Dunque ben vengono le traduzioni della De Bartolomeo che ho sempre apprezzato e che danno a tutti i lettori e amatori della poesia di questo blog l’occasione di conoscere i poeti che agirono dopo la seconda guerra mondiale. Il potere e Voznesenskij… Putin e il poeta si incontrarono più volte, questi per ricevere onorificenze, e la giornalista Anna Politovskaja non ne ebbe affatto, perché davvero combatteva il potere! D’altra parte la Anna P. ebbe una grandissima maestra, Marina Cvetaeva: oggetto della sua tesi, questo a dimostrazione del fatto che tutto il carattere di granito della Cvetaeva si era trasfuso in lei! Si cominciò a uccidere il giornalista, e non il poeta!
    Sia l’Achmadulina e Evtušenko da quanto venni a sapere stimavano Anna P. e furono in privato oppositori al loro antico compagno, quanto meno del suo indubbio comportamento di fronte al novello potere. Potete leggere quanto scrisse la giornalista: è stata tradotta. Quanto ho detto su Voznesenskij non inficia affatto il lavoro pregevole della traduttrice, che di questo poeta ci offre forse il lavoro più pregevole. Ma era doveroso far conoscere anche il comportamento di una poeta, diciamo “incoerente” con tutti i poeti del passato, cominciando con Puškin! —
    — E ora passiamo a un altro campione della lotta contro il potere: il ceco Kundera!, che si vide sfilare di mano il premio Nobel a cui tantissimo aspirava fino a che non fu sputtanato come informatore della polizia! Lo sciatto e piatto suo modo di scrivere (quasi alla Moravia!), questo si che è una “insignificanza” come il quotidiano che viveva! Di fronte al brillantissimo stile picaresco di Hrabal, il suo stile è di una sconfortante significanza! Kundera, che prima d’essere “scoperto” vantava giudizi universali positivi vide crollarsi addosso il suo castello: tutto ciò che aveva scritto contro il potere era davvero una rappresentazione “trasgressiva”, ma in confronto a quella sempre coerente di quelli che davvero combatterono il potere o morirono nella lotta, come il filosofo Jan Patočka nel 1977 (da me conosciuto proprio all’inizio di quell’anno “cruciale” della Charta ’77), oppure il poeta cattolico Jan Zahradnicek, e tantissimi altri. Ora basta, oramai sono cose d’altri tempi, ma questi tempi sono ciclici e si ripeteranno indubbiamente!
    Voglio per la terza volta qui esprimere il mio modesto consenso alla traduttrice, che credo per la terza volta ci presenta di Voznesenskij le parti migliori della sua opera, e che nonostante il suo ultimissimo comportamento verso il potere, resta pur sempre uno dei maggiori poeti significativi della sua epoca. Al poeta è sempre perdonato qualche peccatuccio, ma non bisogna abusare.
    Antonio Sagredo

  8. antonio sagredo

    Chiarimento: intendo “modesto consenso” non certamente riferito il “modesto” alla qualità della traduzione della traduttrice, tutt’altro!; ma alla mia persona di modesto studioso che fa quel che può – non altro e grazie

  9. Donata

    Per un disguido non è stata pubblicata la mia spiegazione sul significato che si attribuisce in Russia alla caduta di una ciglia. I Russi sono molto superstiziosi e, quando cade loro una ciglia, possono fare diversi “riti” scaramantici:
    1) possono attorcigliarla e riporla in seno;
    2) possono metterla sotto un coltello:
    3) possono metterla nel palmo della mano, esprimere un desidero e soffiare. Se la ciglia vola via il desiderio si esaudirà…
    Voz in questo brano fa riferimento (all’inizio e alla fine) alle prime due ipotesi.
    Grazie a tutti x l’attenzione con cui seguite sempre il mio lavoro ed Antonio x i suoi stimolanti interventi: personalmente mi sono molto divertita nel tradurre queste due parti dell’epopea della nostra crocetta (c’è ancora una terza ed ultima parte), spero che voi vi siate divertiti a leggerla!
    Un saluto a tutti
    Donata De Bartolomeo

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