
magritte Un an avant sa mort, il composa «Du vert et du blanc », qui représente une vision apocalyptique
Mauro Ferrari (Novi Ligure 1959) è direttore editoriale di Puntoacapo Editrice, fondata con Cristina Daglio. Ha pubblicato le raccolte poetiche: Forme (Genesi, Torino 1989); Al fondo delle cose (Novi 1996); Nel crescere del tempo (con l’artista valdostano Marco Jaccond, I quaderni del circolo degli artisti, Faenza 2003); Il bene della vista (Novi 2006, che raccoglie anche la precedente plaquette). Quest’ultima raccolta è stata recensita da critici come Giorgio Luzzi, Giancarlo Pontiggia, Umberto Fiori, Fabio Pusterla, Luigi Fontanella, Alberto Toni, Tiziano Salari e molti altri. Buona parte dei suoi racconti sono ora in Creature del buio e del silenzio (puntoacapo 2012).
Ha inoltre pubblicato una serie di saggi di poetica: Poesia come gesto. Appunti di poetica. Novi 1999; i suoi saggi e riflessioni, compreso il libro precedente, sono ora raccolti in Civiltà della poesia (puntoacapo, Novi 2008).
Numerose le sue partecipazioni ad antologie e sillogi, tra cui l’antologia fiamminga della poesia italiana contemporanea Het stuifmeel van de sterren (Il polline delle stelle, a cura di Gemain Droogenbroodt, Point, Ninove 2000), la monografia sulla poesia italiana contemporanea (n. 110) della rivista francese Po&sie, e in varie rassegne antologiche o critiche tra cui: Voci di Liguria (Manni, Lecce 2007); Vicino alle nubi sulla montagna crollata (a cura di L. Ariano and E. Cerquiglini, Campanotto, 2008); Luca Benassi, Rivi strozzati (Lepisma, Roma 2010); Alfredo Rienzi, Del qui e dell’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea (Ed. Dell’Orso, Alessandria 2011); L’evoluzione delle forme poetiche, a cura di Ninnj di Stefano Busà e Antonio Spagnuolo (Kairos, Napoli 2013); Vuela alta palabra. Sesenta años de poesia in Italia de la neoavanguardia a nuestros días, Instituto Caro y Cuerbo, Bogotá, Colombia, a cura di Emilio Coco (2014).
Come critico ha collaborato all’Annuario di poesia Castelvecchi e si è interessato con saggi, recensioni e interventi a molti poeti contemporanei, con particolare attenzione alle ultime generazioni. In collaborazione con Alberto Cappi ha curato L’occhio e il cuore. Poeti degli anni 90, antologia dedicata alla poesia delle ultime generazioni (Sometti, Mantova 2000); ha collaborato alla silloge critica Sotto la superficie. Letture di poeti italiani contemporanei (Bocca, Milano 2004); ha curato la sezione inglese dell’antologia della poesia europea La voce che ci parla (Bottazzi, Suzzara 2005). Attualmente dirige, con L. Benassi, M. Cohen, G. Fantato, G. Pontiggia e S. Ritrovato, l’Almanacco Punto della Poesia Italiana, edito da puntoacapo.
È stato Presidente della Giuria nel Premio Città di Tortona (I edizione 2008). È membro della Giuria del Premio letterario “L’astrolabio” (Pisa) e del “Guido Gozzano” di Terzo (AL). È Direttore culturale della Biennale di Poesia di Alessandria.
È stato fino al 2007 direttore della rivista letteraria La clessidra, da lui fondata nel 1995, e redattore della rivista milanese di poesia e filosofia margo e de L’altra Europa (Costantino Marco editore, Cosenza). Nel settore dell’anglistica si è interessato di Conrad, Tomlinson, Hughes, Bunting, Hulse, Paulin e diversi altri poeti contemporanei. Suoi testi e interventi sono apparsi sulle maggiori riviste letterarie, fra cui Altri termini, Atelier, clanDestino, Coscienza storica, Erba d’Arno, Esperienze letterarie, Galleria, Graphie, Hebenon, Hortus, Il Cobold, Il lettore di provincia, La Rocca Poesia, La Mosca di Milano, Poeti e poesia, Quaderno, Steve, Testo a fronte, Testuale, Versodove, Zeta e, all’estero, Y.I.P. – Yale Italian Poetry, Yale Poetry Review, Serta, Gradiva, Meja Ponte (Brasile), Po&sie (Francia), Cuadernos del matematico e Empireuma (Spagna, trad. di Emilio Coco).
(coro degli umani)
C’è stato un tuono, senza origine come non c’era colpa.
La terra ha vibrato nel vento, ed ora le macerie
tutto intorno. Le fogne intasate. Il puzzo di marcio.
1
«Com’era quell’attimo,
il millennio mentale di orrore?
questo interessa al pubblico;
mentre gli occhi erano sferzati dal vento
e i corpi spazzati via:
ha parole per dirlo?»
«Non era nel tempo, quel vento, o forse
noi galleggiavamo in una bolla
già scritta, come l’uomo
che si rade a memoria
senza tagliarsi (e forse questo
è il dono vero, vedersi una volta
allo specchio nell’affanno che è la vita.)
E le parole, le parole lasciamole stare.»
2
«Nulla deforma il mio silenzio e il silenzio
che mi attornia; sono la voce muta del tempo
sottoterra, l’urlo di una geologia incessante.
Il cielo non è mio, né suppongo vostro.
I miei templi sono le argille smottate
e le rocce metamorfiche, mia cura
il buio e le sue pressioni nel tempo profondo.
Questo mi assorbe totalmente.
Non ho annotato nulla di ciò che dite.»
3
«Cosa ha lasciato l’uragano? Muri crollati,
culle abbandonate e l’aria sporca.
Le fosse colme di detriti, più pieni i cimiteri.
L’ultima pioggia ha ripulito l’aria
illimpidendo i pozzi.
Scrutiamo il loro fondo – nostro futuro.»
4
«Andate in pace, voi che migrate sulla terra
e facilmente il vento annichila: perché bramate
una forma, una radice, una salda liana.
Io sono il frattale del cielo e scorro
sulle vostre dimensioni finite:
dall’alto vidi banale confusione
di colori e suoni, o poco di più.
Questo dichiaro fermamente,
e poi la vostra Storia ci ricami pure.»
5
«Un attimo prima i cani hanno ululato
e gli uccelli si sono alzati in volo. Un
attimo, e solo noi si stava
soli nel vento. Come un barattolo vuoto.»
6
«Le colline hanno danzato
prima dell’uragano e il vento
ha scompigliato l’erba già smottata.
I già malati hanno trasalito. Le pecore
hanno ripreso a brucare, tra le urla.»
7
Ma quelle mani, le mani e gli occhi
che hanno veduto o solo immaginato,
scavato; e sporte sull’abisso
in cerca, hanno annaspato
senza cercare risposte,
annaspando e scavando.
Il vento trasportava le urla e il pianto,
e dal vento un ululato. I letti
vuoti, le porte scardinate, ombre
che fuggivano – era il momento
dei lupi, delle ali nere e radenti.
8
«Si devono calcolare i costi
con precisione. E questo
– indica un braccio che spunta dalle macerie –
è indecidibile, un costo e un risparmio:
introiti svaniti, ma costi azzerati;
chi siamo noi per dire cosa volesse,
che meritasse? Insomma,
senza ipocrisie,
saremmo
quasi in pari.»
9
«Squarciati il cielo e la terra, due baratri:
mai più di allora ci siamo sentiti
preda di entrambi, a entrambi estranei.»
10
«Se il cielo ti sembrava già un miracolo di male
ancora non avevi visto questo: non
la tempesta che mangiava terra e cielo,
ma la pace infame, un dopo che non ha fine
come se tutto ricominciasse all’infinito
mentre le pozze di sangue ristagnano.
Come se il vento attendesse
dietro le nuvole per colpire
un principe che ha perso il padre.»
11
Non avremmo sentito quel lezzo
se non per l’uragano; già tra noi,
nei polmoni e nei sorrisi come
qualcosa di cui tenere conto,
ma inavvertitamente, facendo una tara
mentale, una rotta di ritorno
che i venti e le onde travisano.
12
Uno di quelli rosi dalle certezze, factotum
del bene, alzò gli occhi, bagnò l’indice e valutò
la direzione del vento, piegando gli occhi a terra
e continuando ad avanzare. Nel passo
accorto benché incerto non s’avvide
del mondo che con lui se ne veniva via.
*
(coro degli umani)
A un cielo di povertà e naufragi attesi
l’uragano ha dato l’acqua –
uno scorrere e un precipitare.
Brancoliamo rotte ignote.