Nato nel 1962 nelle Marche, Marco Fazzini ha studiato presso le università di Ca’ Foscari (Venezia), di Edimburgo (Scozia) e del Natal (Durban, Sud Africa). Dopo aver lavorato per diversi anni presso l’Università di Macerata, oggi insegna Lingua e Letteratura Inglese e Postcoloniale presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Come traduttore ha lavorato presso le università di Londra (Inghilterra), di St Andrews (Scozia) e del South Carolina (Stati Uniti).
Ha curato, tra gli altri, due antologie, Poeti della Scozia contemporanea (Venezia, 1992), e Poeti sudafricani del Novecento(Venezia, 1994), un volume sulla questione dell’alterità, Resisting Alterities: Wilson Harris and Other Avatars of Otherness (New York-Amsterdam, 2004), e una storia della letteratura scozzese, Alba Literaria: A History of Scottish Literature(Venezia, 2005). Ha tradotto in italiano, tra gli altri, Philip Larkin, Norman MacCaig, Douglas Livingstone, Hugh MacDiarmid, Kenneth White, Geoffrey Hill, Edwin Morgan, Charles Tomlinson, e Douglas Dunn. La sua critica è riunita in Crossings (Venezia, 2000), inL’acrobata della memoria (Venezia, 2002), e nel recente Tradurre, paradiso dei poeti(Lugo, 2005). Canto di un mondo libero: Poesia-canzone per la libertà (Pisa 20111).
Alcuni suoi testi poetici sono apparsi in edizioni limitate d’arte per diversi editori e in riviste quali Arenaria, Origini, Carapace, Il Segnale, e nei Quaderni della Luna. Il suo recente volume di poesie è già stato tradotto in inglese e in slovacco. Per le Edizioni del Bradipo dirige, dal 1996, la collana di poesia straniera I dardi del poeta.
*
Commento di Giorgio Linguaglossa
Ritengo che per apprezzare ed entrare dentro questi testi di Marco Fazzini il modo migliore sia quello di adottare il metodo della nuova critica francese. Per la nouvelle critique occorre mettere tra parentesi locutori e allocutori e lo stesso contenuto del messaggio; di considerare come una sola cosa il discorso del testo e il discorso critico all’interno di un «discorso del linguaggio» che prescinde dalle coordinate comunicative. L’operazione tende a sostituire il linguaggio al soggetto (autore o critico che sia). Scrive Barthes: «Il soggetto non è una pienezza individuale che si ha o meno il diritto di evacuare nel linguaggio (secondo il ‘genere’ di letteratura che si sceglie) ma viceversa un vuoto attorno al quale lo scrittore intreccia una parola infinitamente trasformata (inserita in una catena di trasformazioni), cosicché ogni scrittura che non mente designa l’assenza del soggetto anziché i suoi attributi ulteriori. Il linguaggio non è il predicato di un soggetto inesprimibile, o che il linguaggio stesso servirebbe a esprimere, ma è il soggetto» [Barthes Critique et veritè Seuil, Paris, trad. it. Einaudi, Torino, 1975 pp. 57-58].
In particolare, la prima composizione è strutturata come un meccanismo di segni confezionati entro scatole cinesi, l’uno dentro l’altro, l’uno che ammicca all’altro ma che al contempo vi sfugge. Così, l’attenzione del lettore, all’atto della lettura, viene riportata all’indietro, di predicato in predicato, a ritroso, di segno in segno alla ricerca di un soggetto che si sottrae. Che non c’è.
(Giorgio Linguaglossa)

Marco Fazzini e Seamus Heaney (Castledawson, 13 aprile 1939 – Dublino, 30 agosto 2013) in uno dei loro incontri
POESIE DI MARCO FAZZINI
WELWITSCHIA MIRABILIS
Un assegai piantato tra dune
e venti e ritorni di dune
gravita ora nel tuo occhio
di conifera nana pulviscoli
di carne e di osso annotati
dal tempo sopra fogli di nebbia.
Bevendo, bevi tristi battaglie,
fondi d’attese, millenari kraal
deserti, motivi pizzicati sull’arco
d’un boscimano solo che s’attarda
sul tuo cuscino di foglia e trema
nella scheggia d’un sogno.
*
An assegai
planted among dunes
and winds and
recurring dunes
now
gravitates into your dwarf
conifer’s
eye, the dusty pollen
of flesh and
bone recorded
by weather on
pages of fog.
Drinking, you
drink sad battles,
aquifers of
waiting, deserted thousand-
year-old
kraals, tunes plucked from the bow
of a solitary
bushman who lingers
on your
cushion of leaf and shivers
in the
splinter of a dream.
NELLE SHETLANDS
C’era un’onda che non dormiva;
era ladra e assassina
fino a notte fonda. Del vento
si cibava, e della pioggia,
sotto la luna, e con il ventre gonfio.
Digrignava i denti sulla spiaggia.
L’ascoltavo frantumare detriti
e rottami, ingoiare
quello che non ricordava più
la sua natura: roccia, vegetale,
umore minerale
della terra.
Qui il reale
trasforma le sue parti,
ma tuffando una mano tra le pietre
il sangue balza ancora
dal vortice del tempo.
In the Shetlands
There was a wave that never slept –
thief and assassin –
until the middle of the night. It ate
wind and rain
in the moonlight, its belly swollen.
It ground its teeth along the shoreline.
I listened as it crushed the debris
and wreckage, swallowing
everything that has forgotten
what it was: rocks, vegetation,
the mineral secretions
of the earth.
Here, reality
transforms its elements,
but plunge a hand among the stones
and the blood still jumps
from the vortices of time.
ANDRÒ DOMANI
Andrò domani a un altro porto,
dove sono già stato, dove sono già morto.
Vi tornerò. E, di là, guarderò quell’ultima rotta,
un destino perduto, una vena d’acqua
che le mie mani hanno goduto.
Tutto scorre in ruote di mistero;
solo la brezza è la certezza del silenzio,
un verso difficile che ascolto di lontano.
Ma cos’è quella distesa di onde e luce,
dove l’occhio cuce vegetazione e sangue,
la pretesa d’un astro che muove piano?
Difficile amicizia la malinconia.
Go Tomorrow
I go tomorrow to another harbour
where previously I’d been, where I am already dead.
I’ll return there. And from there see the final way,
the lost destiny, the vein of water
in which my hands once rejoiced.
Everything
glides on mysterious wheels;
only the breeze has the certainty of silence,
a difficult line heard from afar.
What is this expanse made of waves and light,
where sight stitches together vegetation and blood,
claims to be a slowly moving star?
A difficult friendship, nostalgia.
RIMANGO UN POCO
Rimango un poco
fermo a largo.
La solitudine del mare
è calma, impenetrabile,
come la foschia
che infine s’alza all’orizzonte
a disvelare i volti,
le linee del porto
verso cui dirigo.
L’ostinazione del tempo
salpa l’ancora
e allora mi lascio
trasportare alla deriva,
con un carico d’errori,
un fremito pressante
nelle ossa, le lacrime, e un otre
sorridente di vino nella stiva.
Ma di che parlo io se non di barche?
For a While
For a while I stay still
far out at sea, its solitude
calm, impenetrable, like
the haze that lifts at last on the horizon
and unveils the faces,
the outlines of the harbour
I’m heading towards.
The obduracy of time
weighs anchor
and I allow myself
to be carried along, drifting
with a load of mistakes,
an urgent trembling
in my bones, tears, and a full
wineskin smiling in the hold.
But what is it I am talking
about if not boats?
È SULLO SPECCHIO
(per Seamus Heaney)
È sullo specchio speleologico
d’un pozzo che m’affaccio, cercando
un segno del passato
che nel presente porti
luce e strada a futuri eventi.
Dal tuffo dentro il tempo strombato
in questa storia d’acque emerge
dunque il reperto favoloso,
onda, amore e sonda d’oltre i sogni,
un’era ormai a riposo.
Da qui lontano un bosco,
un volto una cornice
amplificano l’oscuro enigma
sepolto dentro la pupilla della sera.
The Well
(For Seamus Heaney)
It is in the speleological mirror
of a well that I look into, searching
for a sign from the past
that now might bring
light and direction to what will be.
Out of that dive into time splayed
through the history of waters
there emerges a fabulous find,
a wave, love and delving from beyond the dreams,
an era now at rest.
A forest far from here, a face,
a picture frame
amplify the obscure enigma
buried in the eye of the evening.
OGNI COSA
(su una foto di Eugénio de Andrade col suo gatto)
Ogni cosa su quel tavolo
mostra la sua aureola di luce,
il vino, il pane,
quelle olive cariche del sole
dell’estate ormai declive.
Il gatto è là, la coda
tanto nera, accesi
i suoi occhi tanto grandi,
creatura attenta che dormendo
guarda, e guardando
rischiara la mano del poeta
che corre sopra i fogli,
cresce pagine del libro,
traccia la fiumara
d’un nodo ardente di luce
che su una stella va smorendo.
Everything
(after a photo of Eugénio De Andrade with his cat)
Everything on that table
displays its aureole of light,
the wine, the bread, those
olives full of the sunlight
of a declivous summer.
The cat is there, its tail
so black, its eyes
so large and luminous,
a careful creature that, while still asleep,
watches, and in watching
lights up the poet’s hand
as it runs over sheets of paper,
growing the number of pages in the book,
tracking the torrent
of a fiery knot of light that fades,
dies away upon a star.
BILANCIA
Il corpo d’un poema
bilancia a malapena
il carico di vita
all’altro piatto.
Solo l’inganno
dei pesi
pareggia il conto
con le stelle.
Scale
A poem’s body
barely balances
life’s load
on the scales.
Only the deceit
of counterweights
can settle the bill
with the stars.