QUATTRO POESIE di Claudio Damiani sul TEMA DELL’ISOLA DELL’UTOPIA

Philippe Calandre, Utopie 2, 2013, stampa su foglio di alluminio e a getto di inchiostro, inquadrata con scatola americana

Philippe Calandre, Utopie 2, 2013, stampa su foglio di alluminio e a getto di inchiostro, inquadrata con scatola americana

 L’isola dell’utopia è quell’isola che non esiste se non nell’immaginazione dei poeti e degli utopisti. L’Utopìa (il titolo originale in latino è Libellus vere aureus, nec minus salutaris quam festivus de optimo rei publicae statu, deque nova insula Utopia), è una narrazione di Tommaso Moro, pubblicato in latino aulico nel 1516, in cui è descritto il viaggio immaginario di Raffaele Itlodeo (Raphael Hythlodaeus) in una immaginaria isola abitata da una comunità ideale.”Utopia“, infatti, può essere intesa come la latinizzazione dal greco sia di Εὐτοπεία, frase composta dal prefisso greco ευ – che significa bene eτóπος (tópos), che significa luogo, seguito dal suffisso – εία (quindi ottimo luogo), sia di Οὐτοπεία, considerando la U iniziale come la contrazione del greco οὐ (non), e che cioè la parola utopia equivalga a non-luogo, a luogo inesistente o immaginario. Tuttavia, è molto probabile che quest’ambiguità fosse nelle intenzioni di Moro, e che quindi il significato più corretto del neologismo sia la congiunzione delle due accezioni, ovvero “l’ottimo luogo (non è) in alcun luogo”, che è divenuto anche il significato moderno della parola utopia. Effettivamente, l’opera narra di un’isola ideale (l’ottimo luogo), pur mettendone in risalto il fatto che esso non possa essere realizzato concretamente (nessun luogo).

 (Invitiamo tutti i lettori ad inviare alla email di Giorgio Linguaglossa glinguaglossa@gmail.com per la pubblicazione sul blog poesie edite o inedite sul tema proposto)

claudio damiani foto di dino ignani

claudio damiani foto di dino ignani

Claudio Damiani è nato nel 1957 a San Giovanni Rotondo. Vive a Roma dall’infanzia.
Ha pubblicato le raccolte poetiche Fraturno (Abete,1987), La mia casa(Pegaso, 1994, Premio Dario Bellezza), La miniera (Fazi, 1997, Premio Metauro), Eroi (Fazi, 2000, Premio Aleramo, Premio Montale, Premio Frascati), Attorno al fuoco (Avagliano, 2006, finalista Premio Viareggio, Premio Mario Luzi, Premio Violani Landi, Premio Unione Lettori), Sognando Li Po (Marietti, 2008, Premio Lerici Pea, Premio Volterra Ultima Frontiera, Premio Borgo di Alberona, Premio Alpi Apuane), Il fico sulla fortezza (Fazi, 2012, Premio Arenzano, Premio Camaiore, Premio Brancati, finalista vincitore Premio Dessì). Nel 2010 è uscita un’antologia di poesie curata da Marco Lodoli e comprendente testi scritti dal 1984 al 2010 (Poesie, Fazi, Premio Prata La Poesia in Italia, Premio Laurentum). Ha pubblicato di teatro: Il Rapimento di Proserpina (Prato Pagano, nn. 4-5, Il Melograno, 1987) e Ninfale (Lepisma, 2013). Ha curato i volumi: Almanacco di Primavera. Arte e poesia(L’Attico Editore, 1992); Orazio, Arte poetica, con interventi di autori contemporanei (Fazi, 1995); Le più belle poesie di Trilussa (Mondadori, 2000). E’ stato tra i fondatori della rivista letteraria Braci (1980-84). Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue (tra cui principalmente inglese, spagnolo, serbo, sloveno, rumeno) e compaiono in molte antologie italiane (anche scolastiche) e straniere.

 

Philippe Calandre, Utopie 2, 2013, stampa su foglio di alluminio e a getto di inchiostro, inquadrata con scatola americana

Philippe Calandre, Utopie 2, 2013, stampa su foglio di alluminio e a getto di inchiostro, inquadrata con scatola americana

Mentre camminavo sull’isola
e guardavo il mare azzurro
quieto e luminoso, ho pensato questo:
“Isola, noi passiamo velocemente, come passano
le stagioni, tu pure però ti trasformi,
cresci, diminuisci, sei stata un tempo sepolta
dal mare completamente,
e un giorno tornerai a esserlo
così le tue colline diminuiscono
e nuovi monti vedi nascere,
senza dire che un asteroide
può colpirti e per sempre annientarti,
così per te sono in pena…”.
“Non essere in pena per me
se devo morire morirò
però mentre viviamo cerchiamo di stare tranquilli,
guarda questo sole tiepido e il mare
azzurro, e guarda come fioriscono le mie colline”.
“No, noi che moriamo
e che cadiamo uno sull’altro come le foglie
noi ti salveremo da morte
e se un asteroide ti minaccerà
noi lo distruggeremo prima che possa toccarti;
se il sole, esaurito l’idrogeno,
si espanderà fino a noi
noi incanaleremo la sua energia
da qualche altra parte, e tu rimarrai illesa
perché sai, ci siamo affezionati a te, isola,
e non permetteremo mai più
che qualcuno ti faccia male”.

claudio damiani foto di dino ignani

claudio damiani foto di dino ignani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Torno ancora qui, bar del Grìgolo
e mi siedo sulle stesse sedie,
il mare vibra e il caro odore dell’aria
mi raggiunge, e lo Schiopparello, terra dei miei avi,
vedo, che di vino profumato
riempiva le cantine degli avi
e di grano i granai.
Se ti vedesse adesso il nonno, direbbe:
“Come stranamente selvatiche sono
le campagne, e quante case le ingombrano,
e se le campagne sono abbandonate
perché tante case?
Quale terribile catastrofe il mio
antico luogo natio ha devastato?”.
“Nonno – direi – un’economia più redditizia
ha trasformato l’isola: il turismo;
tutti vengono a vederla, tutti bagnarsi
vogliono nelle sue acque trasparenti;
gli elbani sono diventati ricchi,
ognuno ha molti beni e è contento”.
“Se sono contenti, sono contento
anch’io – erano tanto poveri –
pensavo anch’io che un futuro
più luminoso meritasse l’isola,
certo non so se in tutta questa confusione
sarei contento a vivere, ma vedi nel tempo
ogni cosa si trasforma e è difficile
anzi è impossibile fare paragoni”.
“Caro nonno, che siano più contenti
i tuoi compaesani non lo saprei dire
perché, è vero, hanno beni, e non mancano
di cibi e vesti ricercate, e agi
ma che la loro vita sia migliore
questo non lo so dire, e forse è impossibile
come dici tu, fare paragoni”.
Il nonno guardava i suoi campi ora attraversati da strade
e occupati da ville e stabilimenti
e gli venivano agli occhi le lacrime
e mi diceva: “Sono contento sai
di rivedere i miei luoghi anche se sono cambiati,
ma così come vedi un figlio cresciuto o invecchiato
non gli vuoi meno bene
così questi luoghi mi sono sempre cari
e in loro, e in me, niente è cambiato”.

claudio damiani

claudio damiani

E vedo ancora l’isola galleggiare
nel suo mare, mentre mi allontano.
“Isola, non ti voglio lasciare”, le dico
e lei mi risponde: “Vai, devi andare”
ed poi mi dice: “Ogni volta che sei venuto,
che per caso io non c’ero?
Che non ero sempre qui, al mio posto?”.
“Sì, isola – rispondo – ogni volta che sono venuto
tu eri sempre qui, e mi aspettavi”.
Con la mano accarezzo i monti, e la vorrei stringere,
ma devo andare.
“Isola, ma quando morirò, ti rivedrò?”.
Ma lei già non mi rispondeva più,
forse ero lontano e non sentivo la sua voce
e c’era un velo di nebbia, tra me e lei,
e il rumore della nave.
Forse mi rispondeva, ma così piano
che io non potevo più sentire.
Ma poi pensavo: ma se lei se ne vuole andare,
ma perché la devo tenere?
perché deve sempre stare a aspettare me,
se ha un desiderio di viaggiare, perché non lo può fare?

claudio damiani

claudio damiani

 

 

 

 

 

 

 

Vedi, le persone vanno e vengono
tu invece stai, e non ti muovi mai.
Se vengo adesso alle tue rive,
tu sei sempre lì, dove eri.
Se dormo dentro di te, m’alzo e vado in un punto
il mare è sempre lì, davanti a me.
Vorrei sedermi davanti al mare
e non vorrei alzarmi più.
È mattina presto e il tuo odore
penetra nel mio corpo,
ti guardo che ti muovi, a volte ti riposi,
a volte invece ti agiti.
Il tuo respiro m’è caro, e non potrei vivere senza di lui.
Dalle vallette lontane mi chiami e mi dici
“vieni nel mio grembo, dormi dentro di me”.

11 commenti

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11 risposte a “QUATTRO POESIE di Claudio Damiani sul TEMA DELL’ISOLA DELL’UTOPIA

  1. Leggere le poesie di Claudio Damiani è un’esperienza simile a quella che può provare un viaggiatore di oggi che decidesse di fare un viaggio in diligenza; le emozioni che quel viaggiatore proverebbe sarebbero verosimilmente inimmaginabili per noi abituati alla velocità dei mezzi di locomozione della nostra civiltà. Le sue poesie sono cristallizzazioni di un’eredità trasmessa da nonno a nipote e di un’esperienza emotiva che possono sopravvivere solo tramite la memoria familiare, intima, personale; la poesia diventa così un sismografo sensibilissimo che traccia sul modulo telematico la scossa di lontani terremoti. La poesia di Damiani è abitata dal Tempo, ma non nella forma di un Chronos, di un demiurgo intollerante, ma di un dio minore che preferisce nascondersi nei dettagli apparentemente insignificanti, negli angoli più riposti e dimenticati…

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  2. Vedi, le persone vanno e vengono
    tu invece stai, e non ti muovi mai.

    Questione di pelle, Damiani è un poeta che sento molto vicino. Più che “abitata” dal tempo direi “abituata al tempo”, ma non immobile, viaggia e arriva tranquilla.

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  3. “il mare è sempre lì, davanti a me.
    Vorrei sedermi davanti al mare
    e non vorrei alzarmi più.”

    Per tutti i motivi espressi da Giorgio Linguaglossa e per molti altri miei personali la poesia di Claudio Damiani mi è congeniale, “mi parla”, mi dice ciò che ho nell’animo e che forse ho scritto qualche volta anch’io specialmente sul mare.
    Giorgina Busca Gernetti

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  4. Poesia, per me, “naturale” nei versi, nei contenuti e nell’arrivo immediato e sorprendente

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  5. Ivan Pozzoni

    Giorgio, sotto Natale, desidera mettermi ko. Dopo l’uno / due Di leo /Damiani, mancano l’uppercut Pezzato, o il gancio Amorese, a mandarmi al tappeto. 🙂 Chapeau a Damiani, uno dei maggiori artisti contemporanei, senza ripensamenti.

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  6. Giuseppina Di Leo

    Si leggono piacevolmente le poesie di Claudio Damiani, il mare è il topos ma anche l’aspirazione del poeta a rifletterlo. Come acutamente dice Linguaglossa, qui il tempo non si consuma tanto nel suo svolgersi bensì nel restare, come in un’attesa, e sostare per consentire di cogliere il particolare.

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  7. Gabriele Fratini

    Bellissime. Lo “stile semplice” ha dato i suoi frutti e Damiani è veramente bravo.
    Faccio un appello a non scrivere più il verbo vibrare… il mare che vibra, l’aria che vibra, il cielo vibra, tutto vibra… basta vi prego, è un verbo abusato da Pasolini in poi, non se ne può più 🙂 Cercate sinonimi o corrispettivi. O eliminatelo del tutto. Si può vivere anche senza vibrazioni nell’aria o nel mare. Unica stonatura che ho trovato nelle poesie. Saluti a tutti.

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    • Grazie per il suggerimento, gentile Gabriele Fratini,. Sto facendo il “labor limae” al mio libro di poesie. Imposterò su “cerca” il verbo “vibrare” in tutti i suoi modi, tempi, persone, derivati etc. e cercherò di eliminare ciò che eventualmente trovassi.
      “Fremere” le piace? “Fremito” le piace?
      Buon Natale!
      Giorgina Busca Gernetti

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      • Gabriele Fratini

        Come vuole Giorgina Busca Gernetti. Una rondine non fa primavera e una parola non fa una poesia. Non sono così perfezionista. Lei e Damiani leggerò sempre volentieri. Buone feste.

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  8. Ringrazio Giorgio anzitutto di cui ho grande stima, ultimamente mi ha molto colpito la lettura di “Paradiso” e la sua capacità di riscrivere il mondo, reincontrare i personaggi e i problemi, e dialogare con loro. La quiete soprattutto in cui nasce questo che più che un ricostruire è riprendere un discorso, semplicemente, e penso che il tempo lento o rallentato valga anche per lui. E’ come se, per capire quello che succede, essendo tutto molto velòoce, sia necessario rallentarlo. Un po’ come una moviola. Ringrazio anche tutti gli altri che sono intervenuti, le loro parole mi sono preziose. Sulla parola “vibrare” poi sono daccordissimo, non l’ho mai sopportata, e non capisco davvero come ho fatto a scriverla. Forse perchè ha qui un senso diverso da quello consueto, forse perchè ho voluto, sfidando me stesso, recuperarla.

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  9. Angelo Gallo

    Leggo sempre con piacere le poesie dell’amico Claudio,rimango affascinato da questo tranquillo dialogare tra l’uomo e la natura nelle sue varie espressioni siano esse un’isola,un fico sulla fortezza,il mare ecc,le rileggo più di una volta anche a distanza di giorni ed apprezzo sempre qualcosa di nuovo che la frenesia della vita moderna mi fa trascurare ma in realtà esiste e sta sempre davanti ai miei occhi…Questo “stile semplice” di Claudio Damiani lo rende per me tra i più grandi della Poesia contemporanea.

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