Archivi del giorno: 8 novembre 2014

AUTOANTOLOGIA DELLE POESIE di LEOPOLDO ATTOLICO con un Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa – l’assunzione di una linea ironico-colloquiale

vigolo roma Leopoldo Attolico, (Roma, 5 Marzo 1946), è autore di sei titoli di poesia e di quattro plaquettes in edizioni d’arte. Ha collaborato e collabora alle principali riviste letterarie. E’ stato redattore di Poiesis e lo è attualmente di Capoverso. I suoi titoli di poesia:
Piccolo spacciatore, Il Ventaglio, 1987 – Scapricciatielle,
El Bagatt, 1995, compendio di poesia performativa, con una nota di Vito Riviello e due chine di Giacomo Porzano, premio Franco Matacotta . – Calli amari, Edizioni di Negativo, 2000; Mix , signum Edizioni d’Arte, 2001, con sette disegni di Ermes Meloni; – Siamo alle solite, Fermenti, 2001, con prefazione di Giorgio Patrizi e due chine di Giuseppe Pedota – I colori dell’oro, Caramanica, 2004, con una nota di Giuliano Manacorda; – La cicoria, Ogopogo Edizioni d’Arte, 2004, con due chine di Cosimo Budetta; Mi (s)consenta , Signum Edizioni d’Arte , 2009, con sette opere di Ester Ciammetti – La realtà sofferta del comico, prefato da Giorgio Patrizi, con post.ne di Gio Ferri, Aìsara, 2009
leopoldo@attolico.it  –  www.attolico.it

Giuseppe Pedota Panorama di pianeta spento, anni Novanta

Giuseppe Pedota Panorama di pianeta spento, anni Novanta

 Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa

«Un autore significativo della linea derisoria del senso, di ogni senso, che ha iniziato nel 1987 con Piccolo spacciatore, è il romano Leopoldo Attolico il quale opera una discesa culturale dal piano «alto» dei linguaggi maggioritari al piano «basso» di quelli minoritari. Le opere degli anni Zero sono emblematiche di questa impostazione: I colori dell’oro (2004) e La realtà sofferta del comico (2009) sono opere che scavano senza reticenze nelle finzioni perbeniste della buona società letteraria. La scoperta di Attolico è molto semplice: l’assunzione di una linea ironico-colloquiale deriva dalla presa di distanze dall’inquinamento acustico e ottico della società letteraria romana (e non solo). Scelta chiara e definitiva. Caustici e frizzanti sono i suoi “commenti” a certi personaggi della poesia romana. La poesia di Attolico si ciba, come un corbaccio, dei materiali di risulta, degli escrementi, degli avanzi dei pasti consumati dalla buona società piccolo borghese, che preferisce guardarsi attraverso lo specchio blindato dei suoi esponenti letterari più vistosi. Di qui le esilaranti frecciatine e le punture di spillo del poeta romano».

La cima del cipresso
dall’ altra parte del palazzo
dice di no, e continua:
“Così non va! Dà una sterzata alla tua vita”
par che dica
“adesso è già passato!”

Ma a un dipresso … ecco rispuntare il cipresso di
Rio Bo
E la vita perbacco, la mia vita?
Incantata di fronte ad una stella di carta».*

Dunque, poesia giocosa o poesia derisoria? Ai posteri l’ardua sentenza. Ebbene, in questo dilemma si è giocata la partita della poesia di Attolico, sempre sul punto di proseguire la sua poesia «giocosa» di derivazione vito riviellana, oppure, sterzare verso uno smaccato tono derisorio dei vizi e dei patemi della società di corte della poesia italiana. Personalmente, avrei preferito che il poeta romano scegliesse con più decisione la via del fustigatore dei mores, invece Attolico è rimasto sempre legato ai semitoni della leggerezza e della sua personale visionarietà.

* Giorgio Linguaglossa Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea (2000-2013)Società Editrice Fiorentina pp. 150 € 14

Paul Klee

Paul Klee

TEMPORALE A VIA DEL BABUINO

Dove mai avrà cacciato la gente
questa Via del Babuino in grembo d’acqua
e starnuti improvvisi di grondaia ?
Forse a quota periscopio
forse dietro il rovescio di una fuga
con il naso contro il vetro…
C’è un silenzio bagnasciuga
in attesa dell’attacco degli indiani,
è questione di minuti, quindi spiovo di conserva;
ho un ricordo da salvare:
è il ciac ciac un po’ vetusto
di scarpette tre stagioni
sorvegliato da calzoni alla zuava
a tutt’oggi non ancora digeriti.
Son zuavi, per fortuna
e mi portano a passeggio
anche un gruppo di pensieri
che sgambettano su in alto:
dan del tu ad un cielo d’affezione
che da grigio trasgredisce intraprendente
galoppando e cappottando senza fretta
dalle parti dell’azzurro

Da Piccolo spacciatore, 1964-1967, Il Ventaglio Editrice, 1987

Leopoldo Attolico ilparolaioTOP

GLI ANNI ’50, DEL POCO E DEL TANTO

Quando eravamo povera gente
avevamo in tasca una vita alla grande,
la sublime pochezza di vivere insieme
quattro parole di fila, da non interrompere.
Avevamo pudori irrisolti da caccia alle streghe
ma l’alibi di fare felice la gioia per forza d’inerzia:
c’era sempre nel mondo una ruota di giostra
con precise pretese, e il dovere era in piena
per farvi salire la gente senza tema di scendere.
Bastava tentare la vita
e lei rispondeva, ogni volta
con natura di luce possibile, comunque sovrana.
Ciaveva (*) le antenne:
sapeva capire e fare di conto con chi la cercava
appena quel poco al di fuori del mondo
per calarvi la poesia di un minuto e ricominciare
-d’accapo, a chiamarla per nome

(*) “Aveva”, in romanesco

leopoldo attolico

leopoldo attolico

BOOMERANG ANOMALO

Quando Federico Garcia mi staffilò ( sarà stato il ’60 )
“Cordoba, lontana e sola”ecc.ecc.
io mi trovai – d’emblée- davanti a Cordoba
come può accadere all’attor giovane
buttato in scena alla viva il parroco
con uno spintone nella schiena.
Il fatto che fosse “sola”, era questo il punto:
nel senso che Cordoba mi guardava – tutta occhi
e silenzi-
e si aspettava di vedermi all’altezza della situazione,
con fiato e sangue sufficiente- voglio dire-
per mettermi il suo cuore dentro al petto
senza tante storie, tipo feeling galoppante:
insomma, un fatto d’elezione ma a tamburo battente;
innamoramento e amore

Andò a finire che Cordoba rimase dove era
ancor più sola di prima
per non so che magia di copione.
Me la cavai con un boomerang di carta innamorata
lanciato a tutta forza, surplus di stratagemma
ma a scoppio ritardato: Cordoba aveva capito- e come!-
che m’ero preso una cotta, ma non lo voleva mollare.
Per ritornare- ‘sto boomerang – ci impiegava una vita

Da Il parolaio, Campanotto, 1994

Leopoldo Attolico icoloridelloroTOP (1)

SUMMER TONF ovvero TUTTI AL MARE

Se fate mente locale
converrete che legato a doppio filo
con la fisiologia lunatica dei versi
c’è sempre lo stupore analfabeta degli invano.
E’ lì, e noi ce lo guardiamo
implosi e circospetti, come un reperto lavico
fiottato dal cervello, sfrontato sortilegio
confitto in un riverbero d’assenzio
cui piace sempre di esser corteggiato…

Poi, quando si rinnova la scommessa
col verso sciagurato e si è metabolizzata
la stralunata ameba,
arriva puntuale il carico da otto
a ribadire l’osceno contropelo:
non è più questione d’amore o disamore
e l’impossibile fiaba d’assolutezza amorosa
deflagra silenziosa nella biro
come quando cade un Governo in Italia
a Ferragosto:
tra disimpegno e fervore vacanziero
un tonfo troppo sordo per sentirsi
ed essere sentito

La Musa, abbandonata sul maggese
è rimandata a settembre in italiano

Leopoldo Attolico La realtà sofferta del comico (1)

ESTERNAZIONE – (orsù, alle urne! )

Ma è mai possibile che chi rappresenta la malattia
si faccia avanti nelle vesti del medico
e si consideri la migliore medicina?

Potrei ancora capire patrizia valduga
con i suoi medicamenta in salsa claustrofobica
così indicati per gli esaurimenti nervosi,
ma no davvero la democrazia scudata/scudettata
da decine di campionati di egemonia borbonica
e di dieta mediterranea callipigia e vincente
ma così poco nazional popolare!

Sta di fatto che il Moloch non demorde
e sedimenta la sua regola ineffabile:
divergenze parallele e contratto acrobatismo verbale
per allarmare ad hoc le sicurezze della gente,
a dimostrazione che la geometria è un’opinione
e può condurre a strabismo
ma è sempre il viatico migliore
per un supplemento di gioia a venire:
il proficuo perpetuarsi della specie in progressione
aritmetica
e l’animata polifonia delle voci
che ne legittimano l’esistenza: diciassette partiti
in assetto di guerra, altrettante occasioni per chiedersi
come caspita si sia riusciti a suo tempo
a fare l’Unità d’Italia

Da Scapricciatielle, Edizioni El Bagatt, 1995

giuseppe pedota acrilico su persplex anni Novanta

giuseppe pedota acrilico su persplex anni Novanta

STRANI COGNOMI – a Cicci de sellero (*) di Mauro Marè

Come si può non voler bene
-così, istintivamente
ad un Pasquale Sellerone
con quell’accrescitivo fresco verde fruttato nel cognome
e la florida pienezza di quel nome
che ti riempie la bocca …

Come si può non collegare
un’immagine ad un nome;
senza timore di sprecare nulla
e andare oltre la mera suggestione d’una fisicità
che è la prima a chiamarsi per nome ( e per cognome )

Accade quindi così -spontaneamente-
il fascino misterico del transfert mesenterico:
dal diaframma al cervello, per qualche golosa ragione
che si arrende
alla delibazione del cuore e della mente

oh, sellerone !

(*) “Cespi di sedano”, in romanesco

diabolik-eva-kant

diabolik-eva-kant

IL PODOLOGO DI RANGO

Di suo
il podologo di rango
ci mette autentica vocazione
fibrillazione dei quanti
che è ragionare con i piedi
a passi felpati, discreti
ed indagare fisiognomica geografie e sintomi
affabulando con il “tu” più disarmante,
sapido escamotage per ottenere di più senza imbarazzi

Può accadere che la melopea delle sue domande
si infiammi per un bel piede o per un coacervo di calli
come è giusto che sia
perché in realtà i suoi interlocutori sono i piedi,
non il paziente:
( per me si va nella città dolente
è epica deambulatoria/sussultoria
che lui non dimentica mai nei suoi colloqui ad personam)

E quando il panneggio sonoro dei pizzicotti
degli smanettamenti e delle gentili turbolenze
raggiunge l’acme liberatorio,
il podologo di rango non si rilassa né esulta più di tanto:
rimane partecipe ma periferico, adiacente
come dopo un’amabile guerriglia tutta di piedi
tra fanterie surriscaldate ma non definitivamente pacificate,
irrimediabilmente pedestri

Da Siamo alle solite, Fermenti Editrice, 2001

*

E’ la terra che si veste di te
della tua gonna a fiori;
perché sei tu la gemma stravistosa
nel suo giardino a sciarpa,
il crescendo di gioventù
che lo respira bocca a bocca

E quel tuo andare leggera
è una ferita che non guarisce più;
come l’amore
quando stilla sul mondo un batticuore
e poi s’inciela

Da I colori dell’oro, 1975-1987, Caramanica Editore, 2004

*

Poeta, dove vai?
Come un asse da stiro
non sai mai dove metterti
dove ti metti impicci
nei secoli dei secoli
la tua ubicazione domestica
è una ipotesi che non si addomestica mai
è un vitalizio di precarietà
un destino di provvisorietà
di inadeguatezza nomade, zingaresca
quando infesti casa con i tuoi libretti
con i tuoi foglietti
con la tua poetry à porter
e nel turbine collezioni rimbrotti
mugugni, qualche volta anatemi
quando va bene teoremi di fulgidi sfottò

Ma i tuoi angiomi cartacei immedicabili
marcano il territorio e non ne vogliono sapere.
Sono squilli teneri di neve
in un falò

 Lichtenstein-Quadro-stampa-su-tela-Telaio-50x100-vernice-effetto-pennellate

Lichtenstein-Quadro-stampa-su-tela-Telaio-50×100-vernice-effetto-pennellate

ALLEGRIA!

(…) verrebbe proprio voglia
di prendersi un po’ di ferie dalla storia,
dalle responsabilità;
portare alle estreme conseguenze
il senso della privacy: darsi morti

E allora
un modo per dirsi addio
potrebbe essere quello di tornare
una sera di prim’estate, al tocco
in una Via della Pilotta deserta,
nella sua luce ametista rincontrare
la matura guagliona mille lire mezz’ora
di trent’anni prima,
dirle ancora
in punta di febbre e di scirocco
-Hai del fuoco bambina?
per risentirla stormire
-Sei così ragazzino morè
sai non è mica un gioco

Da La realtà sofferta del comico, Aìsara, 2009

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