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ALEKSANDR BLOK (1880 – 1921) “I dodici” a cura di Paolo Statuti

da POESIA N. 296 Settembre 2014-09-2004

«Mi piace il suo viso severo e la sua testa di fiorentino del Rinascimento.» (M. Gorkij)

«Oggi mi sento un genio»: così disse Aleksandr Blok, solitamente modesto, terminando il suo poema I dodici, il 29 gennaio 1918.

rivoluzione d'ottobre manifestazione bolscevica

rivoluzione d’ottobre manifestazione bolscevica

Aleksandr Blok (San Pietroburgo, 28 novembre 1880 – 7 agosto 1921) il maggiore poeta simbolista russo – era nato a Pietroburgo nel 1880. Esordì con il ciclo Ante lucem (1898-1900), di cui facevano parte poesie pubblicate più tardi nel volume Versi sulla Bellissima Dama (1905). In questi versi Blok, seguendo le dottrine del poeta filosofo Vladimir Solovjov (1853-1900), canta la quintessenza umana della femminilità eterna, invoca la Sposa celeste in un rapimento estatico, saturo di sensualità, di teneri sospiri, di sensazioni ineffabili.

Il fallimento della rivoluzione del 1905, in cui aveva creduto, infrange nel poeta le speranze di un rinnovamento spirituale e politico della società, e a partire dal 1906 la sua voce rivela delusione e amarezza. L’ironia, unita a un sentimento di rivolta e di insofferenza, trova posto nella sua anima ormai libera dall’estasi e dai sogni giovanili.

rivoluzione d'ottobre i bolscevichi

rivoluzione d’ottobre i bolscevichi

 Nel dramma La baracca dei saltimbanchi, rappresentato a Pietroburgo nel 1906, Blok deride con spietato sarcasmo, in un susseguirsi di immagini grottesche e illusorie, le sue precedenti esperienze mistiche. Nei versi del ciclo Il mondo terribile, la Sposa celeste è ormai una creatura terrena, una prostituta. Pietroburgo è uno squallido aggregato di bettole fumose e sporche, di vecchi straccioni mendicanti, di vagabondi, di relitti alla deriva. Nel dramma La sconosciuta il sacro tempio si trasforma in una casa di tolleranza.

L’amore ideale, nebuloso, ormai svanito, lascia il posto all’amore per la Russia, che Blok vede come entità concreta e divina, come una creatura sofferente. «La Russia resta sempre la stessa: un’entità lirica», scriveva alla madre nel 1909, e aggiungeva: «Qualunque cosa accada, essa resterà sempre la Russia dei miei sogni». Da questo amore, dall’entusiasmo suscitato in lui dagli avvenimenti del 1917 e soprattutto dalle giornate di Ottobre, nacquero due poemi: I dodici e Gli Sciti, entrambi scritti nel 1918.

Aleksandr Blok

Aleksandr Blok

Blok sentì la «musica» della Rivoluzione, presagì l’ineluttabilità del cataclisma che avrebbe spazzato via tutte le ingiustizie del «mondo terribile», del vecchio mondo. Nei Dodici sono mirabilmente amalgamate le emozioni e i presentimenti dell’imminente lotta sociale. Nei giorni in cui lavorava a questo poema, il poeta incontrò alcuni noti esponenti del Partito comunista e così si espresse con loro: «A voi interessa la politica, il partito, mentre noi poeti cerchiamo l’anima della Rivoluzione. Essa è stupenda, e qui siamo tutti con voi».

A confermare il carattere «sacro» della Rivoluzione appare in chiusura l’immagine di Cristo, quasi in contraddizione con tutto il contenuto del poema. Cristo che avanza davanti alle dodici guardie rosse, simboleggianti gli apostoli, è un puro simbolo poetico che sta ad esprimere la benedizione etico-religiosa della Rivoluzione da parte del poeta. Tutto il poema è in movimento continuo, movimento irrefrenabile che ha un’unica direzione: «Avanti!». La ricchissima gamma di contrasti lessicali, la sequela di immagini come lampi di magnesio, le dissonanze, gli elementi polifonici che si fondono in un’armonia superiore, tutto ciò concorre a creare quel ritmo incalzante, terribile e continuo, che si fa particolarmente solenne nelle strofe finali. In questa creazione il genio musicale e pittorico di Blok raggiunge il vertice. In seguito, svanito l’ardente entusiasmo dei primi mesi della Rivoluzione, oppresso e deluso dall’arido e pedantesco apparato burocratico che lo circondava, avvilito da difficoltà e incomprensioni, il poeta si abbandonò a un cupo pessimismo. Stanco e isolato si spense il 7 agosto del 1921.

(Paolo Statuti)

 

Aleksandr Blok 8

I DODICI

1
Buia sera.
Neve bianca.
Che vento!
Le gambe piega.
Che bufera –
Sulla terra intera!

Di neve e vento
Un girotondo.
Ghiaccio è il fondo.
Bufera maledetta!
Ogni passante
Scivola – ah, poveretta!

Tra due case
Una fune si tende.
Sulla fune – un cartello:
“Tutto il potere alla Costituente!”
Una vecchia piange – ahimé,
Non capirà mai perché
C’è quel cartello.
Che spreco con quel telo –
Quante pezze per i piedi dei ragazzi,
Spogliati e scalzi…

La vecchia, come una gallina,
Ha saltato un mucchio di neve.
– Oh, Benedetta Madonnina!
– Coi bolscevichi la vita è breve!

Punge il vento!
Gelo maledetto!
Un borghese al crocevia
Ha il naso nel colletto.

E questo chi è? – Lunghi i capelli
Parla a voce bassa:
– Traditori!
– La Russia al Creatore! –
Forse un letterato –
Un oratore…

E là con la zimarra –
In disparte vi tenete…
Passata è l’allegria,
Compagno – prete?

Ricordi com’era?
Sulla pancia sporgente
La croce splendeva
Per la gente…

Là una dama impellicciata
Verso un’altra s’è voltata:
– Ah, quanti pianti, quanti pianti…
Ma è scivolata
E – paff – che sederata!

Ahi, ahi!
Titatemi su!

Vento allegro,
Spietato e contento.
Rivolta i lembi,
Sferza i passanti,
Strappa, sbatte
Un grande cartello:
“Tutto il potere alla Costituente”…
E le parole porta:
…Da noi c’è stata una riunione…
…In questo androne…
…Abbiam discusso –
Abbiam deciso:
Dieci – per un’ora, venticinque – per la notte…
…Di meno – non accettare…
…Andiamo a riposare…

Tarda sera.
La strada s’è svotata.
Un vagabondo
Ha la schiena piegata,
E sibila il vento…

Ehi, pezzente!
Vieni qua –
Baciamoci…

Pane!
Chi va là?
Passa!

Cielo, cielo nero.
Rabbia, triste rabbia
Bolle in petto…
Rabbia nera, rabbia santa…

Compagno, bada!
Attento!

Aleksandr Blok 7

 

2

Passeggia il vento, vola la bufera.
Va dei dodici la schiera.

Le nere cinghie dei fucili,
Intorno – fuochi, fuochi, fuochi…
Berretto sgualcito, tra i denti – un mozzicone,
Sembran fuggiti dalla prigione!

Libertà, libertà,
E la croce via di qua!

Tra-ta-ta!

Che freddo, compagni, che freddo fa!

– Vanja e Katja sono insieme…
– Nella calza i soldi tiene!

– Ricco Vanja è diventato…
– Era con noi, adesso è soldato!

– Vanja, figlio di puttana, suvvia,
Prova a baciare la mia!

Libertà, libertà,
E la croce via di qua!
Katja con Vanja è occupata –
Ma che fa, che fa?…

Tra-ta-ta!

Intorno – fuochi, fuochi, fuochi…
A tracolla i fucili…

Il passo sia rivoluzione!
Il nemico è pronto all’azione!

Compagno, coraggio, il fucile agguanta!
Spariamo sulla Russia Santa –

Vetusta,
Contadina,
Satolla!

E la croce via di qua!

Aleksandr Blok

Aleksandr Blok

3
Oh partirono i ragazzi,
Per servir la guardia rossa –
Per servir la guardia rossa –
E finire in una fossa!

E tu, amara sventura,
Vita gentile!
Lacero il cappotto,
Austriaco il fucile!

Per la sorte dei borghesi
Mille fuochi sono accesi,
Fuoco e sangue nel cuore –
Oh, proteggici, Signore!

4
Neve. Grida il vetturino,
Vanja con Katja vicino –
La luce del fanale
Sulle stanghe…
Ah, ah, crepa!…

Nel cappotto militare
Un balordo egli pare,
Torce e alliscia senza sosta
il baffo nero,
E scherza a cuor leggero…

Vanja è così – forte e tenace!
Vanja è così – assai loquace!
La sciocca Katja abbraccia,
E a parlare attacca…

Getta indietro la testolina,
Denti come perline…
Oh, Katja, m’è sempre piaciuta
La tua faccia paffuta…

Aleksandr Blok

Aleksandr Blok

5

Sul tuo collo, Katja,
Lo sfregio d’un coltello.
Sotto il petto, Katja,
Hai un graffio novello!

Balla un po’, amore mio!
Che gambe, santo Dio!

Biancheria di pizzo portavi –
Portala ancora!
Con gli ufficiali trescavi –
Tresca, tresca anche ora!

Eh, eh, tresca adesso!
Il cuor sobbalza in petto!

L’ufficiale, Katja, rammenti –
Non evitò una coltellata…
L’hai scordato, accidenti?
La memoria s’è offuscata?

Eh, eh, non mentire,
Con te voglio dormire!

Ghette cenere avevi,
Solo dolci raffinati,
Tra i cadetti tu sceglievi –
Ora scegli tra i soldati?

Eh, eh, pecca pure, dai!
Più leggera ti sentirai!

arrivo dei capi bolscevichi a Brest Litovsk 3 marzo 1918

arrivo dei capi bolscevichi a Brest Litovsk 3 marzo 1918

6

Di nuovo passa come furia
Il vetturino: vola, urla, ingiuria…

Fermo! Andrjej, da’ una mano!
Corri dietro a quel marrano!…

Tra-tarara-ta-ta-ta-ta!
Quanta neve s’è levata!…

Scappa Vanja – il bellimbusto…
Alza il cane! Mira giusto!…

Tra-tarara! Or vedrai…
……………………………….
Le donne altrui più non avrai!…

E’ scappato! Aspetta, carogna,
Finirai in una fogna!

E Katja dov’è? – Morta ammazzata!
Ha la testa crivellata!

Katja, sei contenta? – Taci…
Come una bestia giaci!…

Il passo sia rivoluzione!
Il nemico è pronto all’azione!

7
Va dei dodici la schiera,
Con passo deciso.
Il povero assassino
Nasconde il suo viso…

Più veloce, senza fiato
Corre come un ossesso.
Lo scialle sul collo annodato –
Mai più sarà se stesso…

– Oh, compagno, sei afflitto?
– Hai la faccia smarrita!
– Pjetja, sembri un relitto,
Vorresti Katja in vita?

– Oh, compagni, ricordate,
Quella pupa io l’amavo…
Notti buie, ubriache
Con la pupa io passavo…

– Con lo sguardo provocava,
Eran fuochi i suoi occhi,
Sulla spalla che mostrava
C’era un neo coi fiocchi!
Dietro a lei, povero me,
Mi son perso… ahimé, ahimé!

– Cane, vuoi sonare l’organetto,
Pjetja, sei forse una donnetta?
– O forse vuoi sputare
Tutto ciò che hai nel petto?
– Controllati!
– Sta’ dritto!

– Più nessuno ormai, fratello,
I tuoi mali curerà!
Oggi più grave è il fardello
Che ciascuno porterà!

E Pjetja ha rallentato,
Or più non s’affretta…

La testa ha sollevato,
Or di nuovo sembra lieto…

Eh, eh!
Goder non è peccato!

Serrate ben le porte,
Verran saccheggi e morte!

Aprite la botte –
Gli straccioni vanno a frotte!

Aleksandr Blok

Aleksandr Blok

8

Oh tu, amara sventura!
Noia mesta,
Funesta!

Il tempo
Passerò, passerò…

La testa
Gratterò, gratterò…

I semi
Sguscerò, sguscerò…

Il coltello
Userò, userò!…

Vola, passerotto borghese!
Il sangue voglio bere
Per la mia bella,
Per le ciglia nere…

Pace, Signore, per l’anima della tua schiava…

Noia!

9
Tace la voce della città,
Il gendarme più non cammina,
Tace la torre sulla Nevà –
Non c’è più vino in cantina!

Un borghese sta al bivio,
Cela il naso nel colletto.
Un pelo irsuto lo strofina –
E’ un mite cane reietto.

Come quel cane è affamato,
Tace, non fa domande.
Come quel cane, il vecchio mondo
Ha la coda tra le gambe.

Aleksandr Blok

Aleksandr Blok

10

E’ scoppiata la tempesta,
Ovunque sconquasso!
Non distingui più una testa
A distanza d’un passo!

Di neve un grande anello,
Di neve un mulinello…

– Gesù mio, che bufera!
– Pjetja, parla seriamente!
Da cosa t’ha salvato
Quel santume dorato?
Svegliati!
Libera la tua mente –
Di sangue sei macchiato,
Katja t’ha rovinato!
– Il passo sia rivoluzione!
Il nemico è pronto all’azione!

Avanti, avanti ancora,
Chi lavora!

11
…E vanno senza nome di santo
Dodici fanti.
Decisi sono a tutto,
Senza rimpianti…

D’acciaio l’armamento
Pel nemico nell’ombra…
I vicoli di pianto
La bufera inonda…
Nel soffice manto –
Lo stivale affonda…

Negli occhi ondeggia
Una bandiera.

S’odon passi
Nella sera.

Si desterà
Il feroce nemico…

La tormenta li inghiotte
Giorno e notte
Senza tregua…

Avanti ancora,
Chi lavora!

rivoluzione d'ottobre 1

12

…Vanno con passo gagliardo…
– Esci dalla tua tana! –
Davanti – un rosso stendardo,
Infuria la tramontana…

Davanti – un cumulo gelato,
– Chi va là? Fuori, carogna!…
E’ solo un cane affamato
Che si gratta la rogna…

– Passa via, cane immondo,
O il mio ferro proverai!
Ti somiglia il vecchio mondo,
Passa via o perirai!

…Mostri i denti per la fame,
La tua coda nascondi,
Solo al mondo, senza pane…
– Chi va là? Ehi, rispondi!

– Chi è che regge lo stendardo?
– Oh, il cielo com’è scuro!
– S’ode un passo codardo,
Si cela dietro un muro.

– Fuggire ora che vale?
Meglio vivo restare!
– Ehi, compagno, finirai male,
Mi costringi a sparare!

Tra-ta-ta! – L’eco soltanto
Dalle case risponde…
La bufera ride intanto
Tra le candide sponde…

Tra-ta-ta!
Tra-ta-ta…

…E vanno con passo gagliardo,
Dietro – un cane affamato,
Davanti – con lo stendardo
Di sangue imbrattato,
Dai proietti risparmiato,
Con passo dolce e lieve
Tra mille perle di neve,
Il capo ornato di cisto –
Chi li guida? – Gesù Cristo.

(Traduzione di Paolo Statuti)

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