Roma, Giovedì, 12 febbraio 2015 ore 18 Casa delle Letterature Piazza dell’Orologio, 3 – Incontro con gli Autori di Chelsea Editions: Franco Buffoni, Annamaria Ferramosca, Valerio Magrelli, Adam Vaccaro, Antonella Zagaroli, Contributi di Cecilia Bello Minciacchi, Donato Di Stasi, Sean Mark, Giuseppe Panella, Giorgio Patrizi – Coordina Adam Vaccaro
L’isola dell’utopia è quell’isola che non esiste se non nell’immaginazione dei poeti e degli utopisti. L’Utopìa (il titolo originale in latino è Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopia), è una narrazione di Tommaso Moro, pubblicato in latino aulico nel 1516, in cui è descritto il viaggio immaginario di Raffaele Itlodeo (Raphael Hythlodaeus) in una immaginaria isola abitata da una comunità ideale.”Utopia“, infatti, può essere intesa come la latinizzazione dal greco sia di Εὐτοπεία, frase composta dal prefisso greco ευ– che significa bene eτóπος (tópos), che significa luogo, seguito dal suffisso -εία (quindi ottimo luogo), sia di Οὐτοπεία, considerando la U iniziale come la contrazione del greco οὐ(non), e che cioè la parola utopia equivalga a non-luogo, a luogo inesistente o immaginario. Tuttavia, è molto probabile che quest’ambiguità fosse nelle intenzioni di Moro, e che quindi il significato più corretto del neologismo sia la congiunzione delle due accezioni, ovvero “l’ottimo luogo (non è) in alcun luogo“, che è divenuto anche il significato moderno della parola utopia. Effettivamente, l’opera narra di un’isola ideale (l’ottimo luogo), pur mettendone in risalto il fatto che esso non possa essere realizzato concretamente (nessun luogo).
Antonella Zagaroli è nata a Roma, laureata con lode nel 1978 in Letterature Straniere Moderne. nel 1993 ha conseguito il Diploma in Counselling professionale, dal 1992 al 1996 ha seguito il Master in Poetry Therapy (U.S.A.).
Dopo la plaquette La Maschera della Gioconda pubblicata nel 1986, nel 1988 ha pubblicato un testo comprendente tre diversi poemi di nuovo col titolo La Maschera della Gioconda (pref. Walter Pedullà) Crocetti editore, Milano. Nel 1992 le viene rappresentato il poema Il re dei Danzatori. Nel 1996 pubblica Terre d’Anima (pref. Achille Serrao) Libroitaliano editrice Internazionale, Ragusa. A novembre 2001, presso il Teatro Sala Uno di Roma, è messo in scena il suo testo Come filigrana scomposta – racconto d’amore, tango e poesia rappresentato nuovamente col titolo Storia di un amore argentino nel 2007 quando viene edito (Rupe Mutevole editrice, Bedonia-Parma). A marzo 2002 esce la prima raccolta di racconti e prose poetiche La volpe blu (pref. Mario Lunetta) Sovera ed. Roma. A gennaio 2005 Stefano Giovanardi presenta il lavoro poetico Serrata a ventaglio – Onyx edizioni Roma -.A febbraio 2007 è nuovamente presente nelle librerie col saggio e reportage poetico in India Quadernetto Dalìt – Rupe mutevole edizioni (Bedonia – Parma), poi tradotto e pubblicato in lingua inglese a dicembre 2007 (in distribuzione in India) nonché con la sceneggiatura teatrale Storia di un amore argentino. La stessa casa editrice ha pubblicato a fine 2009 il lungo poema epico (romanzo in versi) Venere Minima.
A dicembre 2010 ha pubblicato con La nostra Jera, testo di poesia con fotografie di Mariangela Rasi dedicato all’isola di Marettimo e realizzato per promuovere il rispetto dell’ambiente attraverso l’arte. Nel 2011 è uscita un’antologia tratta da alcune sue opere tradotta in inglese Mindskin A selection of poems 1985-2010 – Chelsea Editions New York, 2011; nel 2012 sempre in collaborazione con la fotografa Mariangela Rasi Trasparenze in vista di forma (Libraria Padovana Editrice). Da Settembre-Dicembre 2012 in mostra a Pienza ha proposto le Istallazioni poetiche. Alcune sue opere sono presenti nelle biblioteche di Londra, Budapest, Dublino e nelle università americane di Yale, Standford, Columbia, Stony Brook.
Come traduttrice ha finora pubblicato alcune poesie da Suicide Point dell’indiano Kureepuzha Sreekumar (rivista Hebenon aprile-novembre 2010) e la plaquette One Columbus leap, Il balzo di Colombo della poetessa irlandese Anamaria Crowe Serrano (2012), Hosanna- Osanna raccolta di epigrammi di Louis Bourgeois, poeta e scrittore statunitense (2014). Dal 1995 scrive articoli e testi specialistici sul senso psicologico individuale e sociale dell’arte tutta (fra questi Linguaggio poetico e Comprensione di sé ) Lavora in questo campo in Italia e all’estero con Laubea Onlus Associazione Italiana di Poesia nella Psicologia da lei fondata nel 1995.
Appunto di Antonella Zagaroli
La mia poesia ha sempre un interlocutore immaginario che vive in un non-luogo del passato o dell’apeiron (dell’eterno presente).
Lo è stato con l’invenzione di Laubea, presente nel primo poemetto pubblicato La maschera della Gioconda, nome dato alla mia poesia e nato dai nomi di Laura e Beatrice accostato alla Gioconda donna-non donna dal sorriso sulla e fuori la Terra.
Lo è stato con Gilania, il personaggio del romanzo in prosa e versi Venere Minima. Già nel suo nome c’è il gioco dell’inversione del nome androginia, come la scienza ha dimostrato: nelle primissime settimane i feti sono di un unico sesso, femminile appunto. Gilania inventata rispetta la storia dell’umanità è per me la Grande Dea, che non è la Madre Terra nata successivamente. La Grande Dea è la primigenia Dea, la dea della pace fra uomini e donne, forse l’età dell’oro? Molteplici graffiti del neolitico, ritrovati in tutto il mondo anche in Italia, in Sicilia per esempio, c’è una caverna in cui ce ne sono alcuni disegnati in nero che mostrano animali e uomini in varie atteggiamenti, in rosso una figura femminile è seduta a guardare il tutto. Per me Gilania è anche ricerca umana all’integrazione psichica, un flusso comunicativo interiore pacificato, come forse lo aveva immaginato Jung.
L’interlocutore immaginario è il cieco della poesia scritta nel 1995, è il superamento dell’io in molte delle ultime mie produzioni con un tu senza identificazione, è soprattutto la poesia stessa che interrogo continuamente.
Antonella Zagaroli, gennaio 2015
da Serrata a ventaglio (2004)
Nel viola nel giallo nel lilla
nel mio sogno bianco.
Silenzio e
non voglio dormire,
mi vesto di luce
per parlare con te che guidi le entrate.
Il cammino è ora lento
mentre sfoglio i resti dei miei abiti.
Come gli antichi vapori dei treni
non voglio fuggire oltre il mio stesso avvenire.
Sulla strada contorta che riempie la vita,
né succhiata né frantumata,
ho un cerchio che induce al ritorno.
E quando gli alberi muoveranno il vento
salirò nel bianco
Io,
diventata una soglia corrosa
Cercherò non più barriere ma l’angelo
mare dei miei tuffi notturni
Un cieco rientra senza bussare,
dentro il petto:
“Perdono, ti perdono luce che ho perso!
vorrei dal mondo in corsa un piccolo faro
per splendere verde”.
*
nella chiocciola di fuoco
l’epifania negata agli occhi
11 miliardi di anni fa
il primo cerchio
eoni fotoni neutrini
miracoli senza dei
(inedito, 24 luglio 2012)
*
Versi e passi all’unisono
il verso cammina col battito
le orecchie
avvolte dal piacere
unisono
l’idea
non so se voglio arrivare oltre
la meta del chilometro
del secondo
del terzo
o semplicemente seguire il piacere
che mi attraversa fino ai piedi
Inseguo……..
niente
……….
Niente è solo
………..
alla meta
(inedito, 18 agosto 2014)
Insieme, sempre insieme
fin dal mondo intorno
Girati!
Ma non così
E’ troppo veloce
la tua giravolta beffa l’intuito
non apparecchia ogni ricordo
indietro
sempre più indietro
fino alla tua apparizione
(inedito, 21 gennaio 2014)
da Al di là d’ogni luce (2012)
Il gioco della non dimensione
non lo impari a scuola
e non lo conosce l’amico più furbo
che ti svela il segreto più segreto
non puoi giocarlo anche se sai contare
e non te lo insegna nessuno
La non dimensione sa nascondersi
nella luce più accecante
arriva a te
quando non hai proprio voglia di giocare
è il gioco più gioco di tutti
non ha campioni e perdenti
sa far giocare tutti e gioca tutti
(luglio 2011)
da La maschera della Gioconda (1985-1986)
.
Là ver l’aurora, che sì dolce l’aura
donna m’apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva:
Laubea crepita
Nella corsa fiamma oro fama
cade
nel cielo nasconde calore
Laubea dal poeta rosa
nel grigio fra spilli
ha ingoiato miniere
di giallo ha scavato la notte
nel seme Laubea
lubrifica l’ombra
.
da Pi greco quinto (1987-1988)
Né il punto nello spazio
né l’istante nel tempo(…)
ha realtà fisica(…) soltanto
l’evento (…)
twilight a tacchi alti
in sottofondo una vie privée
improvvisa asimmetria nell’ovulo
t’= t – x
—
c
——————–
√ 1-²
insetto astrologico
finché gli indovini confezionano
al sogno appena sfogliato nel postumo
un pallido verde neonato seduto
sopra il fiore di loto.
.
da La Volpe Blu (2002)
Chiaro
1648. Sulla strada per Tlon un nano in abiti da nobiluomo conduce un corteo di giovani fanciulle.
Sono a piedi noncuranti del freddo, fiduciose seguono il signore che le ha scelte.
Non aveva dovuto parlare il piccolo uomo, le aveva soltanto guardate accennando un sorriso. Accondiscendenti si erano disposte dietro di lui.
Le fanciulle sono silenziose. Non hanno il minimo desiderio di parlare. Sono diverse nell’abbigliamento ma tutte bionde.
Fra quelle donne il nano è assorto; è come se avanzasse sulla cresta di una grande onda marina, sospeso e immobile, concentrato sulla direzione.
L’onda è grigia, alta, brilla nel suo interno, sul fondo staglia l’uomo.
Tlon non è lontana.
Sale dal monte, fra i boschi che attraversano, un suono impercettibile di sì sussurrati. È un’eco comune per tutte le bionde fanciulle in cammino verso un appuntamento che soltanto il nobile nano conosce.
Gli odori del fogliame, dell’umidità, dei piccoli insetti invisibili lungo la strada sembra che sia l’unico nutrimento necessario per proseguire.
Il passo è lento, ventricolare come i sì che ascoltano in segreto ognuna nel proprio cuore. La presenza corale è avvertita esclusivamente dalla guida che le ha riconosciute come elementi di una stessa unità.
Salgono un monte largo e serene guardano ogni angolo. In successione scoprono una visione più ampia.
Dissetarsi è l’unica pausa e qualche volta brindano nell’incavo della mano, sempre sorridendo al loro accompagnatore.
La notte viene soltanto sui loro vestiti quando il sole tramonta.
Le scintille dei capelli continuano ad illuminare l’onda misteriosa sulla strada conosciuta dal principe nano.
*
Ferma e vittoriosa la luce nel recinto biondo è isolata dagli alberi è il loro inno all’esistenza.
Le foglie vibrano di una sonorità sonnolenta, le rocce del monte ne custodiscono la sacralità. Sono nell’attesa anche le caverne e le gallerie, svuotate da ogni ricordo che non sia strato per l’accoglienza.
Lacerate dallo struggimento per la gioventù, le figure bionde si avviano verso un destino sconosciuto e ben accetto. Sorelle del colore hanno perso il nome, sono diventate curve e corpo di una complessa architettura.
Dopo molte radure e valichi s’immergono nella foresta antica. Raggiungono una costruzione bianca a forma di plenilunio.
Frastornate, entusiaste, sfilano attraverso il grande portone. All’interno subito le culla un labirinto di respiri, passi silenziosi, odori di oli, spezie, acque calde. Si leva una litania:
“Cielo
Cielo azzurro sorgi
dal cristallo incenerito”
Lo spazio circolare è reso ancora più maestoso da una piramide verde al centro, riflessa tutt’intorno da pareti di specchi.
Le fanciulle si muovono leggere al suono delle parole cantate con voce profonda, un po’ mesta.
Si ritrovano a camminare in cerchio e ognuna ripete fra sé e sé la litania.
Si guardano intorno e si guardano finalmente fra loro. Pur nella differenza d’espressione i volti hanno tutti gli stessi lineamenti, solo la foggia dei capelli biondi cambia.
Sulle pareti a specchio le loro differenze svaniscono quasi del tutto. Sembrano un’unica splendida fanciulla che lentamente muta nello sguardo.
Attendono tranquille senza sapere cosa.
Fra la piramide e le pareti s’irradiano arcobaleni della grandezza del soffitto a cupola. Ogni arco lascia intravedere nei colori i momenti di vita di ognuna. Poi le immagini toccano in primo piano il corpo e il viso sorridente dello strano nobiluomo che le ha accompagnate.
Ora sanno: sta accadendo ciò che aspettavano senza sapere.
S’incamminano lungo la direzione colorata.
Entrano nella parete che le riflette una dopo l’altra, senza interruzione.
Seguono il loro destino nello specchio. La cupola si colora d’azzurro, la litania si trasforma nel suono finale dell’eco.
Il corpo dell’uomo riflesso diventa sempre più grande, imponente ma flessuoso, morbido. Ogni imperfezione scompare.
Il volto s’illumina a ogni passaggio di fanciulla.
Diventa luce bianca.
.
da Serrata a ventaglio (2001-2004)
(Estratto Primo Alfabeto 2002)
Fluiscono spazi sconosciuti
onde che tessono il punto verso l’alto
sfogliano la tensione,
con la forma ancora nel fuoco
attratti dal fragore, numeri diversi
irradiano parti plurali, particelle impazzite.
Un’elementare spirale propaga l’orizzonte,
nonostante il buio e la negazione
dà origine alla voce
La follia dell’inizio s’immobilizza
violando ogni ipotesi
dal nero circostante, nei molteplici vortici
Languore ansia nausea
macchie appena nate, ormai senza scopo ribelli,
testimoniano l’inutilità delle previsioni.
*
Dal silenzio il movimento
è un sentiero solitario
oscilla sui crocevia della pelle
rotea inarcato dal piacere
accompagna la vertigine,
germoglia acqua col soffio,
una fiumana chiara senza nome
con l’odore che sale dal mare
segue il fondo del remo,
annuncia ciò che verrà,
esplode al ritmo del contatto
*
Limbo entro il calco la nascita del pensiero
spuma allo specchio
neoscurità rosata degli innamorati,
è una marea in più che non preoccupa la luna
E’piacere? E’dolore? Essere
mentepelle dentro un altro,
Chi? Dove?
La lieve coloritura dona intuito e sorriso
a piccoli passi fra scintille di sonno,
dai monti nei laghi dentro gli alberi :
“canto e brindo
con chi sa ascoltare nomi in risonanza,
all’orecchio strumento m’inchino.”
Fra tenerezza e turbamento
madre e suo nutrimento,
dai pori della terra semente aria
la maschera ritrova il suo senso,
nella corda d’altalena
nell’occhio della memoria, a schegge:
“Arresa al mondo possibile
dischiudo il crocicchio claustrale
per te, elisir accoccolato entro ogni cunicolo”.
*
Fangose vesti i volti il corpo di chi vive
fuori ogni luogo
non si permea di grani, sassi, alberi, cervi, cani, cavalli, tigri, insetti
acque gialle marroni o blu
(inedito, 10 agosto 2010)
*
Nel mio posto
presente ovunque
con trucco indelebile agli occhi
labbra disegnate carnose
ho la testa in sospensione
reclino falsi capelli nei rifiuti
guardo ogni cadavere che brulica la terra
su gambe di pelle e sangue
vago e sopravvivo sotto ogni intemperie
sono la morte senza vermi
(inedito, 1 giugno 2011)