Archivi del giorno: 23 novembre 2014

LA GENERAZIONE DEGLI ARRABBIATI DUE POESIE di Valerio Gaio Pedini “De bello stronzibus o memoriandum dell’ottavo nano: ovvero il monologo mai scritto di Giulio Cesare”, “Portarono dell’alcool al nativo” – UNA POESIA di Ivan Pozzoni con un Commento di Valerio Gaio Pedini

 Erich Eckel Il giorno di vetro 1913

Erich Eckel Il giorno di vetro 1913

 Valerio Gaio Pedini

Ma conchiudendo l’amarissima vicenda che ci ha tanto fatto sognare, i polli sono stati cotti e mangiati e crauti hanno adornato il tutto: così che l’idromele fosse più buona: bona, basta, stop, bona, basta, stop, finisci le tue parole e vattene dal mio cimitero:
oh se fossi dado mi tratterei-se fossi pugno la faccia ti spaccherei:
ma è mai possibile che bisogna venerar otto coglioni, che nemmeno sanno farsi il letto:
Cleopatras lussuriosa et Biancaneve che produce fiele: parole, parole, parole: basta con le parole!
Nani, nani, nani, nani: sapete che potete crescere, cavalcando muli ciarlatani!
E così fu che il vano giudizio divenne larga sentenza: i miei rivali sono stati avversari temibilissimi nello scontro armato: stronzonibus docet:
Antonioooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo! Ottavianooooooooooooo! Tu quoque Bruto fili mi!
Io sono Bruto e tu sei un pezzo di merda: ah, io non sono né un repubblicano, né un imperiale: io sono uno che ha i coglioni girati: e poi basta a dirmi figlio, mi hai solo adottato, pirla!
Cicerone dove sei finito,eh? Tutti lo sanno che volevi ammazzarlo, tutti! Cicerone, sei troppo impegnato a scrivere sulla stronzaggine per sentirmi?
Oh, audire è difficile, quando non si ha un cazzo da fare!
Ascoltate, gente, lo so che siamo tutti alla gogna!
Non è forse vero che siamo tutti ugual ipocriti a questo mondo?
Che corriamo, ci tuffiamo, varchiamo fiumi e ci facciamo padroni del mondo?
Ah, coraggio da vendere dite?
Nah,pavidità, pavidità, pavidità: stupidità, stupidità, stupidità: io le mie parole le scrivo, non le detto!
Ave Vale, ave Me, ave Vale, ave Me, ave Vale e finiscila!
Smettila pur qualche volta d’imprecare contro la storia, contro la letteratura, contro l’uomo:
deprivato di virilità:
sapete, oh uomini che Cesare era uno gnomo e che viveva in un bosco, fatto di mariuana, di cocaina, di eroina e di quattro baldracche e anche baldracchi: d’altronde amava le cose strane, amava i Galli,
anche lui era un Gallo: ricorda un po’ quell’imperatore appassionato di pollicultura, giusto, fu l’ultimo imperatore: pare che la gente sia invaghita del pollame.
La storia è un luogo strano: uno ti parla di Galli, e viene considerato un libro Antropologico: quando io parlo di uomini, pensano che faccia etologia come Konrad Lorenz, con le anitre che si muovono con sincronia,
vedeste come mi seguono!
D’altronde c’è chi tira il collo e chi spacca le reni alla Grecia!
Ma io sono un Gallo Cedrone, un Tacchino, un Pavone, guardate la mia bellezza, ah, vero che sono bello?
Guardate che corona!
Sono il re di tutti voi saltimbanchi perditempo: pirliamo tutti in giro, tanto il Duomo sta crollando, in un frammisto di Cinesine: la gente è proprio fissata con il pollame e con gli augelli, soprattutto quelli solitari!
Ah ah ah ah, Serva Italia di dolore ostello, bordello:
eh, sapessi, almeno ci fosse il bordello, ma caro Dantuccio, il bordello non c’è:
vi è solo qualche pollo, cinesino, gallo, pavone e anche qualche coniglio:
sembra di essere in una stalla più che altro.
Varcare la società, spaccarla! Distruggere! Bruciare! Invadere le farms di questo tripudio linguistico:
metterli nella fornace, e chiuderli in un bunker, proteggerli e ucciderli, ucciderli e proteggerli:
uomini, viviam nella disperazione, stiam male e siam distrutti: morirem come morirà l’universo:
scoppiato in un gemito strozzato:
tiriamo il collo a ciò che sappiamo, tanto non ne saremo certi mai:
audire, l’uomo è un animale senza senso, categoriale, non sensoriale:
vedete il mio naso grosso come quello di Cyrano? Non usma
E la mia lingua serpentina?Non sente alcun sapore?
No, qui le orecchie scoppiano e noi possiamo dissolverci in vane parole.

Ernst-Ludwig-Kirchner

Ernst-Ludwig-Kirchner

Portarono dell’alcool al nativo

Ed il nativo ringraziò-pregando Terra di rendere fede a questo generoso uomo – che era il non luogo
Del premio dello sgombero
Lo sgombero avvenne – e il nativo si trovò piazzato in un libro di De Curtis, fenomeno archeologico, nelle vestigia di Rambo, fenomeno da baraccone, indossando la tuta di Batman in uno squallido bar cantando l’ultima canzone d’amore- e tutti intorno con il fungo in mano sedevano, mugghiando la fine di qualche corvaccio e l’inizio di un paio di pavoni:
Il cinema li presenta come dei tiranni barbarici, nomadi ignoranti, che vivevano in tendine di stracci:
è proprio vero che i film storiograficamente dicono solo cazzate!
Questi dementi di Cowboys sempre a rompere i coglioni a questi dementi di Nativi: davvero non si possono vedere!
È meglio pensare allora a Cavallo Pazzo, che cerca di estinguere i coloni-o qualche apaloosa, naturalmente portato dall’occidente, che sbuchi dalla steppaglia e nitrisca prima di recalcitrare, per poi cadere fucilato dal premio divino!
Ai Crow che si fanno appendere al soffitto di una caverna buia, per illuminare la via della salvezza.
Oppure qualche Piede Nero che dissangua qualche bisonte, prima di assaporarlo, scuoiandolo per indossarlo nei giorni dell’invasione!
Gli Americanisti dicono che i Nativi non sono stati sterminati, sono stati traslati:
eppure l’ultimo nativo che vidi era un pirla che mi vendette una maglietta ed un cerchietto e quell’altro disperato cantava:

“natura morta
Disseminata dall’odio
Ti estinguerai sotto il mio piede rosso,
natura bianca
l’anima è seviziata,
il corpo non vive:
il bisonte si è estinto
e tu, come volevasi dimostrare, sei morta…
ed è colpa mia
ahiahaiaiaia
ed è colpa mia!”
Bum!

Quando tutti insieme in coro gridavano “what a jingle shit!”-Ed io dicevo loro, non ci sono più i canti di una volta, non ci sono più i canti!

Ci sono i pianti

E tutto… tutto ricominciava

“natura morta
Disseminata dall’odio
Ti estinguerai sotto il mio piede rosso…”

 

SCHMIDT-ROTTLUFF_Jahre

SCHMIDT-ROTTLUFF_Jahre

 UNA POESIA di IVAN POZZONI con un Commento di Valerio Gaio Pedini

Quando Giorgio Linguaglossa nei suoi Appunti Critici (2003; Edizioni Scettro Del Re) evidenzia che  la questione che più è corroborante nella critica vigente è la mancanza di coraggio, ovvero una cospicua diminuzione e rarefazione della critica militante, possiamo ben dedurre, che, data una mancanza di coraggio critico, fossilizzato al saggio dotto di poeti e artisti di cui hanno già detto tutto quello che si poteva dire e che le parole usate, pur edotte, sono anch’esse troppo ripetute (forse proprio perché edotte), ci sia una mancanza di coraggio poetico: una- permettetemi il termine plebeo ma attuale- deprimente fossilizzazione tematica e formale: una “gran fossa”che io ho più volte definito con il termine Nostalgia, che, ormai non produce nemmeno più letteratura elevata (Spaziani), ma si va a delineare entro un termine assai mellifluo come “posticcio”.

Ora, finito il preludio, vi chiedo, cortesemente, di rimuovere ogni parola da me scritta, poiché Pozzoni di coraggio ne ha da vendere- e come ben si può dedurre- agl’egemoni questo coraggio fa male, troppo male: ergo gli egemoni sono costretti a respingerlo, sia dal punto vista critico, sia dal punto di vista poetico: ma pare proprio che con Pozzoni la critica militante si stia rigenerando.

In poche parole: Pozzoni ha ben compreso che la posizione della poetica d’avanguardia novecentista è infattibile, inattuabile e da uno sberleffo assolutamente ingenuo del poeta marxista Ennio Abate, che lo definì “neon-avanguardista”, termine che Ivan invece adotta con non poco apprezzamento, per l’indignazione del Compagno Abate. Andando per le spicce, ha compreso cosa significa «liquidità sociale»: e in aggiunta, Linguaglossa ci va ad accostare un appellativo che agli egemoni fa accapponare la pelle: «Guastatore».

Mi sembra necessario però delineare dove si posiziona la poesia di Ivan: la poesia di Ivan è “chorastica”, non è un poeta delle strade e non vuole esserlo, ma non è nemmeno nella chiusura ermetica: potremmo collocarlo nella Linea Di Minor Resistenza- Linea però portata ad un estremo di sarcasmo, ironia, umorismo: si potrebbe, invero, dire che la poesia di Pozzoni non conosce il termine Giusto Mezzo, poiché non esiste attualmente, e anzi è impossibile che l’uomo sia nel giusto mezzo, poiché forse è del tutto inconcepibile: d’altronde in una società in cui tutto è portato all’esasperazione, all’estremo, la poesia ed ogni forma d’arte non possono fare altro che muoversi all’estremo, e ciò Pozzoni l’ha compreso. Ma per comprendere meglio la poetica di Pozzoni, aggiungo qui una sua poesia,
Marinetti non l’avrebbe mai scritto:

Brutto volto

emil nolde

emil nolde

 

 

 

 

 

 

 

(dialogo tra un manager e una studentessa universitaria in discoteca)

Ciao, come va? È tutta la sera che ti osservo
Ciao, zio! Mica sarai un Baldocci o un Babbaluga, eh?
Guardo solo te!
Perché mi lumi? Starai mica a broccolarmi?
Sei una bellissima ragazza.
Grazie, zio. Ce l’ha una geografica per una bomba?
Dobbiamo invadere l’Albania?
Non mi far sclerare, abbiamo finito la gangia, e non ci sono Majabba nei dintorni! C’hai neuri, dai? Non fare il T-rex!
Per farsi una canna, non ho money: non concepisco chi si droga.
Zio, mi perplimi. Mica sarai un robboso? Sei afef?
Al massimo Tronchetti Provera! Dai, non sono noioso.
No, non sei un asciugone, né un fonzie. Pure tu m’attizzi! Non sei un Sancarlino! Sei un aristofreak? My sister dice che scrivi libri.
Grazie, sono un ragazzo normale. Sì,sono un artista.
Bella, frate. Mi fai andare in sciambola. Sclero! Sai scapersare?
No, non suono, non scrivo musica. Scrivo versi.
Menomale ke non sei una melo checca…Sei proprio un O.G.M! Come ti citofoni?
Boh, di norma scendo in strada, suono, e ricorro in casa. Non è sempre facile ritrovarmi.
Che disease! Mi fai morire, o, se non altro, non mi fai sminchiare come i ragazzi della mia età. Preferisco i ragazzi maturi, come te.
Comunque mi chiamo Ivan.
Bello, mi piace abbestia? Hai un fazzollo?
Tieni.
Grazie. Come vivi?
Sono responsabile in un’azienda di distribuzione organizzata. Tu?
Uni, che sbatta! Sono alle pezze, sempre a studiare. Interessi: non sei un fungo!
Se fossi un fungo, sarei un Cortinarius, velenosissimo.
Bastard Inside! Ti bevi un ape?
L’ultima volta che ho bevuto un’ape mi hanno ricoverato in ospedale.
Ddddaiiii, non fare il babbo di pezza! Non sono una figa di legno.
Sei una che va subito al dunque?
Antisgamo.
Con te ci andrei al dunque.
Henk! Che bazza…Mi sa che vuoi solo bombare! Come sei messo a Caronte? Ihihih
Sono in grado di traghettare te e tutte le tue amiche…
Smettila di garlare. Non fare il grozzo!
Scusami, hai ragione.
Sempre a pensare a inzaccare, voi maschi. Camomillati, o mi tocca asfaltarti! Non è che concedo il frisby al primo che incontro.
In tutti i casi, se la concedi, te la rilanciano.
Sei troppo scemo, simpa! Non ti voglio scagliare! Ti va di ribeccarci, magari, un puntello, non, così, damblee…
Sì, ho voglia di rivederti. Magari un chinese, un cinemino?
Dobra! Ci sto dentro. Sgamiamoci domani: lasciami il numero di cella. Hey! Dove ho messo la cella? ‘spetta, non imbruttirti!
Più brutto di così, non riesco, anche impegnandomi.
Sono in chiusura, zio, non ti seguo. Oh, non mi rimbalzare, squilliamoci.
Certo: ti chiamo. Ma non sarai mica fidanzata?
Zibra! Zero al quoto! Poi che cambia?
Eh, che cambia?! Sei troppo fuori. Domani è Ferragosto, è tutto chiuso.
Fregatene: ci vediamo al bancomat, e magari ci archiviamo a letto. Cia’, zio.
Ciao, bella. Continua a leggere

66 commenti

Archiviato in poesia italiana contemporanea, Senza categoria