L’estenuante richiamo, introdotto da ogni sorta di «autore», nell’area dell’editoria, alla teoria dei c.d. diritti d’autore mi obbliga a un breve tentativo di analisi dell’insensatezza e dell’anacronisticità di tale atteggiamento «alienato». Già nel moderno, «il grande successo mondano e di mercato dell’arte contemporanea rischiava di neutralizzare e imborghesire le tensioni più vitali delle ricerche d’avanguardia. Contro questa tendenza reagiscono le nuove avanguardie del dopoguerra […]» [F. Poli, Il sistema dell’arte contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 2008, 18]: il «[…] successo commerciale e mondano dell’arte d’Avanguardia esplode negli anni Venti […]» [ivi, cit., 15], mettendo in crisi il modello medioevale e umanista di individualità dell’«opera d’arte»; nella definizione di «opera d’arte» cade il riferimento esclusivo al binomio artista / pubblico («La funzione del pubblico […] ha un grande peso per quello che riguarda il consolidamento e allargamento del successo di artisti e opere, ma non incide per nulla nella prima fase di selezione e affermazione dei nuovi artisti e delle nuove tendenze, dove contano solo gli addetti ai lavori e il pubblico ristretto del microambiente artistico […]» [ivi, cit., 49]). Col tardomoderno – come sostiene B. Rosenblum – il modello stesso dell’artista come unico autore dell’«opera d’arte» si sgretola, «alienando» l’artista contemporaneo, liminalizzandolo: «La situazione paradossale dell’artista contemporaneo è che, da un lato, la sua figura viene per molti versi mitizzata, in funzione dell’ideologia dominante, in quanto simbolo e paradigma “assoluto” della libera creatività individuale […] dall’altro lato, per poter emergere, affermarsi ed essere riconosciuto a livello socioculturale e socioeconomico, deve accettare, in misura più o meno pesante, di adeguare la sua produzione ai condizionamenti “normalizzanti” del sistema, con effetti indubbiamente alienanti» [ivi, cit., 175/176]. L’«opera d’arte» diviene «sistema», à la von Bertalanffy, o, meglio, «filiera», interazione feedback tra «agenti» diversi (artista / mediatori culturali / editore / tipografia / distributori / corrieri / depositi / negozi / destinatari): «[…] dalla nostra prospettiva di analisi sociologica, l’artista obiettivamente non risulta essere l’unico creatore dell’opera d’arte, ma solo uno degli agenti nel processo di realizzazione di questo specifico prodotto allo stesso tempo culturale ed economico, di questa speciale “merce culturale”» [ivi, cit., 175].
Che senso ha, se non a scopo parassitario, come anacronistico sindacalista di diritti defunti, il reclamare e berciare dell’artista volti ad avocare interamente a se medesimo i diritti d’autore su una determinata «opera d’arte», trascurando, nella sua condizione di alienato, o, nella maggioranza dei casi, di disinformato totale sullo stato sociologico della sua stessa arte, di ricordare i c.d. doveri d’autore? L’«opera d’arte» come «filiera» di interazioni feedback tra «agenti» diversi ha urgenza di riscoprire la sua natura contrattuale socialista, contro ogni forma di capitalismo, contro ogni logica di mercato, contro ogni incidenza assistenzialista; artista, mediatori culturali, editore, tipografia, distributori, corrieri, depositi, negozi e destinatari sono immersi in una vicendevole relazione di diritti e doveri.
Non essendo «autore» dell’«opera d’arte», l’artista non alienato e non ignorante, deve assumersi il dovere di concorrere ad essa, come tutti i restanti «agenti» della «filiera», in tutti i fattori di «produzione» (creatività, lavoro e finanza). Nel tardomoderno, con l’affermarsi del dato sociologico della collettività dell’«opera d’arte», è alienazione dell’intellettuale inattuale che, benché immerso in contesti di partnership estesa di creazione dell’«opera d’arte», continui a delirare, con sicumera o aggressività, di diritti d’autore, ignorare la nuova categoria socioeconomica del dovere d’autore, smarcandosi, con arroganza parassitaria, dai costi della (anche) sua attività. Col riconoscimento del dovere d’autore è finalmente in grado di nascere e sopravvivere, in editoria, contro i cartelli della macro e necro editoria, una reale microeditoria socialista, incentrata sui valori dell’equità e della solidarietà.
(Ivan Pozzoni)
Ivan Pozzoni
MALA TEMPORELLA CURRUNT
Mala temporella currunt, i tempi dell’artista raccomandato,
senza ricevuta di ritorno ad uno stile insanguinato,
i tempi delle crocchie editoriali, degni epigoni del cucchismo,
– Cucchi esordì all’Inter nel lontano 1982- un maestro d’antan-(agonismo),
i tempi delle sensuali scrittrici in versi, prostituite alla sintassi
versate, inoltre, con editor, redattori, dirigenti, a collaudare materassi,
i tempi delle riviste nazionali aperte a cooptazioni
almeno io mi vendo a tutti a 20€, senza rotture di coglioni.
O temporella, o mores! Le mie Catilinarie post-moderne
annoierebbero persino Cicerone, se non Catone,
novello uticense utente, vittima di un’editoria latente,
distinta in microeditoria, condizione di scarsità di risorse,
e macroeditoria, causa aggregata di scarsità di sonetti,
e, ultimamente, in necroeditoria, bene ipse dixit Ceronetti.
Mafia tempora currunt, et temporella fugit,
Marchesi se ne avvide in tempi di repubblica,
il Cavaliere se ne avvede in tempi di monarchia,
mafie, camorre, ndranghete s’agglutinano anche nell’editoria,
l’Atelier è dell’artista alla moda, dell’artista sbarbato,
io, sempre vestito da barba, non verrò mai apprezzato,
non mi ruga sul collo il cartellino del prezzo
come Fantozzi, azzurro di sci, a Courmayeur (credevate, a Cortina D’Ampezzo?).
Mala temporella currunt, i tempi dell’artista ermetico
che non incellofana i suoi libri insieme a tubetti d’anti-emetico,
i tempi del tutto gratis, del tutto dovuto, del tutto diritto
tutto diritto, ci pensa Rocco a pub(bl)icare il manoscritto,
dimenticando, senza commenti, che anche Dante Alighieri
dové leccar molti sederi, nel reperir finanziamenti.
LA REPUBBLICA DEL PORNASIO
Finalmente, l’Italia è diventata un Pornasio,
l’amore di battere (sui tasti) ha adescato il cittadino medio,
la borghesia ex democristiana si spintona nelle redazioni di Atelier,
epigoni, a branchi, pascolano sui monti d’Elicona,
sui blog ipertrofizzano critici non degni di Nota,
sono diventati tutti vati, arroganti e maleducati,
l’attempato scrittore del ‘92 ci richiama,
con insulti d’ogni genere, alla deferenza,
lontano kilowatt dal capire che esser usciti con due plaquette
da 1000€ è indice di mera deficienza,
vallo a far intendere che la democrazia lirica non è la democrazia dei dilettanti,
non basta saper mettere una croce sotto un testo a diventare Cavalcanti.
Mettiamoci una croce sopra, dai!, e una fossa sotto,
a vecchi rincoglioniti blateranti con lo stile di Zanzotto,
c’è un ritorno ad Omero, buon’anima, nella corsa al precipizio
delle giovani promesse della poesia contemporanea, settantenni da Odissea (nell’ospizio),
i dati sociologici ci dicono che s’è alzata l’aspettativa di vita artistica,
magari con pasticche di Viagra a sbloccare afflussi alla vena conformistica,
e noi, “generazione dimenticata”, a quarant’anni vagiamo rannicchiati in posizione fetale,
accompagnati da cinquantenni e sessantenni in piena crisi prepuberale.
Pornasio, l’arte italiana è diventata una Reggenza del Carnaio,
tutti arrapati a mettere bibliografie sui siti, come scambisti nel capannone d’un materassaio,
a chiedere recensioni, a scrivere recensioni, a vendere recensioni,
a sostenere, con burbanza, che collaborare ad antologie a pagamento è un gesto da cafoni,
salvo scoprire i medesimi, coerenti, a vender corsi e introduzioni a prezzi di mercato,
l’artista mestierante vuole essere appagato, o strapagato?, lasciando a fine corso, debito, certificato.
Chi non sa fare niente scrive, o cerca di candidarsi in assemblea
di condominio, rionale, comunale, regionale, nazionale od europea,
roba che a saperlo Giordano Bruno sarebbe morto di diarrea,
senza il fastidio di dover finire al rogo nel tentativo disperato di difendere un’idea,
sono stati inutili cinque anni d’università, tre di liceo, due di ginnasio:
se avessi fatto il baby squillo o l’enfant prodige della grammatica italiana,
avrei meritato maggiore stima nell’artistica repubblica del Pornasio? Continua a leggere