Archivi del giorno: 14 luglio 2014

SEI POESIE di UDAYAN VAJPEYI (prima traduzione in italiano) da ADRSHYA JIVAN, LA VITA INVISIBILE, traduzione dal hindi e presentazione di Steven Grieco

Udayan tempio Jain

tempio Jain

Udayan Vajpeyi

Udayan Vajpeyi

(con la gentile consulenza di Dr. Shalini Sharma e Francesco De Mandato)

Udayan Vajpeyi nato nel 1960 a Sagar, nel Madhya Pradesh, è letterato e medico di professione. Vive a Bhopal (dove nel 1984 avvenne il disastro dello stabilimento della Union Carbide). Ha pubblicato diversi libri di racconti, due libri-intervista fra cui Abhed Aakash (Spazio indiviso) con il regista Mani Kaul, e inoltre molti saggi su argomenti filosofici, sulla pittura e la musica, sul teatro classico sanscrito e infine sulle popolazioni tribali originarie del suo stato, il Madhya Pradesh.

Udayan Ragione 18

India

In ambito poetico, notiamo tra le altre raccolte significative, Adrshya Jivan, La vita invisibile, tradotta in francese e pubblicata prima presso Cheyne éditeur nel 2000, e in seguito ripubblicata da Ragage éditeur nel 2007. Da questo volume sono tratte le poesie che seguono.

Sue poesie sono state tradotte in diverse lingue indiane, in inglese, svedese, polacco, bulgaro, e altre. Ha tradotto in hindi testi di Octavio Paz, J. L. Borges, Anton Chekhov, Iosif Brodsky, Philippe Jaccotet, Shuntaro Tanikawa, Balchandran Chullikad, e altri. Dirige la rivista Samas in lingua hindi, ed è membro di diverse redazioni di riviste letterarie e di poetica, fra cui Kavita Asia.

Ha parlato su arte e letteratura a Mosca, Parigi, New Delhi, Heidelberg, Bombay e altrove.

udayan_vajpayi conversation

ARRIVO

“Prepara la casa, che abbia l’aria felice.” Questo disse, o forse fui io a sentirlo. Avevo la febbre, lei era esausta per la giornata. Sulla sua fronte e nell’aria piovosa, un’oscurità fitta. Non c’era nessuno degli ospiti che non ci avrebbe visto litigare. “Prepara la casa, che abbia l’aria felice!” ripeteva di continuo.
L’acqua continuava a bollire sulla stufa.
C’era ancora tempo prima dell’arrivo del treno.
Sulla strada gli ubriaconi borbottavano fra di loro. Nei sobborghi sudici della città i mendicanti avevano preso sonno. Nell’albero del neem la vedova nera tesseva la notte.
Venne la sua voce dalla cucina: “guarda, guarda, il geco morto è tornato in vita e sta correndo sul muro! Alzati! Alzati! Le pareti (di casa) sono ancora piene di polvere e ragnatele!”

Udayan Vajpeyi est né en 1960. Il vit à Bhopal, dans la centre de l'Inde, où il enseigne la physiologie

udayan vajpeyi est né en 1960 il vit bhopal-dans la centre de linde il enseigne physiologie

LA NOTTE

E’ la notte di Tija1, la Mamma, che era dalla Nonna, è corsa a casa sua. Qualcuno dorme sul divano di legno nella veranda. Non sa che il Papà si è già addormentato. La Nonna la redarguisce per piccole questioni. Mi impedisce di dare una risposta. L’immagine di argilla di Parvati2 è già ricoperta di fiori. Le donne cantano i canti devozionali. Papà cammina afferrando le ginocchia con le mani. Vuole rinascere prima ancora di morire. La Mamma si accorge di un singhiozzare soffocato fra i canti; apre la bocca per un po’ d’acqua. Papà si gira nel letto.

Oltre la pelle trasparente della Nonna, appare la vita invisibile di Mamma.

1. Terzo giorno del calendario lunare, giorno di digiuno completo per le donne sposate.
2. La dea madre Parvati praticò durissime austerità e digiuno per sposare Shiva.

udayan vajpayi

udayan vajpayi

FOTOGRAFIA

Sembra che dalla fotografia Mamma stia lanciando fuori uno sguardo furtivo. Sullo sfondo, il fiume è diventato immobile per sempre.
Papà, malato, mormora di fronte ad una sconosciuta: “ormai il leone è sconfitto.”
Il Nonno materno, avvicinandosi al finestrino del treno, saluta Papà che parte in viaggio per farsi curare.
Dentro le lacrime negli angoli degli occhi di Papà trema il viso del Nonno pieno di rughe.
Pur leggendo giorno e notte,1 Mamma non riesce a capire dove è sparito Papà.

Cogliendo la mia voce che arriva da dietro, mi giro, e ho un sussulto. Papà è lì: anche lui nel sentire la propria voce si gira, sussultando.

Tranquilizzata, Mamma ci guarda dal cielo remoto, silenzioso.

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1. Probabilmente si tratta della lettura del Ramacharitmanas, vedi nota alla poesia “Intervallo” qui sotto.

Udayan Vajpeyi untitled by Hemray

untitled by Hemray

INTERVALLO

La Mamma appiccica gallette di sterco di vacca sul muro dietro casa. Papà esce indossando un abito formale, da ufficio. Nonno in calesse percorre ansimando la salita verso il tribunale. All’incrocio della via, il sarto apre il suo negozietto tremando di freddo, Papà lo vede attraverso il finestrino dell’auto che lo porta lontano da casa.

Mamma recita il Manas1 in due parti: prima quando tutti dormono, poi dopo la partenza di Papà. Nel breve intervallo, l’acqua del tè bolle sulla stufa. La Nonna mi chiama, io accorro, sto in piedi davanti a lei: “chi verrà con lui?” mi chiede lei. Nella stalla Mamma copre le bestie con sacchi di juta.

La camionetta che nel buio della notte trasporta il cadavere di Papà verso la città vicina fa un fruscio simile alle foglie secche.
1. Il Ramcharitmanas, antico poema epico reinterpretato nel 16° sec. dal poeta e santo Tulsi Das, in cui si narrano le gesta di Rama, re giusto che salva la moglie Sita dopo che questa è stata rapita dal demone Ravana, re di Lanka (l’odierna isola di Ceylon).

Udayan foto di Nihal Mathur

foto di Nihal Mathur, India

IMBRUNIRE

Nella stanza delle preghiere Mamma rompe il digiuno mangiando della frutta. All’interno del quadro, Re Rama si accinge a partire in soccorso di Sita.
Il Papà, indossando dhoti-kurta1, si muove verso la sua auto. Dal lato opposto della strada inizia a farsi sentire la voce di Nonna.
Il Nonno sfoglia silenziosamente alcuni documenti del tribunale. Mamma smette di colpo di mangiare la frutta e si avvia correndo verso la casa del Nonno. Con occhi muti, Nonno vede nascosta in lei la sua piccola figlia.
Ora la casa è vuota. La Nonna prende della farina e la dà a Mamma.

La morte attraversa il cortile poggiando attenta ogni passo sui frammenti d’argento2 del culto.

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1. Pantaloni larghi e casacca in cotone leggero (di colore bianco quando vengono indossati in casa).
2. Frammenti di sfoglia d’argento che si incollano sulle immagini sacre con un po’ d’acqua del Gange, durante il culto alle divinità prescelte.

Udayan Vajpeyi

Udayan Vajpeyi

VENTRE

Il ventre di Mamma si è disteso, come se un’onda dell’oceano fosse venuta a posarsi lì. Io mi tuffo in quest’onda immensa, sono tutto bagnato, vedo la Mamma che dal suo di là mi sorride.

Alla Nonna questo non piace. Mi ingiunge più volte di tornare a riva.

Ignorando tutto ciò, il Nonno mi porta ogni sera ai giardini. Io, nascosto dietro i densi cespugli, vedo sul viso di Nonno approfondirsi l’ombra dell’età.

Dopo la partenza di Papà, l’onda dell’oceano è tornata all’oceano. Nella sabbia sparsa sul grembo di Mamma, le impronte dei miei piedi iniziano a riempirsi.

*

Poeta, autore poliedrico, Udayan Vajpeyi è sempre rimasto fedele nella sua scrittura creativa alla lingua hindi, risolvendo in questo modo la questione delicatissima, che si pone ad ogni scrittore indiano oggi, se comporre nella lingua ancestrale o in inglese, la quale da tempo viene considerata lingua “subcontinentale” a pieno titolo.

Molto ci sarebbe da dire sulla sua poesia, ricchissima. Basti indicare qui l’influenza sul suo stile del linguaggio cinematografico, e questo sicuramente anche grazie alla sua decennale profonda amicizia con Mani Kaul, uno dei massimi rappresentanti del cinema d’arte indiano nella seconda metà del XX sec.

Nella sua raccolta Adrshya Jivan, La Vita invisibile, oltre a gettare luce sui complessi rapporti umani che intercorrono fra i membri all’interno della famiglia indiana estesa, Vajpeyi riesce in un’impresa davvero sorprendente: esprimere pienamente l’inesausta continuità della vita, senso tradizionalmente condiviso da tutti gli abitanti del subcontinente indiano, indipendentemente dalla convinzione religiosa o dalla non-credenza. Tale continuità è poi ciò che la nostra coscienza in qualche modo percepisce attraversando di continuo, nel corso della vita, i tradizionali tre stati d’essere individuati dal pensiero indiano antico: la veglia, il sogno e il sonno profondo. (Il quarto stato, turya, di questi completamento e superamento, rimane indicibile e inesprimibile). Ma al pari di ciò, anche la morte, così come la vita terrena, non sono che stadi temporanei all’interno di una durata esistenziale più vasta. Di fronte ad una visione di questa portata, poesia, scienza, filosofia, i travagli dell’umano vivere, tutto si accartoccia.

E malgrado l’ampiezza quasi insostenibile di tale visione, alla quale Vajpeyi si riallaccia pienamente ed esprime in versi di talvolta difficile comprensione, quanta umanità e semplicità nelle poesie qui presentate, quanta pena e fragilità, sempre trattenute dal distacco illacrimato del poeta.

(Steven Grieco)

Onto Steven GriecoSteven J. Grieco Rathgeb, nato in Svizzera nel 1949, poeta e traduttore. Scrive in inglese e in italiano. In passato ha prodotto vino e olio d’oliva nella campagna toscana, e coltivato piante aromatiche e officinali. Attualmente vive fra Roma e Jaipur (Rajasthan, India). In India pubblica dal 1980 poesie, prose e saggi. È stato uno dei vincitori del 3rd Vladimir Devidé Haiku Competition, Osaka, Japan, 2013. Ha presentato sue traduzioni di Mirza Asadullah Ghalib all’Istituto di Cultura dell’Ambasciata Italiana a New Delhi, in seguito pubblicate. Questo lavoro costituisce il primo tentativo di presentare in Italia la poesia del grande poeta urdu in chiave meno filologica, più accessibile all’amante della cultura e della poesia. Attualmente sta ultimando un decennale progetto di traduzione in lingua inglese e italiana di Heian waka.

In termini di estetica e filosofia dell’arte, si riconosce nella corrente di pensiero che fa capo a Mani Kaul (1944-2011), regista della Nouvelle Vague indiana, al quale fu legato anche da una amicizia fraterna durata oltre 30 anni. Dieci sue poesie sono presenti nella Antologia a cura di Giorgio Linguaglossa Come è finita la guerra di Troia non ricordo (Progetto Cultura, 2016). Nel 2016 con Mimesis Hebenon è uscito il volume di poesia Entrò in una perla. Indirizzo email:protokavi@gmail.com

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