Invitiamo i lettori interessati ad essere ospitati nel blog ad inviare poesie sul tema: “Poesie su personaggi storici mitici o immaginari”
Giorgina Busca Gernetti è nata a Piacenza, si è laureata con lode in Lettere Classiche all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed è stata docente di Letteratura Italiana e Latina nel Liceo Classico di Gallarate, città dove tuttora vive. Ha studiato pianoforte al Conservatorio di Piacenza. Ha composto liriche fin dall’adolescenza, seguendo un’intima vocazione e nell’intento di dare forma duratura alle proprie emozioni, ma ha iniziato tardi a pubblicarle e a partecipare ai Concorsi letterari con inediti e opere edite. Ha pubblicato i libri di poesia “Asfodeli” (Torino 1998, prefazione di Sandro Gros-Pietro), “La luna e la memoria” (Torino 2000, prefazione di Elio Andriuoli), “Ombra della sera” (Torino 2002, prefazione di Antonio Gagliardi dell’Università di Torino), “La memoria e la parola” (pubblicazione 1° premio, Pisa 2005, prefazione di Nazario Pardini), “Parole d’ombraluce” (Torino 2006, prefazione di Sandro Gros-Pietro, postfazione di Gianni Solari dell’Università di Torino), “Onda per onda” (Spinea 2007, prefazione di Paolo Ruffilli), “L’anima e il lago” (pubblicazione 1° premio, Pomezia 2010, Tricase 2012², prefazione di Giuseppe Panella della Scuola Normale Superiore di Pisa); il saggio su Cesare Pavese “Itinerario verso il 27 agosto 1950” (in “Annali” del Centro Pannunzio, Torino 2009; in volume singolo, Tricase 2012); la raccolta di racconti “Sette storie al femminile” (nell’Annuario “Dedalus” n. 1, Novi Ligure 2011, prefazione Ivano Mugnaini; in volume individuale, Tricase 2013, prefazione di Anna G. Pessina). È in elaborazione un nuovo libro di poesia.

Bassorilievo in terracotta (pinax) del VI secolo a.C. proveniente dalla Magna Grecia, con rappresentazione di Demetra e Dioniso nell’atto di mostrare
Nel 1999, a Gallarate, ha recitato sue poesie in un “reading” di poeti con Tomaso Kémeny, Vivian Lamarque, Giampiero Neri, Franco Buffoni. Nel 2001 ha letto poesie d’amore in un “Contrasto” con il poeta Nevio Nigro nella “Familia Piemontéisa” di Torino. Ha partecipato ai Convegni di poeti, critici e filosofi, organizzati da Sandro Gros-Pietro nel “Circolo degli Artisti” di Torino, “Nostalgia dell’Eterno” (2003), “Natura benigna / Natura matrigna” (2006), “La gioventù del mondo” (2006). Ha inoltre illustrato i propri libri di poesia a Piacenza (sua città natale) in un “Incontro con l’Autore” svoltosi nel 2004 presso la Fondazione di Piacenza e Vigevano. Ancora a Piacenza nel 2007, nell’Atélier della pittrice Roberta Braceschi, (dopo il Salone del Libro di Torino nel 2006 e il Centro Pannunzio di Torino nel 2007) ha di nuovo proposto il libro “Parole d’ombraluce” con numerosi rimandi alle altre sue opere e un appropriato accompagnamento di musica classica durante la recita delle poesie. Nel 2010 lo stesso libro è stato presentato a Firenze, nel “Pianeta Poesia” di Franco Manescalchi, con la relazione del prof. Giuseppe Panella e di altri valenti relatori. Nel 2012 il Centro culturale “Firenze Europa Mario Conti” le ha organizzato nel Caffè Storico Letterario “Le Giubbe Rosse” di Firenze un “Incontro con l’Autore” sul tema “Classicità e modernità nella poesia di Giorgina Busca Gernetti”, articolato sui sei libri di poesia finora da lei pubblicati.
Sue poesie, talora tradotte in lingue straniere, sono incluse in numerose Antologie a tema oppure destinate alle scuole superiori (Book Ed., Genesi, Ibiskos, Helicon, Latmag ed., CFR). Suoi saggi letterario-artistici, racconti e articoli vari, recensioni, commenti agli scritti altrui compaiono in riviste specializzate, anche universitarie (“In Limine”), sia cartacee sia elettroniche, oppure in Blog culturali. Ha ottenuto giudizi di consenso dalla critica più qualificata (Giorgio Bárberi Squarotti, Giuseppe Panella, Enrico Nistri, Domenico Cara, Paolo Ruffilli, Francesco D’Episcopo, Vittoriano Esposito, Sandro Gros-Pietro, Mariagrazia Carraroli, Eugen Galasso, Giuliano Ladolfi, Pasquale Matrone, Nazario Pardini, Giuseppe Giacalone, Giuseppe Baldassarre, Sandro Gros-Pietro, Renzo Pavese e molti altri). Ha conseguito più di 70 primi premi per editi e inediti, due Medaglie del Presidente della Repubblica Italiana e numerosi Premi per la Cultura. Ha rifiutato un primo premio prestigioso e una corona d’alloro non consoni ai suoi principi.
Eleusi candida e silente
Bianche rovine giacciono silenti
nel vetusto sacerrimo santuario
d’Eléusi misteriosa nei suoi riti
per Demétra, gran madre della terra
bionda di grano, rossa di papaveri
sbocciati in primavera, quando torna
dall’Ade oscuro e lugubre Perséfone,
la bella Kore, amata figlia e pianta
dalla madre vagante disperata
scrutando ovunque, con la face accesa
nel buio della notte, nella luce
sfolgorante del sole di Sicilia.
Celata dietro un rocco di colonna
sogno o rivedo in mistica parvenza
il fascinoso mito che consacra
questo luogo di culto e di preghiera.
Regina delle Ombre era Perséfone
sposa del re degli Inferi, il crudele
Ade che la rapì dai prati sìculi
mentre danzava con le gaie Ninfe.
Dal sole al buio tetro d’Oltretomba
cadde la bella figlia che la madre
cercò piangendo e invocando gli dèi.
Ebbe pietà il potente Zeus, che volle
il ritorno di Kore sulla terra,
spoglia di fiori e frutti ed erbe e messi,
per risvegliarla dal gelido inverno
e rivestirla d’ogni aulente fiore.
Par di vedere nel sogno ad Eléusi
quelle vicende amare per le dèe
e per gli uomini, nel cupo inverno
e nella primavera ormai insperata.
Vita e morte, rinascita e ancor morte.
Sei mesi sulla terra e sei negli Inferi
fu il patto che il tremendo Ade impose
alla dolce Perséfone, sua sposa
ma figlia di Demétra, amata madre.
Il ciclo delle squallide stagioni
che fan sfiorire e morire il rigoglio
virente e profumato in quelle estive
perennemente ruota sulla terra,
generando la fertile rinascita
di germogli sui rami, d’erba giovane,
di bionde spighe e dolci frutti e fiori.
Mortali solo gli uomini, dolenti
della sorte dal Fato inflitta a tutti
senza uno scampo, senza via di fuga
dall’angoscioso destino di morte.
Sperano di commuovere le dèe
nei Misteri Eleusini con rituali
e preghiere nel celebre santuario,
implorando un futuro oltre il sepolcro
dopo l’odiata morte ineludibile.
Invocano la fertile rinascita
della natura dopo l’aspro inverno,
ma l’animo per il futuro trema
nell’Ade oscuro, denso di mistero,
d’Ombre dolenti squallida dimora.
Par di sentire nel silenzio candido,
tra le sparse colonne, fioche voci.
Sono schiere d’oranti che sussurrano
preghiere e litanìe per le due dèe.
Mi unisco a loro in sogno nel sentiero
tra le rovine della sacra Eléusi.
Capo Sounion
Place me on Sunium’s marble steep
Where nothing, save the waves and I,
May hear our mutual murmurs sweep:
There, swan-like, let me sing and die.
(George Byron)
Anch’io, Byron, un cigno vorrei essere
che qui canta nel mormorìo dell’onde,
canta in questa infinita solitudine
del Capo Sounion di marmo divino
e muore nello splendido tramonto
del sole che declina fino al mare.
Nel meriggio dell’Ellade assolata
il candore del marmo luce e splende.
Le doriche colonne del Santuario,
Tempio di Posidóne dio del mare,
s’erigono nel terso cielo azzurro
sulla vetta del sacro promontorio.
I miei passi sui tuoi, Poeta amante
dell’Ellade ventosa, accarezzata
dal mare che risuona in lieve mùrmure,
in urla acute contro la scogliera
se tempesta l’adira e lo sommuove
talora per vendetta contro gli uomini.
Il nostro tempio, Byron, sorge a picco
sull’onda che rammenta come un’eco
il lamento e le grida e l’atra morte
del padre Egèo che diede il nome al mare
in cui dall’aspra rupe si scagliò
per l’errore fatale di Teséo
Vele nere come annuncio di morte,
non bianche come un grido di vittoria
sul Minotauro mostruoso di Creta.
Nel Labirinto si salvò l’eroe
grazie al filo d’Arianna e al suo vigore,
ma la sacra promessa non mantenne.
L’eroe glorioso, del sangue macchiato
d’Asterione, feroce Minotauro,
discendente dal Toro luminoso
sacro al dio Febo e caro a Poseidone,
dai venti tempestosi del dio irato
le sue candide vele ebbe in lacerti.
Un re si getta dalla rupe in mare.
Un altro re sulla scogliera siede
e piange la sconfitta a Salamina,
contempla l’acqua rossa del “suo” sangue,
del sangue dei Persiani massacrati
dai Greci per la loro libertà.
Da Capo Sounion ammira la flotta
dei Persiani con navi poderose
come l’impero ch’era il suo progetto.
Il Greco che la patria vuole libera
con navi snelle e lievi come i sogni
vola sul mare tra le belle isole.
Serse sconfitto piange il sogno infranto
nato dall’hýbris che ignora ogni limite,
ma il Greco che combatte per la patria
or può cantare e suonare la lira,
di vino Samio riempire la coppa
fino all’orlo e brindare con fierezza.
Rimpiangi, Byron, questo eroico evento
e sogni non più schiava la tua Ellade
amata per la sua fiera Bellezza.
Di marmo sul pendìo del Capo Sounion
vuoi cantare come un cigno e morire.
Anch’io con te tra il mormorio dell’onde.
Hai inciso a fondo il tuo nobile nome
di una colonna dorica alla base,
memoria eterna del tuo grande animo
per chi sosta del Tempio tra le file
di ritte e snelle colonne nel vento
e nel sole del sacro Capo Sounion.
(inediti, inseriti nel libro di imminente pubblicazione)