Annamaria De Pietro è nata a Napoli, dove ha vissuto fino all’adolescenza, da padre napoletano e madre lombarda. Vive da tempo a Milano. Ha cominciato a scrivere non occasionalmente, ma sempre, in età matura. La sua prima pubblicazione in versi risale al 1997: Il nodo nell’inventario (Dominioni Editore, Como 1997). Sono seguiti Dubbi a Flora (Edizioni La Copia, Siena 2000), La madrevite (Manni, Lecce 2000), Venti fusioni a cera persa (Manni, Lecce 2002). Nel 2005 pubblica un libro in napoletano, Si vuo’ ‘o ciardino (Book Editore, 2005), col quale paga il suo tributo alla città d’origine, poco amata, mai più visitata. Nell’ottobre del 2012 esce Magdeburgo in Ratisbona (Milanocosa Edizioni, Milano, 2012).
La grida
A Roberto Bertoldo,
che non consente a bandi e gride
Serva che imprime aria alla tromba la fama
– scatole di gioielli nelle sue stanze, inclinati
specchi con le chiavette la mano il guanto di pochi gradi
toccando come la polvere ne spinge indietro la lama
– collarette di piume dentro ai suoi concavi armadi,
che il taglio attorno al collo non le si veda nel palco
dei detti e della musica, dei candelabri affamati
lingue d’aria e di vino insanguinate di tagli
– carichi d’aria i ventagli quando nel vento versati
chiamando l’aria ridente – che lentamente si scosta,
perdendo il vento che ride – con tutti i venti passati,
essi sono i ventagli che fanno il vento allo sbando
e il vento che ritornando di aria allo sbando si sfama.
Ma quella mano oltre la tenda si mantiene nascosta
(tiene un filo di corda, trattiene i geti del falco) –
contro il soffitto d’ombra volano uccelli di passo,
occhi d’incendio dallo spiraglio bui spalancando il diorama
– prendi – gridano – prendi –, sia tutta intera la posta,
una mano di piume, e di specchiere e ventagli,
e una mano a terziglio dove col due prendi l’asso,
che come scende la sera tutti discendano al basso
da pace a guerra forte dentro un maestoso calando
lungo la morbinosa tua apparatura di sbagli.
Senti?, gridano il bando il re, il fante, madama.
Il caprifoglio
A Marica Larocchi,
che pronuncia
una fiorita genetica bilingue
La chèvrefeuille io dico – cosí mi appare
scritta sonante la pianta che si gira
– io l’ho veduta sopra il giardino alto –
ma non lo mostra, e ricade anse salendo
– e io non so come, somigliante alle more,
ma con rosso di ribes traslucidamente
quello? o altro verde inestricato là
al medesimo ferro addosso ardendo –
– la domanda io trasportai giú dalla scala –
cosí le corna orgogliose ostende denso
né fugge dalle sbarre mai del cancello
– come se voglia e genio fosse restare –
né alle domande risponde con falsità
di alieni – o suoi? – gioielli di altro colore
che sue radici – o altre? – ferocemente
– radici comunque, pensai sulla scala –
sospendono fruttificati per salto
al – cosí ora dico – caprifoglio immenso
soggetto ai cieli, al setaccio che gira.
Miniera d’aria (profezia di dolce fiume)
(profezia di dolce fiume)
L’aria è spire nell’aria se un ventaglio di piume
addetto a un fuoco estinto inutilmente batte
in sé solo battendo defluenza di fiume.
Cosí l’aria rientra nelle sue stesse tasche
dopo che uscita a strisce libera si conobbe
e in sé riconoscendosi di foglie si rinfresca
e chi la vede entrando da una porta ad un tratto
piú non la riconosce, non gli sembra la stessa.
Sul piano di maioliche il ventaglio fa notte,
e dormendo dimentica l’ammirevole tresca –
cosí l’aria fa notte fra le garze rifatte
preziosamente buia come miniera di allume.
Quarta parete
A Enrica Salvaneschi,
che s’interrogò sulla sintassi
della bigiotteria
Lei stava nel sipario – lei il sipario
percorso dai pulviscoli – aria d’oro
confondeva i capelli al semicerchio
del lino bianco del colletto – vuota
intorno al suo restare era la buca
verticale, e l’unica parete
sicura della scatola, e finita
di lati quattro lei sola abitava.
Sola abitava lei il proscenio cieco,
l’estrosa tavola levata – e intanto
mentre una voce ciascuno aspettava
– di quelli dentro dico – la sua attesa
come una vena lunga camminava
il percorso del braccio duro ariete
di traverso e di sbarra urto alla mano
appoggiata allo stipite, e i pendagli
del braccialetto contro luce e d’ombra. Continua a leggere