Archivi del giorno: 10 dicembre 2014

DIECI POESIE INEDITE di Ubaldo de Robertis da Parte del discorso (poetico)

rené magritte

rené magritte

 Ubaldo de Robertis è nato a Falerone (FM) nel 1942 e vive a Pisa. Ricercatore chimico nucleare, membro dell’Accademia Nazionale dell’Ussero di Arti, Lettere e Scienze. Nel 2008 pubblica la sua prima raccolta poetica, Diomedee (Joker Editore), e nel 2009 la Silloge vincitrice del Premio Orfici, Sovra (il) senso del vuoto (Nuovastampa). Nel 2012 edita l’opera Se Luna fosse… un Aquilone, (Limina Mentis Editore); nel 2013 I quaderni dell’Ussero, (Puntoacapo Editore). In corso di pubblicazione: Parte del discorso (poetico), del Bucchia Editore, 2014. Ha conseguito riconoscimenti e premi. Sue composizioni sono state pubblicate su: Soglie, Poiesis, La Bottega Letteraria, Libere Luci, Homo Eligens. E’ presente nei blogs di poesia e critica letteraria, Imperfetta Ellisse, e Alla volta di Leucade. Ha partecipato a varie edizioni della rassegna nazionale di poesia Altramarea. Di lui hanno scritto: F. Romboli, G.Cerrai, N. Pardini, E. Sidoti, A. Spagnuolo, P.A. Pardi, M. dei Ferrari, V. Serofilli, F. Ceragioli, M.G. Missaggia, M. Fantacci, F. Donatini, E.P. Conte, M. Ferrari, L. Fusi.

E’ autore di romanzi Il tempo dorme con noi, Primo Premio Saggistica G. Gronchi, (Voltaire Edizioni), e L’Epigono di Magellano, (Edizioni Akkuaria).

da Parte del discorso (poetico) di prossima pubblicazione

Ubaldo de Robertis

Ubaldo de Robertis

I

Gli incomodi pensieri ho spedito
lontano dalla vista che tra i sensi
fruisce del più ampio raggio
oltre lo spazio che tutto avvolge
oltre l’aria greve opprimente
per sentirmi redento libero
di meditare su ciò che mi attende

Ma anche il meno inquietante
al suo rivelarsi quello più fuggevole
e vago non fa che ripresentarsi.

Tutti. Tutti sono tornati
per farmi diventare cieco

 

II

E guardi il mare quieto dall’alto con occhi di gabbiano
diffidente da vicino lo vedi spumeggiare
di moti impercettibili corpi minuti si confrontano
divergono s’infrangono senza tregua ora qua ora là
in ogni orientamento in ogni dove onde luccicanti
al sole come mosse da un vento invisibile che soffia
in superficie dove nulla permane di ciò che sull’acqua cammina
niente di sé conduce l’onda marina solo l’eterno scivolare
non è un oggetto non ha argomenti la chiara identità
degli scogli delle sabbie finissime è solo un fluire di eventi
al pari del tuo corpo nudo fatto di incostanti molecole
e più l’onda s’appressa più l’animo trascende l’attimo
appena vissuto prima di sciogliersi nuovamente in mare

Chiedersi se la mente sia la rada dove ammarano
i gabbiani il porto che si lascia crudelmente insabbiare
da voci rauche grevi sentimenti in un solo pensiero
ecco perché il mondo temi oltre la boa oltre l’azzurro
profondo, il fosco remigare, l’ illusorio orizzonte.

III

Tutto lo spazio reca l’assenza
Ombre sui libri
Nemmeno Shakespeare riluce
Qui
non si nomina dio

Sono estraneo io
a tutti a tutto

Fuori piove a dirotto
ed io sto diventando un’Isola

.

.
IV

(La Terra Promessa)

Muore sulle barricate il mio tempo
nudo come l’ailanto grigio cenere
ha perso sgradevoli foglie l’inverno
si veste del pallore dei muri
l’indugio del merlo sul roseto esangue
come se non avessi mai amato
il rosso struggente della rosa
come se non avessi mai pianto
quando alta si aggirava la musica
e guardinga la poesia che le distanze colma
e si fa senso per sondare l’ambiguo raccapriccio della vita
lascia che sia finita che le voci
giungano assordite che si pieghi a terra l’albero
e si perdano gli occhi ad inseguire
la processione di formiche esultanti
il tripudio dei vermi e dei bruchi
tutti in marcia verso la terra promessa

 

magritte Un an avant sa mort, il composa «Du vert et du blanc », qui représente une vision apocalyptique

magritte Un an avant sa mort, il composa «Du vert et du blanc », qui représente une vision apocalyptique

V

Ho quasi consumato
la materia di cui sono fatto
ricadrò in avanti o all’indietro
dopo aver compiuto
il massimo tragitto
fortemente curvato
sprofonderò su di me
crollerò sotto il peso
delle mie ossa
e non potrò sfuggire
nulla di me potrà uscire
da quella porta
si può solo entrare
neppure la luce
di cui erano fatti i miei occhi
USCIRA’
non ha sufficiente velocità
per sottrarsi all’attrazione esiziale
il tempo stesso rallenterà
il suo corso
fino ad arrestarsi
qualcuno di quelli che hanno ruotato
accanto a me
prossimi all’azzurra sfera
dei miei sogni
scorterà ciò che ho soltanto immaginato
ospiterà il mio presente
il mio passato
dentro la propria sfera
verso il proprio verde lontano personale futuro

 

VI

Come furfanti s’ammassano gli anni
ma non sarà l’inverno cupo e sciatto
a schiantarti il respiro striscia il gatto
tra i tuoi piedi nudi simula sbadiglia
se ne distacca per ritornarvi lento
non sono gli arti il luogo
che il movimento avvolge morbido lieve
Il luogo è il tempo e sempre ti sorprende
l’idea di sottrarti arginando la vita
la suggestione di esistere un attimo di più
come se l’orditura dei giorni
l’uno vicino all’altro fitti stipati
possa farti dimenticare
che sarai tu a crollare muso a terra
dentro la cenere del mondo

 

ubaldo de robertis

ubaldo de robertis

VII

La luce meridiana riveste di eccessivo ardore
l’astuta moltitudine dei girasoli
lo stelo dritto fino al crepuscolo
inchiodato ognuno alla sua zolla di terra
l’ora in cui appare la paura
che si raffreddi l’ardente vita
l’esistente riaffiora dai clamori di un tempo
intermittenti languori la logorante intesa
di non parlarne prima della resa
che si consuma con servili mestizie

Le povere consumate notizie di te stesso

.
VIII

A capo chino come un’abitudine
tra vecchi caseggiati luoghi abitati
da ombre rigide ti sfiorano nessuna
che si distingua non avverti nei vicoli la distanza
dei passi che dentro vi risuonano
ovunque ti inabissi in disparte
dopo aver condiviso il tanfo dei bistrò
che attanaglia la gola

che tu voglia soffermarti o no
gli altri avvisi del tuo passare
soltanto per soliloqui

magritte rené

magritte rené

 

 

 

 

 

 

IX

Arno A Percy Shelley

Clamori di gocce che i larghi fianchi
sfiorano per nutrirsi d’ossigeno
sul greto grigio incombono verità
come rughe del volto che si specchia
in acque chiare dove cavalli scalzi
abbeverano le fronti umide e strette chiglie
da un medesimo vento sospinte
costeggiano pigramente le rive

Ho affittato una barca per scoprire alla foce
quale mare seppure sconvolto
mi darà il vantaggio di decidere
se invertire la rotta o perdermi
dove muore il fiume nell’infinita disventura

 

X

Ruotare attorno ad una stella
pianeta di luce sospesa
abbandonando il punto
L’origine

Dentro l’arcobaleno si vive
di un tepore sottile
coscienza nuova che imprime
nuova vita l’amore.

Lo sento l’amore all’ombra
delle cinque lune tenui
luminosità sulla pelle nuove possibilità

Nuove intenzioni.
Movimento cambiamento.
Attorno ruotare attorno

Nella realtà nulla accade
niente in quel punto in quel giorno
fissato per il mio ritorno

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