Ivan Pozzoni è nato a Monza (MB) il 10-06-1976. Sue raccolte di versi: Underground (A&B, 2007), Riserva Indiana (A&B, 2007), Versi Introversi (Limina Mentis, 2008), Androgini (Limina Mentis, 2008), Lame da rasoi (Joker, 2008), Mostri (Limina Mentis, 2009), Galata morente (Limina Mentis, 2010), Carmina non dant damen (Limina Mentis, 2012), Il Guastatore (Cleup, 2013), Patroclo non deve morire (deComporre Edizioni, 2013) e Scarti di magazzino (Limina Mentis, 2013); ho curato antologie di versi: Retroguardie (Limina Mentis, 2009), Demokratika (Limina Mentis, 2010), Triumvirati (Limina Mentis, 2010) [raccolta interattiva], Tutti tranne te! (Limina Mentis, 2010), Frammenti ossei (Limina Mentis, 2011), Labyrinthi I – II – III – IV (Limina Mentis, 2013), Generazioni ai margini, NeoN-Avanguardie, Comunità nomadi, Metrici moti, Fondamenta instabili, Homo eligens, Umane transumanze, Forme liquide e Scenari ignoti (deComporre, 2014); nel 2008 sono stato inserito nell’antologia Memorie del sogno, di A&B Editrice, nel 2009 nell’antologia Paesaggi, di Aljon Editore, nel 2010 nelle antologie Rosso e Taggo e ritraggo di Lietocolle, nel 2011 nelle antologie Insanamente, di FaraEditore, Dal tramonto all’alba, di Albus Edizioni, e Verba Agrestia 2011, di Lietocolle, nel 2013 nelle antologie Il ricatto del pane, con CFR Edizioni e Le strade della poesia, con Delta3 Edizioni, nel 2014 nell’antologia L’amore ai tempi della collera, con Lietocolle. Ho collaborato, con saggio, ai volumi collettivi Ricerche sul pensiero italiano del Novecento (Bonanno, 2007), Le maschere di Aristocle. Riflessioni sulla filosofia di Platone (Limina Mentis, 2010), Centocinquant’anni di scienza e filosofia nell’Italia unita (Limina Mentis, 2011), Scienza e linguaggio nel Novecento italiano (Limina Mentis, 2012) e Pensare la modernità (Limina Mentis, 2012); sono usciti miei volumi e volumi collettivi da me curati: Grecità marginale e nascita della cultura occidentale. I Pre-socratici (Limina Mentis, 2008), L’ontologia civica di Eraclito d’Efeso (Limina Mentis, 2009) [mon.], Il pragmatismo analitico italiano di Mario Calderoni (IF Press, 2009) [mon.], Cent’anni di Giovanni Vailati (Limina Mentis, 2009), I Milesii. Filosofia tra oriente e occidente (Limina Mentis, 2009), Voci dall’Ottocento (Limina Mentis, 2010), Benedetto Croce. Teorie e orizzonti (Limina Mentis, 2010), Voci dal Novecento (Limina Mentis, 2010), Voci dal Novecento II (Limina Mentis, 2011), Voci di filosofi italiani del Novecento (IF Press, 2011), Voci dall’Ottocento II – III (Limina Mentis, 2011), La fortuna della Schola Pythagorica. Leggenda e contaminazioni (Limina Mentis, 2012), Voci dal Novecento III – IV (Limina Mentis, 2012), Pragmata. Per una ricostruzione storiografica dei Pragmatismi (IF Press, 2012), Grecità marginale e suggestioni etico/giuridiche: i Presocratici (IF Press, 2012) [mon], Le varietà dei Pragmatismi (Limina Mentis, 2012), Elementi eleatici (Limina Mentis, 2012), Pragmatismi. Le origini della modernità (Limina Mentis, 2012), Frammenti di filosofia contemporanea I (Limina Mentis, 2012), Frammenti di cultura del Novecento (Gilgamesh Edizioni, 2013), Frammenti di filosofia contemporanea II (Limina Mentis, 2013), Lineamenti tardomoderni di storia della filosofia contemporanea (IF Press, 2013), Schegge di filosofia moderna I (deComporre, 2013), Voci dal Novecento V (Limina Mentis, 2013), Voci dall’Ottocento IV (Limina Mentis, 2014), Schegge di filosofia moderna II – III – IV – V – VI – VII – VIII – IX – X (deComporre, 2014) e Libertà in frammenti. La svolta di Benedetto Croce in Etica e Politica (deComporre, 2014) [mon.]. Nel 2012 è uscito il numero unico di rivista, da me curato, Le bonhomme. Dal 2007 al 2013 ho assunto il ruolo di direttore culturale della casa editrice solidale Liminamentis Editore.
“… mi sembra che si tratti di una questione molto semplice: la scomparsa della poesia così come l’abbiamo conosciuta e praticata nel Novecento: l’affondamento del Titanic. Ivan Pozzoni trae tutte le conseguenze dal fatto che il locutore ha cessato di essere fondatore, e che il linguaggio ha cessato di essere la dimora dell’essere; che, insomma, l’essere, l’io e il linguaggio stanno tutti in una dimensione di galleggiamento dove presente e passato collimano con il futuro-passato. Una dimensione a-dimensionale. Ivan Pozzoni liquida la poesia così come liquida la filosofia del Novecento; tutto è affondato sotto i colpi di quel machete che è stato l’affondamento della Fondazione. Pozzoni risolve (a modo suo e con pieno diritto), la questione della «Poesia» facendo una «cosa» che, molto semplicemente, è fuori-della-poesia. La presa di distanze da ogni ipotesi di «retroguardia» come di ogni «avanguardia» è chiarissima nella nomenclatura che ne dà Pozzoni quando parla di «non-poesia» e di «neon-avanguardia», quell’avanguardia che è andata a farsi friggere non desta più alcun interesse al poeta di Monza, così come la «poesia» vista come istituzione stilistica è un concetto che non dice più nulla a Pozzoni.
Pozzoni prende dunque atto che la poesia contemporanea è rimasta priva di referente, priva di un pubblico mandato sociale, priva di fondazione, priva di un tegumento stilistico, figlia legittima del tempo della stagnazione e della susseguente recessione economica, politica e spirituale, essa non può che girare a vuoto nel vuoto valoriale ed esistenziale. Ergo, il «poeta» diventa «non-poeta», la «poesia» diventa «non-poesia», è una quiddità non esistente, galleggia su di una materia non-materia, liquida, è parerga, fronzolo ricciuto e fronzuto, «neon». Direi che questo azzeramento mi sembra una operazione che ha i suoi risvolti positivi: una iconoclastia radicale, una dissacrante e arrembante distruzione di tutto ciò che pretenda di ergersi a mondo valoriale riconosciuto e riconoscibile, tanto è vero che Pozzoni riesce convincente quando abbandona la griglia formale in rime che nel suo corpo testuale diventa qualcosa molto simile alla non-rima, che riesce appunto telefonata in quanto prevista in anticipo, in quanto è già programmata nel software del Dopo il Moderno anche la sua mancanza. In quanto posti nel magazzino dei bagagli smarriti in anticipo, Pozzoni si sbarazza con funesta allegria di tutto il conglomerato delle retorizzazioni novecentesche. È l’affondamento della forma-poesia che qui ha luogo, senza nessun frastuono immersi come siamo nel rumore di fondo di una omologizzazione pervasiva e onnilaterale.
A questo proposito ritengo interessante per i lettori riportare una riflessione di Ivan Pozzoni apparso su un blog”
(Giorgio Linguaglossa da prefazione a Patroclo non deve morire, 2012)
“I miei frammenti, come frammenti ametrici, rifiutano ogni categorizzazione tradizionale, caratterizzandosi come «non-poesia» dove, con «poesia», si intenda una scrittura in versi eccessivamente attenta a modelli e strutture formali. La mia è una «vocazione», interessata a richiamare alla mente l’assurdo della quotidianità e a chiamare a raccolta chi, contro tale assurdo, desideri architettare forme di resistenza, benché io non sia certo che, nel tardo-moderno, sia ancora significativo il concetto, molto solido, molto orientativo, di «via»”.
(Ivan Pozzoni)
48. L’alieno
Dei fari si accendono allo sbocco della tangenziale di Milano
stride un rumore di impatto al suolo, brucia il terreno
non è l’inondazione del solito Seveso a creare rumor d’uragano
è sbarcato un alieno.
Arrivano in loco ambulanze e carabinieri richiamati dalla confusione,
l’attracco di un Unidentified Flying Object non è un consueto risvolto;
dalla torre di Cologno Monzese arrivano celeri i fanti della televisione
l’intervista esclusiva su Mediaset Premium amputerebbe ogni indice d’ascolto.
«Dottor Alieno» – sgomita il giornalista pubblicista- «ha intenti di belligeranza?»,
nella speranza di strappare all’alieno una firma gratis sulla liberatoria;
«Somaro mio» – risponde l’alieno- «secondo te sarei sbarcato in Brianza
se avessi avuto intenzione di conseguire anche una mezza vittoria?».
«Sono un alieno, e vorrei lanciare un messaggio alla vostra nazione,
che, insieme a Grecia, Portogallo e Spagna è terrona dell’Unione Europea,
la Bca (Banca centrale aliena) è disponibile a favorire stock option
– come dite voi- in modo che ogni banca d’Italia, attuata una ricapitalizzazione,
abbassi i tassi di interesse ai conti correnti, irritando i colon
dei milioni di risparmiatori italiani fino a crear loro una recessiva diarrea».
La giornalista trentenne, in minigonna e scollatura di rappresentanza
tenta di interrompere l’alieno con una domanda d’ordinanza:
costui, puntando col medio, le manda un fulmine, sparita, via,
com’era abituata, di tanto in tanto, a sparir sotto qualche scrivania.
«Punto due della Bca – continua l’alieno- dovrete incrementare ogni forma di flessibilità,
cioè usate un flex o una mola Bosch sui sorrisi di chi spaccia disoccupazione
sotto la falsa retorica dell’opportunità: dall’era Craxi hanno esaurito ogni credibilità.
Se volevate mandare l’Italia a troie tanto valeva tenersi in Camera Ilona Staller
e smettere di votare, come ciucci, i microcefali epigoni sinistra-centro-destra della Merkel
affrontando sul Transatlantico, MonteTitanic, la punta dell’iceberg della recessione».
«Punto tre della Bca – conclude l’alieno-, se da Arcore arriva Berlusca neanche inizio
non vorrei, tra le varie nipoti di Mubarak, incappare in un’odissea nell’ospizio
(di Cesano Boscone) o se da Firenzi mi arriva il Fonzie con la faccia da cassamortaro
non vorrei spendere milioni di alien-dollari in detersivi a cercar di smacchiare un giaguaro,
dovrete vendere le Alpi alla Svizzera, il Tirreno alla Corsica e l’Adriatico all’Albania
e svuotare l’oceano di un debito pubblico col cucchiaio della gerontocrazia».
All’improvviso a sirene spiegate arriva un’autolettiga della Croce Verde Pavese
due nerboruti infermieri, attenti a schivare medio e media, incamiciano l’alieno genovese
che, divenuto immediatamente alienato, interrompe il discorso e si incammina tranquillo.
Come cazzo hanno fatto a confondere messaggi d’alieno con un comizio di Beppe Grillo?
49. Il destino di Siface
Tito Livio, contro Polibio, si compiace
di spiegarci il destino di Siface.
La cronaca: raccontiamo i meri fatti
come farebbe Govoni coi suoi fiori soddisfatti.
Gli antefatti: Scipione attiva Massinissa e Lelio
contro un Siface costretto a dare er mejo.
Per Siface, in Magnos campos, è amarissimo il boccone
d’essere sconfitto al Bagrada insieme ad Asdrubale Giscone:
Postero die Scipio cum omni Romano et Numidico equitatu Masinissamque Laelium
expeditisque ad persequendos Syphacem atque Hasdrubalem mittit militum.
Catturato Siface la resa di Cirta è certa
i cavalieri di Lelio stravincono in trasferta
la disfatta è colpa di Siface: nisba!
ci finisce in mezzo Sofonisba
costretta a ingurgitare una tazza di veleno
come nel Critone fece Socrate senza esserle da meno.
Scipio C. Laelio cum Syphace aliisque captivis Romam misso, cum quibus et Masinissae
legati profecti sunt, ad Tyneta rursus castra refert ipse.
Siface è imbarcato verso Roma, caput mundi
incarcerato da una catena di gerundi,
a Zama c’erano Mazetullo e Ticheo e Siface stava a Tivoli
Annibale ebbe volatili da diabetici, cioè cazzi amari, e a Cartagine furono davvero cavoli.
Morte spectaculo magis hominum quam triumphantis gloriae Syphax est subtractus,
Tiburi haud ita multo ante mortuus, quo ab Alba fuerat traductus.
Dove stanno bene i fiori? In un vaso:
non servivano ventisei versi a distruggere il Parnaso.
La fuga di Mitridate
Questi momenti oscuri da instabile mondo terziario
ci inducono ad una sottile costante mitridatizzazione,
versandoci in versatori versatili di veleni metrici
nelle arterie d’una società tossicomane,
in crisi d’astensione.
Fondo un mondo dove rari eroi eroinomani,
ed eroine, inoculino, alternando, dosi d’antidoto e dosi di veleno
nelle loro stanche vene artistiche,
assicurando esiti incerti ai tests d’immunodeficenza,
battendo soglie di tolleranza.
Mitridate, assuefatto a Roma,
indossò un’armatura di scaglie di vento,
e non fuggì.