Archivi del giorno: 17 settembre 2014

POESIE SU PERSONAGGI STORICI MITICI O IMMAGINARI Poesie di Bertolt Brecht (1898-1956) e Giorgio Linguaglossa su “Il sandalo di Empedocle”

e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno ...

e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno …

 

Bertolt Brecht

Bertolt Brecht

Berthold Brecht (che poi semplificò il suo nome in Bertolt) nacque ad Augusta, in Baviera, nel 1898 da una famiglia discretamente agiata, della borghesia industriale.
Nel 1917 si iscrisse alla facoltà di lettere dell’Università di Monaco, ma poi passò a quella di medicina perché era più facile, per uno studente di quel corso, evitare il servizio militare. Proprio in quegli anni pubblicò poesie e opere teatrali. Nel 1922 riscosse un discreto successo con Tamburi nella notte e nello stesso anno si sposò con l’attrice Marianne Zoff. Nel 1924 si trasferì a Berlino e nel ’27, fallito il primo matrimonio, si sposò con un’altra attrice, Helen Weigel, da cui ebbe due figli. A Berlino si affermò come drammaturgo e fece amicizia e collaborò con molti musicisti del tempi come Kurt Weil e Paul Hindemith.
All’avvento del nazismo al potere, nel 1933, Brecht con la famiglia dalla Germania in volontario esilio: andò in Danimarca e vi rimase fino al 1939, manifestando idee comuniste, anche se non si iscrisse mai al partito. Alla vigilia della seconda guerra mondiale dalla Danimarca passò in Svezia e di qui in Finlandia e in Russia per approdare, infine, negli Stati Uniti d’America dove si stabilì in California, a Santa Monica, fino al 1946 vivendo quasi totalmente isolato. Sospettato di attività antiamericane, nel 1948 rientrò in Europa e si stabilì a Berlino Est dove, malgrado il suo professato comunismo, fu guardato con sospetto per le sue posizioni polemiche e per il suo individualismo. Tuttavia le sue opere erano rappresentate ovunque e proprio a Berlino egli organizzò la compagnia teatrale Deutsches Ensemble (1949) che divenne ampiamente famosa in tutta Europa. Brecht morì a Berlino nell’agosto 1956 per infarto cardiaco.

 il binario che porta ad Auschwitz

il binario che porta ad Auschwitz

 

Arbeit macht frei

Arbeit macht frei

 

 

 

 

 

 

Bertolt Brecht

Il sandalo di Empedocle

1
Quando Empedocle di Agrigento
si fu procurata la reverenza dei suoi concittadini insieme
agli acciacchi della vecchiaia,
decise di morire. Ma siccome
amava alcuni pochi, che lui riamavano,
non volle dinanzi a costoro annullarsi ma piuttosto
entrar nel Nulla.
Li invitò ad una gita. Non tutti:
questo o quello dimenticò, sì che nella scelta
e in tutta l’iniziativa
fosse commisto il caso.
Ascesero l’Etna.
Lo sforzo della salita
consigliava silenzio. Nessuno sentì la mancanza
di parole sapienti. Lassù
ripresero fiato per tornare al ritmo consueto dl sangue,
intenti al panorama, lieti di essere alla meta.
Li abbandonò, inosservato, il maestro.
Quando ripresero a parlare, non si avvidero
ancora di nulla: soltanto più tardi
qua e là mancò una parola, e si volsero a cercarlo.
Ma già da tempo egli era oltre il dosso del monte,
pur senza troppo affrettarsi. Una volta soltanto
sostò e allora udì
come remota, da dietro la vetta,
riprendeva la conversazione. Le parole
non si potevano distinguere più: incominciava il morire.
Quando fu presso al cratere,
voltò il capo, non volendo conoscere il seguito,
che non lo riguardava più, il vecchio si curvò lentamente,
sciolse con cura il sandalo dal suo piede, lo gettò sorridendo
di fianco, a pochi passi, sì che non troppo presto
lo si potesse trovare, ma pur sempre in tempo; e cioè
prima che fosse marcito. Soltanto allora
venne al cratere. Quando gli amici suoi
furono senza di lui ritornati cercandolo,
cominciò a grado a grado per settimane e mesi
la sua scomparsa, com’egli aveva voluto. C’era
chi l’aspettava ancora mentre già altri
lo davano per morto. Rimandavano alcuni
le loro domande fino al suo ritorno mentre già altri
cercavano da soli le soluzioni. Lentamente, come nuvole
nel cielo si allontanano, immutate, appena più piccole,
e più si fanno, quando non le si guardino, più lontane,
e, se le cerchi di nuovo, già forse confuse con altre, così
s’allontanava egli dalla loro consuetudine, in modo consueto.
Poi sorse una diceria:
che morto non fosse, perché non mortale, si disse.
Il mistero lo avvolse. Si riteneva possibile
che oltre alla sfera terrestre altro ci fosse; che il corso
delle cose umane potesse per un solo uomo mutarsi; e simili chiacchiere.
Ma fu trovato in quel tempo il sandalo suo, di cuoio,
palpabile, consunto, terrestre! Lasciato per quelli
che, se non vedono, subito cominciano col credere.
la fine dei suoi giorni
ritornò naturale. Come chiunque altro era morto.

Bertolt Brecht Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. e fui contento perchè rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. e stetti zitto perchè mi stavano ...

Bertolt Brecht Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. e fui contento perchè rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. e stetti zitto perchè mi stavano …

 

 LA GUERRA CHE VERRA'. Non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell'ultima c'erano vincitori e vinti.

LA GUERRA CHE VERRA’. Non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti.

Altri descrivono invece l’accaduto
altrimenti: quell’Empedocle
avrebbe davvero tentato di garantirsi onori divini
e con una evasione misteriosa, un’astuta
caduta nell’Etna, senza testimoni, fondar la leggenda
che egli non fosse di natura umana né sottoposto
alle leggi della decadenza. Ma che allora
il sandalo gli avesse giocato il tiro di cader nelle mani degli uomini.
(Alcuni dicono persino che sia stato il cratere, irato
per una simile iniziativa, a sputar via semplicemente
il sandalo di quel degenerato). Ma noi qui preferiamo credere
che se realmente non si fosse tolto il sandalo, avrebbe piuttosto
dimenticato soltanto la nostra stoltezza, senza pensare che noi
precipitosamente vogliamo far più buio quel ch’è buio, preferendo
credere a cose insulse, invece di cercare un motivo plausibile. E il monte
– ma non sdegnato però per tanta trascuratezza o nemmeno persuaso
che colui avesse voluto ingannarci per scroccare onori celesti
(ché nulla crede il monte e di noi non si cura)
ma anzi vomitando fuoco come sempre – avrebbe allora sputato
il sandalo e i discepoli così
– già occupati a fiutar qualche grande mistero,
a svolgere profonda metafisica; fin troppo occupati! –
afflitti dovettero a un tratto fra le mani tenersi quel sandalo
del maestro, fatto di palpabile cuoio, terrestre.

(traduzione di Franco Fortini)

e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno ...

e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno …

 

Giorgio Linguaglossa è nato a Istanbul nel 1949 e vive e Roma. Per la poesia nel 1992 pubblica Uccelli (Roma, Edizioni Scettro del Re), nel 2000, Paradiso (Libreria Croce, Roma), nel 2006 La Belligeranza del Tramonto (LietoColle 2006), e nel 2013 Blumenbilder – Natura morta con fiori (Passigli, Firenze). Ha tradotto poeti inglesi, francesi e tedeschi tra cui Nelly Sachs e Georg Trakl. Dal 1992 ha diretto la collana di poesia delle Edizioni Scettro del Re di Roma. Nel 1993 fonda il quadrimestrale di letteratura «Poiesis» che dirigerà fino al 2005. Nel 1995 redige e firma con Giuseppe Pedota, Lisa Stace e Maria Rosaria Madonna il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicandolo nel n. 7 della rivista da lui diretta. Nel 2001, pubblica il racconto lungo Storia di Omero nel volume collettivo Via Pincherle – Modelli Narrativi a Confronto, per le Edizioni Libreria Croce. Nel 2003 pubblica il libro di saggi sulla poesia moderna, Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte (Coedizione Libreria Croce – Scettro del Re). Suoi saggi sulla poesia contemporanea sono presenti in Linee odierne della poesia italiana, a cura di Roberto Bertoldo e Luciano Troisio (Quaderni di Hebenon, 2001), e nel volume Sotto la superficie. Letture di poeti italiani contemporanei a cura di Gabriela Fantato (Bocca, 2004). Per le edizioni Bonaccorso di Verona nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Ha curato l’apparato critico del numero speciale 33 di «Poiesis» del 2006 dedicato alle traduzioni di alcuni saggi del poeta russo Osip Mandel’štam e di dieci poesie inedite del poeta russo: Il fornello a petrolio (poesie per bambini). Alcuni suoi saggi sulla poesia contemporanea sono apparsi in «Numen» del 2007, quaderno di critica edito dalla rivista di segni contemporanei «Altroverso» di Campobasso. Ha curato le presentazioni critiche dei poeti inseriti ne La poesia degli anni Novanta. Antologia (Roma, Scettro del Re 2002) ed è presente con alcune composizioni nella Antologia della poesia erotica contemporanea (Roma, Ati Editore, 2006). Collabora in veste di critico con le riviste di letteratura contemporanea: «Polimnia», «Hebenon», «Altroverso», «Capoverso».
Sue poesie sono state tradotte in spagnolo, inglese e bulgaro. In quest’ultima lingua è stata pubblicata nel 2007 la traduzione integrale de La Belligeranza del Tramonto.
Nel 2007 pubblica il saggio Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in «Atti del Convegno: È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo» per le edizioni Passigli di Firenze. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980 – 2010) con EdiLet di Roma e il romanzo Ponzio Pilato (Mimesis, 2010); nel 2011 esce Dalla lirica al discorso poetico. La Poesia italiana dal 1945 al 2010 (EdiLet); nel 2013 per la Società Editrice Fiorentina esce il saggio Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea.

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Giorgio Linguaglossa

Giorgio Linguaglossa

 

 

 

 

 

Giorgio Linguaglossa

Il sandalo di Empedocle

Hanno trovato un sandalo. Sì, proprio un sandalo nei pressi del cratere del vulcano. Corre voce che Empedocle sia scomparso. Non si hanno più notizie di lui. Corre voce che il sandalo trovato sia di Empedocle. Tra gli agrigentini c’è chi crede in un incidente: che il filosofo abbia messo il piede in fallo e sia scivolato lungo la parete interna del vulcano; c’è invece chi è convinto che si sia trattato di un omicidio; che gli abbiano strappato un sandalo e poi lo abbiano spinto giù nel cratere, e poi abbiano lasciato il sandalo tra i cespugli, in bella vista, per sviare il popolo all’idea di un suicidio. Pausania, il fedele discepolo del maestro, chiede un’istruttoria, una udienza pubblica con i cittadini di Agrigento raccolti nell’agorà. E allora avviene che gli agrigentini accorrano nell’agorà per ascoltare le ragioni dei pro e dei contro e decidere sul da farsi.
Sono presenti Ermocrate, il rappresentante delle classi agiate, Crizia, il rappresentante dei sacerdoti e Pausania, il fedele discepolo del maestro.

«Dunque, il sandalo è di Empedocle», ha dedotto Ermocrate rivolgendosi alla folla degli agrigentini.
«Dunque, il sandalo non è di Empedocle», ha inferito Crizia rivolgendosi alla gente agrigentina.

Fu a quel punto che interloquì Pausania, il fedele discepolo del maestro.
«Vi siete chiesti, cittadini di Agrigento, che ci faceva Empedocle nei pressi del cratere del vulcano? Vi sembra credibile e verosimile ipotizzare il maestro che passeggia sulla sommità di un vulcano? E a che scopo l’avrebbe fatto? Per prendere aria fresca? Per fare una salubre passeggiata?».

«Per chiamare gli dèi inferi in suo aiuto», ipotizzò Crizia.
«Per cercare ispirazione nel fuoco», rinforzò Ermocrate.
«È verosimile», riprese Crizia.
«È un’ipotesi attendibile e credibile», confermò Ermocrate.
«Non è vero, quel sandalo non è un qualunque sandalo. Empedocle è stato ucciso e il suo corpo è stato gettato nel cratere del vulcano, tranne il sandalo, che è stato lasciato lì dai suoi assassini affinché apparisse come un suicidio, o un banale incidente».
Così interloquì il fedele Pausania in mezzo agli agrigentini attoniti.

«Dunque, ammettiamo che il sandalo sia davvero di Empedocle – riprese Crizia là dove era stato interrotto – perché Empedocle l’ha lasciato cadere proprio in quel punto, e non in un altro? Che significa ciò?».
Questo chiese Crizia ai cittadini di Agrigento accorsi in massa a vedere il sandalo.
«Sì, è il suo sandalo, non v’è dubbio alcuno», ribadì Ermocrate dall’alto della sua bianca toga.
«Sì, è il suo sandalo», inferì Crizia il quale così proseguì: «lo ha abbandonato lì Empedocle per sviare le indagini».
«Sì, è il suo sandalo», terminò Crizia avvolgendo sulla spalla la sua toga scarlatta.

Il dibattito degli agrigentini intanto si era insensibilmente spostato da Empedocle al suo sandalo. E i cittadini di Agrigento erano divisi e combattuti.

«Ricordate, agrigentini, quando il folle Empedocle voleva imprigionare il vento e ha fatto costruire degli otri di pelle di asino per metterli in cima alle colline per frenarne l’impeto? Ricordate quando indusse una donna in uno stato di morte apparente per trenta giorni per poi farla resuscitare dinanzi a voi?».
Questo disse Crizia aggiustandosi la sciarpa che pendeva dalla spalla, e proseguì:
«Empedocle era un folle che voleva gareggiare con gli dèi, per questo è finito nel vulcano. Voleva essere simile agli dèi. Ma questo è un delitto, ed è punito dagli dèi. La sua smodata arroganza è stata punita. Giustizia è stata fatta. Date agli dèi ciò che è degli dèi e agli uomini ciò che è degli uomini. Che le cose divise restino divise».
Così parlò Crizia in mezzo al silenzio attonito degli agrigentini.
E così interloquì Ermocrate:
«Ricordate, agrigentini, quando il poeta-filosofo voleva abbattere lo stato, abolire la religione e le istituzioni della repubblica, perché – diceva – essere quella la via della notte che conduce dritto alla tenebra?».
E così proseguì Ermocrate:
«Grazie dunque, agrigentini, per averlo cacciato dalla città. Empedocle era un pericolo. Era un cane rognoso che si mordeva la coda. E questa è la sua ultima vendetta. La sua vendetta postuma: l’aver artatamente abbandonato un sandalo sulle rocce laviche e poi scomparire gettandosi nel fuoco del vulcano».
Così parlò Ermocrate in mezzo al silenzio attonito degli agrigentini.

«Insomma, un sandalo è un sandalo. Ormai la questione non ha più importanza. Il sandalo di Empedocle è eguale a qualsiasi altro saldalo. L’importante è che Empedocle si sia tolto dalle scatole! Che si sia gettato volontariamente nel fuoco del vulcano o che vi sia scivolato accidentalmente, a questo punto, non fa differenza. È la stessa cosa».
Così parlò il magistrato Ermocrate, il quale sentenziò:
«Il caso è chiuso».

(Inedito, 2006)

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